Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Domenica, 12 Luglio 2020 10:38

MALATTIE LEGATE ALL’INVECCHIAMENTO

Tutte le persone invecchiano indipendentemente dal loro gruppo sanguigno. Ma perche? Come è possibile rallentare il trascorrere del tempo? Queste domande sono vecchie quanto l’uomo stesso: la ricerca della mitica fonte della giovinezza è radicata in tutte le culture. Oggi grazie ai progressi della ricerca biomedica e tecnologica, siamo molto vicini a delle risposte concrete. Ma c’è un altro interrogativo che riguarda il modo di invecchiare: perchè cambia tanto da persona a persona? Perché un cinquantenne in ottima forma fisica può soccombere a un attacco cardiaco, mentre un novantenne conserva un inaspettato vigore? Perchè certe persone si ammalano di Alzheimer o di demenza senile, mentre altre restano sane? A quale età il deterioramento fisico diventa inevitabile? Alcuni frammenti di questo complesso rompicapo sono stati finalmente compresi. La genetica, per esempio, è importante: variazioni infinitesimali a carico del corredo cromosomico contribuiscono a rendere certe persone più suscettibili di altre agli effetti del tempo. Ma questa spiegazione è sicuramente incompleta. Peter D’Adamo ha scoperto un’interessante relazione tra gruppo sanguigno e invecchiamento. Per essere più precisi, tra l’azione agglutinante svolta dalle lectine e due delle più importanti modificazioni fisiologiche associate all’età geriatrica: il deterioramento della funzione renale e cerebrale. Con l’invecchiamento si realizza un graduale peggioramento della funzionalità renale, tanto che in una persona di settantadue anni questi organi lavorano, mediamente, al 25 per cento della loro capacità. Il compito dei reni è quello di depurare il sangue: quest’ultimo viene letteralmente filtrato attraverso le maglie di minuscoli organi che si chiamano glomeruli, sufficientemente ampie da lasciare passare acqua e minerali, ma troppo fitte per consentire il passaggio alle cellule che compongono il sangue. È chiaro che il potere agglutinante delle lectine può, alla lunga, danneggiare seriamente questo delicato meccanismo, provocando un intasamento del sistema di filtrazione. Si tratta di un processo lento, che tuttavia può sfociare addirittura nell’insufficienza renale: in questa condizione i reni non sono più in grado di svolgere il loro lavoro ed è pertanto necessario ricorrere alla dialisi. Allo stesso modo, le lectine possono provocare agglutinazione all’interno del sistema nervoso centrale. In effetti nel cervello invecchiato è possibile osservare degli ammassi di neuroni strettamente aggrovigliati. Secondo gli esperti sarebbero proprio questi a causare il deterioramento delle facoltà intellettive, e potrebbero costituire un fattore importante nello sviluppo del morbo di Alzheimer. Le lectine possono agevolmente attraversare la barriera emato-encefalica, una struttura che ha la funzione di una “porta di sicurezza”, impedendo che sostanze dannose raggiungano il cervello. Una volta arrivate in loco, le lectine agglutinano le cellule presenti nel sangue rendendo difficile l’approvvigionamento di carburante da parte dei neuroni. Questo processo, ovviamente, non si realizza all’istante: ci vogliono anni e anni prima che esso raggiunga un grado tale da causare disturbi. È quindi chiaro che eliminando o riducendo l’agglutinazione provocata dalle lectine introdotte nell’organismo attraverso l’alimentazione sarà possibile salvaguardare, almeno in parte, il lavoro di reni e cervello. I danni provocati dalle lectine non si fermano a questo livello: esse possono perturbare seriamente anche l’equilibrio ormonale e in quest’ambito la cattiva nutrizione svolge sicuramente un ruolo importante. Tutti sappiamo che l’invecchiamento comporta un certo grado di disfunzione dell’apparato digerente al quale riesce sempre più difficile metabolizzare e assorbire le sostanze nutritive. Ecco perchè gli anziani, pur mangiando in modo adeguato, spesso vanno incontro a un vero e proprio stato di malnutrizione. Certo il problema viene ovviato ricorrendo all’integrazione, ma si potrebbe fare molto di più. Eliminando le lectine dannose dall’alimentazione prima che esse abbiano avuto il tempo di provocare danni irreparabili, si offre all’apparato digerente l’opportunità di funzionare a dovere in età avanzata. Mi preme ricordare che tutti questi accorgimenti non garantiscono l’eterna giovinezza. Non c’è modo, purtroppo, di riparare del tutto i danni accumulati nel corso degli anni. È invece possibile limitare quelli futuri iniziando a ridurre l’introito di lectine pericolose attraverso l’alimentazione.

Domenica, 12 Luglio 2020 10:01

IPERTENSIONE ARTERIOSA

Il cuore pompa ritmicamente sangue nelle nostre arterie consentendogli di raggiungere tutti i distretti dell’organismo. Tutto questo accade senza che ce ne rendiamo conto, così come non siamo in grado di sapere quando il sangue scorre nei nostri vasi con una pressione troppo elevata. Proprio per questo motivo, l’ipertensione è considerato un “killer silenzioso”. La pressione del sangue viene definita da due valori: la sistolica (anche chiamata massima) ossia la pressione sviluppata quando il cuore espelle il sangue dal ventricolo sinistro nell’arteria aorta, e la diastolica (anche chiamata minima) che rappresenta la pressione vigente nelle arterie tra un battito cardiaco e l’altro. Normalmente la pressione sistolica si aggira intorno ai 120 mmHg e la diastolica non supera gli 80 mmHg. Si parla di ipertensione quando i valori della pressione superano i 140/90 sotto i quarant’anni, oppure i 160/95 sopra i quarant’anni. Va ricordato, comunque, che una sola misurazione “fuori scala” non basta per fare una diagnosi di ipertensione. Se l’ipertensione è presente e non si corre ai ripari, con il passare del tempo le arterie subiscono un grave danno che può manifestarsi a livello di svariati organi: cuore, reni, cervello, occhi. Le correlazioni tra gruppo sanguigno e ipertensione sono poco chiare, tuttavia, dato che le alterazioni pressorie risultano spesso associate a disturbi cardiaci, le persone di tipo A e AB devono vigilare sulla salute delle proprie arterie. I fattori di rischio per l’ipertensione sono gli stessi ricordati per le malattie cardiovascolari: fumo, stress, obesità, diabete, parassiti, sedentarietà e periodo post-menopausale.

Domenica, 12 Luglio 2020 09:58

MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Le malattie cardiovascolari costituiscono uno dei più gravi problemi delle popolazioni economicamente progredite insieme a svariati fattori che contribuiscono alla loro diffusione: fumo, stress, alimentazione squilibrata, parassiti, sedentarietà. Ma esiste veramente una connessione tra il vostro gruppo sanguigno e la predisposizione a sviluppare disturbi di questo genere? Molti studi hanno consentito di identificare e valutare l’importanza di vari fattori di rischio cardiovascolare, ma la loro associazione a un particolare gruppo sanguigno non è emersa in modo inequivocabile. Analizzando i risultati delle ricerche si è scoperto l’esistenza di un’interessante connessione: le persone di tipo 0 tra i trentanove e i settantadue anni avevano maggiori probabilità di sopravvivere a un infarto cardiaco rispetto alle persone di tipo A della medesima età. Tali differenze risultano particolarmente evidenti negli uomini tra i cinquanta e i cinquantanove anni. Da questo punto di vista le persone con gruppo sanguigno A o AB risultano svantaggiate. Il colesterolo, che viene elaborato nel fegato, è certo uno dei fattori di rischio più importanti. Ma c’è un enzima intestinale, chiamato fosfatasi alcalina, che presiede all’assorbimento dei grassi contenuti negli alimenti e collabora anche al loro metabolismo. Quando l’enzima è presente in giuste quantità, come nelle persone di tipo 0, tutto funziona a dovere ed è più difficile che il colesterolo raggiunga livelli pericolosi. Nelle persone di tipo A e AB, invece, i livelli di fosfatasi alcalina non sono molto elevati, mentre in quelle di tipo B sembrano sufficienti a mantenere una situazione di equilibrio. Un altro aspetto importante riguarda la maggiore o minore tendenza del sangue a formare pericolosi coaguli. Questo è un evento raro nelle persone di tipo 0, mentre si assiste con una certa frequenza nei soggetti di tipo A e AB, che quindi hanno maggiori probabilità di sviluppare occlusioni arteriose.

Domenica, 12 Luglio 2020 09:57

SCLEROSI MULTIPLA E MALATTIA DI LOU GEHRIG

Sia la sclerosi multipla sia la malattia di Lou Gehrig (sclerosi laterale amiotrofica) si riscontrano con una certa frequenza tra persone appartenenti al gruppo sanguigno B. Il fatto non deve meravigliare poiché questi soggetti tendono a sviluppare malattie sostenute da virus “lenti” e disturbi di tipo neurologico. Tale associazione può inoltre spiegare come mai gli ebrei, dove il gruppo B è molto diffuso, si ammalino di sclerosi multipla e di sclerosi laterale amiotrofica più spesso rispetto ad altre popolazioni.  Alcuni ricercatori ritengono che queste due malattie siano il risultato di un’infezione contratta durante l’infanzia. Responsabile sarebbe un virus con caratteristiche antigeniche simili all’antigene B, nei confronti del quale, il sistema immunitario di questi soggetti non produce anticorpi. Indisturbato, il virus si accresce con molta lentezza: i primi sintomi iniziano a comparire 20-30 anni dopo l’infezione. Dato che le persone di tipo AB non producono anticorpi anti-B, anch’esse presentano un certo rischio di sviluppare sia la sclerosi multipla sia la malattia di Lou Gehrig.

Domenica, 12 Luglio 2020 09:56

SINDROME DA AFFATICAMENTO CRONICO

La sindrome da affaticamento cronico è una malattia caratterizzata da profonda stanchezza, dolori muscolari e articolari, mal di gola persistente, problemi digestivi, allergie e ipersensibilità nei confronti di molte sostanze chimiche. Le ricerche condotte in laboratorio hanno permesso di giungere a un’interessante conclusione: la sindrome da affaticamento cronico potrebbe non essere una malattia autoimmune, bensì un disturbo del fegato. Tutti i sintomi sarebbero pertanto provocati dall’incapacità del fegato di detossificare le sostanze chimiche. Infatti, solo un cattivo funzionamento di questo organo può produrre effetti che coinvolgono sia il sistema immunitario sia quello muscolo-scheletrico e digestivo.Le persone di tipo 0 ammalate di sindrome da affaticamento cronico rispondono bene a un trattamento a base di potassio e liquirizia. Quest’ultima, infatti, è un vero toccasana per il fegato perchè contribuisce a farlo lavorare meglio e a proteggerlo dall’azione delle sostanze nocive. Tutto ciò sembra avere riflessi molto positivi sulla funzionalità del surrene e sulla glicemia, con conseguente aumento dell’energia e del senso di benessere. Anche l’esercizio fisico può essere di grande aiuto. (Attenzione: utilizzate integratori a base di liquirizia che siano privi di glicirrizina.)

Domenica, 12 Luglio 2020 09:54

ARTRITE REUMATOIDE

Secondo Peter D’Adamo la maggior parte delle persone affette da artrite reumatoide appartiene al gruppo sanguigno A. Questo fatto, apparentemente strano visto l’elevato tasso di tolleranza del sistema immunitario, è probabilmente correlato alla presenza di lectine molto simili all’antigene A. In effetti iniettando queste particolari sostanze in animali da laboratorio, si ottiene un’infiammazione articolare del tutto sovrapponibile a quella osservabile nell’artrite reumatoide. Un altro fattore importante è lo stress: secondo alcuni studi le persone ammalate di artrite reumatoide tendono ad avere una struttura emotiva più fragile e pertanto risultano maggiormente esposte agli effetti dello stress psicologico. In queste condizioni la malattia progredisce con maggiore rapidità. Ecco perchè è importante che queste persone si sforzino di praticare con regolarità gli esercizi di rilassamento.

I soggetti di tipo A mostrano una maggiore predisposizione a contrarre infezioni trasmesse per via sessuale e, in particolare, la sifilide, che tende in questi soggetti ad avere un decorso più grave. Di qui la necessità di adottare tutte le precauzioni disponibili per evitare qualsiasi possibilità di contagio. Le infezioni delle vie urinarie, e soprattutto le cistiti recidivanti, sembrano prediligere i soggetti di tipo B e AB. I batteri comunemente coinvolti in questo tipo di infezione (E. coli, Pseudomonas e Klebsiella) presentano caratteristiche simili all’antigene B, pertanto i soggetti con gruppo sanguigno B e AB saranno i più colpiti. Tra i soggetti di tipo B si nota anche una maggiore frequenza di infezioni renali come, per esempio, la pielonefrite. Se appartenete a questo gruppo sanguigno e soffrite di problemi ricorrenti alle vie urinarie, abituatevi a bere ogni giorno uno o due bicchieri di succo di mirtilli e succo d’ananas.

21-06-2020

Uno studio pubblicato su Jama Psichiatry suggerisce che vitamine e minerali possano essere utili per il trattamento dell’ADHD. A 80 adulti con disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD), sono stati somministrati integratori contenenti vitamina D, vitamina B12, folati, magnesio, ferritina, ferro, calcio, zinco e rame o un placebo. Dopo 8 settimane di trattamento, i soggetti che avevano assunto gli integratori hanno riportato un miglioramento superiore a quello dei placebo in termini di attenzione, iperattività e impulsività. Secondo gli studiosi, i micronutrienti possono migliorare la funzionalità cerebrale ed essere utili in particolare nei soggetti alla ricerca di trattamenti alternativi alle terapie farmacologiche.
L’ADHD è un disturbo che si manifesta durante l’infanzia e che persiste nell’età adulta. È caratterizzato in particolare da tre sintomi: iperattività che costringe il soggetto ad attività motoria persistente e continuativa; deficit di concentrazione notevole continuato e un’enorme impulsività. Le ricerche suggeriscono che la carenza di calcio, magnesio e zinco, che sono considerati minerali sedativi, può essere la causa di numerosi disturbi comportamentali e nervosi, come quelli osservati nell’iperattività infantile. In generale gli studi indicano che i ragazzi che assumono multivitaminici presentano sviluppo intellettivo, apprendimento verbale e mnemonico migliori di quelli che non li assumono. Calcio e magnesio regolano la trasmissione degli impulsi nervosi, mentre lo zinco viene consumato in caso di stress prolungato: la sua carenza è associata a disturbi comportamentali e dell’apprendimento. Il magnesio svolge un forte effetto calmante sulle cellule nervose e un suo deficit può aumentare i danni prodotti dallo stress. Il ferro è uno dei minerali più importanti per la crescita del bambino e la sua carenza, è associata a disturbi quali affaticamento, scarsa concentrazione, ridotto sviluppo cognitivo, scarsi risultati scolastici e problemi comportamentali. Da tutti questi dati è possibile evincere l’importanza di una corretta integrazione di micronutrienti per evitare il rischio di carenze che potrebbe avere ripercussioni negative sulla salute.

 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24477798/

21-06-2020

ll metil-sulfonil-metano (MSM), chiamato anche dimetil-sulfone, è una fonte stabile, ricca e naturale di zolfo organico. Benché lo zolfo si possa trovare allo stato naturale in alcuni frutti e legumi freschi, esso viene distrutto durante la cottura, la trasformazione e la conservazione degli alimenti. Alcuni studi mostrano chiaramente che il tasso di MSM nell’organismo si abbassa in modo considerevole con l’età. L’integrazione è quindi un’opzione allo stesso tempo attraente e poco costosa e considerevolmente priva di tossicità.

UN SOSTEGNO IN CASO DI DOLORI ARTICOLARI

Lo zolfo è presente in concentrazione particolarmente elevata nelle articolazioni in cui partecipa alla produzione del solfato di condroitina, delle glucosamine e dell’acido ialuronico. Esso gioca un ruolo critico nel mantenere la stabilità e l’integrità del tessuto connettivo e delle proteine. Diversi studi hanno dimostrato l’utilità dell’integrazione con MSM che, come “lubrificante naturale”, favorisce il comfort articolare e aiuta ad alleviare il dolore associato all’osteoartrosi o all’artrite reumatoide. Uno studio del 1995 ha dimostrato che la concentrazione di zolfo nella cartilagine artrosica rappresentava solo un terzo della concentrazione normale. In un altro studio, in doppio cieco, il 60% dei pazienti con osteoartrosi e trattati con 2,25 g di MSM ha segnalato un miglioramento dopo quattro settimane e l’80% dopo sei settimane. Altri risultati positivi sono stati osservati nei casi di dolore cronico articolare, dolore muscolare, tendinite e borsite, irritazione intestinale e sclerodermia. Alcuni ricercatori dell’University of California, di San Diego, hanno esaminato il suo effetto sulla cartilagine articolare sana o artritica del ginocchio umano prelevato post-mortem. Hanno osservato più precisamente l’effetto del MSM sulle citochine, marker dell’infiammazione associati alla degradazione della cartilagine. Hanno constatato che il MSM ha ridotto l’espressione di queste citochine pro-infiammatorie e quella degli enzimi che degradano la cartilagine. I ricercatori hanno suggerito che l’MSM agisca da barriera, proteggendo la cartilagine nelle prime fasi dell’osteoartrite e di altre lesioni degenerative indotte dalle citochine infiammatorie e dagli enzimi di degradazione della cartilagine.

IN CASO DI ASMA E ALLERGIE

Il MSM è anche indispensabile per molte reazioni enzimatiche e ormonali, così come per un funzionamento adeguato del sistema immunitario. Quando è disponibile nell’organismo a livelli sufficienti, il MSM sembra concentrarsi attorno alle membrane delle mucose in cui crea uno schermo protettivo che riduce gli effetti degli allergeni e dei contaminanti esterni. Alcuni studi mostrano d’altronde un’influenza benefica dell’assunzione di MSM in alcuni casi di asma e di allergie. Secondo il dott. Earl Mindell, il MSM aumenta la permeabilità cellulare e permette così all’organismo di eliminare più facilmente tossine e radicali liberi. Per la bellezza di capelli e unghie. Dopo l’ingestione, fornisce zolfo elementare agli aminoacidi metionina e cisteina ed è incorporato nella cheratina (la struttura) di capelli e unghie. Inoltre, il MSM è necessario per la produzione di collagene (il componente principale del tessuto connettivo). Pertanto, l’integrazione regolare con MSM migliora la salute e l’aspetto di capelli e unghie: i capelli sono più lunghi e più lucidi, le unghie sono più forti. Anche la cicatrizzazione di piccole ferite è accelerata assumendo MSM, e ancor di più se vitamina C e MSM sono assunti insieme.

SUPPORTO PER IL FEGATO

Secondo uno studio condotto su animali, l’integrazione con MSM aiuta a sostenere il metabolismo del fegato, aumentando i livelli di L-glutatione, un antiossidante contenente zolfo coinvolto nella disintossicazione del fegato.

21-06-2020

Chiunque abbia avuto esperienza di piaghe da decubito sa fin troppo bene quanto siano refrattarie alla cicatrizzazione. Un altro fatto spiacevole e ben noto è che le spese per cure mediche lievitano quando sorge questa complicazione: secondo un articolo del dottor James W. Barnes dell’Ospedale di Glenn Dale nel Maryland, sul Journal of the American Medical Association, la guarigione delle piaghe da decubito viene a costare dai 5.000 ai 10.000 dollari. Quello che è peggio, le piaghe da decubito rappresentano una grave minaccia per la stessa vita del paziente. Con la perdita di sangue, proteine ematiche e altre vitali sostanze nutritive attraverso la piaga aperta, si instaurano anemia, debilità e una situazione generale di minore resistenza. Il dottor Barnes cita uno studio della Veterans Administration, da cui risulta che le ulcerazioni da decubito persistenti sono la causa diretta o preponderante di decesso nel 10% dei paraplegici. I pazienti che contraggono ulcere da decubito sono quelli che presentano invalidità che li costringono a letto. Le due cause principali delle piaghe sono una pressione costante, specie sulle sporgenze ossee (come le anche) e un cattivo stato di nutrizione, che indebolisce la pelle e i meccanismi naturali di ricostruzione dei tessuti. C’è tutto un armamentario di medicine, misure fisioterapiche e pratiche infermieristiche miranti ad assicurare un minimo di benessere al paziente e a facilitare la rimarginazione delle ulcere. Ma il problema centrale non è la mancanza di un trattamento adeguato, quanto le cattive condizioni generali del paziente in cui si formano le piaghe da decubito. Se è vero che l’ulcera si forma inizialmente a causa di una pressione costante, particolarmente nelle zone in cui le sporgenze ossee non sono protette da pannicolo adiposo, la velocità con cui si sviluppa e la sua gravità dipendono da altri fattori, più precisamente dall’alimentazione.
Ricercatori del Manchester Royal Infirmary, presso l’Ospedale universitario di Manchester, sottolineano in un articolo su Lancet l’importanza dell’alimentazione ai fini della guarigione di questo tipo di ulcere. Il dottor T. V. Taylor e la sua èquipe, in una sperimentazione a doppio cieco sul trattamento delle piaghe da decubito con forti dosi di vitamina C, hanno dimostrato che la somministrazione di vitamina C riduce della metà i tempi di rimarginazione. La ricerca era condotta su un campione di pazienti di chirurgia con piaghe da decubito, tutti confinati a letto per vari tipi di patologia (frattura del femore, ictus, paraplegia). Tutti i pazienti usavano normali letti e materassi in dotazione all’ospedale e ricevevano la stessa dieta ospedaliera e un’identica terapia locale nelle zone ulcerate. A tutti veniva somministrata due volte al giorno una compressa identica nell’aspetto: placebo per 10 soggetti (gruppo A), 500 mg di acido ascorbico per gli altri 10 (Gruppo B). Il livello di acido ascorbico nei due gruppi prima dell’inizio della sperimentazione era praticamente identico, ma dopo un mese di trattamento nel gruppo B risultava tre volte più alto che nel gruppo A. A questo aumentato livello di vitamina C si accompagnava un netto miglioramento nelle piaghe da decubito, che presentavano una superficie ridotta dell’84%, in confronto al 42% del gruppo di controllo. Su 10 pazienti del gruppo sperimentale, 6 avevano le ulcere completamente rimarginate in appena un mese (il tempo necessario per la cicatrizzazione di ulcere gravi, secondo il dottor Barnes, è in genere di tre o quattro mesi).
Sapendo qual è l’azione chimica della vitamina C, non fa meraviglia che debba avere questo effetto terapeutico. Quello che sorprende, semmai, è che non sia parte del trattamento di routine per tutti i pazienti costretti all’immobilità, sia in ospedale che a domicilio. È risaputo da molti anni che l’acido ascorbico è un fattore importante per la normale sintesi e manutenzione del collagene. Senza collagene, la sostanza che costituisce il cemento intercellulare, nessuna lesione può cicatrizzarsi adeguatamente, dato che l’organismo non è in grado di produrre tessuti nuovi e resistenti. Il dottor W. J. McCormick di Toronto, un pioniere nell’uso terapeutico della vitamina C, descriveva già molti anni addietro l’eziologia delle piaghe da decubito come una carenza di vitamina C, responsabile della fragilità capillare e ostacolo allo sviluppo del tessuto di granulazione che è essenziale per la formazione dei tessuti cicatriziali. Il dottor McCormick notava un interessante parallelismo fra le piaghe da decubito e le cancrene da congelamento. Le une e le altre sono prodotte da ischemia (insufficiente irrorazione sanguigna di una parte del corpo) e anossia (carenza di ossigeno), con conseguente necrosi del tessuto. Nei casi di congelamento, la causa scatenante è il freddo intenso, mentre nelle ulcere da decubito è naturalmente la pressione continua su una parte del corpo.

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