Angelo Ortisi
LA VITAMINA B3 FERMA IL PARKINSON.
24-06-2018
La vitamina B3 potrebbe rallentare la progressione del morbo di Parkinson. È quanto conclude una ricerca pubblicata su Cell Reports e firmata da scienziati dell’Università di Tubinga. Lo studio, effettuato su modello animale e coordinato dalla prof.ssa Michela Deleidi, si è servito delle cellule prelevate dalla pelle dei pazienti con Parkinson trasformandole in neuroni. È emerso che, in caso di Parkinson, i neuroni mostrano difetti a carico dei mitocondri, gli organelli cellulari che servono a fornire di energia le cellule.
Nella seconda fase della sperimentazione, il team ha iniettato vitamina B3, dimostrando che il nutriente riesce a favorire lo sviluppo di nuovi mitocondri sani.
Nell’ultima parte del test il team di Deleidi ha testato l’effetto della sostanza su moscerini della frutta affetti da un modello animale di Parkinson. Gli scienziati hanno così appurato un rallentamento nella progressione della malattia e la capacità degli insetti di mantenere il controllo dei propri movimenti. Ora i ricercatori tenteranno di replicare i risultati su pazienti affetti da morbo di Parkinson.
BOTTIGLIETTE DI PLASTICA: NON VANNO RIUTILIZZATE, SONO SPORCHE PIÙ DI UN WC.
24-06-2018
Se siete soliti portare sempre con voi la stessa bottiglietta di plastica che riempite al bisogno, da oggi probabilmente smetterete di farlo. Un’indagine inglese ha svelato che riutilizzare le bottigliette non è affatto una buona idea, sarebbero infatti sporche al pari di un WC. Sappiamo quanto sia importante bere soprattutto nelle calde giornate estive, ecco perché spesso nelle nostre borse o zaini portiamo una bottiglietta d’acqua per evitare di acquistarla in giro o di dover cercare fontanelle o fonti. Quella che all’apparenza potrebbe sembrare una buona abitudine si rivela invece una pessima idea che potrebbe addirittura essere pericolosa per la salute. Il monito arriva dalla Gran Bretagna dove è stata condotta un'analisi sulle bottigliette di plastica utilizzate più volte da un atleta.
Il risultato è stato sorprendente: in un caso i test hanno rivelato addirittura la presenza di 900 mila batteri per centimetro quadrato, ovvero un numero maggiore di quanto si riscontra generalmente in un WC. I batteri, tra l’altro, non erano neppure delle specie “più buone” e potevano rappresentare un pericolo di infezioni per le persone che utilizzavano più volte la stessa bottiglietta esponendo dunque la bocca al contatto con questi microrganismi. Come si legge sul sito britannico che ha condotto l'indagine: "oltre il 60 per cento dei germi che abbiamo trovato potrebbe farti ammalare".
È risaputo inoltre che la plastica esposta alle alte temperature rilascia alcuni elementi chimici che, a lungo andare, vanno a contaminare anche l’acqua con una serie di possibili conseguenze per la salute. Le bottiglie realizzate in PET (Polietilene tereftalato), tra altro, non sono progettate per essere utilizzate più di una volta e dunque andrebbero gettate via dopo aver bevuto tutta l’acqua “originale” in esse contenuta.
http://www.treadmillreviews.net/water-bottle-germs-revealed/
IL TE’ VERDE FA BENE AL CUORE.
24-06-2018
Grazie a una sostanza specifica, il tè verde avrebbe un effetto positivo sul cuore. A suggerirlo è uno studio pubblicato sul Journal of Biological Chemistry da un team della Lancaster University e della University of Leeds. La sostanza oggetto di analisi è l’antiossidante epigallocatechina-3-gallato (EGCG), che ha dimostrato peraltro anche un’azione di contrasto nei confronti delle placche proteiche e quindi degli aggregati di beta-amiloide che si creano in caso di Alzheimer. Tuttavia, nello studio inglese è stato scoperto che l’antiossidante, in presenza di eparina, svolge un’azione demolitiva anche sulle placche che si formano sulle pareti dei vasi sanguigni. L'antiossidante del tè demolisce la placca in fibrille solubili e non pericolose nel sangue.
Un altro studio conferma i benefici legati all'assunzione di tè per il nostro organismo, segnalando anche una riduzione del rischio di mortalità non cardiovascolare. La ricerca, presentata nel corso dell'ultimo congresso dell’European Society of Cardiology, è firmata dal prof. Nicolas Danchin del centro di Medicina preventiva di Parigi.
Secondo le conclusioni dello studio, il tè abbasserebbe del 24 per cento la probabilità di morire precocemente per cause non cardiovascolari. «Se dovete scegliere tra tè o caffè è probabilmente meglio bere il tè. Caffè e tè sono componenti importanti del nostro modo di vita e i loro effetti sulla salute cardiovascolare (CV) sono stati studiati in passato con risultati talvolta divergenti. Abbiamo studiato gli effetti del caffè e del tè sulla mortalità CV e la mortalità non CV in un’ampia popolazione francese a basso rischio di malattie cardiovascolari», spiega il professor Danchin. I medici d'oltralpe hanno analizzato soggetti di età compresa fra 18 e 95 anni che eseguivano controlli sanitari presso il centro parigino dal gennaio 2001 al dicembre 2008. Nel corso del follow up durato 3 anni e mezzo 95 persone sono decedute per problemi cardiovascolari e 632 per altre motivazioni.
Il consumo della bevanda o del caffè è stato verificato attraverso un questionario nel quale le opzioni erano le seguenti: più di quattro tazze al giorno, da una a quattro tazze, nessuna tazza. I risultati hanno dimostrato che chi beveva caffè aveva un rischio cardiovascolare maggiore rispetto ai non bevitori, ma il pericolo era legato soprattutto al fumo, più frequente in chi beve il caffè. Al contrario, chi beveva tè mostrava un profilo di rischio cardiovascolare migliore. Il tè aveva anche un effetto più marcato sulla pressione sanguigna rispetto a quello mostrato dal caffè, con una riduzione di circa 5 mmHg nella pressione sistolica e 3 mmHg in quella diastolica. «Nel complesso si tende ad avere un profilo di rischio più elevato per i bevitori di caffè e un profilo di rischio più basso per bevitori di tè. Abbiamo anche trovato grandi differenze di genere. Gli uomini tendono a bere il caffè molto di più rispetto alle donne, mentre le donne tendono a bere più tè rispetto agli uomini», commenta Danchin.
«Il trend di mortalità più elevato nei bevitori di caffè - sottolinea Danchin - è probabilmente in gran parte spiegato dal fatto che ci sono più fumatori nel gruppo che beve molto caffè». L'effetto del tè sui problemi cardiovascolari esiste, ma non è così significativo come quello sulle altre cause di morte. «Bere il tè abbassa il rischio di morte non-CV del 24% e la tendenza alla riduzione della mortalità CV era quasi significativa - spiega Danchin. Quando abbiamo esteso la nostra analisi al 2011 abbiamo scoperto che il tè ha continuato a ridurre la mortalità generale durante il periodo di 6 anni. Interessante notare che la maggior parte degli effetti del tè sulla mortalità non-CV è stata trovata in attuali fumatori o ex-fumatori, mentre il tè ha avuto un effetto neutrale nei non fumatori. Il tè possiede antiossidanti che possono fornire benefici di sopravvivenza nei bevitori che hanno anche stili di vita più sani. Chi beve il tè riflette un profilo particolare di persona o è il tè, di per sé, che migliora i risultati (che per me rimane una questione aperta). In attesa di risposta a questa domanda, penso che si potrebbe raccomandare abbastanza onestamente di bere il tè al posto del caffè o anche piuttosto non bere proprio nulla».
Un altro studio decanta le lodi di una particolare qualità di tè, quello verde.
Il tè verde è una bevanda antichissima preparata per infusione delle foglie di Camellia sinensis, una pianta arbustiva della famiglia delle teacee originariamente coltivata in Cina e in Giappone. Il tè verde è preparato trattando le foglie in maniera meno drastica del tè nero, e anche per questo si caratterizza per la concentrazione elevata di composti fenolici (i flavonoidi) ad alto potere antiossidante. Fra questi le catechine negli ultimi anni hanno dimostrato diversi benefici per la salute.
Uno studio pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition ha dimostrato i benefici del tè verde collegati alla funzionalità dell'organismo degli anziani, grazie all'analisi di un campione di 14 mila giapponesi dai 65 anni in su messa in atto dalla Tohoku University. Con un consumo pari a tre tazze di tè al giorno, si registra un 25 per cento di possibilità in meno di sviluppare un qualsiasi tipo di invalidità. Ma non è il solo studio a sottolineare le proprietà della bevanda. NFI - Nutrition Foundation of Italy - segnala due studi scientifici che confermano gli effetti positivi del tè sul tono dell’umore e sulla perdita e sul mantenimento del peso dopo una dieta.
Nel primo studio, pubblicato anch'esso sull’American Journal of Clinical Nutrition, la relazione fra il consumo di tè verde, determinato mediante la compilazione di appositi questionari, e i sintomi della depressione è stata valutata in una popolazione composta da 1058 anziani giapponesi con più di 70 anni. Dall’analisi dei risultati è emerso che tra i consumatori di 4 tazze di tè verde al giorno la prevalenza dei sintomi depressivi, di moderata e grave entità, era ridotta del 44% rispetto a coloro che ne consumavano una tazza o meno. Questa osservazione conferma i risultati di altri studi che hanno evidenziato l’effetto favorevole del tè verde, e in particolare di alcuni suoi componenti come l’aminoacido teanina, sul tono dell’umore.
Il secondo studio, pubblicato sull’Internal Journal of Obesity, è una metanalisi dei risultati di altre ricerche scientifiche, realizzata con l’obiettivo di verificare l’impatto del tè verde sul peso corporeo. Precedentemente altri studi avevano evidenziato l’efficacia del tè verde sulla perdita e sul mantenimento del peso; tali effetti sarebbero variabili in base all’etnia e al consumo abituale di caffeina. Per la metanalisi sono stati considerati 11 studi in lingua inglese sugli effetti dell’assunzione per 12-13 settimane di una miscela di epigallocatechina gallato, un polifenolo del tè con attività antiossidante, e caffeina, sotto forma di tè verde o di capsule. I risultati confermano che il tè verde induce un significativo calo ponderale e promuove il mantenimento del peso corporeo dopo un periodo di bilancio energetico negativo, e che tali effetti possono variare in base all’etnia e sono ridotti dal consumo abituale di caffeina.
http://www.jbc.org/content/early/2018/05/31/jbc.RA118.002038.abstract
https://www.sciencedaily.com/releases/2014/08/140831125253.htm
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3278248/
GLI ANTIDEPRESSIVI FANNO INGRASSARE.
24-06-2018
Gli antidepressivi possono far aumentare il peso. A dirlo è uno studio pubblicato sul British Medical Journal da un team del King’s College di Londra diretto da Rafael Gafoor, che spiega: «I pazienti con peso normale avevano una maggiore probabilità di passare al sovrappeso, e i pazienti sovrappeso erano più propensi a passare all'obesità se trattati con antidepressivi».
Lo studio ha esaminato i dati di quasi 300mila adulti provenienti dallo UK Clinical Practice Research Datalink. All’inizio dell’analisi erano stati prescritti antidepressivi al 13% degli uomini e al 22,4% delle donne. Il rischio assoluto di un aumento ponderale maggiore o uguale al 5% del peso corporeo senza uso di antidepressivi è stato di 8,1 per 100 anni-persona rispetto a 11,2 per 100 anni-persona con uso di antidepressivi.
Il che si traduce in un episodio aggiuntivo di aumento maggiore o uguale al 5% del peso ogni 59 pazienti trattati con antidepressivi. L’aumento del peso è proseguito per almeno 6 anni di follow up e si è dimostrato maggiore durante il secondo e il terzo anno di trattamento.
Stando ai dati, trattamenti di durata inferiore ai 12 mesi non sembrano associarsi ad aumento di peso: «Non abbiamo visto un aumento nel primo anno di uso, ma data la modalità di raccolta dei dati, non possiamo dire con certezza che l'aumento di peso non si verifichi in tale anno», concludono i ricercatori.
PERCHE’ GLI OGM RENDERANNO LA CRISI GLOBALE ALIMENTARE SOLO PIU’ GRAVE?
07-05-2017
Quando l’ingegneria genetica delle piante e degli animali cominciò negli anni ‘70, gli scienziati erano sicuri che le caratteristiche degli organismi fossero stabili e immutabili all’interno del loro genoma. Ma i genetisti presto scoprirono che il genoma, nella realtà, è notevolmente dinamico e fluido. L’ingegneria genetica in laboratorio è grezza, imprecisa ed invasiva. I geni “alieni” inseriti in un genoma per produrre un OGM possono diffondersi dovunque, rimescolando e mutando il genoma ospite. Infine, la modifica genetica non funziona ed è inoltre pericolosa.
Dopo 40 anni di OGM, gli argomenti contro di loro si sviluppano ancora più fortemente grazie a questo eccellente articolo del Dott. Mae-Mae-Wan Ho dell’Institute of Science in Society (ISIS):
• Nessun aumento nei rendimenti: La soia OGM ha fatto diminuire i rendimenti fino a più del 20 per cento rispetto alla soia non-OGM ed un calo fino al 100 per cento per il cotone OGM è stato registrato in India.
• Nessuna riduzione dell’uso di antiparassitari: I dati USDA hanno indicato che i raccolti di OGM hanno aumentato l’uso degli antiparassitari di 50 milioni di libbre dal 1996 al 2003 negli Stati Uniti.
• Diserbanti: Questi prodotti sono mortali per le rane e tossici per le cellule placentari ed embrionali umane. È usato su più dell’80 per cento di tutti i raccolti OGM piantati nel mondo.
• Gli OGM arrecano danni alla fauna selvatica: Gli scarichi del mais OGM in esubero, altera lo sviluppo degli insetti acquatici.
• Gli alimenti e i mangimi OGM sono stati collegati a decessi e malattie: Entrambe le cose sono state sperimentate in India e in prove di laboratorio in tutto il mondo.
Le crescenti coltivazioni OGM non neutralizzeranno fame, povertà, prezzi alimentari e i disastri ambientali che si stanno verificando, conclude l’autore. Ciò che è necessario è un cambiamento fondamentale nella pratica agricola che elimini le coltivazioni OGM e sostenga quelle biologiche preferibilmente su scala ridotta. Il Dott. Ho ha scritto una delle migliori descrizioni mai sentite sul perchè i raccolti OGM stanno minacciando l’approvvigionamento di generi alimentari del mondo: “Il genoma è fluido e notevolmente dinamico e costantemente in conversazione con l’ambiente. Questo determina quali geni sono attivi, quando, dove, da quanto e per quanto tempo. Inoltre, il materiale genetico in se potrebbe anche essere contrassegnato o cambiato secondo l’esperienza e l’influenza tramandata alla generazione successiva. Ma quando “i geni alieni” geneticamente modificati sono inseriti in un genoma, esso non può mimare i complessi processi necessari per la sopravvivenza in natura. I geni alieni inseriti in un genoma per fare un OGM possono distribuirsi dovunque; tipicamente in una forma riorganizzata o difettosa, rimescolare e mutare il genoma ospite con tendenza a muoversi o riorganizzarsi ulteriormente una volta inseriti. Questo è in fin dei conti il motivo per cui la genetica modificata non funziona ed è inoltre pericolosa”. C’è qualcosa di intrinsecamente sconvolgente nel manipolare organismi viventi. Anche se le diaboliche multinazionali degli OGM come la Monsanto continueranno con i loro proclami che gli alimenti OGM non sono differenti dalle varietà sviluppate naturalmente, la ricerca pian piano comincia a differire da ciò.
Ecco giusto un campione degli sgradevoli risultati connessi con gli alimenti OGM:
• I piselli OGM causano danni polmonari nei topi di laboratorio.
• Le patate OGM possono causare cancro nei ratti.
• I batteri presenti nell’intestino possono assimilare il DNA dall’alimento OGM.
• Possono stimolare la creazione di super-erbe infestanti e resistenti.
Inoltre, avete sentito parlare del morbo di Morgellons? Le persone affette da morbo di Morgellons ne descrivono i sintomi come sensazione di insetti o parassiti che si muovono sotto la loro pelle, accompagnati da lesioni aperte che guariscono lentamente ed emettono verso l’esterno piccole fibre blu, nere o bianche che possono essere lunghe parecchi millimetri. Queste fibre sembrano di plastica flessibile. Possono essere fini quanto la seta del ragno, tuttavia una volta tirate sono abbastanza forti da distendere la pelle e provocano pesanti dolori quando si tenta di rimuoverle. Questa malattia bizzarra sta sviluppandosi in 15 nazioni del mondo. Anche il CDC l’ha descritta in aumento. La causa potenziale? Alimenti geneticamente modificati.
È tempo che la gente nel mondo si unisca contro le corporazioni che spingono gli alimenti OGM e richieda qualcosa di meglio: alimenti che sono ancora tali, coltivati secondo natura e non assemblati dietro le porte chiuse dei laboratori. Fate che i politici, da voi eletti, diventino consapevoli di queste cose e non si lascino affascinare dal lucro. Sono notizie di poco tempo fa la proposta di un politico leghista che chiede di sperimentare sul territorio gli OGM sebbene consapevole che l’80% degli Italiani sono contrari. Che stranezza! In una repubblica il parere dell’80% della popolazione non conta niente rispetto alle idee strampalate di singoli politici (sempre superficiali e disinformati!) che irresponsabilmente e ignorantemente GIOCANO con l’ambiente e la salute dei cittadini. Ricordatevi che, una volta iniziate le coltivazioni, il polline non lo ferma nessuno e che i semi OGM sono sterili per cui l’anno successivo saremmo tutti nelle mani della Monsanto.
10 SINTOMI CHE RIVELANO LA CARENZA DI MAGNESIO.
21-06-2018
Il magnesio è l’ottavo minerale più abbondante sulla terra e il quarto minerale più abbondante nel corpo umano. E’ coinvolto in oltre 300 reazioni biochimiche nel vostro corpo ed è presente in ogni tipo di cellula. Circa il 50-60 per cento di tutto il magnesio nel corpo è immagazzinato nelle ossa e solo una piccola quantità è presente nel sangue. Questo nutriente è particolarmente importante per la salute delle ossa, regolazione della pressione sanguigna, del sonno, buona circolazione del sangue, corretto funzionamento del sistema nervoso, sistema immunitario forte, salute del cuore, salute dei muscoli, assorbimento di vitamina D e una corretta digestione dei carboidrati.
Alcuni dei primi segni di carenza di magnesio includono intorpidimento e formicolio, crampi muscolari e anomalie del ritmo cardiaco. Inoltre, la carenza di magnesio è associata a condizioni come l’ipertensione, il diabete, le malattie cardiache, asma, insonnia, emicrania, ansia e attacchi di panico, condizioni muscolo-scheletriche come la fibromialgia, mal di schiena cronico ecc. Gli studi hanno indicato che la maggior parte delle persone non assumono abbastanza magnesio e possono essere carenti. Le cause di carenza di magnesio sono una dieta inadeguata, eccessiva assunzione di alcol, diabete scarsamente controllato, vomito eccessivo o cronico e diarrea a lungo termine. La dose giornaliera raccomandata di magnesio varia in base all’età, al sesso e se una donna è incinta o allatta. Ecco i primi 10 segni di carenza di magnesio:
1. SPASMI MUSCOLARI E CRAMPI
Spasmi muscolari e crampi regolari sono anche sintomi evidenti di carenza di magnesio. Il magnesio è importante per la salute del muscolo. Stimola la ricaptazione del calcio che può aiutare a mantenere i muscoli forti e prevenire i crampi. Inoltre, il magnesio aumenta l’assorbimento di potassio che è fondamentale per il funzionamento corretto del muscolo e aiuta a ridurre il dolore muscolare bloccando i recettori del dolore nel cervello e nel sistema nervoso. Se si verificano spesso crampi muscolari, assicuratevi di controllare il livello di magnesio nel vostro corpo. Contrazioni muscolari frequenti, soprattutto spasmi, possono anche essere causati da carenza di magnesio.
2. FREQUENTI EMICRANIE
Se siete inclini a frequenti attacchi di emicrania, potreste essere carenti di magnesio. Il magnesio può essere una scelta più sicura di prescrizione di farmaci potenti. Uno studio del 2012 pubblicato sul Journal of Neural Transmission suggerisce che tutti i pazienti con emicrania dovrebbero essere trattati con magnesio. Il magnesio può anche essere utile per il trattamento dell’emicrania mestruale.
3. ANOMALIE DEL RITMO CARDIACO
Il ritmo cardiaco irregolare è uno dei classici sintomi di basso magnesio nel corpo. Questo minerale è importante per il funzionamento corretto del cuore e sostiene l’attività cardiaca ritmica. Aiuta anche a garantire una corretta circolazione del sangue nel corpo. Inoltre, il magnesio aiuta nel trasporto di ioni calcio e potassio attraverso le membrane cellulari, un processo che è importante per il normale ritmo cardiaco.
4. ANSIA, DEPRESSIONE E INQUIETUDINE
Se vi sentite improvvisamente depressi, apatici, irrequieti e irritabili senza causa nota, potreste essere carenti di magnesio. Questo minerale aiuta a tenerci calmi e rilassati e la sua carenza è spesso legata a questi problemi. Uno studio del 2006 pubblicato sulla rivista Medical Hypotheses riferisce che la carenza di magnesio può causare depressione, disturbi del comportamento e irritabilità, tutti reversibili con l’assunzione di magnesio. Aumentando il livello di magnesio si può alleviare il nervosismo e ridurre ansia, irrequietezza e irritazione generale. Inoltre, esso induce il sonno, che può aiutare quando la depressione ci impedisce di ottenere un riposo adeguato.
5. PERDITA DI APPETITO
Basso magnesio nel corpo può anche causare la perdita di appetito. Il magnesio aiuta il corpo a digerire, assorbire e utilizzare le proteine, grassi e carboidrati. Senza un adeguato assorbimento di minerali, il vostro sistema interno non funziona correttamente, con conseguente perdita di appetito, nausea e vomito.
6. INSPIEGABILE STANCHEZZA E DEBOLEZZA
Anche una lieve carenza di magnesio può provocare stanchezza e debolezza generale. Si può verificare la mancanza di forza fisica o muscolare e scoprire che è necessario un piccolo sforzo in più per compiere le attività quotidiane. Il magnesio svolge un ruolo chiave nella trasformazione del glucosio in energia; aumenta il metabolismo e aiuta a combattere la stanchezza e la debolezza. Inoltre, questo importante nutriente regola il metabolismo di altri minerali come calcio, potassio, fosforo, rame, vitamina C e zinco, che aiutano a fornire energia al corpo.
7. AUMENTO DELLA PRESSIONE SANGUIGNA
Gli studi dimostrano che il magnesio influenza la pressione sanguigna e che bassi livelli del minerale contribuiscono alla pressione alta. Il magnesio lavora come vasodilatatore che aiuta a mantenere i vasi sanguigni morbidi e flessibili. Un livello di magnesio basso può portare a basso potassio nel corpo. Il potassio è un altro nutriente importante per mantenere la pressione sanguigna sotto controllo.
8. INSONNIA
Se avete difficoltà ad addormentarvi o non vi sentite riposati dopo diverse ore di sonno, c’è una buona probabilità che il vostro corpo non riceve abbastanza magnesio. Il magnesio aiuta a rilassare il corpo e la mente e contribuisce a un sonno ristoratore. La sua carenza incide sul corretto funzionamento dell’ acido gamma-aminobutirrico (GABA) nel cervello. GABA è il neurotrasmettitore che permette al cervello la transizione ad uno stato di riposo per godere di sonno profondo. Integratori di magnesio contribuiscono a migliorare le misure soggettive di insonnia, come il punteggio ISI, l’efficienza del sonno, tempo di sonno e risveglio precoce.
9. DIFFICOLTA’ DI CONCENTRAZIONE E PERDITA DI MEMORIA
L’apprendimento e la memoria sono funzioni cerebrali fondamentali regolate anche dai livelli di magnesio. In realtà, il magnesio è essenziale per il funzionamento del sistema nervoso e ha un impatto diretto sulle vostre capacità di apprendimento, memoria di lavoro, e la memoria a breve e lungo termine. Aumenta anche la capacità di attenzione e riduce la confusione mentale. Uno studio del 2010 pubblicato sulla rivista Neuron suggerisce che un aumento dei livelli di magnesio migliora le funzioni del cervello di apprendimento e memoria. Un livello di magnesio basso potrebbe contribuire alla deposizione di metalli pesanti nel cervello che a sua volta aumenta il rischio di Parkinson, la sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer.
10. SGRADEVOLE ODORE DEL CORPO
Se si sta improvvisamente sudando molto e si ha un odore sgradevole del corpo, un livello di magnesio basso può essere la causa. Il magnesio aiuta l’attività delle ghiandole che controllano il sudore e neutralizza le sostanze chimiche che producono cattivo odore. Aiuta anche a trattare l’eccessiva sudorazione notturna. Uno squilibrio alimentare di magnesio potrebbe contribuire ad una eccessiva sudorazione in generale. Per combattere l’odore del corpo sgradevole, mangiate più alimenti ricchi di magnesio o assumete un supplemento dopo aver consultato un esperto.
DONNE: SOSTITUITE I FARMACI CON LA DIOSCOREA.
16-11-2015
La Dioscorea villosa è una pianta originaria del Messico, diffusa in tutto il sud America, i cui principi attivi sono contenuti nelle radici e nei tuberi. Nel fitocomplesso sono presenti sostanze biologicamente attive quali saponine steroidee (diosgenina), fitosteroli, tannini, amidi. La frazione amidacea è così ricca che in passato il tubero di diverse specie di questa pianta veniva usato come alimento. Nella medicina popolare la dioscorea viene utilizzata esternamente come antireumatico e come rubefacente. Non vi sono testimonianze di un uso di questa pianta come contraccettivo, tuttavia nel 1936 fu identificata la diosgenina, una sostanza glicosidica che contribuì allo sviluppo della sintesi di ormoni sessuali e alla creazione della prima pillola anticoncezionale. La diosgenina viene utilizzata come progesterone naturale ed è considerata un’alternativa naturale alle usuali cure ormonali. Studi clinici effettuati hanno evidenziato un aumento dei livelli ormonali nelle donne trattate, anche se la diosgenina non viene convertita direttamente in ormoni dall’organismo umano, infatti si ipotizza che possa essere convertita in progesterone e altri ormoni steroidei via deidroepiandrosterone. In alcuni studi la diosgenina ha mostrato di stimolare la crescita della ghiandola mammaria e ridurre il peso corporeo in modelli animali.
AZIONE REGOLATRICE ORMONALE
La diosgenina, subentrando nel controllo ormonale, è impiegata in caso di disturbi associati alla menopausa quali sbalzi d'umore e vampate di calore. In uno studio effettuato in vivo la somministrazione di estratti di questa pianta ad animali ovariectomizzati, in associazione ad estrogeni, ha mostrato l'incremento dello sviluppo mammario. Secondo i ricercatori, la diosgenina è in grado di potenziare l'attività degli estrogeni. In alcuni studi su modelli animali la dioscorea ha mostrato di prevenire la perdita di tessuto osseo. Un recente studio condotto su modelli animali ha mostrato che la somministrazione di diosgenina è efficace nel contrastare l'invecchiamento cutaneo che si verifica durante il climaterio, migliorando lo spessore dell'epidermide, senza produrre alterazioni nel grado di accumulo lipidico.
AZIONE SPASMOLITICA
Il fitocomplesso agisce come riduttore degli spasmi muscolari ed è indicato in caso di coliche addominali, crampi e dolori uterini e ovarici e nella sindrome premestruale. La dioscorea è un ottimo coadiuvante per il controllo della flatulenza e dell'iperproduzione di gas intestinali, soprattutto se utiulizzata in associazione allo zenzero.
AZIONE ANTINFIAMMATORIA
Studi effettuati in vivo hanno dimostrato che la diosgenina (principio attivo) è in grado di ridurre le infiammazioni a livello intestinale provocate dall'uso prolungato di indometacina. Questa proprietà, accompagnata dall'azione diuretica, trova impiego nel contrastare i dolori reumatici, l'artrite e nel diminuire le infiammazioni e il dolore localizzato, rilassando le fibre muscolari delle zone colpite.
AZIONE IPOCOLESTEROLEMIZZANTE
La capacità terapeutica di riduzione del colesterolo, studiata su modelli animali, è da attribuire alla proprietà della pianta di aumentare l'escrezione biliare di colesterolo e di strutture lipidiche. E' stata dimostrata anche un'azione citoprotettiva su cellule epatiche di soggetti sottoposti a colestasi ostruttiva. Non mancano studi sull'attività antiossidante della dioscorea. E' stata effettuata una ricerca su diversi soggetti di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, con l'obiettivo di abbassare i livelli dei parametri lipidici nel sangue, aumentando i livelli sierici del DHEA (deidroepiandrosterone). I risultati sono stati positivi e hanno confermato l'attività antiossidante della dioscorea. La somministrazione continuata di questa pianta ha dato come risultato la diminuzione della perossidazione lipidica nel siero, aumentando i livelli di HDL e diminuendo i trigliceridi e fosfolipidi.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19428439
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Aradhana%2C+1992
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Yamada%2C+1997+DIOSGENIN
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19222119
ASHWAGANDHA: LA PIANTA CHE AUMENTA IL BENESSERE PSICOFISICO.
19-06-2018
L’ashwagandha (Withania somnifera), conosciuta anche con il nome di ginseng indiano, è una delle piante più valide della medicina tradizionale indiana, che ha la fama di promuovere vigore psicofisico, vitalità, prestazioni intellettuali e longevità. Nella medicina ayurvedica l’ashwagandha è una pianta “rasayan”, ovvero ad azione tonica. Secondo la tradizione locale questa pianta è in grado di rivitalizzare la salute mentale e aumentare il benessere migliorando intelligenza, memoria, percezione mentale e prestazioni sessuali.
In un recente studio pubblicato su Pharmacognosy Research, si è voluto sperimentare l’effetto di un estratto di aswagandha sulla performance cognitiva e psicomotoria di 26 giovani in salute. Ai partecipanti (maschi, 20-35enni) sono stati assegnati ashwagandha (250 mg 2 volte al giorno, mattino e sera) o un placebo per 14 giorni: al termine dello studio il gruppo che aveva assunto ashwagandha ha evidenziato un netto miglioramento del tempo di reazione, cioè della velocità che intercorre tra la comparsa di uno stimolo e la risposta, in 5 su 6 test psicomotori, rispetto al placebo.
Gli Autori affermano che questo studio sebbene sia su piccola scala, è una conferma dell’azione adattogena e neuroprotettiva dell’ashwagandha, a cui seguiranno studi più approfonditi. Tradizionalmente utilizzata come afrodisiaco e tonico epatico, gli studi più recenti ne suggeriscono l’utilizzo per stati infiammatori, insonnia, ansia, disturbi neurologici e cognitivi. I principi attivi, i withanolidi, concentrati soprattutto nelle radici, agiscono come precursori ormonali e sono in grado di essere convertiti, al bisogno, in ormoni attivi. L’ashwagandha possiede proprietà adattogene, antinfiammatorie, immunomodulanti, antitumorali, antiossidanti ed emopoietiche. Esercita inoltre effetti sul sistema endocrino, sugli apparati cardiovascolare e respiratorio e sul SNC.
SOD: L’ENZIMA ANTIOSSIDANTE MOLTO POTENTE POCO CONOSCIUTO.
04-09-2015
La superossido dismutasi (SOD) è un enzima che appartiene alla classe delle ossidoriduttasi, cioè svolge un’importante funzione antiossidante praticamente in tutte le cellule esposte all’ossigeno. La dismutazione è un particolare tipo di reazione di ossidazione e riduzione su due molecole uguali e dà il nome alla SOD. Questo enzima agisce su due radicali superossido, togliendo l’elettrone in più dal primo e trasferendolo al secondo. In questo modo una delle due molecole si ritrova con un elettrone in meno e, dopo avere legato due ioni H+, diventa acqua ossigenata H2O2. Poiché anche l’acqua ossigenata è un composto pericoloso, la cellula tenta di distruggerlo nel minor tempo possibile, utilizzando la catalasi, enzima tra i più veloci in grado di decomporre milioni di molecole di acqua ossigenata al secondo.
Nell’organismo umano la superossido dismutasi è presente in tre forme: SOD1, che si trova nel citoplasma, SOD2, presente nei mitocondri e SOD3 che è extracellulare. SOD1 e SOD3 contengono rame e zinco, mentre SOD2 ha il manganese nel suo sito attivo. La SOD1 catalizza le reazioni nocive del superossido, uno dei principali agenti ossidanti, proteggendo la cellula dalla sua tossicità. L’importanza fisiologica della SOD1 è stata evidenziata nelle gravi patologie riscontrate in topi modificati geneticamente e privi di questo enzima. I topi privati della SOD1 sviluppano una grande varietà di patologie, tra cui il carcinoma epatocellulare, un aumento della perdita della massa muscolare legata all’età, una maggiore incidenza di cataratta e una vita media di durata inferiore.
PROTEZIONE DI PELLE E CAPELLI
In recenti studi la SOD ha mostrato di svolgere effetto protettivo contro il danno ossidativo causato dalle radiazioni UV, in particolare nei soggetti con la pelle sensibile. L’eccessiva esposizione alla luce solare è uno dei più importanti fattori responsabili dell’invecchiamento cutaneo, che può causare gravi danni all’epidermide quali alterazioni della pigmentazione, rughe, secchezza. Esperimenti in vitro hanno dimostrato l’incremento della durata della vita media di colture cellulari umane diploidi sottoposte a stress, sostanze tossiche e raggi UV in seguito all’addizionamento di sostanze antiossidanti nel terreno di crescita.
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA)
Mutazioni nell'enzima SOD-1 sono state osservate nella sclerosi amiotrofica laterale familiare in esperimenti in vitro e in vivo, suggerendo un ruolo di concausa nello sviluppo di questa malattia. Circa il 10% di tutte le forme di sclerosi amiotrofica laterale sono familiari; tra queste il 20% dipende da difetti del gene per la superossido dismutasi, che interviene nei meccanismi di difesa contro gli agenti ossidanti. La carenza di SOD-1 nel nucleo dei motoneuroni significa minori quantità di proteina capace di rimuovere dal DNA i radicali liberi. L'esposizione prolungata del DNA al danno ossidativo può provocare la trasformazione della sua struttura. In passato si riteneva che alterazioni nel gene codificante SOD-1 fossero responsabili solo di una neurotossicità a livello del citoplasma del motoneurone, mentre ora sappiamo che anche il nucleo è coinvolto.
PROTEZIONE DELL’APPARATO RESPIRATORIO
L'inquinamento atmosferico svolge un'azione tossica a carico dell'apparato respiratorio. Numerosi studi epidemiologici evidenziano l'aumento dell'incidenza di disturbi respiratori, quali asma e malattia polmonare cronica ostruttiva (CODP), come conseguenza dell'aumento del livello di inquinamento. E' stato osservato come lo stress ossidativo sia tra i principali fattori responsabili dei disturbi infiammatori polmonari in pazienti asmatici e CODP.
La SOD, per la sua azione detossificante, svolge un importante ruolo protettivo, difendendo il polmone dall'azione degli ossidanti endogeni prodotti dalle cellule infiammatorie e dall'attività ossidativa esercitata da inquinanti ambientali. In questi pazienti i meccanismi biochimici attivati dallo stress ossidativo sono responsabili sia dello stato flogistico di fondo che delle riacutizzazioni associate all'esposizione a livelli elevati di inquinanti atmosferici.
RISCHIO IPERATTIVITA’ PER I BAMBINI CHE CONSUMANO ENERGY DRINK.
06-06-2018
I dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: l’abuso di energy drink in età scolare aumenta del 66% il rischio di sviluppare la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Ad affermarlo è una ricerca della Yale School of Public Health pubblicata sulle pagine della prestigiosa rivista Academic Pediatrics. Per arrivare all’allarmante risultato gli scienziati statunitensi hanno monitorato le abitudini alimentari di oltre 1600 ragazzi in età scolare. In particolare l’indagine è stata svolta nelle scuole medie del Connecticut. Dalle analisi è emerso il legame tra consumo di energy drink e sviluppo di sintomi paragonabili all’ADHD. Un effetto che secondo i ricercatori è dovuto al mix di sostanze presenti quali taurina, caffeina e guaranà. Come spiega la professoressa Jeannette Ickovics, una delle autrici dello studio, «I risultati ottenuti sono in linea con le raccomandazioni dell’American Academy of Pediatrics: i genitori dovrebbero limitare il consumo di bevande zuccherate e in particolare evitare il consumo di bevande energetiche».
Secondo quanto dichiarato dalla Ickovics a salire sul banco degli imputati nel danneggiare la salute dei bambini ci sono infatti anche le bevande troppo zuccherate. Queste, in comune con gli energy drink, hanno la caratteristica di contenere elevati livelli di zucchero. Alcune bevande commercializzate negli Stati Uniti ne contengono oltre 40 grammi. Una dose ampiamente superiore al fabbisogno giornaliero che non deve superare i 30 grammi circa. Quest’ultimo - sottolineano i ricercatori - è un dato da non trascurare. Le bevande zuccherate infatti, oltre al presunto legame con i sintomi di ADHD, sono invece strettamente correlate all’aumento di peso e allo sviluppo dell’obesità infantile.
http://www.academicpedsjnl.net/article/S1876-2859%2814%2900425-2/abstract