Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

28-02-2016

Dai risultati positivi ottenuti da 8 studi epidemiologici condotti in passato sull’esistenza di una correlazione inversa tra i livelli plasmatici di selenio e i rischi di cancro, è stata pubblicata sull’International Journal of Urology un’altra analisi che conferma tale associazione. In questo studio di popolazione è stata messa in relazione una diminuzione del rischio di cancro alla vescica con un aumento di selenio assunto con la dieta o con gli integratori alimentari. L’indagine, condotta presso l’Università Cattolica di Leuven, in Belgio, ha monitorato il livello plasmatico di selenio in 178 soggetti rispetto a 362 di controllo. I risultati ottenuti hanno dimostrato che nelle persone con una concentrazione plasmatica di selenio superiore a mcg 96 per litro rispetto a quelle che presentavano una concentrazione inferiore a mcg 82.4 per litro, il rischio di cancro alla vescica era diminuito del 70%, mentre nei soggetti con una concentrazione compresa tra mcg 82.4 e mcg 96 per litro il rischio diminuiva del 52%. Infatti un aumento di mcg 10 di selenio nel sangue è legato ad una diminuzione dei rischi del 14%. Si può concludere che esiste una correlazione inversa tra i livelli plasmatici di selenio e il rischio di cancro alla vescica.

 

14-07-2018

Uno studio condotto presso l’università degli studi di Milano e pubblicato sulla rivista Journal of Sexual Medicine ha evidenziato come la carenza di vitamina D sia frequente negli uomini affetti da disfunzione erettile ad eziologia arteriogenica. Nello studio in questione sono stati reclutati pazienti con disfunzione erettile: 50 con disfunzione arteriogenica, 28 classificati come borderline e 65 con disfunzione non arteriogenica; valutandone i livelli sierici di vitamina D si è visto che i più carenti si sono rivelati i pazienti con disfunzione erettile di tipo arteriogenico. I bassi livelli di vitamina D determinano disfunzione erettile con maggiore frequenza perché una carenza di questa vitamina facilita l’instaurarsi di disfunzioni endoteliali. Per gli uomini con disfunzione erettile dovrebbero sempre essere controllati i livelli sierici di vitamina D e se il disturbo riconosce una causa arteriogenica bisognerebbe consigliare una supplementazione con vitamina D.

 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/jsm.12661/abstract

http://www.lifeextension.com/newsletter/2014/8/Vitamin-D-deficiency-more-common-in-arteriogenic-ED-patients/page-01?checked=1

05-10-2015

Uno studio clinico su bambini con ADHD ha mostrato un miglioramento significativo sia nei punteggi clinici che nei modelli EEG quando le loro diete sono state integrate con olio di krill, per un periodo di 13 settimane. I quadri EEG dei partecipanti allo studio sono stati confrontati con un database di più di 400 bambini con diagnosi stabilita di ADHD, fornendo ampi dati comparativi. Il Dr. Hogne Vik ha detto che: “Questa è un’importante osservazione per individuare effetti positivi sul sistema nervoso centrale (SNC), dopo supplementazione con olio di krill nell’uomo. Per la prima volta oggettive misurazioni EEG - prima e dopo un periodo di 90 giorni con olio di krill - hanno confermato i miglioramenti osservati in una patologia clinica del SNC“. Il Krill è una fonte pura, naturale che promuove la salute grazie al suo contenuto in acidi grassi essenziali omega-3 EPA e DHA e l’antiossidante naturale astaxantina.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3024511/

http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs11745-010-3490-4

11-07-2018

I primi anni di vita di vostro figlio sono belli e complicati. Se i sorrisi e i piccoli passi vi riempiono il cuore di gioia, i pianti notturni vi fanno rimanere svegli per giorni e mesi. Riposare, durante i primi mesi di vita del vostro bimbo sembra una missione impossibile. O forse no, basta educarli anche in questo. Secondo una ricerca Australiana quando i bimbi piangono non bisogna accorrere subito da loro, bisogna lasciare che impari da solo a controllare il pianto e a calmarsi. Per educare i bambini che piangono durante la notte al sonno continuo, secondo i ricercatori, bisogna proprio seguire un programma: la prima notte, se il bimbo piange, bisogna aspettare due minuti prima di correre a confortarlo, la seconda cinque, la terza dieci e così via. Fino a che non imparerà a calmarsi da solo e a riaddormentarsi. Non solo. Per evitare che il bimbo pianga durante la notte, tenendovi svegli fino a tardi, vi è anche una seconda regola, chiamata "camping out": per tre notti bisogna posizionare una sedia accanto al lettino del bambino, accarezzandolo fino a che non si addormenta, nei giorni successivi bisognerà allontanare pian piano la sedia, non parlandogli e non giocando con lui fino a che non prende sonno. Funzionerà? Secondo la ricerca australiana, che ha coinvolto 326 bambini, sì. Il non confortare subito il bambino porterà anche altri benefici: chi è stato poco consolato dalla mamma ha una capacità di relazionarsi maggiore rispetto agli altri.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2201147/Letting-babies-rushing-comfort-secret-longer-sleep-infants-AND-parents.html

http://www.telegraph.co.uk/news/health/children/9534783/Leave-your-baby-to-cry-scientists-say.html

Lunedì, 09 Luglio 2018 10:20

LA CAMOMILLA RIDUCE LA GLICEMIA.

07-10-2015

La camomilla è una bevanda tradizionalmente consumata in molti paesi, tra cui l’Italia. La pianta dalla quale viene estratta è utilizzata come erba medicinale per il trattamento delle infiammazioni, malattie della pelle, ulcere, ferite, eczemi, e diversi tipi di dolori, per la sua azione spasmolitica. La camomilla è una buona fonte di composti polifenolici, come ad esempio derivati cumarinici o flavonoidi, con proprietà antiossidanti che potrebbero contribuire anche alla prevenzione di patologie croniche come l’aterosclerosi.
Questo studio sperimentale ha dimostrato che la camomilla e i suoi componenti possono influenzare favorevolmente diversi aspetti del metabolismo glucidico. L’estratto acquoso di camomilla o i suoi principi attivi polifenolici riducono infatti la glicemia dopo carico di glucosio nel topo e nel ratto diabetico. Inoltre tali componenti inibiscono l’accumulo di sorbitolo negli eritrociti umani, uno dei meccanismi coinvolti nella comparsa delle complicanze diabetiche di natura neurologica (neuropatia diabetica). Queste osservazioni, seppur sperimentali, suggeriscono che il consumo regolare di camomilla possa contribuire significativamente alla prevenzione ed al trattamento della patologia diabetica ed identificano un’area interessante di ricerca clinica.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18681440

04-05-2016

La vitamina K è stata collegata alla salute del tessuto osseo, cuore e perfino della prostata, ma anche la cartilagine e le articolazioni potrebbero essere influenzate da questa vitamina poco nota. Al Vitafoods International 2009, Stephen Daniells ha chiesto al professor Cees Vermeer se necessario aumentare questa consapevolezza inerente alla vitamina K. Il professor Vermeer ha detto che i benefici della vitamina K potrebbero estendersi, oltre alla salute cardiovascolare e ossea, anche a quella articolare. Egli ha dichiarato: “sono sicuro che tutte le malattie della cartilagine trarrebbero beneficio dalla vitamina K2”. La consapevolezza della presenza di vitamina K nelle verdure verdi, nel natto fermentato e nel formaggio di soia sta aumentando, anche se molti sono ancora ignari dei benefici e delle fonti della vitamina.

 

http://www.nutraingredients.com/Research/K-for-Kartilage-New-health-areas-for-vitamin-K

08-07-2018

Per la prima volta i ricercatori hanno identificato un rapporto fra carenza di vitamina D e danno cognitivo, in uno studio su vasta scala nella gente più anziana. Lo studio ha interessato quasi 2.000 adulti anziani sopra i 65 anni. I dati sono inversamente proporzionali: più i livelli di vitamina D erano bassi, maggiori i livelli di danno cognitivo. Quelli con i livelli più bassi di vitamina D avevano più di due volte una probabilità di essere alterati cognitivamente. Un problema da considerare nella gente più anziana è che la capacità della loro pelle di produrre vitamina D dalla luce solare diminuisce con l’invecchiamento.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2009-01/tpco-vl012209.php

http://jgp.sagepub.com/content/early/2008/12/10/0891988708327888.abstract

23-09-2015

L’olivo (Olea europea) appartiene alla famiglia delle Oleacee, che comprende specie vegetali distribuite in tutte le regioni temperate e tropicali del mondo. I principali composti isolati dalle foglie d'olivo sono acidi grassi, triterpeni, acidi fenolici, flavonoidi e iridoidi, tra cui l’oleuropeina, il composto responsabile dei principali effetti farmacologici. L’estratto di foglie d'olivo contiene inoltre numerosi elementi traccia vitali per la salute (selenio, cromo, zinco, ferro, vitamina C, beta-carotene) e numerosi aminoacidi. Isolato nel 1908 da Bourquelot e Vintilesco, l’oleuropeina è il costituente responsabile del tipico aroma pungente e amaro delle olive e dell’olio. L’oleuropeina e i suoi derivati hanno mostrato una varietà di azioni, comprese attività ipotensiva, ipoglicemica, antinfiammatoria e antitrombotica. Gli estratti di foglie d'olivo hanno mostrato in modelli animali anche proprietà antimicrobiche, antiaritmiche, spasmolitiche e diuretiche.

EFFETTI IPOTENSIVI E IPOGLICEMIZZANTI

L'effetto ipotensivo delle foglie d'olivo è stato ben documentato in vivo. Nei più recenti studi è stata confermata un'attività ipotensiva dose-dipendente quando somministrato agli animali. L'azione ipotensiva è di tipo essenzialmente periferico e il meccanismo d'azione sembra essere di tipo vasodilatatorio per effetto calcioantagonista. Uno studio clinico condotto su 30 pazienti con ipertensione essenziale ha mostrato dopo 3 mesi di trattamento un miglioramento statisticamente rilevante della pressione sanguigna nei soggetti che avevano assunto estratto di foglie d'olivo. Il suo principio attivo, l'oleuropeina, presenta anche un'azione blandamente ipoglicemizzante. Studi su modelli animali indicano che l'estratto di foglie d'olivo può indurre il rilascio di insulina e aumentare l'assorbimento periferico di glucosio.

AZIONE ANTIOSSIDANTE

L'oleuropeina è un buon antiossidante che svolge la sua attività in particolare contro superossidi, perossidi idrossilici e lipoidi. Un recente studio ha mostrato che l'estratto di foglie d'olivo può contenere fino a 40 volte i polifenoli totali dell'olio extravergine d'oliva. I flavonoidi più attivi, rutina, catechina e luteolina, esercitano effetti antiossidanti almeno 2,5 volte maggiori di quelli della vitamina C ed E e sono paragonabili, secondo test in vivo, a quelli del licopene.

RIDUZIONE DEL COLESTEROLO.

In un recente studio condotto da ricercatori svizzeri e tedeschi su 20 coppie di gemelli monozigoti, con ipertensione e colesterolo moderati, la somministrazione di estratto secco di foglie d'olivo o un placebo per 8 settimane a dosi di 500 e 1.000 mg, ha dimostrato un'attività anticolesterolemica dose-dipendente, oltre a un'azione ipotensiva. Più specificatamente, l'oleuropeina e uno dei suoi derivati, l'idrossitirosolo, hanno mostrato di inibire la produzione di leucotrieni B-4, coinvolti in numerose risposte infiammatorie. Questi composti sono in grado di prevenire l'ossidazione delle LDL e l'aggregazione piastrinica, inibendo la produzione di lipossigenasi ed eicosanoidi. L'oleuropeina ha mostrato anche effetti antiaritmici e antispasmodici.

AZIONE ANTIMICROBICA

L'oleuropeina ha proprietà antimicrobiche contro una varietà di virus, batteri, lieviti e funghi. In particolare ha mostrato efficacia contro l'Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus, Trichophyton mentagrophytes, Microsporum canis e Candida albicans.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18729245

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16920510

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17873849

19-02-2016

Il potassio è uno dei minerali maggiormente rappresentati nell’organismo umano: il 98% circa di questo elemento è localizzato nelle cellule. Le sue importanti funzioni vanno dalla produzione energetica mitocondriale alla sintesi proteica. Il potassio esercita il controllo sul ritmo cardiaco e sulla tonicità muscolare. Le sue relazioni con il sodio sono molto strette: il potassio aumenta l’escrezione renale di sodio contribuendo alla riduzione della pressione arteriosa; al contrario una perdita di potassio aumenta la ritenzione di sodio, provocando edemi e inibizione dei tessuti. Il deficit di potassio, oltre che da una dieta squilibrata, può essere provocato dall’uso prolungato di diuretici, dal consumo di alimenti salati, da terapie al cortisone e da condizioni cliniche quali diabete, ipertensione, malattie del colon e del fegato e in caso di disturbi quali diarrea e vomito. Anche gli sforzi muscolari tendono a provocare la diminuzione temporanea di potassio. Quando l’eliminazione di potassio aumenta, vi è anche una perdita di magnesio, che viene raramente individuata a livello ematico. Il potassio partecipa alla trasmissione degli impulsi nervosi, alla contrazione muscolare, scheletrica e, soprattutto, cardiaca, alla produzione di energia, alla sintesi degli acidi nucleici, al metabolismo glucidico e all’equilibrio acido-base.

PREVENZIONE E TERAPIA DELL’IPERTENSIONE

Sono numerosi gli studi epidemiologici e clinici che confermano il legame tra apporto di potassio e ipertensione. Infatti, l'incidenza di questo disturbo tra coloro che consumano cibi ricchi di questo minerale, è inferiore a quella registrata tra coloro che ne consumano quantità insufficienti. Incrementare l'apporto di potassio può contribuire a tenere sotto controllo i valori della pressione sanguigna e, in alcuni casi, può aiutare a ridurre il fabbisogno di farmaci ipotensivi. I dati clinici indicano che un buon apporto di potassio produce effetti similari a quelli di un'assunzione ristretta di sale. Pertanto la supplementazione di potassio può essere indicata per i soggetti che trovano difficoltà nel ridurre l'assunzione di sale con la dieta.

PROTEZIONE DALLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Vi sono molti dati relativi a studi in vitro e sugli animali che indicano un'attività protettiva del potassio nei confronti delle malattie cardiovascolari. Sono stati riportati risultati sulla riduzione dei lipidi plasmatici e vascolari, sulla diminuzione dell'aderenza dei macrofagi alle pareti vascolari e della permeabilità endoteliale. Si attendono nuove ricerche che possano approfondire questa attività attribuita al potassio.

RIDUZIONE DEL RISCHIO DI ICTUS CEREBRALE

Anche indipendentemente dal suo effetto antipertensivo, studi epidemiologici suggeriscono una relazione tra basso apporto di potassio con la dieta e maggiore rischio di ictus cerebrale. In uno studio è stato osservato l'effetto di potassio, magnesio, calcio e fibre sul rischio di ictus in 43.738 uomini che partecipavano all'Health Professional Follow-Up Study. Durante 8 anni di follow-up, le ricerche hanno evidenziato che una dieta ricca di potassio e magnesio è in grado di ridurre l'incidenza del rischio di ictus.

PREVENZIONE CRAMPI MUSCOLARI

Il potassio è utile per gli sportivi in caso di sforzi intensi, specie a temperature elevate. La sua carenza, infatti, può comportare disturbi della contrazione muscolare e provocare la comparsa di crampi, debolezza e affaticabilità muscolari.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9743511

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10511389

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10357504

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1440-1681.1996.tb02603.x/abstract;jsessionid=9F1935349FE36FEBDC710B936AA19E23.f03t02

07-07-2018

Il Ginkgo biloba, chiamato anche “albero della vita”, è la pianta più antica presente sulla terra. La sua azione terapeutica è legata alle attività antiossidante e antagonista del fattore attivante le piastrine (PAF), che risultano nell’aumento della microcircolazione e nella riduzione della risposta infiammatoria. Possiamo considerare il ginkgo biloba una valida risorsa terapeutica in tutti i fenomeni di deterioramento delle funzioni cerebrali, nei disturbi del microcircolo e quelli collegati all’aumento dell’aggregazione piastrinica (asma, allergie, ictus, stati infiammatori, vertigini, emicrania, sindrome di Raynaud).

DEMENZE SENILI E MORBO D’ALZHEIMER

La frazione flavonica del ginkgo biloba ha dimostrato in numerosi studi di promuovere il flusso sanguigno, di proteggere contro gli episodi ischemici e l'ipossia e di aumentare l'ossigenazione delle vie metaboliche di produzione di energia nelle cellule nervose. Si sono riscontrati, inoltre, effetti protettivi sulla guaina mielinica e sui sistemi di trasmissione e ricezione cerebrale, oltre a un'attività scavenger dei radicali liberi. Il ginkgo biloba svolge un'azione nutritiva e protettiva sui neuroni corticali cerebrali e ostacola il declino del sistema colinergico, che controlla memoria, attenzione e funzionalità mentale in generale. In alcuni esperimenti ha mostrato attività antidepressiva e psicostimolante a livello cerebrale. Dosaggi tra 40 mg e 160 mg per 12 e 48 settimane in 12.000 pazienti con disturbi della memoria, vertigini e ronzii alle orecchie hanno ottenuto miglioramenti tra il 60 e 75%. In uno studio effettuato su 236 pazienti con 120 mg al giorno di estratto di ginkgo biloba contenente 24% di ginkgo-flavon-glicosidi e 6% di derivati terpenici, durato 52 settimane, è stato osservato un miglioramento nella performance cognitiva e nelle funzioni sociali dei soggetti con morbo di Alzheimer lieve o moderato. In uno studio 216 pazienti con demenza senile e presenile sia di tipo Alzheimer che multi-infartuale sono stati trattati con 240 mg al giorno di estratto di ginkgo biloba per 24 settimane, confermando la sua azione in entrambi i tipi di demenza.

MEMORIA

Migliorando la circolazione a livello cerebrale e promuovendo il metabolismo dei neuroni, il ginkgo biloba è in grado di incrementare prontezza mentale, concentrazione, memoria a breve termine e capacità cognitive. Due studi hanno osservato, contro placebo, gli effetti di 160 mg di estratto di ginkgo biloba o di piracetam, associati a un programma di esercizi per la memoria in pazienti non dementi con problemi di memoria. L'apprendimento migliorava di più con piracetam, l'attenzione e la percezione con il ginkgo biloba.

PROBLEMI CIRCOLATORI

Pianta elettiva per la cura dei disturbi circolatori, il ginkgo biloba svolge benefici effetti nei disturbi di capillari e venule. L'attività circolatoria è rinforzata dall'azione antiossidante, che rappresenta un fattore di prevenzione contro il danno dei radicali liberi. I principi attivi del ginkgo biloba migliorano la circolazione periferica, riducendo la sofferenza tissutale in situazioni di ischemie.

CLAUDICATIO INTERMITTENS.

Da una review di 8 studi su 385 pazienti, utilizzando Medline, Embase, Biosis, Amed e CISCOM, è risultato che l'estratto di ginkgo biloba (120-160 mg per 12-24 settimane) aumenta la distanza di marcia libera, cioè la distanza coperta senza dolore, di una media di 33 metri, rispetto al placebo. In un altro studio l'utilizzo del ginkgo biloba per 6 mesi ha determinato un netto miglioramento contro placebo. Il miglioramento è stato progressivo nelle misurazioni della distanza percorsa su tappeto senza provare dolore all' 8a settimana (19 m), 16a (34 m), 24a (41 m), utilizzando un dosaggio di 40 mg 3 volte al giorno, di estratto standardizzato.

DISFUNZIONE ERETTILE.

Il ginkgo biloba ha mostrato buoni risultati nella disfunzione erettile in pazienti trattati con antidepressivi aumentando flusso sanguigno, microcircolazione, vasodilatazione e rilassamento della muscolatura liscia. Il ginkgo biloba sembra mitigare gli effetti degli SSRIs (inibitori della ricaptazione della serotonina) sulla funzione sessuale.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10411212

http://link.springer.com/article/10.2165%2F00044011-199917040-00006

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14663654

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15970719

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16781604

http://www.webmd.com/multiple-sclerosis/news/20020418/ginkgo-may-boost-mental-function-in-ms

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18305231

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9611693         

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15378664

http://www.allthingsvagina.com/gingko-biloba-female-sexual-dysfunction-caused-by-ssri-use/

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