Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

25-10-2018

La naturopatia lo ripete da tempo: i prodotti contenenti additivi e grandi quantità di zucchero non fanno bene né alla salute né al comportamento. Un furbo marketing pubblicitario ci bombarda quotidianamente e maliziosamente, associando prodotti che nulla hanno di sano a concetti e immagini di grande naturalità e benessere, mostrandoci famiglie felici, mulini in campagna e ameni ambienti bucolici, per convincerci di ciò che palesemente non è: che cibi raffinati e privati delle proprietà che la natura ha loro conferito, colorati artificialmente, riempiti di additivi di ogni sorta, conservanti, zucchero, sale, grassi vegetali più o meno idrogenati (per dar loro un minimo di sapore dopo che quello originario si è perso del tutto) e per di più confezionati nella plastica da mesi siano quanto di meglio esiste per far crescere i nostri figli. Idiozie che, se spegnessimo un secondo la televisione e ridestassimo il nostro senso critico, capiremmo intuitivamente in un baleno. Ora una ricerca inglese dell’Università di Cardiff pubblicata sul British Journal of Psychiatry ha esaminato gli effetti a lungo termine di una dieta simile sul comportamento umano. Quasi il 70% dei 17.500 adulti con personalità violente che lo studio ha preso in esame consumava nell'infanzia dolci confezionati di vario genere pressoché quotidianamente.
Oltre a possibili spiegazioni di ordine psicologico (accontentare il bambino immediatamente ogni volta che reclami dolci lo indurrebbe a sviluppare comportamenti violenti qualora non ne ottenga), è stato anche ipotizzato che proprio gli additivi delle merendine siano i responsabili di tali atteggiamenti aggressivi dell’adulto. D'altronde, già precedenti ricerche avevano messo in relazione additivi più o meno artificiali presenti nel cibo spazzatura e disattenzione, aggressività e iperattività nel bambino. Altro che ADHD (disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività) e gli psicofarmaci somministrati ai bambini, che tante polemiche giustamente hanno suscitato: impariamo innanzitutto noi a mangiare e a distinguere ciò che fa bene da quel che è nocivo. E poi insegnamolo ai nostri figli. Biscotti, snack, caramelle, bibite gassate e iperzuccherate, dolciumi vari e dai più improbabili e sgargianti colori non sono ciò che serve al benessere dei bambini. Invece che una merendina, a colazione diamo loro una fetta di pane integrale spalmata con miele grezzo, un frutto, una spremuta o una centrifuga e una manciata di noci. Faremo un gesto di amore verso i bimbi di oggi e gli adulti che saranno.

 

https://www.sciencedaily.com/releases/2009/10/091001081221.htm

http://bjp.rcpsych.org/content/195/4/366.full

http://www.rcpsych.ac.uk/pressparliament/pressreleases2009/confectionaryconsumption.aspx

25-10-2018

Una capsula di vitamina B due volte al giorno per non ammalarsi di cancro alla pelle. Una strategia molto semplice e poco costosa, che appare efficace nel ridurre il numero di tumori della pelle soprattutto nelle persone che sono più a rischio di svilupparli. Un team di ricercatori australiani, da sempre particolarmente attenti al tema visto che nel loro continente si riscontra la maggiore incidenza mondiale di queste neoplasie, ha intrapreso una sperimentazione su 386 pazienti che erano già stati operati per asportare almeno due tumori cutanei nei precedenti cinque anni, ed erano quindi considerati ad elevato rischio di svilupparne altri. Per 12 mesi i partecipanti hanno ricevuto due capsule al giorno contenenti o un placebo o nicotinamide, una forma di vitamina B3: i risultati mostrano una riduzione del 23% nella comparsa di nuovi tumori nel gruppo che aveva assunto le capsule vitaminiche. Inoltre non ci sarebbero controindicazioni: ricercatori del dipartimento di Dermatologia all’Università di Sydney hanno sottolineato che mentre l’acido nicotinico (una forma differente di vitamina B3) può provocare effetti collaterali come mal di testa, arrossamenti e pressione bassa, la nicotinamide non ha mostrato nel trial serie controindicazioni. Anzi, l’assunzione regolare di due capsule al giorno ha dato risultati benefici anche sulla cheratosi attinica, altra patologia tipicamente legata al sole e che col tempo può evolvere in basalioma o in carcinoma. Le conclusioni dello studio australiano suggeriscono di prescrivere la cura, che peraltro è molto ben tollerata e poco costosa, a tutte le persone a rischio, «ovvero principalmente chi già ha avuto precedenti asportazioni di questi tumori - chiarisce il dottor Ascierto -. Si tratta soprattutto di persone con fototipo a rischio: chi ha pelle, occhi e capelli chiari ha maggiori probabilità di scottarsi, deve sempre usare protezioni solari ed evitare di esporsi troppo ai raggi ultravioletti».

 

http://meetinglibrary.asco.org/content/149209-156

24-10-2018

Stare al sole potrebbe proteggere da una delle forme di cancro più difficili da battere, quello del pancreas. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di questo cancro potrebbe infatti esservi un basso livello di vitamina D, di cui il sole promuove una maggiore produzione nel nostro organismo (e che si trova anche in alcuni alimenti come ad esempio le uova e i funghi), tanto che nei Paesi con la minor quantità di luce solare i tassi di incidenza risultano più alti. E’ quanto emerge da uno studio dell’University of California San Diego School of Medicine pubblicato sulla rivista Journal of Steroid Biochemistry and Molecular Biology. Gli studiosi hanno esaminato 107 Paesi, prendendo in considerazione nell’analisi dei tassi di sviluppo di cancro al pancreas anche altri fattori fondamentali, come il consumo di alcol, il fumo e il tasso di obesità. “Anche prendendo in conto questi fattori di rischio, restava forte questa correlazione tra minore luce solare e sviluppo di questi livelli di cancro” spiega il professor Cedric Garland, autore dello studio. “Le persone che vivono nei Paesi soleggiati vicino all’equatore hanno solo un sesto del tasso di incidenza di cancro al pancreas” aggiunge, concludendo che “l’importanza della carenza di luce solare suggerisce fortemente - ma non prova - che la carenza di vitamina D può contribuire al rischio di cancro al pancreas”.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2015/04/150430082151.htm

https://health.ucsd.edu/news/releases/Pages/2015-04-29-pancreatic-cancer-risk-and-sunlight.aspx

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960076015001016

03-02-2016

La pappa reale, o gelatina reale, è una sostanza biancastra, di consistenza cremosa, secreta dalle ghiandole salivari delle api operaie per stimolare la crescita e lo sviluppo dell’ape regina. La composizione di questo straordinario alimento è articolata e consiste in una miscela di proteine (15%), zuccheri (14%, ripartiti tra glucosio, fruttosio e saccarosio), lipidi (5%) e quantità variabili di minerali, vitamine, feromoni ed elementi non ancora identificati. I lipidi sono la frazione più caratterizzante, costituita dall’HDA (acido 10-idrossidecenoico), l’acido più rappresentato e tipico della pappa reale, che viene scelto come marker biologico nelle indagini analitiche. Tra le numerose vitamine spiccano B-1, B-2, B-3, B-6, con una predominanza dell’acido pantotenico e, in misura minore, vitamina A, B-12, C, D ed E. Sono presenti anche calcio, rame, ferro, fosforo, potassio, silicio e zolfo. L’alto contenuto di vitamine del gruppo B, necessarie per l’accrescimento, per la salute del sistema nervoso e immunitario, nonché per promuovere l’appetito e la digestione, rende il suo utilizzo particolarmente indicato in caso di condizioni debilitanti provocate da stati carenziali o da affaticamento fisico e mentale. Alcune ricerche cliniche condotte indicano la capacità della pappa reale di rigenerare le cellule pancreatiche, in particolare le cellule beta, e di ridurre il glucosio ematico. Come anabolico naturale la sua applicazione è stata osservata nell’invecchiamento, in particolare nei processi relativi al climaterio. La pappa reale aumenta la capacità lavorativa e la resistenza, poiché stimola i processi anaerobici e accresce i livelli del sistema energetico. Esperimenti condotti provano che la pappa reale aumenta l’ossigenazione dei tessuti e la fosforilazione.

ATTIVITA’ NEUROPROTETTIVA.

Cicli di osservazioni sperimentali hanno evidenziato l'effetto benefico della somministrazione di pappa reale su disturbi quali depressione, insonnia e ansia. I pazienti osservati hanno riscontrato un miglioramento delle condizioni generali di salute, con un aumento del peso corporeo, la regolarizzazione del sistema neurovegetativo, la normalizzazione dell'umore e un migliore rendimento fisico e mentale. Il consumo di pappa reale ha un effetto calmante sui soggetti nervosi, regolarizza il sonno disturbato, ha effetti positivi nel trattamento della senilità. In alcuni studi ha mostrato benefici effetti sulle cellule nervose. La pappa reale è infatti una fonte naturale di acetilcolina, composto organico presente nel tessuto nervoso, importante nella trasmissione degli impulsi nervosi.

ATTIVITA’ ANTIBATTERICA E ANTIBIOTICA

La pappa reale esercita un'attività antibiotica e battericida nei confronti di particolari germi quali lo Staphylococcus aureus, Proteus, Escherichia coli, Salmonella typhi e il bacillo della tubercolosi, grazie all'attività dell'acido idrossidecenoico che possiede proprietà antimicrobiche pH dipendenti.

ATTIVITA’ IMMUNOMODULANTE

La pappa reale è considerata uno stimolante che facilita il metabolismo cellulare, rafforza le difese immunitarie e la resistenza agli sforzi. E' una sostanza adattogena, che agisce aumentando la capacità di adattamento dell'organismo agli stimoli esterni. I ricercatori hanno scoperto che la pappa reale svolge attività antitumorale nei topi affetti da leucemia. Altre ricerche effettuate sui ratti affetti da diabete cronico, hanno dimostrato la capacità di questo alimento di svolgere azione antinfiammatoria, essendo in grado di accelerare la guarigione delle ferite. In generale, la pappa reale aumenta i livelli energetici, incrementando le difese immunitarie e rappresenta pertanto un buon supporto nutrizionale durante i processi di guarigione. Secondo studi in corso, la frazione lipidica, in particolare l'HDA (acido 10-idrossidecenoico), ha la capacità di bloccare lo sviluppo dei tumori.

PROTEZIONE ANNESSI CUTANEI

In sperimentazioni effettuate sull'uomo, la somministrazione di pappa reale ha evidenziato la diminuzione della fragilità delle unghie e la riduzione della caduta dei capelli. Queste azioni potrebbero essere giustificate dalla presenza di acido pantotenico, nutriente fondamentale per la salute degli annessi cutanei. Sono stati inoltre ottenuti buoni risultati nel trattamento della seborrea del viso e del cuoio capelluto.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7556573

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8654043

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7580313

Lunedì, 22 Ottobre 2018 09:16

USATE IL LIMONE PER LA BELLEZZA DEL CORPO.

23-10-2018

Il limone è noto per le sue proprietà disinfettanti, come sbiancante naturale e per i suoi contenuti di vitamina c, antiossidanti e agenti che regolano l’acidità e favoriscono l’eliminazione del grasso. Pochi sanno però che il limone è un ottimo elemento per trattamenti di bellezza naturali e fai da te.

VISO

Passate sul viso un batuffolo di cotone imbevuto di succo di limone: è un ottimo regolarizzatore dell’opacità della pelle ed elimina il grasso.

LABBRA

Qualche goccia di limone sulle labbra prima di andare a dormire le idraterà e favorirà l’eliminazione delle cellule morte.

CAPELLI

Per schiarire e nutrire i capelli, basterà cospargerli di succo di limone e poi esporsi al sole.

PUNTI NERI

Il limone è anche un ottimo alleato per eliminare acne e punti neri: sfregate una fettina di limone sui punti da trattare, lasciare agire per circa 10 minuti e poi risciacquare con acqua fredda. Il limone eliminerà le tossine e purificherà la vostra pelle.

UNGHIE

Se avete le unghie deboli o coperte di macchie potete applicare il limone diluito con 2 cucchiai di olio d’oliva. Questo trattamento le rinvigorirà e avrete unghie come nuove.

ASCELLE

Le sue proprietà agiscono come deodorante naturale e al tempo stesso schiarisce le macchie nere che spesso si formano in questa area del corpo. L’acido citrico del limone, infatti, si incarica di uccidere i batteri che causano il cattivo odore tipico delle ascelle. Per schiarire le ascelle, si consiglia di mischiare del succo di limone con avena e un pò di miele; la pasta che si ottiene deve essere applicata sulle ascelle e lasciata agire per un’ora.

29-10-2016

La malattia fibrocistica della mammella è un disturbo molto diffuso tra le donne in età feconda e tra quelle in menopausa che seguono una terapia sostitutiva a base di estrogeni. Non si tratta di una malattia vera e propria, ma di una sindrome dolorosa di cui non si conoscono con esattezza le cause: le ipotesi formulate in proposito sono molte e anche le terapie proposte sono numerose, ma tutte hanno suscitato qualche controversia. Alcuni ricercatori, per esempio, ritengono che la mastopatia fibrocistica sia causata dalla carenza di iodio. Nel 1988 un medico canadese rilevò che gran parte dei soggetti affetti da questo disturbo, da lui presi in esame, constatavano una regressione quasi completa dei sintomi dopo aver integrato per quattro mesi la loro alimentazione con dello iodio e che con l'interruzione di questa terapia i sintomi si ripresentavano.

23-10-2018

Un team di ricercatori della Michigan State University ha scoperto che il consumo di un acido grasso omega-3 chiamato DHA o acido docosaesaenoico, può bloccare lo sviluppo del lupus e potenzialmente altre malattie autoimmuni. Il lupus eritematoso sistemico (LES, o semplicemente lupus) è una malattia cronica di natura autoimmune che può colpire diversi organi e tessuti del corpo. Come accade nelle altre malattie autoimmuni, il sistema immunitario produce autoanticorpi che, invece di proteggere il corpo da virus, batteri e agenti estranei, aggrediscono cellule e componenti del corpo stesso, causando infiammazione e danno tissutale. Il LES colpisce spesso il cuore, la pelle, i polmoni, l’endotelio vascolare, fegato, reni e il sistema nervoso. Poichè colpisce anche le articolazioni, la condizione è classificata anche tra le malattie reumatiche. La prognosi della malattia non è prevedibile, con periodi sintomatici alternati a periodi di remissione. La malattia colpisce soprattutto il sesso femminile, con un’incidenza nove volte superiore rispetto al sesso maschile, specialmente soggetti in età fertile (tra i 15 e i 35 anni) e di discendenza non europea. Nell’infanzia il lupus eritematoso sistemico si manifesta generalmente tra i 3 e i 15 anni, con un rapporto tra femmine e maschi di 4 a 1 e le tipiche manifestazioni cliniche sono l’eritema a farfalla e la fotosensibilità. DHA è presente in discrete quantità nel pesce, in modo particolare nel salmone, nello sgombro, nelle sardine, nelle aringhe, nel tonno e nelle alici (pesce azzurro). Ancor più concentrato è presente nell’olio ricavato da questi animali. DHA si trova in buone quantità anche in alcune microalghe di cui i pesci si nutrono. Al di fuori di questi cibi, le fonti alimentari di DHA sono particolarmente scarse.
”Abbiamo scoperto che quando il lupus è stato innescato da silice cristallina, un minerale tossico noto anche come quarzo, DHA ha bloccato l’attivazione della malattia”, ha detto Melissa Bates, uno degli autori principali dello studio e dottorando presso il Dipartimento di scienza dell’alimentazione e nutrizione umana e Istituto di Tossicologia Integrativa MSU. Lo studio preclinico, ha esaminato l’effetto di DHA sulle lesioni causate dal lupus nei polmoni e reni dei topi di sesso femminile che sono stati geneticamente predisposti alla malattia. I risultati sono stati estremamente positivi. ”Il 96% delle lesioni polmonari sono state ridotte dall’integrazione con DHA dopo che il lupus era stato innescato dalla silice”, ha dichiarato Jack Harkema, un altro autore dello studio. “Non avevo mai visto prima una risposta protettiva così drastica”. Il Lupus è considerato una malattia genetica e viene attivato non solo da inalazione di sostanze tossiche di silice cristallina, ma anche da altri fattori ambientali come l’esposizione al sole. Il quarzo è il più comune trigger e si trova spesso nelle industrie agricole, edile e minerarie in cui i lavoratori possono respirare la polvere del minerale.
”Nel lupus, il sistema immunitario attacca il corpo e può danneggiare qualsiasi parte tra cui pelle, le articolazioni e anche gli organi”, ha spiegato James Pestka, Professore di Scienze dell’alimentazione e nutrizione umana che ha co-condotto la ricerca con Bates e Harkema. Anche se ancora non è chiaro esattamente perché DHA è in grado di prevenire l’insorgenza del lupus, questo studio fornisce agli scienziati un modello migliore per definire la quantità di DHA necessaria per scongiurare la malattia. “La silice cristallina uccide le cellule del polmone”, ha detto Harkema. “Quando queste cellule muoiono, vengono inviati segnali al sistema immunitario che qualcosa non va. In seguito, il corpo produce una forte risposta che inizia a colpire anche le cellule sane”. Secondo Harkema, DHA potrebbe modificare il modo in cui le cellule, note come macrofagi, reagiscono alla silice nei polmoni e in qualche modo alterano la risposta del sistema immunitario. “Il nostro prossimo passo è quello di capire esattamente cosa succede nei polmoni dopo l’integrazione con DHA”, ha detto la ricercatrice. Una teoria è che DHA aiuta le cellule a inviare un segnale antinfiammatorio nel corpo in modo da bloccare la risposta autoimmune. Un’altra teoria è che DHA in qualche modo permette alle cellule di rimuovere la silice tossica dal polmone, impedendo eventuali segnali infiammatori che vengono da esse inviati. “Lo studio ci ha fornito una chiara indicazione che l’integrazione con DHA può prevenire lo sviluppo del lupus determinato da fattori ambientali”, ha detto Pestka. “Si possono sopprimere molte delle vie di segnalazione della malattia che i farmaci attualmente sul mercato cercano di indirizzare e trattare”.

 

http://msutoday.msu.edu/news/2016/omega-3-fatty-acid-stops-known-trigger-of-lupus/

29-06-2015

Una nuova arma per bloccare e persino far regredire i tumori: l’acido folico. Assumere integratori alimentari di questa sostanza, normalmente prescritta alle gestanti per prevenire malformazioni nel feto, aiuterebbe infatti a combattere la malattia rallentandone la progressione e, in alcuni casi, addirittura facendola regredire. Sono i risultati di uno studio condotto da ricercatori italiani del policlinico Agostino Gemelli di Roma e pubblicato su “Cancer”. Gli esperti hanno “arruolato” 43 pazienti con leucoplachia laringea (una lesione precancerosa) mai trattata precedentemente. Hanno somministrato loro 5 mg di acido folico tre volte al giorno e hanno analizzato la progressione della malattia una volta ogni 30 giorni, per sei mesi. Trascorso questo periodo, 12 pazienti erano completamente guariti, 19 avevano avuto una regressione del 50% o più delle lesioni pretumorali e altri 12 non avevano avuto benefici dal trattamento. “Inoltre”, sottolinea nel report dello studio il ricercatore Giovanni Almadori, dell´Istituto di Otorinolaringoiatria dell´università Cattolica di Roma, “l’acido folico non produce alcun effetto collaterale e non è tossico, al contrario delle altre terapie anticancro. Abbiamo notato, infine, che con questo trattamento aumentano, nel sangue dei pazienti, i livelli di folato e che diminuiscono quelli di omocisteina. Ciò fa pensare che un'insufficienza di folato possa essere un fattore di rischio per la progressione delle neoplasie”.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2006-06/jws-erf060706.php

22-10-2018

Carenza di vitamina D come indicatore di rischio di morte prematura. Un nuovo collegamento tra la presenza della sostanza nell’organismo umano e lo sviluppo di patologie mortali è stato reso noto dai ricercatori del Copenhagen University Hospital, in Danimarca, attraverso uno studio pubblicato sul British Medical Journal. La domanda dalla quale sono partiti i ricercatori è stata: la carenza di vitamina D è causa o effetto di uno scarso livello di salute? Come ha sottolineato uno dei ricercatori coinvolti nello studio, il Prof. Borge Nordestgaard del Dipartimento di Biochimica Clinica presso il Copenhagen University Hospital, in Danimarca: “Si tratta di una domanda importante, dal momento in cui milioni di persone al mondo assumono con regolarità integratori di vitamina D, presumibilmente con la speranza di prevenire lo sviluppo di patologie e di vivere più a lungo”.
Durante lo studio sono stati analizzati i profili medici di 95.766 partecipanti, selezionati da tre precedenti studi: il Copenhagen City Heart Study, il Copenhagen Ischemic Heart Disease Study e il Copenhagen General Population Study. Dei soggetti sono state valutate le variazioni nei geni DHCR7 e CYP2R1, entrambi collegati alla riduzione dei livelli di vitamina D nell’organismo, insieme a potenziali fattori di rischio quali l’indice di massa corporea, la pressione sanguigna, i livelli di colesterolo, il consumo di alcol o l’eventuale vizio del fumo. I ricercatori hanno riscontrato in circa 35.000 partecipanti, quelli con una carenza cronica di vitamina D, un aumento del rischio di mortalità per malattia pari a circa il 30% rispetto a chi mostrava valori nella norma, percentuale che arriva al 40% concentrando l’attenzione sulle sole patologie tumorali. 
Malgrado i riscontri generali ottenuti, gli stessi ricercatori hanno mantenuto infine una certa cautela in merito a una possibile correlazione tra carenza di vitamina D, valutata in relazione ai livelli di concentrazione di 25-idrossivitamina D, e malattie cardiovascolari: “Questi risultati sono compatibili con la nozione che livelli geneticamente bassi di concentrazioni di 25-idrossivitamina D possono essere associate in maniera causale con la mortalità dovuta a tumori e altre cause, ma suggeriscono anche che l’associazione osservazionale con le malattie cardiovascolari possa essere frutto di confusione. L’implicazione clinica dei nostri risultati resta limitata, allo stesso tempo i supplementi di vitamina D possono essere raccomandati solo dopo che i benefici siano stati mostrati in studi di ricerca randomizzati”.

 

http://www.bmj.com/content/349/bmj.g6330

http://news.ku.dk/all_news/2014/11/low-vitamin-d-levels-increase-mortality/

http://www.telegraph.co.uk/news/science/science-news/11238469/Getting-too-little-sunshine-raises-risk-of-cancer-scientists-find.html

22-10-2018

L’insulina è un ormone indispensabile per l’assorbimento del glucosio all’interno delle cellule. Si parla di insulino-resistenza, quando nelle cellule dell’organismo diminuisce la sensibilità all’azione dell’insulina. Così, il rilascio dell’ormone produce un effetto inferiore rispetto a quello previsto. In risposta a questa condizione, l’organismo mette in atto un meccanismo di difesa, basato sulla compensazione. Aumenta infatti il rilascio di insulina nel sangue, generando casi di iperinsulinemia. All’inizio, questa compensazione riesce a mantenere la glicemia a livelli normali. In uno stadio avanzato, però, le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina non riescono ad adeguarne la sintesi. Nella fase conclamata, infine, iniziano a verificarsi casi di iperglicemia anche a digiuno. Ecco che l’insulino-resistenza può facilmente diventare il precursore del diabete, dell’aumento di peso, della pressione alta, di malattie cardiache e di tanti altri rischi per la salute. Erbe, spezie e cibi, tuttavia, possono essere la nostra prima linea di difesa per ripristinare e mantenere la sensibilità delle cellule all’insulina. Ecco alcuni esempi.

1. CURCUMA: EFFICACE NEL PREVENIRE IL DIABETE

Uno studio del 2009 ha rilevato come la curcumina, il principio attivo più importante della curcuma, era da 500 a 100.000 volte più efficace della metformina, un farmaco di prescrizione che attiva l’assorbimento del glucosio. In un altro studio, 240 adulti pre-diabetici sono stati divisi in due gruppi: uno trattato quotidianamente con 250 mg di curcumina, e l’altro con un placebo. Dopo nove mesi, nessuno di coloro che assumeva regolarmente curcumina aveva sviluppato il diabete, ma il 16,4% del gruppo trattato con il placebo sì.

2. ZENZERO: ABBASSA LA GLICEMIA A DIGIUNO

In uno studio 88 pazienti diabetici sono stati divisi in due gruppi. Ogni giorno, al primo gruppo veniva somministrato un placebo, mentre all’altro 3 capsule da un grammo di zenzero in polvere. Dopo otto settimane, il gruppo che assumeva lo zenzero ha visto una riduzione della glicemia a digiuno del 10,5%, oltre all’aumento della sensibilità all’insulina. Nel gruppo trattato con il placebo, invece, la glicemia a digiuno era aumentata del 21%.

3. CANNELLA PER RIDURRE I LIVELLI DI ZUCCHERO NEL SANGUE

I risultati di una ricerca condotta in California hanno dimostrato come l’uso della cannella può aiutare i soggetti affetti da diabete di tipo 2 nella loro battaglia quotidiana. Durante lo studio, i ricercatori hanno analizzato 543 pazienti affetti da questa particolare forma di diabete, la più comune. Tra i soggetti, alcuni hanno assunto 6 grammi di cannella in forma di integratori, ogni giorno, per un periodo di 18 settimane. I risultati delle analisi effettuate hanno dimostrato come i soggetti che consumavano cannella quotidianamente avevano fatto registrare un importante calo dei livelli di glucosio plasmatico a digiuno, decisamente superiori rispetto ai soggetti che, nello stesso periodo, non avevano assunto gli stessi integratori. La cannella rallenta in parte la velocità con cui lo stomaco si svuota dopo aver mangiato, rallentando anche l’aumento dei livelli di zucchero nel sangue.

4. ESTRATTO DI FOGLIE D’OLIVO MIGLIORA LA SENSIBILITA’ ALL’INSULINA

I ricercatori dell’università di Auckland hanno dimostrato che l’estratto di foglie di ulivo può aiutare i soggetti che soffrono di insulino-resistenza. La supplementazione con polifenoli foglia di ulivo per 12 settimane nei soggetti utilizzati nella ricerca ha fatto registrare un significativo miglioramento della sensibilità all’insulina e dell’attività delle cellule del pancreas adibite alla produzione di insulina.

5. LE BACCHE RIDUCONO I PICCHI DI INSULINA DOPO I PASTI

Gli studi mostrano che il corpo ha bisogno di meno insulina per riequilibrare i livelli di zucchero dopo un pasto, se si consumano delle bacche. In uno studio condotto su donne sane in Finlandia, i soggetti sono stati invitati a mangiare del pane bianco e di segale, accompagnato o meno da una purea creata da una selezione di diversi tipi di frutti di bosco, come fragole, mirtilli e more. L’amido del pane crea dei picchi nei livelli di glucosio dopo i pasti. L’aggiunta di bacche riduceva significativamente questo picco di insulina.

6. NIGELLA SATIVA: 2 GRAMMI MIGLIORA LA RESISTENZA ALL’INSULINA

In uno studio condotto su 94 pazienti diabetici, i ricercatori hanno scoperto che somministrare 2 grammi al giorno di cumino nero riduceva significativamente la glicemia a digiuno e la resistenza all’insulina. Benefici che invece non sono stati ottenuti con la dose più alta di 3 grammi al giorno.

7. SPIRULINA PER MIGLIORARE LA RISPOSTA ALL’INSULINA

La spirulina è da sempre considerata una super-proteina vegetale, eppure i suoi benefici non si fermano a questo. In uno studio randomizzato su pazienti insulino-resistenti, i ricercatori hanno confrontato il potere di spirulina e soia nel controllare i livelli di insulina. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: al primo sono stati somministrati 19 grammi di spirulina al giorno; agli altri 19 grammi di soia. Dopo otto settimane, il gruppo che assumeva spirulina, ha visto migliorare la sua sensibilità all’insulina del 224,7%, mentre il gruppo che assumeva soia ha registrato un miglioramento del 60%.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19665995

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24559810

http://www.huffingtonpost.com/2013/09/09/cinnamon-diabetes-fasting-plasma-glucose_n_3896163.html?utm_source=concierge&utm_medium=onsite&utm_campaign=sailthru%2Bslider%2B

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3596374/

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23365108

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21675032

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22254118

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