Angelo Ortisi
GLI INTERVENTI AL GINOCCHIO AUMENTANO IL RISCHIO DI INFARTO.
17-03-2016
Operarsi all'anca o al ginocchio può avere conseguenze gravi per il nostro cuore. Secondo una ricerca pubblicata su Arthritis & Rheumatology, i pazienti affetti da osteoartrosi che si sottopongono ad artroplastica di ginocchio o di anca mostrano un rischio di infarto del miocardio superiore alla media. L'effetto è però limitato al primo mese post-operatorio, dopodiché la percentuale ritorna nella norma. Il rischio di tromboembolismo venoso e polmonare, però, rimane più elevato per anni. Il primo autore dell'analisi, Yuqing Zhang della Boston University School of Medicine di Boston, spiega che la chirurgia sostitutiva di anca o ginocchio in certi casi rappresenta l'unica opzione praticabile per alleviare il dolore e la rigidità articolari, aiutando il paziente a ritornare autosufficiente. “Precedenti studi stimano che 1,8 milioni di procedure di artroplastica vengono eseguite ogni anno in tutto il mondo, numero destinato ad aumentare con l'invecchiamento della popolazione”, scrivono i ricercatori. “Le prove scientifiche dimostrano che l'artroplastica migliora il dolore e la funzione articolare nonché la qualità della vita del paziente osteoartrosico, mentre l'impatto della procedura sulla salute cardiovascolare non è ancora stato approfondito”.
Insieme al suo team, Zhang ha esaminato il nesso esistente fra intervento di sostituzione articolare e rischio di gravi eventi cardiovascolari. Il campione era costituito da 13.849 persone sottoposte a intervento chirurgico e da altrettante che hanno rappresentato il gruppo di controllo. I soggetti avevano 50 o più anni e una diagnosi di osteoartrosi di anca o ginocchio effettuata fra il gennaio del 2000 e il dicembre del 2012. 306 pazienti del gruppo artroplastica e 286 del gruppo di controllo hanno subìto un infarto acuto del miocardio nel corso del follow up. “I nostri risultati provano che il rischio cardiovascolare aumenta nel periodo post-operatorio tra i pazienti operati di artroplastica di ginocchio o di anca”, osserva Zhang. “Il rischio a lungo termine di infarto acuto del miocardio è irrilevante, ma quello di tromboembolia polmonare persiste per anni dopo l'intervento”.
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/art.39246/abstract
8 ALIMENTI CHE HANNO DIMOSTRATO DI RIDURRE IL RISCHIO DI GLAUCOMA.
16-03-2016
Il glaucoma è una malattia che colpisce il nervo ottico, dovuta nella maggior parte dei casi ad un aumento della pressione interna dell’occhio che causa, nel tempo, danni permanenti alla vista. Questa malattia colpisce nel mondo oltre 55 milioni di persone e, se non trattata in tempo, può portare alla cecità. Nella battaglia contro il glaucoma, la prevenzione e la diagnosi precoce sono fondamentali. Fattori di rischio importanti sono l’età (in genere il rischio aumenta col passare degli anni), il diabete, casi in famiglia, una grave miopia. Però, come già accennato, un importantissimo fattore direttamente collegato al glaucoma è l’aumento della pressione intraoculare. Esistono comunque varie sostanze naturali che possono rivelarsi utili nella prevenzione di questa malattia. In generale, gli studi condotti si sono concentrati sui metodi naturali per alleviare la pressione intraoculare, migliorare il flusso di sangue agli occhi e ridurre lo stress ossidativo. E i risultati mostrano che migliorare questi elementi contribuisce a ridurre i rischi. Frutta e verdura ad alto contenuto di vitamine A e C sono i migliori alimenti che possiamo consumare, così come quelli ad alto contenuto di carotenoidi. Uno studio pubblicato sul Journal of Ophthalmology ha mostrato come le donne che mangiano 3 o più porzioni al giorno di frutta hanno il 79% di possibilità in meno di sviluppare il glaucoma rispetto a chi consuma meno di 1 porzione al giorno. Ma non tutta la frutta e verdura forniscono la stessa protezione. Ecco quali sono gli alimenti migliori.
- CAVOLI: Mangiare una porzione di cavolo a settimana potrebbe ridurre il rischio di glaucoma del 57%. Questo, almeno, quanto affermato in uno studio della Harvard School of Public Health che suggerisce come il potere di queste verdure risieda nel loro contenuto di nitrati, che favorisce la corretta circolazione.
- ARANCE E PESCHE: Mangiare più di due porzioni a settimana di arance fresche riduce il rischio dell’82%, mentre consumare pesche produce una riduzione del 70% del rischio. Secondo gli esperti, occorre consumare arance fresche e intere perché il succo non ha lo stesso effetto. Allo stesso modo, è necessario consumare pesche fresche e non in scatola.
- TE’ VERDE, CACAO E VINO ROSSO: Vino rosso in quantità moderate, ma anche cioccolato e tè verde sono tra gli alimenti che possono aiutare a prevenire il glaucoma. Ne sono convinti gli studiosi dell’Università di Valencia, in Spagna, che, nella loro ricerca pubblicata su Archivos de la Sociedad espanola de oftalmologia, spiegano come i flavonoidi contenuti in questi alimenti svolgano un ruolo importante nel miglioramento della visione nei pazienti con glaucoma e ipertensione oculare. Addirittura, oltre alla prevenzione, sembra che questi cibi migliorino e rallentino la progressione della perdita del campo visivo. Queste sostanze antiossidanti in essi contenute avrebbero un effetto benefico sulla retina, la membrana più interna del bulbo oculare, portando dei benefici perlomeno nel breve termine. La ricerca è una revisione di venti studi precedenti sull’alimentazione e il glaucoma,che ha permesso di ricostruire il ruolo positivo del retinolo, dei polifenoli, di cui è ricco il tè verde, della frutta e verdura, della vitamina B1 e degli omega-3, contenuti in pesce e noci.
- BACCHE DI GOJI: Sembra che il contributo delle bacche di goji nella prevenzione del glaucoma sia dovuto soprattutto alla sua capacità di promuovere la sopravvivenza delle cellule della retina, nonostante una pressione oculare elevata.
- SPINACI: Un’altra ricerca ha evidenziato l’importanza degli spinaci nella prevenzione di maculopatie degenerative della retina, tra cui anche il glaucoma. Il merito sarebbe soprattutto della luteina, contenuta in buona quantità nelle foglie di questa verdura. Questa sostanza ha infatti la capacità di penetrare nel sangue e depositarsi negli occhi, in particolare nella retina, prevenendo la degenerazione maculare, il glaucoma e la cataratta.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3448787/
http://archopht.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=2480455
I SAPONI ANTIBATTERICI NON SONO PIU’ EFFICACI DI QUELLI NORMALI.
16-03-2016
I saponi antibatterici non sono più efficaci di quelli normali nel combattere i germi. Lo ha dimostrato uno studio fatto in Corea del Sud e pubblicato sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy. I ricercatori della Korea University di Seoul hanno testato un sapone “normale” e lo stesso addizionato con lo 0,3% di triclosan, l’antibatterico più usato per i detergenti comuni, su una sospensione di batteri tra cui Listeria, Salmonella e Stafilococco. I saponi sono stati tenuti a contatto con i batteri per 20 secondi a temperatura ambiente e a 40 gradi. Per testare i detergenti nella “vita reale” a 16 volontari sono state spruzzate sulle mani soluzioni contenenti un batterio non pericoloso, facendole poi lavare con i due saponi. In entrambi i casi non si sono riscontrate differenze nella quantità di batteri rimasti dopo il lavaggio. “Non è chiaro perchè il triclosan, che è un antibatterico, non dia risultati migliori - scrivono gli autori-. Forse ha bisogno di tempi più lunghi per fare effetto, oppure qualche ingrediente nei saponi ne inibisce l’effetto”. Nel 2013 l’FDA aveva messo sotto accusa proprio il triclosan, che potrebbe essere coinvolto in diversi problemi di salute dalle allergie allo sviluppo di batteri resistenti.
http://jac.oxfordjournals.org/content/early/2015/09/14/jac.dkv275.full
https://www.sciencedaily.com/releases/2015/09/150916113058.htm
FTALATI IN PLASTICA E COSMETICI POSSONO CAUSARE ABORTI SPONTANEI.
15-03-2016
Gli ftalati sono dei prodotti chimici, derivati dal petrolio, e utilizzati per migliorare la flessibilità e la modellabilità delle materie plastiche. Sono sostanze molto diffuse, anche nel mondo della cosmesi e in alcuni tipi di vernice. Purtroppo, in questi ultimi anni, la ricerca ha confermato la pericolosità di questi composti, soprattutto per la salute dei bambini. Essendosi rivelati dei perturbatori endocrini, sono diventati soggetti a restrizioni europee: i giocattoli e gli articoli destinati all’infanzia non possono contenerne più dell’1% del peso totale del materiale plastico utilizzato. I problemi, però, sembrano non ridursi semplicemente a questo. Negli ultimi anni, infatti, un numero crescente di studi collega queste sostanze chimiche a veri altri gravi problemi di salute. Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology e realizzato dall’Università di Pechino, suggerisce che l’esposizione agli ftalati può portare a un rischio maggiore di aborto spontaneo. I ricercatori cinesi hanno misurato i livelli di esposizione a questa sostanza in 300 donne in gravidanza, testando i livelli del composto presente all’interno delle loro urine. Di queste, 132 avevano avuto un aborto spontaneo, 172 invece godevano di buona salute. Grazie alle analisi effettuate, gli esperti sono riusciti a evidenziare una correlazione tra la perdita del feto e livelli più alti di metaboliti degli ftalati presenti nelle urine, in particolare dietilftalato (DEP), di-isobutil ftalato (DiBP) e di-n-butil ftalato (DnBP). La maggior frequenza di aborti avveniva tra le 5 e le 13 settimane di gravidanza.
Questa associazione, a detta degli esperti, non indica la presenza di una relazione certa di causa-effetto; gli esiti suggeriscono, però, che esistono delle interferenze da parte di queste sostanze che meritano degli approfondimenti. Come accennato prima, gli ftalati sono sostanze molto comuni che si trovano nelle plastiche, ma anche nell’abbigliamento impermeabile e in una serie di prodotti adoperati per la cura personale, come lacche per capelli, smalti per unghie, saponi e shampoo. Le preoccupazioni attorno ai rischi derivanti dal contatto ed esposizione a questo tipo di sostanze cresce con il passare del tempo. Quello cinese, infatti, non è l’unico studio che evidenzia un legame tra queste sostanze e problemi riproduttivi. Nel 2012, ad esempio, uno studio danese condotto su 430 coppie ha evidenziato che alte esposizioni agli ftalati intorno al periodo del concepimento possono essere associate a un rischio maggiore di aborto spontaneo. Non solo: secondo gli esperti del National Institute of Child Health and Human Development statunitense, la presenza di bisfenolo A e ftalati nelle urine degli uomini è associata a una riduzione delle loro possibilità di concepimento. Da giugno 2015, la Consumer Product Safety Commission degli Stati Uniti sta esaminando i dati esistenti su queste sostanze chimiche per decidere se è opportuno imporre ulteriori divieti all’utilizzo degli attuali composti. Nel frattempo, un certo numero di produttori ha già iniziato a rimuovere gli ftalati dai prodotti.
http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.est.5b02617
ANTIBIOTICO CLARITROMICINA COLLEGATO A RISCHI CARDIOVASCOLARI.
15-03-2016
L'antibiotico claritromicina - ampiamente utilizzato per il trattamento delle infezioni delle basse vie respiratorie come la polmonite e le esacerbazioni acute (improvviso peggioramento) della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) - può essere associato ad un aumentato rischio di problemi cardiaci, secondo un nuovo studio. Gli autori suggeriscono che i loro risultati richiedono una conferma, ma aggiungono un crescente corpo di evidenze che suggerisce un possibile legame tra rischi a lungo termine cardiovascolari di alcuni antibiotici, noti come macrolidi. La claritromicina è spesso usata per il trattamento di un improvviso aumento dei sintomi della malattia polmonare progressiva BPCO - e nella polmonite acquisita in comunità. Studi precedenti hanno suggerito che gli eventi cardiovascolari, come l’insufficienza cardiaca, problemi del ritmo cardiaco o morte cardiaca improvvisa, possono essere aumentati durante il trattamento con claritromicina, ma gli effetti a lungo termine non sono ancora chiari. Un team di ricercatori britannici, dell’Università di Dundee, si è proposto di esaminare questa associazione in modo più dettagliato. I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.343 pazienti ricoverati in ospedale con esacerbazioni acute di BPCO e di 1.631 pazienti ricoverati con polmonite acquisita in comunità. Per lo studio sono stati analizzati i dati di tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di claritromicina durante il ricovero in ospedale. Questi dati sono stati confrontati con quelli di pazienti che non hanno ricevuto il trattamento. In un anno circa, 268 pazienti affetti da BPCO e 171 pazienti affetti da polmonite, sono stati ricoverati in ospedale a causa di un evento cardiovascolare.
Dopo aver tenuto conto anche di altri fattori, 73/281 (26%) dei pazienti ai quali era stata prescritta la claritromicina durante le esacerbazioni acute della BPCO, ha avuto almeno un evento cardiovascolare durante l’anno, rispetto 195/1062 (18%) dei pazienti che non ha utilizzato questo antibiotico (Hazard Ratio 1.50 - dove Hazard Ratio è una misura del numero di eventi per unità di tempo diviso per il numero di persone a rischio della manifestazione). Tra i pazienti trattati con claritromicina per la polmonite acquisita in comunità, 123/980 (12%) ha avuto almeno un evento cardiovascolare rispetto a 48/651 (7%) che non ha utilizzato il farmaco. L’uso prolungato di claritromicina è risultato associato ad eventi cardiovascolari. Tuttavia, l’uso di altri tipi di antibiotici, quali beta-lattamici, non ha mostrato alcuna associazione, suggerendo un effetto specifico in questo senso, della claritromicina, secondo gli autori. Nel complesso, i risultati suggeriscono che ci sarà un evento cardiovascolare aggiuntivo per ogni otto pazienti trattati con claritromicina, rispetto ai pazienti non somministrati con il farmaco (o uno ogni 11, per la polmonite). I dati suggeriscono inoltre che l’aumento del rischio potrebbe persistere anche dopo il trattamento con la claritromicina. Questo potrebbe essere dovuto all'effetto della claritromicina sul processo infiammatorio del corpo, in pazienti con patologie polmonari croniche.
http://app.dundee.ac.uk/pressreleases/2013/march13/antibiotic.htm
ANTIBIOTICO CLARITROMICINA COLLEGATO A RISCHI CARDIOVASCOLARI.
15-03-2016
L'antibiotico claritromicina - ampiamente utilizzato per il trattamento delle infezioni delle basse vie respiratorie come la polmonite e le esacerbazioni acute (improvviso peggioramento) della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) - può essere associato ad un aumentato rischio di problemi cardiaci, secondo un nuovo studio. Gli autori suggeriscono che i loro risultati richiedono una conferma, ma aggiungono un crescente corpo di evidenze che suggerisce un possibile legame tra rischi a lungo termine cardiovascolari di alcuni antibiotici, noti come macrolidi. La claritromicina è spesso usata per il trattamento di un improvviso aumento dei sintomi della malattia polmonare progressiva BPCO - e nella polmonite acquisita in comunità. Studi precedenti hanno suggerito che gli eventi cardiovascolari, come l’insufficienza cardiaca, problemi del ritmo cardiaco o morte cardiaca improvvisa, possono essere aumentati durante il trattamento con claritromicina, ma gli effetti a lungo termine non sono ancora chiari. Un team di ricercatori britannici, dell’Università di Dundee, si è proposto di esaminare questa associazione in modo più dettagliato. I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.343 pazienti ricoverati in ospedale con esacerbazioni acute di BPCO e di 1.631 pazienti ricoverati con polmonite acquisita in comunità. Per lo studio sono stati analizzati i dati di tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di claritromicina durante il ricovero in ospedale. Questi dati sono stati confrontati con quelli di pazienti che non hanno ricevuto il trattamento. In un anno circa, 268 pazienti affetti da BPCO e 171 pazienti affetti da polmonite, sono stati ricoverati in ospedale a causa di un evento cardiovascolare.
Dopo aver tenuto conto anche di altri fattori, 73/281 (26%) dei pazienti ai quali era stata prescritta la claritromicina durante le esacerbazioni acute della BPCO, ha avuto almeno un evento cardiovascolare durante l’anno, rispetto 195/1062 (18%) dei pazienti che non ha utilizzato questo antibiotico (Hazard Ratio 1.50 - dove Hazard Ratio è una misura del numero di eventi per unità di tempo diviso per il numero di persone a rischio della manifestazione). Tra i pazienti trattati con claritromicina per la polmonite acquisita in comunità, 123/980 (12%) ha avuto almeno un evento cardiovascolare rispetto a 48/651 (7%) che non ha utilizzato il farmaco. L’uso prolungato di claritromicina è risultato associato ad eventi cardiovascolari. Tuttavia, l’uso di altri tipi di antibiotici, quali beta-lattamici, non ha mostrato alcuna associazione, suggerendo un effetto specifico in questo senso, della claritromicina, secondo gli autori. Nel complesso, i risultati suggeriscono che ci sarà un evento cardiovascolare aggiuntivo per ogni otto pazienti trattati con claritromicina, rispetto ai pazienti non somministrati con il farmaco (o uno ogni 11, per la polmonite). I dati suggeriscono inoltre che l’aumento del rischio potrebbe persistere anche dopo il trattamento con la claritromicina. Questo potrebbe essere dovuto all'effetto della claritromicina sul processo infiammatorio del corpo, in pazienti con patologie polmonari croniche.
http://app.dundee.ac.uk/pressreleases/2013/march13/antibiotic.htm
ZUCCHERO PER GUARIRE LE LESIONI.
15-03-2015
La pratica, utilizzata da un docente dell’University of Wolverhampton's School of Health, Mosè Murandu, che è cresciuto in Zimbabwe, consiste nell'utilizzo di zucchero semolato su pazienti ricoverati in ospedale per curare le ferite e ridurre il dolore. Il metodo è stato creato dal padre di Murandu. Mosè Murandu ha condotto uno studio di ricerca per testare l’efficacia dello zucchero quando viene utilizzato su pazienti con lesioni come ulcere delle gambe, amputazioni e piaghe da decubito. Un paziente, Alan Bayliss, ricoverato a Moseley Hall Hospital per un’amputazione, ha ricevuto il trattamento con lo zucchero. Il paziente aveva subìto un'amputazione alla gamba destra sopra al ginocchio, a causa di un’ulcera al Queen Elizabeth Hospital di Birmingham nel mese di gennaio 2013. Una vena è stata rimossa dalla sua gamba sinistra, come parte di questo tipo di chirurgia. Per la sua riabilitazione, Bayliss è stato trasferito all’ospedale Moseley Hall dove medicazioni regolari sono state usate per guarire le lesioni, ma la sua ferita alla gamba sinistra non è mai guarita. Murandu gli ha somministrato il trattamento con lo zucchero. Appena due settimane dopo il trattamento, le lesioni del signor Bayliss si sono significativamente ridotte e guarite considerevolmente. Ad oggi, 35 pazienti hanno ricevuto il trattamento con lo zucchero senza effetti negativi. Il trattamento ha successo perché i batteri hanno bisogno di acqua per crescere. Lo zucchero usato per il trattamento di una ferita, preleva l’acqua lasciando i batteri senza. Ciò impedisce ai batteri di crescere e alla fine muoiono.
LE 5 PROPRIETA’ PIU’ IMPORTANTI DEL GINSENG COREANO.
15-03-2015
Il ginseng coreano (Panax ginseng) è una pianta che cresce spontanea in Cina, Russia e Corea. La parte usata, la radice, ha una composizione molto ricca (vitamine, zuccheri e fitoestrogeni), nella quale spiccano i ginsenosidi (saponine triterpeniche), i principi attivi maggiormente studiati. L’azione del ginseng è articolata. Come pianta adattogena modula l’attività dei sistemi immunitario, endocrino e nervoso, aumentando la capacità di adattamento dell’organismo a stress esterni e interni. Il ginseng migliora la performance fisica e la capacità di apprendimento e mostra attività immunomodulatoria.
AZIONE SUL SNC
L’azione stimolante sul SNC è la più studiata. Sembra che i ginsenosidi siano in grado di potenziare l’NGF (Nerve Growth Factors), che favorisce l’incremento della vita media dei neuroni corticali. In numerosi studi la somministrazione di ginseng ha mostrato miglioramenti di memoria, capacità di apprendimento, attenzione e tono dell’umore. In alcuni studi clinici il ginseng ha mostrato l’aumento della capacità di calcolo aritmetico, deduzione logica, attenzione, tempo di reazione, alleviando contemporaneamente la sensazione di stanchezza. In esperimenti condotti in vivo ha mostrato attività antidepressiva.
AZIONE ANTIFATICA E ANTISTRESS
Negli atleti l'assunzione di ginseng ha migliorato il consumo di ossigeno da parte delle cellule e la ventilazione polmonare, diminuendo i livelli di acido lattico nel plasma e la frequenza cardiaca. Questo ha permesso di incrementare la capacità lavorativa grazie a una migliore utilizzazione cellulare di ossigeno. In uno studio in doppio cieco su infermieri sottoposti a turni notturni, la somministrazione di ginseng ha prodotto un modesto effetto antifatica e il miglioramento dei parametri stressori (malumore, letargia, malessere). In qualità di adattogeno, il ginseng aumenta la resistenza ad ogni tipo di stress fornendo energia psicofisica all'organismo.
AZIONE ENDOCRINA
Il ginseng ha mostrato attività a carico del sistema endocrino, in particolare con un aumento dell'ACTH e dei glicorticoidi surrenalici, che potrebbe spiegare in parte il meccanismo di difesa dallo stress e dalla fatica. Alcuni studi hanno evidenziato la riduzione dei livelli di prolattina.
AZIONE IMMUNOSTIMOLANTE
Il ginseng ha mostrato la capacità di favorire l’attività dei globuli bianchi e di aumentare la produzione di interferone e il numero di anticorpi nell'organismo. Alcuni ricercatori russi somministrarono 4 mg al giorno di ginsenosidi a 1500 operai. Confrontando i dati con quelli degli altri lavoratori, fu rilevato che quelli sottoposti al trattamento con ginseng avevano perso meno giorni di lavoro a causa di malattie comuni come raffreddori, influenze e tonsilliti. L’aumento della risposta immunitaria, l’incremento di leucociti NK, i maggiori valori di anticorpi sono stati notati anche da un gruppo di ricercatori italiani dopo la valutazione dei dati ottenuti da un controllo con un placebo. In altri studi è stata osservata la riduzione dell’incidenza di malattie da raffreddamento, bronchiti e infezioni virali conseguente all'assunzione di ginseng.
AZIONE AFRODISIACA
Sono stati effettuati alcuni studi per valutare la capacità stimolante sessuale della radice. Uno studio italiano su 66 uomini, ha dimostrato che l'assunzione di un preparato a base di ginseng aveva aumentato il numero di spermatozoi per eiaculazione e i livelli ematici di testosterone. Un altro studio coreano su pazienti affetti da disfunzioni erettili ed eiaculazione precoce, ha confrontato l'effetto della droga con un placebo e un farmaco. Fu evidenziato il miglioramento delle capacità erettili, del desiderio sessuale e della soddisfazione nei soggetti che avevano assunto ginseng rispetto agli altri due gruppi.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1954639
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8879982
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9063034
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8750052
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11842896
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23613825
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0278584609002486
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21660771
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20673793
ENDOMETRIOSI E ALIMENTAZIONE: I GRASSI IDROGENATI POSSONO PROVOCARLA.
14-03-2016
L'endometriosi è una delicata patologia femminile, in cui il tessuto endometriale, che normalmente riveste la parte interna dell’utero, si rinviene anche in altri organi e distretti del corpo (ovaie, vagina, intestino ecc.). Tale tessuto situato in sedi anomale risponde comunque agli ormoni femminili e quindi, durante il ciclo mestruale, è soggetto a sanguinamento. Questo fenomeno può provocare infiammazione, dolore, aderenze e sterilità. La medicina ad oggi non dispone di cure risolutive efficaci per l’endometriosi. Ricercatori statunitensi hanno recentemente confermato che le donne che consumano grassi vegetali idrogenati hanno più probabilità di soffrire di endometriosi rispetto a quelle che si alimentano con sufficienti quantità di pesce grasso di mare, come sgombro, sardina, salmone, tonno (non in scatola) e altro pesce ricco di acidi grassi essenziali della serie omega-3.
LAMPADE ABBRONZANTI: RADDOPPIATO IL RISCHIO TUMORI RISPETTO AL SOLE.
14-03-2016
La lampada abbronzante è molto più pericolosa dell'esposizione al sole a mezzogiorno in estate, orario bandito dai dermatologi. Il rischio di insorgenza di tumori della pelle è doppio trascorrendo lo stesso periodo di tempo sotto la luce artificiale dei lettini o sotto quella naturale del Sole. A sostenerlo è uno studio condotto in Gran Bretagna. Esperti dell'University of Dundee hanno testato i livelli di radiazioni ultraviolette emessi da 400 macchine in tutta l'Inghilterra, riscontrando che 9 su 10 non rispettano gli standard di sicurezza europei, nella maggioranza dei casi emettendo il doppio dei raggi consentiti. L'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito i lettini solari nella lista delle abitudini che espongono maggiormente al rischio di cancro, di cui fanno parte anche le sigarette. Secondo gli esperti, le macchine che rilasciano una quantità eccessiva di raggi UV espongono a un rischio sei volte superiore di insorgenza di melanoma rispetto a una sessione di tintarella sotto il Sole del Mediterraneo, in una giornata estiva, nell'orario più caldo. “Lo sviluppo di lettini "superpotenti", così come la scarsa efficacia dell'industria che li produce nell'auto-regolarsi - spiega Harry Moseley, principale autore della ricerca - sta ponendo soprattutto i giovani a un rischio di tumori della pelle superiore rispetto a quanto si è creduto fino a oggi. Le persone devono essere incoraggiate a prendersi maggiore cura della propria cute, altrimenti i casi di melanoma continueranno ad aumentare”.