Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

07-01-2016

La verbena officinalis è una pianta molto utile contro i malanni invernali e i problemi a carico della milza. Questa pianta, che nella medicina popolare è chiamata anche “pianta della milza”, è originaria dell’Europa ed è un rimedio erboristico che ha radici molto lontane. Ha dei fiori di un colore rosa pallido, leggermente profumati ed è molto comune nelle campagne e nei giardini. Le sue proprietà sono varie: è utile come sedativo contro la tosse, come antidolorifico, antinfiammatorio, è un epatoprotettore e un febbrifugo. Utile anche nei casi di sinusite per la sua azione antinfiammatoria. Per uso esterno spesso è adoperata come cicatrizzante ed astringente. La sostanza più importante presente in questa pianta è la verbenalina, dotata di un’azione sedativa e analgesica naturale oltre che antinfiammatoria e digestiva. La tisana ricavata da questa pianta, infatti, è utile sia a rilassare il corpo, che a calmare la tosse. L’effetto sedativo, infatti, si riflette su tutto l’organismo, donando una diffusa tranquillità. Al suo interno sono presenti glucosidi, saponine, flavonoidi, tannini e molte vitamine.
Come accennato, una delle sue proprietà migliori è la capacità di prevenire le congestioni e le patologie a carico della milza. La verbena, infatti, fortifica e potenzia le funzionalità di quest’organo, soprattutto se assunta sotto forma di tisana, da sola o in aggiunta ad altre erbe come la menta o la melissa. Questa sua capacità ha un doppio vantaggio: mantiene in salute la milza, è vero, ma potenzia anche il sistema immunitario. Una milza efficiente, infatti, migliora la produzione di globuli bianchi, necessari a proteggere il corpo dalle infezioni e dallo stress dei cambi stagionali.

Lunedì, 08 Ottobre 2018 11:20

LA VITAMINA PER IL CUORE.

25-09-2016

Si pensa che la vitamina K2 riduca la calcificazione coronarica, diminuendo così il rischio di malattie cardiovascolari. Tuttavia, alcuni studi hanno riportato risultati inconsistenti - forse a causa dei diversi effetti della vitamina K1 (fillochinone) e della vitamina K2 (menachinone o MK). Pochi studi hanno incluso entrambe. Almeno uno studio, tuttavia, ha esaminato l’associazione tra assunzione di fillochinone e menachinone con calcificazione coronarica. Si è constatato che la K2 ha avuto un effetto sulla calcificazione coronarica, mentre la K1 no. Secondo lo studio: “Questo studio dimostra che alte dosi alimentari di menachinone (K2), ma non di fillochinone (K1), sono associate ad una ridotta calcificazione coronarica. Un adeguato apporto di menachinone potrebbe quindi essere importante per prevenire le malattie cardiovascolari”.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18722618

21-04-2016

Il fosforo è un elemento che svolge un ruolo di primaria importanza nei processi metabolici del nostro organismo: in forma di fosfato è uno dei protagonisti indispensabili del processo di mineralizzazione delle ossa delle quali è uno dei componenti principali; in forma di fosfolipidi - fosfatidilcolina o lecitina - è uno dei principali componenti delle membrane cellulari, le quali garantiscono l'integrità della cellula, ne definiscono la struttura e mediano tutti gli eventi che hanno luogo all'interno e all'esterno della cellula. L'integrità dei tessuti, l'elaborazione e la memorizzazione delle informazioni biologiche, la comunicazione cellulare e la produzione di energia sono i processi biologici fondamentali e il fosforo ne è un elemento chiave. Contenuto in molti alimenti, soprattutto in forma di fosfato, il fosforo è di solito presente in quantità sufficiente nei regimi alimentari normali e gli stati carenziali da insufficiente apporto sono quindi poco presenti. Latte e latticini sono gli alimenti che ne sono più ricchi, ma anche carne, pesce, pollame, verdura, uova ecc. ne contengono una certa quantità. Il fosforo è presente nella catena alimentare o in forma di fosfati inorganici o in forma organica (legato al carbonio), come nella lecitina.
Le carenze di fosforo sono rare, ma possono presentarsi e, visto il suo importante ruolo, interessano tutto l'organismo: sintomi delle forme più leggere sono stanchezza, debolezza, ridotta capacità di concentrazione ecc; mentre quelli degli stati carenziali più gravi possono essere convulsioni, coma e, infine, morte. In questi casi è ovviamente richiesto l'intervento del medico. I soggetti che maggiormente rischiano di essere carenti di questo importante minerale sono i diabetici in cura per la chetosi; chi soffre di nefropatie che comportano l'eliminazione di eccessive quantità di fosforo attraverso le urine; chi ha problemi di malassorbimento intestinale (chi è affetto dalla malattia di Crohn, dalla sindrome celiaca, dalla sindrome dell'intestino corto e chi ha subìto danni da radiazioni all'intestino); soggetti fortemente denutriti, gli alcolisti e gli alcolisti che seguono terapie di disintossicazione. Molti antiacidi, prescritti contro l'ulcera peptica e la gastrite contengono magnesio e alluminio che si legano ai fosfati, impedendo all'organismo di assimilarli. Sono stati infatti individuati molti casi di grave carenza di fosforo tra chi usa spesso questi farmaci per periodi compresi tra i 2 e i 12 anni. Particolarmente gravi da questo punto di vista sono le condizioni degli alcolisti che usano antiacidi.

Lunedì, 08 Ottobre 2018 10:50

4 PIANTE PER RISOLVERE I DISTURBI SESSUALI.

08-10-2018

Il calo del desiderio sessuale colpisce un numero di persone sempre più alto. Stress, ansia, depressione e uno stile di vita disordinato sono alcuni fattori che possono influire negativamente sulla produzione di energia dell'organismo, che può avere ripercussioni anche sull'attività sessuale.

- GINSENG COREANO: Numerosi dati clinici indicano il ginseng coreano quale alternativa efficace e non invasiva per il trattamento delle disfunzioni erettili maschili. La somministrazione del fitocomplesso ha mostrato miglioramenti della risposta erettile, del desiderio sessuale e del grado di soddisfazione nei soggetti trattati. In uno studio è stata comparata l'efficacia del ginseng (300 mg al giorno) con un placebo e 25 mg di trazodone (farmaco per le disfunzioni erettili). Il ginseng ha mostrato di essere superiore sia al placebo che al farmaco. In un altro studio l'assunzione di un preparato a base di ginseng ha aumentato il numero di spermatozoi per eiaculazione e i livelli ematici di testosterone.

- MACA: Secondo alcuni esperimenti l'assunzione di maca è in grado di aumentare i livelli di glucosio in animali ipoglicemici a digiuno. Gli alcaloidi contenuti nella maca sembrano agire sull'asse ipotalamo-ipofisi stimolando le ghiandole surrenali, promuovendo la produzione di energia nell'organismo. Il miglioramento delle prestazioni sessuali attribuito alla pianta è dovuto agli steroidi che favoriscono la normalizzazione dei livelli di testosterone e progesterone. Sperimentazioni condotte hanno mostrato un aumento del volume dello sperma e del contenuto medio di spermatozoi negli animali dopo la supplementazione di questa pianta, con un conseguente incremento della fertilità. Altri esperimenti condotti su animali riportano un'attività afrodisiaca della maca che ha provocato l'incremento del numero dei rapporti sessuali e della produzione di spermatozoi. Uno studio pubblicato su Urology indica che l'estratto di maca è in grado di aumentare la libido e la funzione sessuale oltre il 400% e del 250% la biodisponibilità di sperma.

- MUIRA PUAMA: La muira è una pianta originaria dell'Amazzonia utilizzata dagli indigeni per disturbi di varia natura, come tonico e afrodisiaco. Uno studio condotto su soggetti con riduzione della libido e deficit erettile, ha evidenziato il miglioramento della libido nel 62% e nel 51% nel deficit erettile in seguito all'assunzione di muira. In uno studio condotto su 14 volontari di età compresa tra i 25 e i 55 anni, dopo un'ora dalla somministrazione del preparato, alcuni pazienti rilevarono un aumento della rigidità del pene, mentre altri affermarono di aver prolungato la durata dei rapporti. Fu condotto un altro studio su volontari sessualmente sani e volontari abituali consumatori di Viagra. Entrambi i gruppi assunsero per 45 giorni 2 capsule da 800 mg di un preparato a base di muira, associate ad altre 4 capsule un'ora o due prima del rapporto. 13 dei volontari sani risposero positivamente al trattamento, contro 6 su 13 restanti che assumevano Viagra.

- GINKGO BILOBA: Il ginkgo biloba è stato usato e studiato per il trattamento delle disfunzioni sessuali in donne e uomini, mostrando particolare efficacia nelle disfunzioni erettili, per la sua attività vasodilatatrice. In uno studio clinico condotto su pazienti geriatrici con disfunzione sessuale indotta da antidepressivi, la somministrazione di ginkgo biloba (200 mg al giorno) ha mostrato miglioramenti nei parametri di desiderio, eccitazione e orgasmo.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8750052

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16855773

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10736519

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16557462

http://natural-fertility-info.com/muira-puama-shown-to-increase-sexual-function-in-men.html

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9611693

12-10-2018

Il consumo di broccoli potrebbe risanare i danni che il diabete provoca sui vasi sanguigni del cuore. La chiave di tutto è un composto chiamato sulforafano. Il sulforafano stimola la produzione di enzimi che proteggono i vasi sanguigni e riduce il numero di molecole che causano danni alle cellule, conosciuti come radicali liberi dell’ossigeno (ROS), fino al 73 per cento. I malati di diabete hanno cinque volte più probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari come infarto e ictus, entrambi dovuti ai vasi sanguigni danneggiati. Mantenere il cuore sano è estremamente importante in caso di diabete. La malattia cardiaca è realmente la complicanza secondaria più comune di questa patologia e il 65 per cento dei diabetici muoiono per attacco cardiaco o ictus. Se il diabete non è controllato, può danneggiare i vasi sanguigni, compresi quelli cerebrali e cardiaci. Ciò porta alla formazione di placche (anche conosciute come aterosclerosi), che possono rendere difficoltoso il passaggio del sangue attraverso i vasi producendo un aumento della pressione sanguigna.
Come può aiutare il broccolo? Uno dei componenti più potenti del broccolo è il sulforafano. Questa sostanza è in grado di ristabilire la funzione del sistema immunitario durante l’invecchiamento e aumentare la capacità del fegato di disintossicare i residui cancerogeni e i radicali liberi. Tutto ciò, a sua volta, protegge dalle mutazioni cellulari, dal cancro e da altri effetti nocivi. Il sulforafano inoltre protegge il cuore, in due modi:

1. Riduce i livelli delle molecole nocive denominate radicali liberi (ROS).

2. Attiva una proteina denominata nrf2, che attiva gli enzimi antiossidanti e di detossicazione che proteggono le cellule e i tessuti. 

Il broccolo non è l’unica verdura che contiene il sulforafano. La maggior parte dei vegetali della famiglia delle crocifere, di cui ricordiamo rape, cavolo, senape, cavolfiore, ravanelli e molti altri, lo contengono. Se desiderate ottenere ancor più benefici dal broccolo, optate per i germogli. Appena 5 grammi di germogli contengono concentrazioni di glucorafanina (un precursore del sulforafano) analoghe a quelle contenute in 150 grammi di broccolo maturo. Se scegliete di mangiare il broccolo maturo, tenete presente che il modo di cucinarlo può notevolmente alterare il relativo contenuto nutrizionale. Bisogna cuocerlo a vapore pochi minuti. Così la verdura dovrebbe mantenere la maggior parte dei relativi fitonutrienti, mentre una cottura al microonde, ad esempio, potrebbe ridurli del 75-90 per cento. Naturalmente i broccoli possono essere mangiati crudi con la certezza di assumere i relativi fitonutrienti intatti.

 

http://news.bbc.co.uk/2/hi/health/7541639.stm

http://www.sciencedaily.com/releases/2008/08/080825210332.htm

http://www2.warwick.ac.uk/newsandevents/pressreleases/broccoli_could_reverse/

http://diabetes.diabetesjournals.org/content/57/10/2809

http://www.medicalnewstoday.com/articles/117455.php

24-08-2016

Nell'Università della Florida (Stati Uniti) è stato compiuto un interessante esperimento su cavie, cui per un anno è stata somministrata una dieta aterogenica (che provoca arteriosclerosi) ricchissima di grassi saturi, che le ha fatte ammalare di arteriosclerosi. Successivamente, a un gruppo di queste cavie è stata data ogni giorno una piccola quantità di pectina di pompelmo. Nove mesi dopo, il restringimento medio delle arterie di questi animali era del 24%, contro il 45% degli esemplari cui non era stata somministrata la pectina. Altri esperimenti dimostrano che il consumo della pectina del pompelmo in quattro settimane riduce il livello di colesterolo LDL (nocivo) del 10,8%. Per ridurre il colesterolo, gli integratori di pectina sono più efficaci di quelli di cellulosa (la fibra vegetale più comune).

27-06-2015

Ricercatori della Oregon State University hanno scoperto che la carenza di vitamina E può causare danni neurologici che possono essere associati allo sviluppo di patologie come il morbo d’Alzheimer. Lo studio, condotto su animali e pubblicato sul Journal of Lipid Research, è stato cofinanziato dall’Istituto Nazionale per la Salute americano. I ricercatori hanno dimostrato che gli animali nutriti con una dieta povera di vitamina E avevano una riduzione di circa il 30% dei livelli di DHA-PC, importante componente della membrana cellulare del neurone. In particolare, la nuova ricerca ha studiato i livelli dei lisofosfolipidi, composti richiesti per il trasporto del DHA al cervello e che sono fondamentali per la riparazione della membrana cellulare. È stata osservata una riduzione del 60% dei lisofosfolipidi negli animali nutriti con una dieta carente di vitamina E.
Il DHA è un acido grasso della serie omega-3 presente nell’olio di pesce e lo studio ha dimostrato che la vitamina E è necessaria per prevenire la perdita di questa molecola fondamentale per il nostro cervello. Il cervello umano è ricco di DHA, ma l’organismo non è in grado di sintetizzarlo: ha bisogno della presenza dei lisofosfolipidi per veicolare il DHA al cervello. In mancanza di vitamina E si assiste alla riduzione di questi composti, che comporta il rischio di danno della membrana cellulare e di morte neuronale. Altri studi recenti hanno anche osservato nell’uomo che un basso livello di DHA-PC nel sangue è un marker di alto rischio di sviluppare il morbo d’Alzheimer e che la vitamina E potrebbe rallentare la progressione di questa patologia. Secondo i ricercatori, questa potrebbe essere una spiegazione del meccanismo protettivo della vitamina E contro lo sviluppo e la progressione dei danni neurologici.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25855633

07-10-2018

Una dose al giorno di vitamina D toglie il medico di torno. Anzi, di più: la preziosa sostanza prodotta naturalmente dall’organismo come sintesi dell’esposizione alla luce del sole, ma contenuta anche in alimenti come pesce, uova, soia e fegato, diminuisce di quasi la metà i rischi di sviluppare il temibile cancro del pancreas (solo negli Usa, si registrano 30 mila nuovi casi l’anno). La scoperta si deve a uno studio statunitense, pubblicato sulla rivista specializzata "Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention", e realizzato in collaborazione tra ricercatori della Harvard University e della Northwestern University su oltre 120 mila soggetti. Le linee guida degli esperti Usa raccomandano di assumere supplementi che forniscono 400 Unità Internazionali di vitamina D ogni giorno. Le persone che hanno assunto questa dose per anni, spiega il rapporto, hanno evidenziato probabilità di incorrere nel tumore più basse del 43% rispetto alla popolazione in generale. Chi si è limitato a sole 150 Unità Internazionali della vitamina ogni giorno, ha mostrato una diminuzione dei rischi del 22%. Gli studiosi stanno ora cercando di determinare se i salutari effetti della vitamina D in pillole siano uguali a quelli della vitamina assunta direttamente dagli alimenti che la contengono.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2006-09/aafc-vdm090706.php

http://www.sciencedaily.com/releases/2006/09/060912100027.htm

06-10-2018

L’acido lipoico, o acido tiottico, partecipa a importanti reazioni di produzione di energia cellulare dell’organismo. La maggior parte delle sue reazioni metaboliche avvengono nei mitocondri e includono la presenza del lipoato nel ciclo di Krebs come cofattore enzimatico dell’ossidazione dell’acido piruvico e degli aminoacidi ramificati leucina, isoleucina e valina. L’acido lipoico è un antiossidante che possiede caratteristiche uniche. Diversamente dagli altri antiossidanti è una sostanza sia idrosolubile che liposolubile e in tal senso risulta maggiormente efficace nei confronti di una vasta gamma di radicali liberi: superossido, OH-, radicale perossile, ossigeno singoletto. Inoltre, l’acido lipoico ricicla direttamente la vitamina C, indirettamente la vitamina E, aumenta i livelli di glutatione nelle cellule e controlla i processi ossidoriduttivi del coenzima Q. Quando le sostanze antiossidanti neutralizzano i radicali liberi, devono cedere un elettrone, fattore che riduce la durata della loro vita. L’acido lipoico è in grado di ossidarsi donando elettroni alle forme ossidate (inattive) di altri antiossidanti rigenerandoli e rappresenta pertanto un elemento chiave per favorire la massima interazione tra le varie sostanze antiossidanti, aumentando la loro capacità di proteggere le cellule.

ATTIVITA’ ANTIOSSIDANTE

La capacità antiossidante dell’acido lipoico è stata recentemente osservata in uno studio italiano condotto su pazienti sottoposti a ossigenoterapia iperbarica, metodologia impiegata per trattare condizioni patologiche quali ulcere cutanee croniche di origine diversa. L’eccessiva produzione radicalica riscontrata in questi casi può indurre un danno ossidativo a membrane, lipidi e DNA di cellule sane. La supplementazione con acido lipoico ha mostrato di ridurre l’ossidazione sia lipidica sia del DNA dovuta all’esposizione di forti concentrazioni di ossigeno. È stata, inoltre, osservata un’azione modulatrice dei processi infiammatori con l’inibizione dell’IL-6, citochina proinfiammatoria.

MIGLIORAMENTO DEL METABOLISMO DEL GLUCOSIO

L’acido lipoico facilita la produzione di energia cellulare, intervenendo favorevolmente nelle fasi biochimiche del metabolismo glucidico: lavora come coenzima nel catabolismo degli zuccheri, velocizzandone disgregazione e consumo. L’acido lipoico non solo migliora l’efficienza dell’utilizzazione del glucosio a scopo energetico, ma sembra avere anche la capacità di aumentarne il trasporto cellulare in maniera indipendente dall’insulina. In soggetti affetti da diabete moderato è stato visto che l’acido lipoico è in grado di abbassare la glicemia: questa attività di contenimento glicemico è indispensabile per diminuire i danni a carico di diversi organi e apparati. 
A prova di ciò, è interessante notare che in Germania da oltre trent’anni l’acido lipoico viene impiegato per curare gli effetti secondari del diabete (neuropatia diabetica). Gli studi, inoltre, hanno osservato la capacità dell’acido lipoico di ridurre la resistenza all’insulina nel diabete di tipo 2, contrastando la comparsa dei quadri clinici associati (dislipidemie, ipertensione, obesità).

NEUROPATIE DIABETICHE

In una rassegna sono stati esaminati i dati provenienti da 15 trials clinici condotti con differenti schemi per valutare l’efficacia terapeutica dell’acido lipoico nella polineuropatia diabetica. I risultati hanno evidenziato che:

1. Il trattamento a breve termine di 3 settimane con acido lipoico (600 mg/die) sembra ridurre i principali sintomi della polineuropatia diabetica.
2.L’effetto sui sintomi è accompagnato da un miglioramento dei deficit neurologici.
3. L’assunzione orale per 4-7 mesi tende a ridurre i deficit neurologici e migliora la neuropatia cardiaca.
4. Dati preliminari sui primi 2 anni indicano il possibile miglioramento a lungo termine nella conduzione dei nervi motori e sensori degli arti inferiori.

In nessuno studio esaminato sono state osservate particolari reazioni avverse. In un recente trial multicentrico, randomizzato controllato in doppio cieco condotto su 181 pazienti diabetici è stato valutato l’effetto dell’acido lipoico sui sintomi sensori e i deficit neurologici a dosaggi di 600 mg, 1200 mg e 1800 mg/die per 5 settimane. I risultati hanno evidenziato che l’acido alfa-lipoico è in grado di migliorare i sintomi della neuropatia diabetica e che il dosaggio con il migliore rapporto rischi/ benefici migliore è di 600 mg/die.

CATARATTA

L'acido lipoico è in grado di aumentare i livelli di glutatione ridotto e di riciclare la vitamina E e la vitamina C dalle loro forme ossidate. Grazie a questa attività, sperimentata in modelli animali, il suo utilizzo potrebbe avere un valore nutrizionale nella prevenzione della cataratta e in generale nelle patologie della retina (glaucoma).

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17065669

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15950945

15-01-2016

L’artiglio del diavolo, Harpagophytum procumbens, è una pianta largamente utilizzata dalla medicina tradizionale del Sud Africa, dove cresce spontanea nelle savane e nelle foreste decidue. Il suo nome deriva dalla peculiarità dei frutti, che sono ricoperti da numerose appendici che assomigliano ad artigli. Le parti utilizzate, a cui sono attribuite le azioni farmacologiche, sono le radici secondarie essiccate e l’arpagoside, un glicoside iridoide, è considerato il principio attivo più importante e più a lungo studiato. Le ricerche hanno evidenziato attività antiflogistiche e analgesiche utili per il trattamento di affezioni reumatiche, artrosiche e artritiche. Possiamo dunque considerare questa pianta un ottimo coadiuvante nel trattamento delle patologie osteo-artro-muscolari, in grado di alleviare il dolore nei processi infiammatori cronici a carico delle articolazioni. Grazie al potere amaricante e all’attività stomachica, l’artiglio del diavolo, incrementando la produzione di succhi gastrici, trova impiego nell’inappetenza e nella dispepsia.

ATTIVITA’ ANTINFIAMMATORIA, ANTIDOLORIFICA, ANTIREUMATICA

Sono stati effettuati numerosi studi sugli effetti di questa pianta nelle patologie osteoarticolari. Uno studio condotto su pazienti affetti da artosi, poliartrosi e periartrite, ha evidenziato il miglioramento nell'89% dei soggetti con una riduzione del dolore e nell'84% con un miglioramento della mobilità dopo 60 giorni di trattamento con artiglio del diavolo. Un altro studio, randomizzato in doppio cieco effettuato su 118 pazienti sofferenti di lombalgie, ha riportato nel 25% circa dei soggetti la completa remissione del disturbo, mentre nel resto dei partecipanti si è verificata una generale diminuzione del dolore. Dati provenienti da una metanalisi recentemente condotta indicano che l'estratto secco di artiglio del diavolo (600-1.200 mg al giorno) titolato in arpagoside è in grado di ridurre il dolore nell'artrosi con un tasso di efficacia tra il 42 e l'85%, a seconda del tipo di artrosi e della gravità dei sintomi.
In un altro studio in doppio cieco, la somministrazione di 770 mg al giorno di estratto secco standardizzato ha prodotto una consistente riduzione del dolore e il miglioramento della flessibilità articolare in pazienti con dolori articolari. In uno studio in doppio cieco l'artiglio del diavolo è stato comparato con diacereina (farmaco antinfiammatorio utilizzato per il trattamento dell'osteoartrosi). A 122 pazienti con osteoartrosi dell'anca o del ginocchio è stato somministrato l'artiglio del diavolo (6 x 435 mg di estratto secco al giorno) o diacereina (100 mg al giorno) per 4 mesi. I risultati hanno mostrato che l'artiglio del diavolo è efficace quanto la diacereina, secondo i punteggi dell'indice di Lequesne (dolore, disabilità funzionale e ricorso ad antidolorifici), con minori effetti collaterali. In un altro studio 89 soggetti con artrite reumatoide hanno ricevuto artiglio del diavolo per 2 mesi, riportando una significativa riduzione del dolore e un miglioramento della mobilità. Altri studi hanno valutato l'artiglio del diavolo nel trattamento del dolore e della tensione muscolare di spalle, collo o schiena, riportando un'attenuazione del dolore. In una recente rassegna condotta da Cochrane, 2 studi di buona qualità hanno evidenziato la capacità dell'artiglio del diavolo (50-100 mg al giorno di arpagoside) di essere superiore al placebo e di avere la stessa efficacia (60 mg al giorno di estratto secco) di un antinfiammatorio (rofecobix, 12,5 mg) nella lombalgia. In un piccolo studio durato 20 settimane in 46 pazienti affetti da coxartrosi, la somministrazione di artiglio del diavolo ha mostrato la riduzione dei sintomi, diminuendo il dosaggio di ibuprofene.

ARTIGLIO DEL DIAVOLO NELLA DISPEPSIA E INAPPETENZA

I composti amari presenti nell'artiglio del diavolo, fra cui l'arpagogenina, sono responsabili dell'attività positiva a livello gastrointestinale. Stimolando il flusso biliare, svolgono azione coleretica e colagoga, favoriscono il metabolismo epatico, aumentano l'appetito, stimolano la peristalsi intestinale e la secrezione enzimatica digestiva e, di conseguenza, la digestione.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17202897

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18236448

Bonus William Hill
Bonus Ladbrokes

Copyright © 2014-2024 Naturopata Angelo Ortisi - Tutti i diritti riservati.

Powered by Warp Theme Framework
Premium Templates