Angelo Ortisi
PROBIOTICI PER RIDURRE L’INCIDENZA DI ECZEMA INFANTILE E ALLERGIA DEL 58 PER CENTO.
26-04-2019
Secondo uno studio, una supplementazione quotidiana di sostanze probiotiche può ridurre il rischio di eczema nei bambini del 58 per cento. L’eczema, anche conosciuto come dermatite atopica, è uno dei primi segni di allergia durante i primi giorni di vita e sarebbe dovuto a un ritardo di sviluppo del sistema immunitario. Interessa il 10 – 20 per cento di tutti i neonati. I ricercatori hanno reclutato più di 150 donne in gravidanza e, a caso, le hanno raggruppate per ricevere o una miscela probiotica o un placebo per le ultime due settimane di gravidanza. I neonati, successivamente hanno ricevuto i supplementi per il loro primo anno di vita. Lo sviluppo di eczema segnalato è risultato del 58 per cento inferiore durante i primi tre mesi di vita.
http://www.nutraingredients.com/Research/Probiotics-may-reduce-eczema-risk-by-60-per-cent
STUDIO SCOPRE CHE GLI UOMINI CON LA BARBA PORTANO PIU’ GERMI DEI CANI.
Lunga, corta, da hipster, ben curata o incolta. C’è chi la ama, chi la odia, ma adesso gli scienziati assicurano che contiene più germi del pelo del cane. Di che parliamo? Della barba. Come si è arrivati a questa conclusione? Innanzitutto diciamo che lo scopo della ricerca non era quello di scoprire o meno se la barba fosse pulita, ma quello di determinare se gli umani potessero correre dei rischi di salute, utilizzando la stessa macchina dove prima era stata fatta la risonanza magnetica a un cane. Lo scanner MRI può, infatti, essere utilizzato anche per esami veterinari. Tutto è partito, quindi, da qui. E il risultato ha sorpreso davvero tutti, perché secondo gli scienziati non c’è nulla da preoccuparsi nell’usare la stessa macchina, perché addirittura la barba degli uomini conterebbe più germi del pelo degli animali.
Molto spesso le cliniche veterinarie non acquistano i macchinari per la risonanza magnetica, ma si appoggiano a quelli utilizzati per gli esseri umani. Tuttavia, come riferisce il dottor Andreas Gutzeit della St. Anna Clinic di Lucerna, di solito si dà accesso agli amici a quattro zampe, quando l’apparecchiatura è sottoutilizzata. Il motivo principale sarebbe l’igiene. Per questo gli scienziati hanno voluto capire se effettivamente le cose stanno così. Durante lo studio, sono stati inseriti 30 cani di 16 razze diverse all’interno dei macchinari dove solitamente vengono fatte oltre 8 mila scanner umani l’anno. Sono stati poi individuati 18 uomini con la barba: i volontari si sono sdraiati in dei macchinari di una clinica di Lucerna in cui non erano mai stati analizzati degli animali. Così il team prelevando un piccolo campione di barba e di pelo di cane, attraverso l’uso di tamponi per entrambi, si è fatta questa ricerca.
Gli uomini avevano in media 36 anni, i cani 3,8 anni (età simile). I risultati dei test dicono che la barba di questi volontari era meno igienica del pelo del cane e conteneva maggiori germi. Cosa significa questo, che la bocca umana è più contaminata rispetto a quella dei cani? Tutti gli uomini avevano un alto carico di germi riscontrato solo in tre quarti di animali. Sette degli uomini (39%) avevano anche agenti patogeni (Enterococcus faecalis e Staphylococcus aureus), riscontrati solo in quattro cani. Un'immagine simile è stata trovata nei tamponi bocca-bocca. Un numero elevato di germi c’era in 17 uomini su 18, ma solo in 12 cani su 30. Tuttavia, i germi potenzialmente pericolosi sono stati trovati solo in un uomo (Serratia marcescens), ma almeno in due terzi dei cani (Pasteurella, E. coli, E. faecalis). "Sulla base dei risultati, i cani possono essere considerati più puliti rispetto agli uomini con la barba", scrivono i ricercatori nello studio.
I FARMACI SONO DANNOSI PER I POLMONI (E NON SOLO).
26-04-2019
Più di trecento farmaci, tra i quali la banale aspirina, causano danni ai polmoni. Oltre cinquanta malattie respiratorie, dal raffreddore alla pleurite, sarebbero aggravate o provocate dall'assunzione di farmaci. Ma i farmaci in genere non causano solo malattie polmonari. Trombosi, anemia, acromegalìa, infarti, artrosi, insufficienza cardiaca, insufficienza epatica, insufficienza renale, immunodeficienza, leucemie, linfomi e cancri possono derivare da abuso di farmaci.
I farmaci, che sono la causa principale delle malattie elencate, vengono poi aiutati nella loro opera di distruzione da abuso di alcol, fumo, stupefacenti, tutti quei prodotti chimici che si ingeriscono come additivi, contaminanti, grassi idrogenati o sostanze tossiche che si respirano perchè contenuti nell'aria (scie chimiche - chemtrails).
CANCRO AL SENO: CON LIVELLI PIU’ ALTI DI VITAMINA D, SOPRAVVIVENZA PIU’ LUNGA.
24-04-2019
Nelle donne con diagnosi di cancro al seno, elevati livelli sierici di vitamina D possono essere legati a una maggiore probabilità di sopravvivere. A suggerirlo è uno studio statunitense pubblicato su Jama Oncology. “Nel complesso, abbiamo trovato una riduzione del 30% di tutte le cause di mortalità associate con livelli di vitamina D al momento della diagnosi,” ha detto l’autore principale dello studio, Song Yao, del Roswell Park Cancer Institute di Buffalo, New York. I ricercatori hanno utilizzato i dati di uno studio su donne californiane, attualmente in corso e iniziato nel 2006. Le donne erano state arruolate entro due mesi dalla diagnosi di cancro al seno invasivo. L’età media delle partecipanti era di 59 anni. Le donne sono state suddivise in tre gruppi più o meno di pari dimensioni, con circa 520 partecipanti ciascuno, sulla base dei loro livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25OHD). I ricercatori hanno trovato livelli bassi tra le donne con tumori più avanzati. I livelli più bassi sono stati registrati nelle donne che non erano ancora entrate in menopausa e a cui era stato diagnosticato un cancro triplo negativo, che tende ad avere risultati peggiori rispetto ad altri tipi di tumori al seno. Su una media di sette anni di follow-up, circa 100 donne con i più bassi livelli di vitamina D sono decedute, rispetto a 76 donne con alti livelli di vitamina D. Le donne con i più alti livelli di vitamina D avevano il 28% in meno di probabilità di morire di qualsiasi causa durante lo studio rispetto alle donne con bassi livelli di vitamina D. Il legame era più forte tra le donne in pre-menopausa. In quel gruppo, alti livelli di vitamina D sono stati anche legati a una maggiore possibilità di non avere recidive. Yao ha espresso la necessità di uno studio randomizzato controllato per esaminare se la vitamina D permette alle donne con carcinoma mammario di vivere più a lungo. Wendy Chen, uno specialista del cancro al seno presso il Dana-Farber Cancer Institute di Boston, ha convenuto con l’auspicio di Yao. “Non sarei in grado di ricavare una relazione causale da questi dati, a causa di tutte le variabili che sono legate ai livelli di vitamina D e alla sopravvivenza”, ha detto Chen. Chen ha anche sottolineato che la popolazione dovrebbe assumere 600 unità internazionali (U.I.) di vitamina D ogni giorno. Le persone anziane dovrebbero invece aumentare questa dose a 800 U.I. di vitamina ogni giorno.
http://jamanetwork.com/journals/jamaoncology/article-abstract/2580715
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-11/kp-hvd110916.php
ANGIOPLASTICA: UN’ALTRA BUFALA MEDICA.
24-04-2019
In pochi anni, l’angioplastica coronarica con il palloncino, o angioplastica coronarica transluminale percutanea (PCTA), per darle il suo vero nome, è diventata il metodo più diffuso per trattare i problemi di cuore. La medicina si è focalizzata su di essa come misura preventiva perché nella stragrande maggioranza dei casi, il primo attacco di cuore è spesso anche l’ultimo. Dei 3 milioni di persone che soffrono di attacchi di cuore in Europa ogni anno, solo 700.000 vivono abbastanza per raccontarlo. L’angioplastica coronarica con il palloncino è stata in ascesa dal 1978 e implica l’inserimento di un palloncino nelle arterie bloccate e l’espansione dello stesso per pulirle, di solito spingendo le placche ateromatose contro la parete arteriosa. Quando l’angioplastica arrivò per la prima volta sulla scena, la soluzione meravigliosa per le malattie alle arterie dell’epoca era la chirurgia per il by-pass coronarico. Man mano che l’angioplastica diveniva più sofisticata guadagnava terreno rispetto alla chirurgia cardiaca, rappresentando, come fece, l’alternativa più economica, più facile e meno traumatica. Ben presto venne vista come una cura praticamente per tutte le malattie cardiache, veniva praticata a chi soffriva di angina, a chi si riprendeva da attacchi di cuore ed anche come “misura di sicurezza” per quelli che si preoccupavano dello stato delle loro arterie.
Entro il 1990, 12 anni dopo la sua prima comparsa nella letteratura scientifica, solo in America 200.000 persone si erano sottoposte a questo procedimento e altre 100.000 in Europa, anche se fino a quel momento solo una quantità molto limitata di test scientifici in prospettiva ne avevano valutato l’efficacia. La straordinaria percentuale di successo dei test iniziali, alcuni fino al 90% con complicazioni in meno del 10% dei casi, tendevano a supportare gli entusiasti. Anche Madre Teresa, che subì questo intervento a 81 anni, gli diede un’ulteriore spinta. Solo nel 1991 The Lancet, la rivista che per prima applaudì il trattamento meraviglioso, cominciò a parlare delle preoccupazioni che stavano emergendo. Un inviato della rivista partecipò a un corso di angioplastica e scrisse che, secondo le sue osservazioni personali, tendeva ad avere una visione meno favorevole dei risultati rispetto ai chirurghi che effettuavano l’intervento. In generale i risultati dell’angioplastica coronarica parevano peggiori di quelli riportati dai giornali. Negli USA una dichiarazione ancora più negativa venne diffusa dall’Albo Americano dei Cardiologi: “Aumentano le osservazioni sulla possibilità che la cardiologia si sia focalizzata troppo sulle procedure di angioplastica coronarica piuttosto che essere indirizzata a chi veramente ne ha bisogno. Quali sono i criteri e quali sono i risultati? L’angioplastica viene fatta per i cardiologi o per i pazienti?”.
Come dimostra un’esperienza ventennale, l’angioplastica è ben lontana dall’essere una cura istantanea e miracolosa per tutto, la verità è molto più complicata. Innanzitutto è più efficace per i casi semplici. Uno studio condotto a Boston, ha scoperto che i pazienti che si sono sottoposti all’angioplastica con due o tre fattori di rischio hanno avuto delle percentuali di sopravvivenza di più di cinque anni solo nel 13% dei casi. Si è scoperto che la stenosi (restringimento delle arterie) si verifica entro sei mesi dopo l’angioplastica; il diametro dei vasi sanguigni trattati era aumentato solo del 16% rispetto al periodo precedente il trattamento, secondo l’Albo Americano dei Cardiologi. In uno studio condotto in Italia, la stenosi si ripresentava nei tre quarti dei casi. Data la necessità di trattamenti continui e di monitoraggio, i costi reali dell’angioplastica potrebbero essere molto superiori a quelli per la terapia medica in caso di angina leggera e di malattie a singoli vasi sanguigni. I prezzi degli ospedali son raddoppiati negli ultimi 20 anni in cui l’angioplastica è stata utilizzata, secondo una stima di uno studio condotto nel Maryland.
L’angioplastica non funziona molto bene per i pazienti che hanno una malattia a vaso triplo, cioè quando tutte e tre le arterie principali del cuore sono chiuse. Uno studio condotto in Italia ha riportato solo il 52% di successi in questi casi. L’angioplastica è stata inoltre di poco successo in più dei due terzi dei casi di blocco totale delle arterie. L’angioplastica ha inoltre basse percentuali di successo quando viene utilizzata per trattare arterie bloccate nella parte inferiore del corpo. Se questi tipi di blocchi non vengono trattati, il paziente può finire con una gamba amputata. Inoltre, ci sono prove chiare che molti interventi di angioplastica potrebbero essere inutili. Uno studio americano ha analizzato i pazienti a cui veniva consigliata; lo studio concludeva che per la metà di loro, l’operazione non era necessaria o poteva essere deferita con sicurezza. Nonostante inizialmente ci si aspettasse che l’angioplastica coronarica avrebbe sostituito la chirurgia per il by-pass, entrambe le tecniche sono invece cresciute in tandem e nessuna delle due ha ridotto la frequenza dell’altra. Inoltre, nuove prove mostrano che la chirurgia per il by-pass potrebbe essere il trattamento più di successo per l’angina rispetto all’angioplastica. In uno studio, quasi il quadruplo dei pazienti sottoposti ad angioplastica hanno avuto bisogno di ripetere il trattamento o un intervento rispetto a quelli che si erano sottoposti ad intervento di by-pass; l’angina era diffusa quasi il triplo delle volte nei pazienti sottoposti ad angioplastica rispetto a quelli sottoposti a by-pass entro sei mesi dall’intervento. In altri studi, i due procedimenti hanno mostrato che nessuno dei due fa una differenza sostanziale in termini di salvare la vita prevenendo attacchi cardiaci o aumentando il flusso di sangue nelle arterie dopo tre anni. In realtà entrambi procedimenti hanno gravi effetti collaterali: uno studio scientifico ha mostrato che le persone che hanno subìto l’angioplastica hanno più possibilità, in seguito, di doversi sottoporre a nuovi interventi o di iniziare l’assunzione di nuovi medicinali, mentre il gruppo del by-pass aveva più possibilità di soffrire di attacchi di cuore gravi durante l’operazione. E le ultimissime ricerche, che hanno esaminato più di 1.000 pazienti di 26 centri in tutta Europa, indicano che la percentuale di sopravvivenza tra i pazienti nel primo anno dopo l’angioplastica è più bassa rispetto a coloro che si sono sottoposti ad interventi complicati per il by-pass. I pazienti che hanno subìto l’angioplastica necessitano inoltre di maggiori cure rispetto a chi si sottopone al by-pass, ed hanno maggiori possibilità di dover ripetere l’operazione entro il primo anno.
CONSIGLI NATUROPATICI PER LA DISMENORREA.
24-04-2019
È una dolorosa irregolarità del ciclo mestruale che influenza lo stato generale; in alcuni casi è legata alla sindrome premestruale, disturbo che si manifesta nei giorni che precedono le mestruazioni. La ritenzione di liquidi (specialmente nelle mammelle) e i cambi di umore caratterizzano la sindrome premestruale. La dismenorrea può essere attribuita a cause organiche o di tipo ormonale, ma una sana alimentazione può contribuire ad alleviare i sintomi. La soia e i suoi derivati, ma anche altri legumi, contengono sostanze chiamate fitoestrogeni, che agiscono sul sistema ormonale e possono regolare il ciclo mestruale. Un'alimentazione sofisticata, a base di prodotti raffinati ed elaborati, può invece intensificare i disturbi causati dalla dismenorrea.
ALIMENTI DA PREFERIRE
- SOIA: contiene fitoestrogeni (ormoni di origine vegetale) che regolarizzano il ciclo mestruale. Il tofu e la bevanda di soia sono due dei prodotti più ricchi di fitoestrogeni.
- FIBRE: un'alimentazione che fornisce 25 g di fibre al giorno (la dose per un adulto) contribuisce in modo significativo a prevenire il dolore e le alterazioni del ciclo mestruale. Le fibre si trovano esclusivamente negli alimenti vegetali, come frutta, cereali integrali, ortaggi e legumi. Come è stato dimostrato presso l'Università della Columbia Britannica, a Vancouver (Canada), i disturbi dell'ovulazione colpiscono meno le donne vegetariane di quelle onnivore.
- OLI: in generale, tutti gli oli di origine vegetale sono ricchi di acidi grassi polinsaturi ed esercitano un'azione favorevole. L'olio di enotera e di pesce, presi come integratori, possono ridurre gli spasmi e il dolore uterino.
- INTEGRATORI VITAMINICI: con quelli a base di vitamina B6, C ed E si ottengono i migliori risultati. Anche gli alimenti vegetali (frutta, frutta secca, cereali integrali) costituiscono una buona fonte di vitamina B6, C ed E.
- MAGNESIO: la sua carenza favorisce le contrazioni ed è indispensabile per il rilassamento dei muscoli. Si trova soprattutto nella crusca e nel germe di grano, oltre che nella frutta secca, nei semi (di zucca e di girasole) e nei legumi. Gli anacardi sono la frutta secca più ricca di magnesio.
- FLAVONOIDI: sono elementi fitochimici, che si trovano in tutta la frutta e in molti ortaggi. Il flavonoide più efficace per prevenire la dismenorrea è la rutina, presente soprattutto nell'arancia e negli altri agrumi.
ALIMENTI DA ELIMINARE
- SALE: preso in quantità eccessive, può causare ritenzione di liquidi nei tessuti; perciò peggiora la sindrome premestruale e può anche provocare dismenorrea.
- BEVANDE STIMOLANTI: in caso di disturbi delle mestruazioni, il caffè, il the e le bevande di cola che contengono caffeina esercitano un'azione negativa, perchè questa sostanza fa contrarre le arterie e riduce l'apporto di sangue nei tessuti, favorendo così le contrazioni e il dolore.
- ZUCCHERI: alcune donne che soffrono di disturbi mestruali provano il desiderio di ingerire prodotti molto dolci, come lo zucchero, che invece aumentano il dolore e i disturbi mestruali.
ECCO A COSA SERVE LA VITAMINA K.
23-04-2019
La denominazione vitamina K viene attribuita a un insieme di composti naftochinonici dei quali i più attivi sono il fillochinone, o vitamina K1, presente in alcuni vegetali (spinaci, cavoli, piselli, lattuga), la vitamina K2 (menachione), che è sintetizzata in piccole quantità dalla flora batterica intestinale e la vitamina K3 (menadione), un derivato sintetico. Stabile all’aria e al calore, la vitamina K è molto sensibile alla luce, in particolare ai raggi ultravioletti, fattore che può provocarne la degradazione durante i processi di conservazione degli alimenti. La vitamina K è considerata un fattore vitaminico liposolubile presente in molti tessuti dell’organismo umano e chiamata “vitamina antiemorragica”, poiché il suo ruolo essenziale consiste nel promuovere la sintesi di alcune proteine (protrombina, proconvertina, fattore di Christmas, fattore di Stuart) indispensabili per il processo di coagulazione del sangue nel fegato. Si deposita prevalentemente nel fegato, ma il suo rapido turnover ne limita l’eccessivo immagazzinamento nell’organismo e la conseguente tossicità. La carenza di vitamina K comporta un difetto della coagulazione del sangue, predisposizione a sindromi emorragiche ed ematomi, compresa la rottura dei capillari. Stati di ipovitaminosi possono verificarsi in caso di:
• Ridotta produzione da parte della flora batterica intestinale, che viene alterata in seguito all’assunzione di antibiotici o chemioterapici.
• Ridotto assorbimento a causa di stati patologici quali ittero ostruttivo, alterazioni dei meccanismi di assorbimento dei lipidi (coliti, diarrea cronica, tumori intestinali), oppure in seguito ad alterazioni del normale funzionamento del fegato (epatiti, epatectomie).
• Ridotto utilizzo per la presenza di sostanze antagoniste quali farmaci anticoagulanti, aspirina, alcuni antibiotici e l’assunzione di elevati livelli di vitamina E (oltre 600 mg/die).
MENORRAGIA E SINDROMI EMORRAGICHE
La somministrazione di vitamina K è indicata per le donne che soffrono di menorragia (flusso mestruale abbondante), anche se non viene evidenziata una carenza di tale fattore vitaminico.
OSTEOPOROSI
Recenti studi hanno dimostrato che la vitamina K1 è necessaria per la salute delle ossa, nelle quali svolge un ruolo essenziale per la prevenzione dell’osteoporosi. Essa infatti è responsabile della conversione di una proteina, la osteocalcina, dalla sua forma inattiva alla forma attiva. In questo caso la vitamina K1 è necessaria per il trasporto delle molecole di osteocalcina e per il fissaggio di calcio nelle ossa. Una carenza di vitamina K1 può portare a una mineralizzazione ossea difettosa, a causa di livelli inadeguati di osteocalcina. Secondo questi studi, infatti, i pazienti con fratture causate da osteoporosi, mostravano livelli sierici molto bassi di vitamina K1; la gravità delle fratture risultava inversamente proporzionale al livello di vitamina K1 rilevato. Studi epidemiologici effettuati hanno evidenziato in donne di età compresa tra i 29 e gli 86 anni, che lo scarso apporto di vitamina K con la dieta è un fattore associato a una ridotta densità minerale ossea e al rischio di frattura dell’anca.
EMORRAGIE DEI NEONATI
La carenza di vitamina K è piuttosto diffusa nei neonati, soprattutto quelli prematuri, per i quali è consigliata la somministrazione sistematica di questa vitamina nei primi giorni di vita. Analogamente, le madri prima del parto necessitano della supplementazione di tale vitamina.
ALTRE APPLICAZIONI
Secondo esperimenti recentemente effettuati, la vitamina K ha mostrato la capacità di inibire in vitro la proliferazione delle cellule del tumore alla mammella, alle ovaie, al colon, allo stomaco, ai reni e ai polmoni.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2984800
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9839845
SESSO: IL MIGLIOR ANTISTAMINICO SECONDO UNO STUDIO IRANIANO.
23-04-2019
La fastidiosa allergia primaverile potrebbe trovare soluzione tra le lenzuola! Proprio così: il sesso rientra, signori cari, tra i migliori antistaminici naturali sulla piazza e farlo regolarmente con il proprio partner libererebbe una volta e per sempre tutte le vie respiratorie. A rivelarlo è uno studio iraniano condotto dal neurologo Sina Zarrintan della Tabriz Medical University, secondo cui darsi da fare in coppia può essere utile ad alleviare i sintomi di un’allergia. Perché? Apparato respiratorio e organi genitali sarebbero collegati entrambi al sistema nervoso simpatico e il sesso porterebbe a un restringimento dei capillari in tutto l’organismo, attenuando così i sintomi dell’allergia. Per far fronte, quindi, agli tsunami di polline che trasformano la vita in un incubo, tra congiuntiviti, starnuti, congestione nasale e pruriti d’ogni sorta, invece dei soliti antistaminici - la maggior parte dei quali sono soltanto dannosi - provate con delle regolari sessioni di sesso, che hanno come effetto il rilassamento dei vasi sanguigni situati sia nel naso e gli occhi, favorendo lo sblocco del tamponamento nasale. Ovviamente, non sarà necessario amoreggiare ogni giorno e a tutte le ore per beneficiare degli effetti antiallergici del fare l’amore. Come spiega Zarrintan, il sesso “può essere praticato di volta in volta per alleviare la congestione e il paziente può regolare il numero di relazioni sessuali a seconda della gravità dei sintomi”.
E non solo, quanto alla febbre da fieno, pare che essa sia legata principalmente all’eiaculazione, motivo per cui è più probabile che gli uomini ottengano più benefici rispetto alle donne. Tutte soluzioni valide insomma, anche se, come dicono gli stessi studiosi, non sempre applicabili, se per esempio si è fuori casa o se non si ha alcun partner sessuale. Questi risultati non sono stati ancora testati con prove cliniche. In ogni caso, fare l’amore col proprio partner non ha mai fatto male, per cui provare per credere!
https://www.thesun.co.uk/news/8736317/sex-hayfever-helps-clear-blocked-noses-runny-eyes/
https://metro.co.uk/2019/04/17/sex-cure-hayfever-according-scientists-9236064/
MORBO DI ALZHEIMER: E SE LE CAUSE FOSSERO DOVUTE A UNA CARENZA CRONICA DI ZOLFO?
23-04-2019
Con una popolazione che invecchia sempre più, il numero delle persone che soffrono di morbo di Alzheimer sta aumentando, ed è stato spiegato che l'aumento dei casi di Alzheimer è troppo alto rispetto all'aumento del numero di persone più anziane. A causa della convinzione che la placca beta amiloide, che è un segno dell'Alzheimer, ne sia anche la causa, l'industria farmaceutica ha speso centinaia di milioni, se non miliardi di dollari nella ricerca di farmaci che riducessero la quantità di placca che si accumula nel cervello. Fino ad ora le sperimentazioni dei farmaci sono state così deludenti che molti stanno iniziando a pensare che la placca beta amiloide, dopo tutto, non sia la causa della malattia. Recenti sperimentazioni dei farmaci non solo non hanno evidenziato alcun miglioramento, ma hanno addirittura mostrato un ulteriore declino delle funzioni cognitive dei pazienti che assumevano i farmaci rispetto al gruppo di controllo che assumeva dei placebo. Ho affermato altrove che la placca beta amiloide potrebbe addirittura essere protettiva nei confronti del morbo di Alzheimer, e che i problemi nel metabolismo del glucosio possano essere la reale causa della malattia.
Sul sito internet http://www.acu-cell.com/ della "Clinical Research Resource for Cellular Nutrition & Trace Mineral Analysis" (centro per la nutrizione cellulare e l'analisi dei minerali in traccia) troviamo informazioni sui livelli di differenti elementi nelle persone sofferenti di morbo di Alzheimer confrontati con quelli delle persone sane. Dopo avere iniziato a sospettare che la mancanza di zolfo fosse uno dei fattori principali della declinante condizione di salute degli americani, ho indagato sulla relazione tra deficit di zolfo e morbo di Alzheimer. Immaginate la mia sorpresa quando ho scoperto una pagina web pubblicata da Ronald Rothche in cui mostra un grafico coi livelli di vari minerali nelle cellule di un tipico malato di Alzheimer in rapporto ai livelli normali (http://www.acu-cell.com/dis-alz.html). E' notevole come lo zolfo sia quasi inesistente nel profilo dei malati di Alzheimer.
Su tale sito si legge: "Mentre alcuni farmaci o antibiotici possono rallentare o eventualmente arrestare la progressione del morbo di Alzheimer, l'integrazione di zolfo ha la potenzialità non solo di prevenire, ma persino di invertire la condizione [ovvero il processo degenerativo], a patto che la malattia non sia progredita fino ad uno stadio nel quale il danno al cervello è già abbastanza rilevante. Una delle più importanti cause per l'aumento di casi di Alzheimer negli anni passati è la cattiva reputazione che hanno avuto le uova in quanto importanti fonti di colesterolo, a dispetto del fatto che l'assunzione del colesterolo tramite la dieta ha poca importanza sul livello di colesterolo nel siero, cosa che è stata finalmente riconosciuta dalla medicina ufficiale. Nel frattempo, una gran parte della popolazione, seguendo la cattiva informazione diffusa sulle uova, ha perso un'eccellente fonte di zolfo e di diversi altri nutrienti essenziali. Ovviamente cipolle e aglio sono un'altra ricca fonte di zolfo, ma in rapporto al volume, essi non possono stare a confronto con quanto di può ottenere consumando regolarmente le uova".
Come possibile integratore di zolfo sul sito http://www.acu-cell.com viene indicato lo zolfo organico (MSM) che si trova in natura negli alimenti succitati (oltre che nella carne e nel pesce). Sul sito si raccomanda ove possibile, per risolvere problemi legati a deficit di zolfo, a non affidarsi solo all'integrazione di MSM ma di attingere anche alle naturali fonti commestibili. Sempre sul medesimo sito leggiamo che: "Sia zolfo che selenio sono minerali importanti per il sistema nervoso, e causano una reazione infiammatoria in caso di eccessiva ingestione o ritenzione (come succede con la Sclerosi Laterale Amiotrofica), provocando una risposta degenerativa in caso di insufficiente ingestione o ritenzione (come succede con il morbo di Alzheimer). La risposta positiva ad una terapia basata sull'integrazione di zolfo che ho osservato in pazienti sofferenti di morbo di Alzheimer è stata inversamente proporzionale alla progressione della malattia.
Cosa interessante, lo zolfo è un potentissimo antagonista dell'alluminio, cosa che dovrebbe soddisfare quanti affermano che l'alluminio sia un importante fattore legato all'insorgenza della malattia. La maggior parte dei pazienti giovani e vecchi che soffrivano di "confusione", problemi di concentrazione e scarsa memoria, mostravano livelli di zolfo al di sotto della norma, inclusi molti bambini diagnosticati come sofferenti del "disordine di attenzione/iperattività" (ADD/ADHD), e lo stesso dicasi per le persone intossicate da alti livelli di alluminio. I comuni che aggiungono alluminio all'acqua potabile [nel corso del processo di flocculazione, una delle fasi della potabilizzazione dell'acqua] oltre a fluoro e cloro, non aiutano certo quelle persone che lottano per mantenere un adeguato livello di zolfo.
Perché la mancanza di zolfo dovrebbe essere così importante per il cervello? Io sospetto che la risposta si nasconda nella misteriosa molecola alfa-sinucleina, che è presente lungo il contorno della placca beta amiloide, e che è presente anche nei corpi di Lewy che sono un segno caratteristico del morbo di Parkinson. La molecola alfa-sinucleina contiene 4 residui di metionina, e tutte e quattro gli atomi di zolfo nella metionina sono convertiti in ossidi di zolfo in presenza di agenti ossidanti come il perossido d’idrogeno. Proprio come nelle cellule muscolari, l'insulina potrebbe indurre i mitocondri dei neuroni a rilasciare perossido d’idrogeno, che permetterebbe all'alfa-sinucleina di prendere l'ossigeno in una maniera tale che ricorda da vicino quello che la mioglobina fa nei muscoli. La mancanza di sufficiente zolfo avrebbe un’immediata ripercussione negativa sulla capacità dei neuroni di portare efficacemente l'ossigeno, in una maniera ancora una volta simile a quanto succede nelle cellule muscolari. Questo vorrebbe dire che le altre proteine ed i grassi nel neurone soffrirebbero di danno ossidativo, portando alla fine alla distruzione del neurone.
QUESTO MEDICO DEFINISCE LE MEGADOSI DI VITAMINA C UNA NORMA.
20-04-2019
Un uomo molto spaventato irruppe nello studio di Fred R. Klenner, medico di Reidsville, nella Carolina del Nord (Stati Uniti), accusando forti dolori al petto e difficoltà di respirazione. L'uomo pensava di stare per morire. Dopo aver appreso che costui era stato punto o morso da un insetto circa dieci minuti prima, il dottor Klenner gli somministrò un'iniezione di gluconato di calcio, pensando che il paziente fosse stato attaccato da un pericoloso ragno, la vedova nera. Quando vide che l'uomo aveva una reazione negativa all'iniezione, il dottor Klenner riempì immediatamente una siringa da 50 cc di 12 g di vitamina C e gli praticò un'altra iniezione. Ancor prima che l'inoculazione fosse completata, l'uomo incominciò a sentirsi sollevato dai suoi sintomi: fu rimandato a casa e tornò l'indomani con un oggetto che sembrava un topo. Era lungo meno di quattro centimetri e aveva un lungo pelame nero, con una specie di cresta scura che gli percorreva tutto il dorso. Aveva parecchie paia di zampe e una coda simile a quella di un topo. Il giorno dopo, il dottor Klenner era riuscito a far identificare "la cosa": era un bruco di Puss. Questo raro animale aveva lasciato 44 segni in rilievo sul dorso della sua vittima. Secondo le parole del dottor Klenner, "Se non fosse stato per la vitamina C, quest'uomo sarebbe morto per shock e asfissia". Questo medico aveva ingaggiato una serie di scontri contro le autorità mediche di Washington con le sue "radicali" opinioni sulla vitamina C. Secondo la sua convinzione, forti dosi di vitamina C sono un'assoluta necessità per l'organismo nella sua incessante lotta - 24 ore su 24 - contro devastazioni di mali di ogni sorta, dalla polmonite alle ustioni, dal diabete agli effetti di eccessive dosi di barbiturici. E quando il dottor Klenner usa la parola "massicce" intende proprio dire così. E' risaputo che a una donna ammalata di polmonite prescrisse 140 g di vitamina C, e la fece guarire nel giro di 72 ore! Secondo una relazione sul Journal of Applied Nutrition, il dottor Klenner presentò una rassegna della letteratura medica esistente sulla vitamina C, e citò un netto numero di casi da lui stesso trattati. Inoltre, questo medico criticò il fabbisogno minimo quotidiano ufficiale, chiamandolo "un figlio illegittimo" di due padri, l'Accademia Nazionale delle Scienze e il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che rappresentava "un tragico errore di valutazione. Vi sono molti fattori che fanno aumentare la richiesta di acido ascorbico da parte dell'organismo (ad esempio, uno stress), e salvo che questi non vengano presi in considerazione, almeno dai medici, non può esservi alcun progresso reale". Basandosi su quanto la scienza ha appreso, secondo il dottor Klenner, non è più possibile (se mai lo è stato) stabilire un'unità numerica in termini di fabbisogno minimo giornaliero, per il semplice fatto che i singoli soggetti sono differenti tra loro. E anche gli stessi soggetti sperimentano diverse situazioni in momenti diversi. Quanto alla vitamina C, ciò che oggi può essere adeguato può risultare insignificante rispetto alle necessità di domani.
Il dottor Klenner ha osservato che la vitamina C è di notevole importanza per combattere il monossido di carbonio, inquinante dell'ambiente, che proviene dai gas di scarico delle automobili. Egli afferma che l'esperienza clinica suggerisce che se s'immette di colpo nella corrente sanguigna una quantità sufficiente di acido ascorbico, cioè dai 12 ai 50 g, questa concentrazione mediante "ossidazione lampo" viene abbastanza elevata da trarre monossido di carbonio dall'emoglobina per formare biossido di carbonio. Questa reazione è simile a quella che viene provocata in un paziente a cui sia somministrato ossigeno da una bombola. Non molti di noi, naturalmente, sono tanto sconsiderati da accendere un motore in un garage chiuso e avvelenarsi pericolosamente con monossido di carbonio. Ma ovunque vi sia del traffico intenso, l'accumulo di questo gas tossico è abbastanza alto, secondo l'opinione di alcuni esperti, da farci soffrire tutti di una lieve intossicazione da monossido di carbonio. In altri termini, tutti quelli fra noi che non hanno abbastanza vitamina C nel loro organismo da controbilanciare questo gas inodore, insapore, invisibile, ma mortale. Il dottor Klenner osservò anche che la vitamina C è assolutamente indispensabile nel trattamento di ustioni sia interne che esterne. Egli usa una soluzione di acido ascorbico al 3% cosparsa su tutta l'area dell'ustione a mezzo nebulizzatore. L'applicazione viene fatta ogni due ore per un periodo di cinque giorni. L'uso esterno della vitamina C è combinato con dosi massicce di acido ascorbico per iniezione e per bocca.
Il dottor Klenner è anche più convinto sulla prescrizione di dosi massicce di vitamina C in pazienti affetti da diabete mellito. Egli riscontrò che il 60% di tutti i diabetici potevano essere tenuti sotto controllo con la dieta e 10 g al giorno di acido ascorbico. L'altro 40% avrà ancora bisogno di insulina (ma in dosi considerevolmente minori di quanto ci si aspetterebbe) e di un minore numero di cure generali. Egli osserva che "ogni diabetico che non assuma vitamina C supplementare può essere considerato come sofferente di scorbuto subclinico. Per questa ragione, se presentano delle ferite, queste hanno difficoltà a rimarginarsi. Il diabetico userà la vitamina C supplementare per una migliore utilizzazione dell'insulina. La vitamina C sosterrà l'organismo nel metabolismo dei carboidrati e lo porrà in condizioni da far rimarginare le sue ferite come negli individui normali". La raccomandazione del dottor Klenner è, perciò, che gli adulti "che assumono almeno 10 g al giorno di acido ascorbico, e i bambini sotto i 10 anni che ne ricevono almeno 1 g per ciascun anno di età, sperimenteranno che il cervello sarà più chiaro, la mente più attiva, il corpo meno stanco e la memoria più tenace". Il dottor Klenner sintetizzò le sue teorie nei riguardi della vitamina C al convegno dell'International Academy of Preventive Medicine, nell'ottobre 1972: "ho visto morire dei bambini in meno di due ore dopo il ricovero in ospedale per non avere ricevuto nessun trattamento, semplicemente perchè i medici di guardia non erano rimasti impressionati dal loro stato. Pochi grammi di acido ascorbico somministrato per iniezione, in attesa dell'esito delle analisi di laboratorio o della visita medica, avrebbero salvato loro la vita. Lo so che questo è un dato reale, perchè mi sono trovato in situazioni di questo genere, e somministrando abitualmente dosi massicce di acido ascorbico, ho visto la morte andare in vacanza". Il dottor Klenner è convinto che dovrebbe essere una regola medica la somministrazione di forti dosi di vitamina C in tutti i casi patologici, mentre il medico pondera una diagnosi.