Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Domenica, 12 Luglio 2020 11:43

MALATTIE DERMATOLOGICHE

Le informazioni attualmente disponibili circa l’esistenza di eventuali correlazioni tra disturbi della pelle e gruppi sanguigni sono molto scarse. Sappiamo, tuttavia, che malattie come la dermatite e la psoriasi sono il risultato di reazioni di tipo allergico e che numerose lectine presenti negli alimenti più comuni possono interagire con il sangue e il sistema digestivo liberando istamina e altre sostanze chimiche ad attività infiammatoria. Le reazioni allergiche cutanee nei confronti di prodotti chimici sono più spesso osservabili nei soggetti di tipo A e AB. La psoriasi, invece, tende a colpire con maggiore frequenza le persone di gruppo sanguigno 0, soprattutto quelle che seguono un’alimentazione troppo ricca di cereali, latte e latticini.

Dato che i primi sintomi della mononucleosi e della faringite streptococcica sono molto simili, spesso è difficile distinguere queste due malattie. Un bambino affetto da questi disturbi può accusare mal di gola, malessere generalizzato, febbre con brividi, mal di testa, gonfiore alle ghiandole del collo e/o tumefazione delle tonsille. Per diagnosticare correttamente la malattia occorre fare un esame del sangue e un esame colturale del materiale ottenuto tramite un tampone faringeo. La faringite streptococcica è un’infezione della gola provocata da un batterio chiamato, appunto, streptococco. Spesso provoca, oltre ai disturbi sopra descritti, naso chiuso, tosse, dolore alle orecchie, comparsa di placche biancastre o giallastre nella parte posteriore della gola e un’eruzione cutanea che inizia dal collo e dal torace per diffondersi poi all’addome e alle estremità (in questo caso lo streptococco in causa è quello della scarlattina). La diagnosi viene fatta in base ai risultati degli esami del sangue e del tampone faringeo. Il trattamento prevede il riposo a letto e la somministrazione di antibiotici attivi contro lo streptococco, di antifebbrili e antidolorifici e di liquidi in abbondanza. Ancora una volta l’obiettivo delle cure è la risoluzione del singolo episodio mentre, nei bambini con infezioni ripetute, bisognerebbe preoccuparsi di prevenire le recidive. Rispetto ai bambini di tipo A e AB, quelli di tipo 0 e B sono maggiormente esposti al rischio di sviluppare una faringite streptococcica, ma in genere, guariscono anche meglio e più in fretta. Lo streptococco pur trovando difficoltà a colpire i soggetti di tipo A e AB, una volta insediato nel loro organismo molla difficilmente la presa e così il rischio di infezioni a ripetizione aumenta considerevolmente. La medicina naturopatica offre valide alternative per scongiurare il problema delle ricadute. Si è osservato, per esempio, che utilizzando un collutorio a base di salvia e idraste si riescono a tenere gli streptococchi lontani dalla bocca e dalle tonsille. L’idraste contiene una sostanza chiamata berberina, che è stata studiata in modo approfondito proprio grazie alla sua attività antistreptococcica. Il suo unico problema è che ha un sapore amaro non troppo gradevole e difficile da far accettare a un bambino. Chi desidera sperimentare gli effetti dovrebbe pertanto munirsi di uno spruzzatore con il quale erogare il liquido nella bocca due volte al giorno. Oltre all’alimentazione per rinforzare il sistema immunitario uso spesso integratori nutrizionali a base di vitamina C, beta-carotene, zinco ed echinacea. I bambini di tipo 0 risultano più esposti al rischio di mononucleosi rispetto agli altri. Trattandosi di un’infezione sostenuta da virus, gli antibiotici non hanno alcuna efficacia. Vengono invece prescritti antifebbrili, un’abbondante assunzione di liquidi, il riposo a letto fino a quando dura la febbre e frequenti riposini durante il periodo di convalescenza. I bambini di tipo B sembrano essere particolarmente predisposti a contrarre gravi forme di parotite, malattia virale che colpisce le ghiandole salivari più nota con il nome di orecchioni. Se il gruppo sanguigno di vostro figlio è B e/o Rh negativo, sorvegliate attentamente il decorso della malattia, pronti a cogliere i primi segni di compromissione neurologica, soprattutto quelli che interessano l’udito.

I disturbi dell’attenzione possono essere provocati da una grande varietà di fattori ed è ancora troppo presto per poterli correlare in maniera specifica ai diversi gruppi sanguigni. Tuttavia, lo studio delle reazioni ai differenti stimoli ambientali può fornire preziose indicazioni. James D’Adamo in trentacinque anni di pratica ha avuto modo di osservare che i bambini di tipo 0 stanno meglio se possono correre o fare giochi che richiedono un impegno fisico notevole. Ecco perchè, in presenza di disturbi dell’attenzione, questi bambini vanno incoraggiati a praticare molta attività fisica. I bambini di tipo A e AB, invece, sembrano reagire meglio ad attività artistiche, che esaltano la sensibilità tattile (per esempio la scultura), e alle tecniche di rilassamento (per esempio la respirazione profonda). Per i bambini di tipo B sono più adatti il nuoto e la ginnastica ritmica. I disturbi dell’attenzione costituiscono ancora un dilemma: c’è chi ritiene siano il risultato di alterazioni del metabolismo degli zuccheri e chi, invece, li correla a un’allergia ai coloranti o ad altre sostanze chimiche presenti nei vaccini. In definitiva si sa ancora troppo poco. Peter D’Adamo ha però notato una curiosa correlazione: i bambini affetti da disturbi dell’attenzione sono spesso molto difficili da accontentare per quanto riguarda il cibo, il che porta a pensare che l’alimentazione possa svolgere un ruolo importante. Recentemente ha scoperto una particolarità interessante che potrebbe costituire un legame tra gruppo sanguigno di tipo 0 e disturbi dell’attenzione. L’occasione è stata fornita da un bambino iperattivo con una lieve forma anemica che D’Adamo ha curato con l’alimentazione e basse dosi di vitamina B12 e acido folico. In poco tempo l’anemia era scomparsa, e la madre riferiva anche un netto miglioramento dell’attenzione. In seguito ha sperimentato l’efficacia di queste vitamine in molti altri casi e sempre con risultati soddisfacenti.

Domenica, 12 Luglio 2020 11:31

INFEZIONI DELL’ORECCHIO

Le infezioni croniche dell’orecchio colpiscono principalmente i bambini con meno di sei anni. Il termine cronico indica la presenza di cinque o più episodi di otite nell’arco di una singola stagione, di solito l’inverno. Dato che nella maggior parte dei casi è anche presente un sottofondo allergico nei confronti di fattori ambientali e/o dietetici, la migliore soluzione è adottare immediatamente l’alimentazione specifica per il gruppo sanguigno. Di solito, le otiti batteriche vengono affrontate con gli antibiotici che spesso non riescono a dare risultati soddisfacenti nelle forme cronicizzate. Meglio, pertanto, combattere le cause che espongono il bambino alle infezioni ripetute. A questo scopo bisogna innanzi tutto rinforzare le difese dell’organismo, tenendo conto delle diverse suscettibilità ad ammalarsi caratteristiche di ciascun gruppo sanguigno. I bambini di tipo A e AB rischiano un’eccessiva produzione di muco quando seguono un’alimentazione inadatta e l’accumulo di secrezioni favorisce l’insediamento dei batteri. Pericolosi sono soprattutto il latte e i latticini per il gruppo sanguigno A, e latte, latticini e mais per il gruppo AB. In questi bambini le vie respiratorie e la gola risultano particolarmente vulnerabili alle infezioni che, da tali sedi, possono facilmente raggiungere l’orecchio. Poichè il sistema immunitario dei soggetti A e AB è tollerante nei confronti di uno svariato numero di batteri, la causa prima di tutti questi disturbi è una scarsa capacità difensiva. Numerosi studi hanno dimostrato che nelle secrezioni auricolari di bambini affetti da otiti batteriche ricorrenti manca una sostanza chiamata “complemento”, indispensabile per attaccare e distruggere il germe responsabile dell’infezione. Ma secondo quanto emerso da un altro studio, questa non sarebbe l’unica anomalia evidenziabile. Sembra infatti che nelle secrezioni auricolari manchi anche una lectina che ha il compito di attaccarsi al mannosio contenuto nella capsula batterica, provocando così l’agglutinazione dei germi e una più rapida eliminazione degli stessi. Sia il complemento sia la proteina legante il mannosio possono, nel tempo, raggiungere livelli adeguati e questo potrebbe spiegare perchè la frequenza delle infezioni auricolari tende a diminuire con la crescita. Oltre all’alimentazione, i bambini di tipo A e AB affetti da problemi di questo tipo dovrebbero seguire un programma per potenziare le difese immunitarie. Il metodo più semplice consiste nel ridurre drasticamente il consumo di zucchero. Sono infatti numerosi gli studi che hanno dimostrato come questo alimento renda i globuli bianchi più pigri e meno propensi ad attaccare gli intrusi. In aggiunta, può essere utilizzata l’echinacea purpurea, un blando immunostimolante utilizzato in tempi remoti dai nativi americani. I meccanismi immunitari stimolati da questo rimedio riescono a funzionare bene solo in presenza di adeguati livelli di vitamina C. Pertanto è consigliabile associare all’echinacea un estratto di rosa canina, che contiene una buona fonte di vitamina C. In molti casi l’otite è causata dalla chiusura della tromba di Eustachio, la struttura anatomica che collega l’orecchio medio alla faringe. Quando il condotto si ostruisce per processi infettivi, allergie o gonfiore dei tessuti circostanti, l’orecchio medio non riesce più a scaricare in modo adeguato le secrezioni che, accumulandosi, costituiscono un ottimo terreno per la proliferazione dei batteri. Il reale problema delle otiti, soprattutto se recidivanti, è la scarsa efficacia degli antibiotici, spesso dovuta alla presenza di batteri multiresistenti che impongono il ricorso a farmaci via via più potenti. Quando le cure mediche non danno risultati soddisfacenti bisogna ricorrere alla miringotomia, un intervento chirurgico che prevede l’incisione del timpano e l’inserimento di un minuscolo tubo che serve sia come drenaggio dei liquidi accumulati nell’orecchio medio, sia come condotto di ventilazione. Personalmente sono contrario ad affrontare le infezioni croniche dell’orecchio con massicce dosi di antibiotici, ancor più sapendo che essi possono risolvere il singolo episodio, ma non mettere al riparo dalle ricadute. Ritengo, invece, che sia più utile adottare l’alimentazione del proprio gruppo sanguigno associando antibiotici naturali. Peter D’Adamo ha avuto modo di curare numerosi bambini affetti da otite cronica e si è reso conto che in tutti i casi è possibile identificare una correlazione spesso evidente tra malattia e alimentazione, e spesso i cibi responsabili sono i favoriti dei piccoli pazienti. I bambini di tipo 0 e quelli di tipo B sembrano meno esposti alle infezioni auricolari e quando ne vengono colpiti di solito rispondono molto bene alle cure: spesso il cambio di alimentazione ha un effetto risolutivo. Nei bambini di tipo B il primo episodio di otite è frequentemente sostenuto da un virus che, in seguito, favorisce l’insediamento di un particolare batterio, chiamato Haemophilus, nei confronti del quale il gruppo sanguigno B è particolarmente suscettibile. In questi casi la cura alimentare prevede la drastica riduzione di pomodori, mais e pollo. Nei bambini di tipo 0, invece, le otiti potrebbero essere prevenute con l’allattamento al seno per circa un anno, in modo da consentire al sistema immunitario di svilupparsi completamente. Importante anche eliminare il frumento e i latticini. Infatti, sebbene i soggetti di tipo 0 siano raramente sensibili a questi alimenti nella prima infanzia, evitarli a favore di cibi ricchi di proteine come carne rossa e pesce contribuisce ad irrobustire il sistema immunitario. Mi rendo conto che imporre drastici cambiamenti alimentari a bambini sofferenti di otite cronica è oltremodo difficile perchè la malattia rende i genitori più inclini ad assecondare i gusti dei figli, come se il cibo fosse un compenso per le sofferenze patite. In questo modo, però, a poco a poco questi bambini tendono a restringere drasticamente l’ambito delle scelte alimentari che il più delle volte cadono proprio sui cibi che alimentano la malattia.

Domenica, 12 Luglio 2020 11:29

DIARREA

Nei bambini la diarrea può provocare una pericolosa disidratazione. Spesso il disturbo è correlato agli alimenti ingeriti e in questi casi seguire l’alimentazione adatta per il gruppo sanguigno è sicuramente il mezzo migliore per correre ai ripari. I bambini di tipo 0 possono andare incontro a episodi di diarrea dopo l’ingestione di prodotti caseari, mentre quelli di tipo B corrono rischi mangiando mais o troppi cibi a base di frumento. In ogni caso, quando la diarrea è provocata da intolleranze oppure da allergie a particolari alimenti, la presenza di altri sintomi come gonfiore agli occhi, orticaria, eczema, prurito e crisi asmatiche può chiarire l’origine del malessere. Se non è provocata da infezioni parassitarie, blocco intestinale parziale, infiammazioni acute oppure croniche, di solito la diarrea si risolve da sola nel giro di qualche giorno e quindi non è il caso di allarmarsi eccessivamente. Se però le feci contengono sangue o muco, bisogna consultare immediatamente il medico. Una diarrea insorta improvvisamente può essere infettiva, e quindi occorre prevenire il contagio degli altri membri della famiglia adottando rigorose misure igieniche. In ogni caso, considerando l’elevato rischio di disidratazione, occorre sempre fornire al bambino una quantità di liquidi per reintegrare quelli perduti con le feci e la sudorazione, specie se la diarrea è accompagnata da febbre. Ottimi, a questo scopo, l’acqua minerale naturale, il tè leggero e le zuppe vegetali. Per dare una mano all’intestino si possono somministrare integratori a base di Lattobacilli e Bifidobatteri e, se il gruppo sanguigno lo consente, dello yogurt magro.

Domenica, 12 Luglio 2020 11:28

CONGIUNTIVITE

La congiuntivite, una fastidiosa infiammazione che causa un intenso arrossamento della parte interna delle palpebre e dell’occhio, è spesso provocata dallo stafilococco, un batterio che si trasmette facilmente da un bambino all’altro. I gruppi sanguigni A e AB risultano maggiormente esposti al rischio di infezione rispetto agli altri gruppi, probabilmente a causa della naturale pigrizia dei loro sistemi immunitari. In genere, la congiuntivite viene curata con pomate antibiotiche e colliri, ma esiste un lenitivo naturale molto efficace: basta applicare sull’occhio delle fettine di pomodoro fresco (non fate però esperimenti con il succo di pomodoro, che aggraverebbe la situazione). Il liquido acquoso che esce dalla superficie di taglio della fetta di pomodoro contiene una lectina capace di agglutinare e distruggere gli stafilococchi, e possiede una debole acidità del tutto simile a quella posseduta naturalmente dalle secrezioni oculari. Se non volete appoggiare sull’occhio una fetta di pomodoro, utilizzate il liquido ottenuto affettando l’ortaggio per bagnare una garza pulita con la quale potrete fare degli impacchi.

Domenica, 12 Luglio 2020 11:25

MENOPAUSA E PROBLEMI MESTRUALI

La menopausa è un problema che riguarda tutte le donne indipendentemente dal gruppo sanguigno. La drastica diminuzione degli ormoni sessuali (estrogeni e progesterone), è responsabile di una lunga sequela di disturbi come, per esempio, vampate di calore, riduzione del desiderio sessuale, depressione, perdita di capelli, alterazioni cutanee. Dato che gli estrogeni contribuiscono a mantenere in buona salute cuore, arterie e ossa, la menopausa è anche contrassegnata da un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e da una spiccata demineralizzazione dell’osso (osteoporosi). Consci di tutti questi problemi, oggi endocrinologi e ginecologi cercano, in assenza di controindicazioni, di prescrivere sempre il trattamento ormonale sostitutivo, utilizzando a seconda dei casi, i soli estrogeni oppure estrogeni e progesterone. Questo tipo di approccio, però, crea in molte donne qualche preoccupazione, legata per lo più al rischio di sviluppare un cancro del seno. Come bisogna comportarsi? È bene assumere la terapia ormonale sostitutiva, oppure conviene rinunciarvi? Rispondere a queste domande non è certo semplice, tuttavia, conoscere le indicazioni relative al vostro gruppo sanguigno può aiutarvi a decidere quale potrebbe essere l’approccio che meglio soddisfi le vostre necessità. Se siete di tipo 0 o di tipo B affrontate la menopausa aderendo il più strettamente possibile al programma di esercizio fisico adatto al vostro gruppo sanguigno. Assicuratevi un buon apporto proteico e assumete integratori che contengano ginseng, lampone, vite e mirtillo rosso. Le persone di tipo A o AB possono ricorrere agli estrogeni estratti da vegetali (fitoestrogeni) come la soia, il trifoglio rosso e l’alfalfa. Ovviamente il trattamento non sarà il medesimo perchè la frazione estrogenica presente nei due tipi di cura è diverso: estriolo nei fitoestrogeni ed estradiolo negli estrogeni di sintesi. Il primo, pur essendo meno efficace del secondo, riesce ugualmente ad alleviare molti disturbi della menopausa come le vampate di calore e la secchezza vaginale. In più la letteratura medica disponibile sembra aver concluso che l’estriolo svolge un certo effetto protettivo nei confronti del tumore mammario. È interessante notare come in Giappone, paese in cui il consumo di prodotti a base di soia è molto elevato, la parola menopausa è pressoché intraducibile. Indubbiamente l’alimentazione ricca di fitoestrogeni riesce a mitigare notevolmente i fastidiosi disturbi correlati con la drastica riduzione della produzione di estrogeni naturali.

Domenica, 12 Luglio 2020 11:22

INFERTILITÀ E ABORTO ABITUALE

Per circa quarant’anni la ricerca biomedica ha cercato di chiarire come mai le donne appartenenti al gruppo sanguigno A, B e AB avessero maggiori difficoltà ad iniziare e portare a termine la gravidanza rispetto a quelle di gruppo 0. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’infertilità e l’aborto abituale potrebbero essere legati alla presenza nelle secrezioni vaginali di anticorpi in grado di reagire con gli antigeni gruppo sanguigno-specifici presenti nello sperma del marito. Nel 1975 uno studio condotto su 288 feti abortiti ha dimostrato la prevalenza di madri di tipo 0 e di feti di tipo A, B e AB: l’interruzione della gravidanza potrebbe essere stata provocata da un’incompatibilità tra gruppo sanguigno del feto e la presenza nel sangue materno di anticorpi anti-A e anti-B. L’esperienza acquisita studiando un gran numero di famiglie mi ha indotto ad osservare l’esistenza di un più alto tasso di interruzioni spontanee della gravidanza in presenza di un’incompatibilità AB0 tra i genitori, come quella che si realizza tra madri di tipo 0 e padri di tipo A. Nelle donne caucasiche e africane l’interruzione della gravidanza sembra più frequente quando la madre è di gruppo A oppure 0 e il feto di gruppo B. Le correlazioni tra infertilità e gruppi sanguigni non sono state ancora stabilite. Per quanto mi riguarda, ritengo che si debba tener conto di svariati fattori, come per esempio, lo stress, l’esistenza di allergie alimentari, diete scorrette e obesità. 

Domenica, 12 Luglio 2020 10:44

DISTURBI DELLA COAGULAZIONE

Nelle persone di tipo 0 i livelli dei vari fattori che intervengono nella coagulazione del sangue tendono ad essere bassi e quindi risultano maggiormente esposti al rischio di emorragie, soprattutto in occasione di interventi chirurgici o di situazioni, come il parto, associate a una certa perdita di sangue. I soggetti di tipo 0 che hanno già sofferto di disturbi di tipo emorragico dovrebbero incrementare l’assunzione di cibi contenenti clorofilla, che abbonda per esempio negli ortaggi verdi, oppure ricorrere a degli integratori. Questi problemi sono pressoché sconosciuti alle persone di tipo A e AB che, però, possono andare incontro a disturbi di altro tipo: il loro sangue tende ad essere troppo “denso” e a formare pericolosi coaguli all’interno delle arterie. Le persone di tipo B, invece, sono decisamente più fortunate perché in genere non soffrono di alcun tipo di disturbo della coagulazione.

Domenica, 12 Luglio 2020 10:42

ANEMIA PERNICIOSA

L’anemia perniciosa, espressione di un grave deficit di vitamina B12, si riscontra con maggiore frequenza nei soggetti di tipo A, ma non ha nulla a che vedere con la dieta vegetariana che queste persone dovrebbero seguire per mantenersi in salute. La ragione deve essere ricercata nella difficoltà di assorbire la vitamina contenuta nei diversi alimenti. Anche le persone di tipo AB possono andare incontro a questo disturbo, ma con una frequenza minore rispetto a quelle di tipo A. L’assorbimento della vitamina B12 richiede una normale acidità gastrica e la presenza di “fattore intrinseco”, una sostanza prodotta dalla mucosa dello stomaco. Le persone di tipo A e AB sono svantaggiate rispetto agli altri gruppi sanguigni perché il loro stomaco produce scarse quantità di acido cloridrico e di fattore intrinseco. Quando il deficit di B12 dipende da questi fattori, somministrare la vitamina per via orale non ha senso: per assicurarsi un corretto assorbimento bisogna utilizzare la via iniettivo-sublinguale. Nelle persone di tipo 0 e B l’anemia perniciosa è molto rara grazie alla presenza di buoni livelli di acidità gastrica e di fattore intrinseco.

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