Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

10-08-2016

Ogni giorno utilizziamo sapone e detergenti per lavarci, creme per il viso e per il corpo per rendere la nostra pelle morbida, shampoo e balsamo per avere chiome setose, per non parlare poi dell’innumerevole quantità di prodotti cosmetici: rossetti, ombretti, matite per occhi e labbra, kajal, smalti e mascara di ogni colore. Ma vi siete mai chiesti cosa c’è all’interno dei prodotti che usiamo quotidianamente?
Qualche anno fa aveva fatto scalpore una ricerca in cui si affermava che una donna si spalma ogni giorno 515 tipi di additivi chimici. Nonostante lo studio sia stato prontamente smentito da Unipro, basta soffermarsi almeno una volta a leggere le etichette dei più comuni cosmetici e detergenti, per incontrare termini e sigle talvolta difficili da pronunciare che molto spesso si rivelano dannose per la pelle e causa di fenomeni allergici, di sensibilizzazione o di irritazione. Ho provato a stilare una breve lista degli ingredienti nocivi più usati nei cosmetici:

CONSERVANTI, ovvero tutte quelle sostanze che devono essere addizionate ai cosmetici contenenti acqua per evitare che si sviluppino muffe o batteri. Tra i più comuni troviamo:

• FORMALDEIDE: la troviamo in tantissimi prodotti di uso comune e purtroppo viene largamente usata anche nella conservazione dei cosmetici. Prodotti come fondotinta, shampoo e smalti contengono formaldeide che oltre ad essere una sostanza conservante è un potente battericida. Nonostante sia stata accertata la sua cancerogenicità, la formaldeide continua ad essere contenuta in una vasta gamma di prodotti, anche se a concentrazioni molto basse.

• PARABENI: i sei principali parabeni che possiamo trovare nelle formulazioni in commercio sono methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben e benzylparaben e vengono usati come conservanti nelle creme idratanti, solari, nei dentifrici, negli shampoo, nei detergenti intimi, nei deodoranti, nei gel da barba, insomma in tantissimi cosmetici di uso quotidiano, persino nei cosiddetti prodotti “naturali” o “organici”. E' stato ampiamente dimostrato che queste sostanze penetrano attraverso la pelle e restano intatte all’interno del tessuto, accumulandosi. Sebbene siano legalmente autorizzati nell’Unione Europea, anche i parabeni sono seriamente sospettati di essere cancerogeni.

• QUATERNIUM 15: fa sempre parte dei conservanti. E' presente in molti cosmetici per il make-up degli occhi, nei fondotinta, negli shampoo ma anche nelle lozioni idratanti e nelle creme solari. E' nocivo perché rilascia formaldeide, è tossico e dà luogo a fenomeni di sensibilizzazione.

• KATHON CG: è un altro conservante, un antimicrobico ad ampio spettro d’azione, incolore e inodore contenuto nei dermocosmetici, nei prodotti per l’igiene personale e nei prodotti per la casa. Dal punto di vista tossicologico, il Kathon CG, è stato classificato come irritante primario nonostante abbia un grandissimo utilizzo. E' possibile trovarlo sulle etichette con dei sinonimi come GROTAN, EUXIL o ISOTIAZOLINA.

Altre sostanze impiegate comunemente nei cosmetici che ognuno di noi ha in casa sono:

• MEA-DEA-TEA: non sono i nomi di tre simpatiche sorelle ma rispettivamente le sigle di monoethanolamine, diethanolamine, triethanolamine e sono presenti in molti composti cosmetici. Li possiamo trovare quasi sempre nei prodotti che fanno schiuma quindi shampoo, saponi e bagnoschiuma e danno luogo a nitrati e nitrosamine ovvero agenti cancerogeni.

• PARAFENILENDIAMINA(PFD): questa sostanza, dal nome difficile da pronunciare, la incontriamo spesso quando andiamo dal parrucchiere, infatti è il colorante più importante usato per le colorazioni permanenti dei capelli. Molto spesso dà luogo a fenomeni di sensibilizzazione tanto che questa sostanza è stata bandita da molti Paesi europei.

• FTALATI: una tra le sostanze più incriminate, trova ampio utilizzo anche in campo cosmetico. Secondo un rapporto di Greenpeace, un grandissimo numero di profumi per uomo e donna delle migliori marche contiene due sostanze che possono avere effetti indesiderati sulla salute: gli ftalati appunto e i muschi sintetici.

• TENSIOATTIVI: sono sostanze dotate di proprietà schiumogene, detergenti e solubilizzanti. Sono ovviamente presenti in tutti i prodotti che detergono corpo e capelli e i più conosciuti sono senza dubbio il sodium laureth sulfate (SLES) e il sodium lauryl sulfate (SLS). Non sono sostanze cancerogene, come si pensava fino a qualche anno fa, ma essendo molto aggressive è meglio preferire prodotti contenenti tensioattivi più delicati e soprattutto limitarne l’uso.

• TOLUENE: leggi toluene e pensi subito ai prodotti per le unghie e in effetti il toluene è il solvente che serve a stendere facilmente lo smalto. Purtroppo è stato collegato a disturbi del sistema nervoso e può inoltre causare danni ai reni. Per correre ai ripari alcune case cosmetiche hanno tolto dai componenti dei loro smalti la sostanza incriminata. Forse lo smalto si sgretolerà più velocemente, ma avrete la certezza di non avvelenarvi.

• PROFUMO: tutti i cosmetici in genere hanno un odore gradevole. Siamo portati a pensare che la fragranza all’interno dei prodotti per l’igiene personale sia del tutto innocua, ma non è così. Il 95% delle sostanze chimiche impiegate nei profumi e nelle fragranze dei cosmetici sono composti sintetici derivati dal petrolio e dal momento che i profumi hanno un basso peso molecolare, riescono a penetrare più facilmente nella pelle e possono causare allergie o difficoltà respiratorie.

• IDROCHINONE: leggendo le etichette dei prodotti schiarenti per la pelle è facile imbattersi in questo composto, un fenolo che risulta essere nocivo, irritante e pericoloso per l’ambiente. Anche se ne è stato vietato l’uso come schiarente per la pelle, questa sostanza continua ad essere impiegata nelle tinture per capelli, anche se a concentrazioni basse.

• COAL TAR: spesso in dermatologia per curare la psoriasi vengono utilizzati i catrami terapeutici. Tra questi, il più efficace è il Coal Tar ovvero il catrame minerale che, per la sua attività riducente e antiseborroica, trova impiego in molte creme antiprurito e nei trattamenti per il cuoio capelluto ma può dar luogo a fenomeni di fotosensibilizzazione.

• ALLUMINIUM: lo troviamo all’interno di tantissimi prodotti, alimentari e non, e ovviamente non poteva mancare tra i componenti di molti cosmetici, in particolar modo deodoranti e antitraspiranti, che possono contenere fino al 20% di sali di alluminio sotto forma di cloridrati di alluminio e idrati di zirconio. L’uso prolungato di queste sostanze è collegato al rischio di insorgenza di cancro al seno poiché i sali di alluminio sono in grado di danneggiare in modo significativo il Dna delle cellule, stimolandone la degenerazione in cellule cancerose.

Con questa lista di prodotti nocivi per la salute e l’ambiente, non avevo intenzione di spaventarvi o convincervi a svuotare il beauty-case. Semplicemente vorrei cercare di farvi capire quali sono i prodotti più sicuri da usare e spingervi verso un consumo consapevole dei cosmetici, preferendo quelli naturali, biologici, equosolidali e che non siano stati testati su animali.

 

10-08-2016

Senza ombra di dubbio il cibo OGM è molto piacevole e attraente alla vista, ma ormai si sa che le persone comuni comprano con gli occhi e non con la testa. Come non essere attratti da un frutto perfettamente tondo, lucido, grande e succoso? Purtroppo questo meccanismo è ben radicato nel pensiero comune, più di quanto tu possa pensare. Viviamo nell’era dell’apparire. Dove chi è alto, bello e perfetto ha più facilità d’inserimento in questa Società. Molte volte assistiamo a una vera e propria adulazione di certi personaggi, e per ottenere questo spesso voltano le spalle alla propria naturalezza con il ricorso di stratagemmi artificiali come la chirurgia estetica. Eh bene caro amico, non ti meravigliare se questo è applicato anche al nostro cibo! Viviamo nell’epoca del Profitto e del Consumismo oppure no?
Vediamo un pò come riuscire a distinguere gli alimenti "gonfiati artificialmente" da quelli "naturali".

BRUTTO = SANO

Sembra un inno al cattivo gusto, ma la realtà è questa. Se ti ritrovi tra le mani un pomodoro non troppo perfetto, dalle forme irregolari e con qualche ammaccatura, molto probabilmente non è OGM. Cerca di puntare su frutta e verdura che non abbia una “bellezza sospetta”, per la gioia del tuo palato e soprattutto della tua salute.

EVITA LA GRANDE DISTRIBUZIONE

Cerca di andare il meno possibile nei grandi supermercati, soprattutto se devi compare del cibo fresco. Per molti è una gran comodità, ma essi non si rendono conto che la grande distribuzione è la causa principale di questo tracollo alimentare. Tutte queste grandi catene hanno in mente una sola cosa: IL PROFITTO! Non di certo la cura degli alimenti e di conseguenza la salute dei consumatori.

EVITA LE CONFEZIONI APPARISCENTI

Se proprio non puoi fare a meno del tuo Super Store di fiducia, cerca almeno di evitare confezioni e imballaggi troppo commerciali e strapubblicizzati. Il motivo è semplice: i costi di produzione di alimenti scadenti sono molto bassi. Questo significa un maggiore profitto, dove una certa parte sarà destinata per confezioni e pubblicità accattivanti.

ASSICURATI DELLA PROVENIENZA DEI PRODOTTI

Questa è la lista dei Paesi notoriamente produttori di alimenti OGM:

- Stati Uniti.
- Argentina.
- Brasile.
- Cina.
- India.

ACQUISTA FRUTTA E VERDURA DI STAGIONE

Mangiare le fragole a Gennaio fa figo, ma non fa bene…e tra l’altro non sono neanche buone. Siamo talmente abituati ad avere tutto e subito che non facciamo più caso a queste assurdità. A Gennaio fatti una bella spremuta d’arance, vedrai che botta di salute.

TROVA DEI FORNITORI DI FIDUCIA A KM ZERO

Non smetterò mai di dirlo: ritorniamo a valorizzare la nostra terra! Quello che molti non capiscono è che bisogna ritornare all’agricoltura non solo come produttori, ma anche come consumatori. Guardiamo la questione da più punti di vista, facciamo del nostro per l’economia locale e allo stesso tempo prendiamoci cura di noi stessi e dei nostri cari. Se non hai la possibilità di coltivare un tuo piccolo orto, trova dei fornitori di fiducia nella tua zona. Assicurati che siano veramente persone di fiducia, perché ogni tanto scappa fuori qualche piccolo agricoltore “un pò furbetto”. Sapevi che gli addetti ai lavori della Monsanto hanno apertamente dichiarato di esseri i primi a non mangiare i loro prodotti? E per quale bizzarro motivo dovremmo farlo noi? Ai posteri l’ardua sentenza.

Martedì, 09 Agosto 2016 06:03

LA VERITA' SULLE ALLERGIE ALIMENTARI.

09-08-2016

Un comune disturbo che è al tempo stesso causa ed effetto dell'eccessiva permeabilità intestinale è l'allergia alimentare. Il fatto che una persona sia allergica o no dipende da molti fattori, quali l'ereditarietà, la permeabilità intestinale, la sensibilità più o meno marcata della risposta immune, la cattiva digestione e l'esposizione eccessiva a un numero limitato di alimenti. Mentre la letteratura medica convenzionale afferma che solo l'1% della popolazione soffre di allergie alimentari, i medici di orientamento nutrizionista sostengono che circa la metà dei pazienti sottoposti ai test risultano allergici a uno o più alimenti. Anche le patologie infiammatorie croniche cutanee come l'eczema sembrano essere associate a fenomeni di allergia alimentare e di eccessiva permeabilità intestinale. I soggetti colpiti da dermatite atopica e/o orticaria risultano avere una permeabilità elevata quando viene somministrata loro una dose orale dell'alimento o degli alimenti che scatenano i sintomi.
La maggior parte della gente non si rende conto di essere sensibile a determinati alimenti perchè pensa che l'allergia sia una reazione immediata, come l'orticaria o la crisi di asma, mentre in realtà sono assai più diffuse le reazioni "mascherate" o "ritardate", che si verificano a ore o anche giorni di distanza dall'ingestione dell'alimento incriminato e che, proprio per questo ritardo, difficilmente vengono attribuite alla loro vera causa. Nelle reazioni immediate entrano in azione gli anticorpi di tipo IgE, mentre i mediatori delle reazioni a distanza sono le IgG e le IgM. Purtroppo molti allergologi convenzionali ritengono che le allergie alimentari siano mediate dalle sole IgE e ignorano le reazioni tardive. I pazienti che sono riusciti a guarire da malattie croniche considerate "incurabili" eliminando gli alimenti cui erano allergici sanno che le cose non stanno così.

Martedì, 09 Agosto 2016 05:58

FACCIAMO IL PUNTO SULLA SOIA.

09-08-2016

Il fatto che un alimento poco costoso possa prevenire gravi malattie, come ad esempio quelle cardiocircolatorie e il cancro, nonché l’invecchiamento è perlomeno seducente così come, da un punto di vista commerciale, la sua massima duttilità e possibilità d’utilizzo: grandi guadagni con effetti collaterali estremamente positivi. Troppo bello per essere vero! Proprio per quanto detto, la soia si presenta con una grande varietà di forme molte delle quali dannose per la salute o pesantemente manipolate dall’industria. Nonostante molti scienziati abbiano pubblicato lavori che collegano la soia a problemi di malnutrizione, disfunzioni digestive, gravi squilibri del sistema immunitario, disfunzioni tiroidee, declino cognitivo, disturbi della riproduzione e infertilità, cancro e malattie cardiocircolatorie, le campagne mediatiche promosse dall’Archer Daniels Midland (ADM), dalla Protein Technologies Intl (PTI), dall’American Soybean Association e dall’FDA americana, hanno ottenuto il riconoscimento da parte del mondo sanitario di considerare le proteine della soia come sostanze ipocolesterolemizzanti. E questo consente di mantenere elevata l’immagine di alimento salutare.
La maggior parte dei disinformati afferma che la soia è salutare in quanto gli asiatici, che ne consumano in abbondanza, sono molto più sani di noi specialmente per patologie degenerative. L’industria della soia afferma che l’uso pro capite di soia in Cina, Giappone, Corea e altri paesi asiatici va da 9.3 a 36 grammi al giorno. Bene, sono grammi di soia completa, non di proteine derivate e, grazie al messaggio di salute, molti individui occidentali tendono facilmente a mangiare giornalmente una porzione di tofu (252 grammi) due bicchieri di bevanda di soia (240 grammi) snack, barrette energetiche e hamburger vegetali. E’ sempre il solito discorso: quando gli esperti nutrizionisti parlano di dosaggi, non contemplano mai quanto sia facile l’aspetto cumulativo. I neonati allattati con bevande artificiali a base di soia, sono quelli che ricevono la quantità più elevata in proporzione al peso corporeo. Non esiste alcun precedente storico che induca a mangiare così tanta soia e le dichiarazioni che i fagioli di soia siano la componente preponderante della dieta asiatica da più di 3.000 anni sono semplicemente bugie. I cinesi non hanno mai mangiato fagioli di soia o farina di soia se non in tempi di pesante carestia e i prodotti moderni, come i derivati delle proteine isolate (SPI) o concentrate o derivati da processi industriali ad alta tecnologia, erano pressoché sconosciuti in Asia sino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Persino la bevanda di soia è da sempre poco conosciuto e utilizzato in Asia e la prima persona che lo produsse industrialmente fu un certo Harry Miller, missionario degli Avventisti del settimo giorno e medico americano. Con la rivoluzione industriale, la soia è diventata per i tecnici, un’opportunità di ricerca per produrre prodotti alimentari a poco prezzo. Ma il boom commerciale si è verificato quando l’industria fu in grado di eliminare lo sgradevole gusto e colore della soia grazie all’utilizzo di additivi non proprio sani come zucchero, dolcificanti, sale, coloranti e artificiali e glutammato monosodico (MSG). Ora i prodotti della soia raggiungono il 60% degli alimenti venduti al supermercato e nei negozi salutistici, considerando la loro presenza “nascosta” e del tutto inaspettata (esempio alcuni tipi di tonno in scatola) in numerosissimi prodotti industriali. E nei prodotti a base di proteine della soia, non c’è nulla di naturale! 
Il processo per ottenere le proteine isolate (SPI) si compie forzando la farina di soia in un’apparecchiatura chiamata estrusore in condizioni estreme di calore e pressione al punto da alterare completamente le caratteristiche chimiche iniziali. La farina viene poi mescolata con una soluzione caustica alcalina per rimuoverne la fibra, quindi viene lavata con una soluzione acida che permette la precipitazione delle proteine. Le proteine sono quindi nuovamente immesse in una soluzione alcalina e asciugate a temperature molto alte. Questo processo elimina il gusto sgradevole e i peggiori componenti legati alla produzione di flatulenza; migliora la digeribilità a scapito della qualità in vitamine, minerali e proteine e aumenta il livello di carcinogeni come le nitrosamine. La soia contiene un buon numero di sostanze che provocano rallentamento della crescita, disfunzioni digestive e altri problemi di salute. Le sostanze principali sono:

• inibitori delle proteasi; 
• fitati; 
• lectine e saponine; 
• ossalati; 
• “flatulence factor”.

Gli inibitori delle proteasi, interferiscono con la digestione proteica provocando malnutrizione, riduzione della crescita, disturbi digestivi e pancreatite. I fitati sono in grado di bloccare l’assorbimento di vari minerali fra cui zinco, ferro e calcio. Le lectine e le saponine provocano la sindrome da “leaky gut” e altri problemi gastrointestinali. Gli ossalati, molto elevati nella soia, possono provocare problemi come calcoli renali e vulvodinia. Il “flatulence factor” è un oligosaccaride che, come dice il nome, provoca una notevole produzione di gas intestinale al punto che l’industria della soia l’ha considerato uno dei maggiori ostacoli all’accettazione del prodotto da parte dei consumatori. Poiché le sostanze sopra descritte sono difficili da eliminare, l’industria ha cercato di farle passare per sostanze benefiche: gli inibitori delle proteasi, le saponine e le lectine come sostanze anticancro o ipocolesterolemizzanti, i fitati come notevoli “chelanti” di tossine e metalli tossici. La soia è uno dei più importanti allergeni in grado di causare importanti reazioni di ipersensibilità immediata sino allo shock anafilattico. Le persone allergiche alla soia stanno aumentando sempre più per tre motivi:

1. l’uso crescente di bevande artificiali di soia per neonati; 
2. l’uso crescente di alimenti a base di soia; 
3. la possibilità di una maggiore allergenicità della soia OGM.

Dalla metà degli anni ’40, sappiamo che i fitoestrogeni sono in grado di disturbare la fertilità. Da sempre il tofu viene proposto dieteticamente nei monasteri buddisti per abbassare la libido dei monaci e da poco sono stati pubblicati dei lavori che, infatti, dimostrano che la soia riduce i livelli di testosterone. Tuttavia, i rischi maggiori li subiscono i neonati allattati con bevande artificiali a base di soia sia per la fase di sviluppo in cui si trovano, sia perché la bevanda artificiale è la loro unica fonte alimentare. I maschi hanno una notevole produzione, paragonabile ai valori dell’adulto, di testosterone durante i primi mesi di vita. Ciò serve per programmare l’organismo in previsione della pubertà, sviluppo che non può essere ben programmato se i recettori ormonali del testosterone sono occupati dai fitoestrogeni della soia. Attualmente stanno aumentando notevolmente casi di ginecomastìa, scarso sviluppo gonadico, criptorchidismo e ipospermia. Anche le femmine hanno i loro problemi. Durante il primo mese di vita il livello di estrogeni si raddoppia per poi calare e rimanere basso fino alla pubertà. L’aumento di xenoestrogeni ambientali e dietetici provoca un allarmante anticipo della pubertà. Alcuni lavori hanno evidenziato che l’1% delle bambine americane mostra segni di pubertà, come aumento mammario e di peli, prima dei tre anni. A otto anni, il 48.3% delle nere americane presenta questi segni. E’ interessante notare come, essendo geneticamente più intolleranti al lattosio, i neonati neri più facilmente sono allattati con bevande artificiali di soia. Lo sviluppo precoce provoca problemi più tardivi come amenorrea, cicli anovulatori, sviluppo follicolare alterato, squilibri ormonali e infertilità.

08-08-2016

Fino ad ora si pensava che la carota, per effetto del contenuto di carotene, era la migliore protezione naturale per proteggere la pelle dalle radiazioni solari. Ma è stato scoperto che nell’uva esistono composti protettivi molto più forti ed efficaci. Secondo una ricerca condotta da specialisti dell’Università di Barcellona e il Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo, nell’uva effettivamente sono presenti composti polifenolici che aiutano in modo molto efficace a proteggere le cellule cutanee dagli effetti dannosi dei raggi ultravioletti. I raggi ultravioletti intaccano la pelle generando radicali liberi. I ricercatori spagnoli hanno dimostrato che i polifenoli ricavati dall’uva riducono la formazione di questi nemici terribili per la pelle umana. Le radiazioni dei raggi ultravioletti causano scottature e invecchiamento precoce delle cellule. Pertanto gli esperti consigliano nei giorni più caldi quando ci si espone al sole regolarmente per acquisire un’abbronzatura, il consumo di uva, e dopo l’esposizione al sole, cospargere sulla pelle olio di semi d’uva.

08-08-2016

L’iperico è una pianta erbacea perenne ricca di derivati naftodiantronici (ipericina e pseudoipericina) e composti fenolici (iperforina). Questi principi attivi, dotati di rilevanti attività biologiche, agiscono su neurotrasmettitori quali serotonina, noradrenalina e dopamina, come documentato dalla letteratura scientifica. L’uso principale di questa pianta è rivolto al trattamento delle sindromi depressive, per le quali negli ultimi anni sono stati conseguiti innumerevoli risultati positivi. Il dosaggio dell’iperico è basato sulla contemporanea presenza di ipericina e iperforina.

AZIONE ANTIDEPRESSIVA

Esistono dati contrastanti riguardo l’attività farmacologica dell’iperico. Per alcuni Autori l’effetto antidepressivo del fitocomplesso è attribuibile all’inibizione MAO, mentre altri ipotizzano un effetto inibitorio dell’assorbimento serotoninico. Tuttavia, in generale viene sottolineato che l’iperico sembra agire attraverso la sinergia di numerosi componenti e meccanismi d’azione, a dosaggi che si aggirano intorno ai 300-900 mg di estratto al giorno. In una recente rassegna di 29 studi clinici (Cochrane 2008) condotta su 5.489 pazienti, è stata osservata l’efficacia dell’iperico anche nella depressione grave. L’iperico è stato confrontato sia con placebo che con antidepressivi triciclici e con SSRI, riportando similari risultati, con minori effetti collaterali. Nella rassegna statunitense “2009 Annual Evidence Update in Depression; Hypericum perforatum” è stata osservata l’azione dell’iperico su pazienti sofferenti di depressione maggiore. Dei 29 studi valutati, 18 erano comparati con placebo e 17 con antidepressivi standard. I risultati ottenuti indicano che gli estratti di iperico:

1. sono superiori al placebo; 
2. sono efficaci quanto gli antidepressivi; 
3. hanno minori effetti collaterali.

In un’altra review sono stati comparati gli effetti dell’iperico con quelli degli SSRI, riportando similare efficacia, ma minori effetti collaterali (Rahimi 2009). L’iperico non mostra gli effetti anticolinergici degli antidepressivi triciclici, né causa le disfunzioni sessuali associate all’uso degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Secondo dati recenti, la frequenza degli effetti collaterali è pari al 3% con l’iperico, contro il 20% degli SSRI.

- Depressione giovanile: In uno studio prospettico in aperto di 8 settimane sono state esaminate efficacia, sicurezza, tollerabilità e farmacodinamica dell’iperico in giovani con depressione maggiore. Miglioramenti sono stati osservati con la Children’s Depression Rating Scale ad un dosaggio di 300 mg 3 volte/die (Findling RL, 2003). In un altro studio su adolescenti con depressione maggiore sono stati osservati risultati positivi con la somministrazione di iperico, misurati con la Clinical Global Impression (Simeon J, 2005). Altri studi indicano miglioramenti in sintomi quali svogliatezza, stanchezza, disturbi del sonno, umore disforico, mancanza di interesse, ritardo psicomotorio.

- Depressione e alcolismo: L’estratto di iperico, come antidepressivi tipo fluoxetina e imipramina, ha dimostrato la capacità di ridurre il desiderio e l’assunzione di alcol nei pazienti. L’iperico potrebbe rappresentare un potenziale supporto terapeutico nel trattamento dell’alcolismo.

AZIONE SUI DISTURBI NEUROVEGETATIVI DELLA MENOPAUSA

L’iperico è utilizzato con successo per alleviare i sintomi psicologici e fisici della menopausa. In uno studio clinico in doppio cieco (Alakoum, 2009) è stato comparato l’effetto dell’estratto di iperico (900 mg/die) con un placebo nella sintomatologia di 47 donne (40-65enni) in perimenopausa. Dopo 3 mesi di trattamento il gruppo che aveva assunto iperico ha sperimentato una migliore qualità di vita e la riduzione dei disturbi del sonno. In Germania in uno studio su 111 donne (43-65enni) la somministrazione di iperico per 12 settimane è dimostrata efficace nel trattamento dei disturbi neurovegetativi legati al periodo pre e post menopausale. Nel 76,4% delle donne si è osservata la riduzione, e in alcuni casi la scomparsa, della sintomatologia, con il miglioramento del benessere a livello sessuale. In un altro studio (Briese W. 2007) la somministrazione di iperico per 6-12 mesi, da solo o in associazione con la cimicifuga, a 6.141 donne in menopausa ha mostrato miglioramenti nei disturbi neurovegetativi, in particolare in quelli comportamentali.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18843608

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12874492

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19028540

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15910213

08-08-2016

Un consenso scientifico senza precedenti: così alcuni hanno definito il progetto TENDR, una dichiarazione d’intenti diffusa da un gruppo di ricercatori internazionali, che mette in guardia sui danni causati da 6 sostanze chimiche con concentrazioni allarmanti nel mondo che ci circonda. Tra le conseguenze più devastanti, ci sono l’autismo infantile e l’ADHD, il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. TENDR è un acronimo che sta per Targeting Environmental Neuro-Developmental Risks. Si tratta di un’alleanza molto vasta di scienziati e ricercatori che hanno l’obiettivo di individuare i rischi neurologici e dello sviluppo nei bambini, dovuti alla degradazione dell’ambiente: “Stiamo assistendo a un preoccupante incremento dei problemi comportamentali e di apprendimento nei bambini. I report ci dicono che un bambino su 6 negli Stati Uniti - +17% rispetto a dieci anni fa - ha una disabilità dello sviluppo, incluse disabilità dell’apprendimento, ADHD, autismo infantile e altri ritardi dello sviluppo“, scrivono i ricercatori.
La causa? È da individuare nell’ambiente, o meglio in ciò che ogni giorno il nostro modello di “sviluppo” disperde nell’ambiente circostante: “L’estesa esposizione ad agenti chimici tossici nell’aria, nell’acqua, nel cibo, nel suolo e nei beni di consumo può aumentare il rischio di disabilità cognitive, comportamentali o sociali“. Il messaggio è molto chiaro: o cambiamo rotta o questi tipi di problemi saranno sempre più diffusi nel mondo, soprattutto tra i più piccoli. In dettaglio, i ricercatori del TENDR hanno individuato 6 agenti chimici responsabili per l’impennata di questi disturbi:

• I pesticidi organofosforici.
• I polibromodifenileteri (PBDE), sostanze chimiche utilizzate come ritardanti di fiamma.
• Inquinanti atmosferici collegati alla combustione, come i PAH (idrocarburi policiclici aromatici), il biossido di azoto e il particolato atmosferico.
• Il piombo, presente soprattutto nelle tubature dell’acqua e nella vernice.
• Il mercurio.
• I policlorobifenili (PCB), agenti chimici industriali che sono in genere utilizzati nell’equipaggiamento elettrico.

Questi veri e propri killer per la nostra salute, secondo i ricercatori, “sono stati individuati virtualmente nel corpo di ogni cittadino americano, a seguito di indagini di livello nazionale condotte dal Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie. La maggior parte degli agenti chimici nell’industria e nei beni di consumo non sono sottoposti a quasi nessun test per la loro neurotossicità a livello comportamentale o per altri problemi legati alla salute“. Il TENDR ha individuato anche una chiara Call-to-action, una chiamata all’azione per ridurre la presenza di questi agenti chimici nel nostro ambiente circostante: sono “urgentemente necessarie“, scrivono, azioni e provvedimenti politici e istituzionali per “eliminare o ridurre significativamente l’esposizione a questo tipo di agenti tossici“. Il rischio di autismo infantile, legato alle sostanze tossiche prodotte dall’inquinamento, era stato già individuato nel 2013 da una ricerca dell’Università di Harvard: cosa è stato fatto da allora? Niente di significativo, possiamo dire. Questa volta sarà diverso?

 

http://www.treehugger.com/health/unprecedented-alliance-experts-agree-these-6-toxins-hurt-brain-development.html

http://ehp.niehs.nih.gov/EHP358/

Domenica, 07 Agosto 2016 07:02

ASPETTATIVA DI VITA: ECCO LA VERITA'.

07-08-2016

L'aumento dell'aspettativa di vita a 73 anni per gli uomini e a 76 anni per le donne è soltanto una manipolazione statistica. In realtà, l'aspettativa di vita non è cambiata da duemila anni fa ad oggi. Benchè si venga incoraggiati a credere che viviamo più a lungo rispetto alle popolazioni che ci hanno preceduto, la differenza è da attribuire al miglioramento dell'alimentazione, delle condizioni igieniche e delle cure sanitarie, alla diminuzione della mortalità infantile e a fattori ambientali. La nostra generazione è scampata alle razzìe delle malattie che uccidevano persone intorno ai 40-45 anni di età. In passato, i soggetti che raggiungevano l'età di 45 anni avevano migliori possibilità rispetto ad ora di vivere più di 70 anni perchè gli alimenti, l'aria e l'acqua erano più sani. Coloro che vivevano fino in età avanzata godevano di una qualità di vita migliore e non concludevano i loro giorni in una casa di riposo. Perchè? Perchè soltanto i più forti resistevano alle malattie che erano allora prevalenti e avevano una vecchiaia felice e produttiva.

07-08-2016

Benchè sia stato fatto molto per dimostrare che le vaccinazioni influiscono positivamente sulla salute e la longevità della popolazione, in verità i benefìci delle campagne di vaccinazione sono minori del previsto e l'opinione pubblica non è mai stata informata di molti problemi ad esse legati. Da parecchi decenni i ricercatori sanno che dopo una vaccinazione si può verificare un'alterazione della funzionalità del sistema immunitario. Nel 1964, per esempio, Brody dimostrò che i vaccini vivi, cioè costituiti da virus attivi, possono indurre un'inibizione transitoria della reazione alla tubercolina (che è un indice del funzionamento del sistema immunitario). Uno dei possibili meccanismi di questa inibizione viene descritto in uno studio viennese sulla vaccinazione antitetanica negli adulti sani. La misurazione dei linfociti T in campioni di sangue prelevati prima e dopo la vaccinazione rivela una diminuzione di quasi il 50% del rapporto tra cellule T helper e suppressor. La riduzione è massima tra il terzo e il quattordicesimo giorno dopo la vaccinazione. Gli autori dello studio sottolineano che questi cali nelle proporzioni tra cellule T helper e suppressor sono caratteristici dell'AIDS. Alcuni ricercatori si sono interessati dell'analoga diminuzione delle cellule T helper che si osserva nei bambini e nei neonati sottoposti a vaccini multipli in un momento cruciale della vita, cioè quando il sistema immunitario sta iniziando a maturare. In questo periodo qualunque diminuzione, anche temporanea, delle cellule T helper è sconsigliabile perchè rischia di interferire con la maturazione del sistema immunitario. L'uso del vaccino vivo contro il morbillo ha causato un gran numero di casi di disturbi immunologici di cui non si è mai saputo nulla. La metà dei bambini vaccinati entro i dodici mesi di vita con il vaccino antimorbilloso sviluppano "un'alterazione permanente della capacità di risposta al virus del morbillo dovuta a tale iniziale esperienza immunizzante" e restano sensibili all'infezione da morbillo nonostante ripetute vaccinazioni contro di esso. In un altro studio sono state misurate l'attività e la mobilità dei neutrofili in 15 bambini sette giorni dopo la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia. In tutti i soggetti tali funzioni sono risultate molto ridotte e in tre casi è occorso un mese intero perchè la funzionalità dei neutrofili ritornasse normale.
La possibilità di un'alterazione della risposta immunitaria in seguito a vaccinazione nei bambini viene sempre più riconosciuta e dibattuta. Nel marzo 1979, alcuni ricercatori hanno ipotizzato l'esistenza di un'associazione tra l'immunizzazione con il vaccino DPT (difterite, tetano e pertosse) e dieci casi di morte improvvisa di neonati verificatesi nel Tennessee. Le indagini approfondite svolte dopo la pubblicazione di questo studio non sono giunte a stabilire una relazione di causa-effetto tra i due eventi, nè a confutarla. Per chiarire la questione, il dipartimento di pediatria della facoltà di medicina della UCLA ha promosso uno studio sulla sindrome della morte improvvisa dei neonati nella contea di Los Angeles. Sono stati contattati e intervistati sulla storia delle vaccinazioni dei loro figli i genitori di 145 neonati deceduti nella zona tra il 1° gennaio 1979 e il 23 agosto 1980. Dei 53 che avevano ricevuto il vaccino DPT, 27 erano stati vaccinati meno di 28 giorni prima di morire. Sei delle morti in culla erano avvenute entro 24 ore dalla vaccinazione e 17 entro una settimana. La conclusione fu che questa incidenza di morti improvvise era "significativamente più elevata del previsto". Si sospetta che l'alterazione del sistema immunitario abbia un ruolo importante in questo tipo di morte, o almeno che in questa sindrome intervenga una reazione immunologica inusuale. Uno degli studi più circostanziati sugli effetti negativi dei vaccini si trova in "The Hazards of Immunization" di Sir Graham Wilson, ex funzionario del Public Health Laboratory Service of England and Wales. Analizzando le epidemie del passato, l'autore cita vari casi in cui la vaccinazione contro una malattia sembra averne provocata un'altra. Per esempio, il primo a richiamare l'attenzione sul nesso tra vaccinazione contro la difterite o la pertosse e attacchi di poliomielite fu un medico londinese che descrisse 15 casi seguiti tra il 1944 e il 1949. La paralisi compariva di solito tra 7 e 21 giorni dopo l'inoculazione e colpiva il braccio sinistro, scelto per l'iniezione con frequenza quattro volte maggiore del destro. Wilson definisce questi episodi "malattia da provocazione". Le prove del fatto che le vaccinazioni possono provocare l'insorgenza di malattie non infettive si stanno moltiplicando. Si sospetta, per esempio, che la vaccinazione contro il morbillo sia una delle cause del morbo di Crohn, come emerso da un ampio studio retrospettivo che ha visto la partecipazione di 3.545 persone vaccinate contro il morbillo nel 1964, 11.407 controlli non vaccinati e 2.541 partner dei soggetti vaccinati. Il rischio di contrarre il morbo di Crohn era tre volte più alto e quello di ammalarsi di colite ulcerosa due volte e mezzo per i vaccinati. Questo solleva un interrogativo che è l'argomento principale di coloro che sono contrari alle vaccinazioni: il vaccino antimorbilloso previene una malattia benigna e non grave rischiando di provocarne una cronica e molto grave a livello intestinale? L'argomentazione della medicina convenzionale è che, siccome solo una piccola percentuale dei bambini vaccinati va incontro a effetti collaterali gravi, tutti dovrebbero essere vaccinati. Ma, come documentato in altri studi, sono proprio i bambini con un sistema immunitario debole, di solito a causa di una carenza di vitamina A, che prendono il morbillo in forma più grave. Avrebbe più senso consigliare un'integrazione di vitamina A per coloro che ne hanno bisogno, invece di usare un vaccino che aumenta il rischio di contrarre una grave malattia cronica degenerativa per tutti.

06-08-2016

Coloranti, conservanti, emulsionanti, e tutti gli altri additivi alimentari, finiscono sotto accusa. Secondo gli ultimi studi, infatti, provocherebbero dipendenza. La notizia è riportata sul settimanale Il Salvagente che stila anche una classifica degli alimenti che contengono sostanze in tal senso "pericolose". Di per sé gli additivi non sono nocivi o dannosi, anzi sono disciplinati e regolati, nel nostro paese, grazie a una normativa europea. Tuttavia è il loro abuso che può avere conseguenze spiacevoli, o quanto meno indesiderate. Almeno questo è quanto sostiene David Kessler, ex commissario della Food and drug administration degli Stati Uniti e anche professore ad Harvard.
Secondo le ricerche di Kessler, in alcuni cibi dei fast food, la carne viene arricchita con additivi, con l'obiettivo di renderla più morbida, più croccante, più saporita. Tutti questi accorgimenti, secondo Kessler, stimolerebbero il nostro cervello fino a creare una vera e propria dipendenza verso i cibi supersaporiti, fino a disdegnare quelli semplici e fatti in casa solo perché percepiti come "insipidi". Altri studi condotti su cavie da laboratorio hanno dimostrato che i cibi con maggiori quantità di additivi stimolano nei ratti comportamenti simili a quelli visibili nei tossicodipendenti o nei soggetti che abusano di farmaci. Ma andiamo a vedere la classifica dei prodotti alimentari che contengono più additivi.

- Piatti pronti: Si tratta di cibi più salati rispetto a quelli fatti in casa. Una porzione pronta di risotto ai funghi porcini può contenere il 99% della dose giornaliera consigliata di sale.

- Yogurt: Ricchissimo di aromatizzanti, che servono per dare il sapore di frutta e coprire l'acidità tipica dello yogurt naturale.

- Omogeneizzati: Sono spesso ricchi di sale, arrivando a contenerne 0,75 grammi per vasetto. Una quantità molto vicina a quella di 1 grammo, che costituisce il limite massimo consentito per i bambini al di sotto di un anno.

- Alimenti per l'infanzia: Una ricerca sui succhi di frutta dimostra che questi sono talmente ricchi di zuccheri e dolcificanti, che i bambini arrivano a preferirli alla frutta stessa.

- Fast food: Alimenti ricchi di sale. Per esempio, un cheesburger può contenerne addirittura 6 grammi, mentre una pizza arriva normalmente a 3.

- Bevande light: Sono molto dolci, pur essendo prive di zuccheri. Ma il nostro organismo, se stimolato con alimenti dolci, si prepara sempre all'assunzione di zuccheri e calorie. Non ricevendoli dalla bevanda in questione, nel nostro organismo "cresce la voglia di dolce".

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