Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

19-01-2016

L’amla è un frutto davvero importante,considerato addirittura il frutto di lunga vita. Le sue proprietà sono una fonte di vitamine che apportano all’organismo tutto ciò di cui ha maggiormente bisogno. Appartiene al frutto dell’Emblica Officinalis, una delle piante maggiormente utilizzate nel settore della medicina ayurvedica nel ringiovanimento. Infatti questo frutto è un potente mezzo utilizzato contro l’invecchiamento della pelle. Tutto ciò è stato dimostrato da alcuni esperimenti condotti presso l’istituto di Immunologia in Giappone. Questo grazie al suo elevatissimo contenuto di antiossidanti, in particolare la vitamina C la quale è presente nell’amla circa venti volte in più rispetto all’arancia stessa. L’amla è tra i vegetali con il più elevato potere antiossidante, con un ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity) pari a circa 1.770 unità per 100 grammi. Basta pensare che l’ammontare di unità antiossidanti necessarie in un adulto per contrastare i radicali liberi varia tra le 2.000 e le 5000 unità al giorno. Ma vediamo altre importantissime proprietà in modo più approfondito:

- E’ UN POTENTE ANTIDIABETICO: L’amla inibisce l’aldosoreduttasi, un enzima coinvolto nello sviluppo delle complicazioni del diabete, come la cataratta. Inoltre ha un’azione di controllo sulla glicemia, in quanto stimola il pancreas a produrre più insulina. Per ottenere questi effetti, l’amla deve essere assunta quotidianamente e per lunghi periodi ed eventualmente associata alla radice di curcuma.

- ATTIVITA’ ANTIMICROBICA: Possiede attività antivirale, antibatterica e antifungina. Durante l’inverno, assunta con ashwagandha, Withania somnifera, ghee e miele è rinvigorente e previene le affezioni stagionali. Un estratto alcolico ha mostrato una significativa azione inibitrice sulla trascriptasi inversa del virus HIV.

- ATTIVITA’ ANTINFIAMMATORIA: Questa attività è nota da tempo e molto sfruttata nelle medicine tradizionali asiatiche. L’azione antiartritica dell’amla è stata confermata dalla scienza moderna.

- ATTIVITA’ ANTITUSSIGENA: Contro la tosse si è dimostrata più attiva delle molecole sintetiche usate negli sciroppi convenzionali. A livello dell’apparato respiratorio esercita un’azione antinfiammatoria, spasmolitica, antiossidante e mucolitica. Ottima nelle bronchiti croniche.

- ATTIVITA’ IMMUNOMODULANTE: Aumenta l’attività delle cellule NK (Natural Killer) e la risposta cellulare citotossica. Ha mostrato, quindi, attività antitumorale in modelli sperimentali.

- ATTIVITA’ CARDIOPROTETTIVA: Un estratto alcolico è stato studiato nel caso di necrosi del miocardio (modello sperimentale), mostrando un significativo effetto protettivo.

- ATTIVITA’ EPATOPROTETTRICE: Protegge efficacemente le cellule epatiche dalle sostanze tossiche.

- ATTIVITA’ ANTIACIDA E ANTIULCERA: Un decotto di polvere del frutto assunto durante i pasti principali si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi di bruciore gastrico nei pazienti con ipercloridria. Nei pazienti affetti da ulcera duodenale e da dispepsia, l’assunzione di amla ha portato un notevole miglioramento dei sintomi ed una significativa riduzione della secrezione di acidi e di pepsina. Una completa guarigione è stata dimostrata nei pazienti con ulcera duodenale.

Inoltre, l’amla contiene una serie di minerali e vitamine come carotene, fosforo, calcio, ferro, complesso di vitamina B. Il succo di amla dona forza al cuore e ai muscoli, rivelandosi un ottimo rimedio per eventuali problemi cardiovascolari. Contribuisce ad aumentare il conto dei globuli rossi nel sangue e regolarizza l’intestino aiutando in caso di costipazione.

30-10-2018

Milioni di persone soffrono degli effetti dolorosi e inabilitanti dell’artrite reumatoide. Le cause che portano a questa malattia non sono ancora del tutto chiare, ma diversi studi hanno trovato dei collegamenti tra valori bassi di vitamina D e insorgenza della malattia. L’artrite reumatoide è un tipo di malattia che causa un’infiammazione in alcune parti del corpo, soprattutto nelle articolazioni. È stata classificata come una malattia autoimmune, la cui infiammazione cronica delle articolazioni, nel corso del tempo, può portare a dolori forti, danni alle parti colpite e deformazioni. La vitamina D è un elemento essenziale per la buona salute del nostro organismo: svolge un ruolo importante per il funzionamento dei muscoli, del cuore, del cervello. Carenze di questa vitamina possono portare a malattie anche gravi, come malattie cardiache, demenza e anche artrite reumatoide. Oggi vedremo due studi in particolare che collegano la carenza di Vitamina D a una più alta incidenza di casi di artrite reumatoide.
Il primo studio è stato pubblicato sulla rivista Rheumatology. I risultati delle ricerche condotte hanno portato in questo caso a ipotizzare che i livelli di vitamina D sono significativamente associati con l’attività della malattia, i livelli di citochine infiammatorie (piccole proteine), e la perdita di tessuto osseo nei pazienti affetti da artrite reumatoide. Secondo lo studio, sembra che la carenza di vitamina D sia molto frequente nei pazienti affetti da questa malattia e, in più, sembra che possa essere direttamente collegata alla gravità del disturbo. Scienziati, medici e ricercatori non sono riusciti a trovare una risposta definitiva sul motivo per cui la vitamina D svolga un ruolo così importante nel corpo, la cosa certa è che gravi carenze possono comportare gravi problematiche, peggiorando anche la condizione dell’ artrite reumatoide.
Il secondo studio è stato condotto dai ricercatori della Boston University e pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives. I ricercatori sono partiti dall’assunto che la vitamina D è prodotta naturalmente dal nostro corpo quando i raggi UV del sole colpiscono la nostra pelle. Una cosa direttamente collegata al fatto che le persone che vivono in climi più caldi sono maggiormente esposte al sole e produrrebbero più vitamina D. Così, gli studiosi dell’Università di Boston hanno notato che la percentuale di persone che soffrono dei sintomi dell’artrite reumatoide è concentrata soprattutto nella parte nord-orientale degli Stati Uniti, dove appunto è meno esposta al sole rispetto ad altre parti del paese.
Ma come aumentare quindi il quantitativo di vitamina D nel corpo, prevenendo le malattie che possono derivarne? La prima risposta a questa domanda, la più immediata, è quella di aumentare il tempo di esposizione al sole, ovviamente con le opportune precauzioni. Anche assumere dei supplementi potrebbe aiutare. L’importante è non farlo mai di testa propria, senza il parere di un esperto. Buone fonti alimentari di vitamina D sono il pesce e gli oli che esso contiene, le uova, le verdure a foglia verde. Secondo una ricerca condotta qualche anno fa, sembra sia possibile fare il pieno di vitamina D anche con i funghi: basterebbe esporli per 60 minuti al sole prima di consumarli, per fare in modo che essi si arricchiscano di questo componente essenziale.

 

http://rheumatology.oxfordjournals.org/content/47/11/1617.full

http://ehp.niehs.nih.gov/0901861/

Domenica, 28 Ottobre 2018 22:08

IL BORO PUO' SALVARE LE TUE OSSA.

21-02-2016

Il boro è un elemento ultra-traccia presente in piccole quantità sulla crosta terrestre. Il corpo umano ne contiene circa 0.7 ppm (mg/kg), quantità che viene assunta principalmente attraverso il cibo, in quanto si tratta di un elemento necessario nella dieta delle piante, in misura di circa 2 mg/die. Il boro viene rapidamente assorbito a livello gastrointestinale ed è escreto con le urine. Il boro si forma principalmente come acido borico e sali di boro (borace) e gli si riconosce l’importanza di favorire la crescita e lo sviluppo delle piante, delle quali rappresenta un nutriente essenziale. Una fonte particolarmente ricca di questo elemento è il vino, ma si trova in buone concentrazioni anche in mele, avocado, agrumi, pomodori, prugne, soia, miele e datteri.
Il maggior contenuto di boro quindi si trova nei vegetali, tanto che una dieta vegetariana può essere considerata vantaggiosa per l’apporto di questa sostanza. La carenza di boro, secondo recenti ricerche, è associata all’incremento del rischio di demineralizzazione ossea, in particolare nelle donne in post-menopausa. Sembra infatti che la carenza di questo elemento ultra-traccia provochi l’aumento dell’escrezione urinaria di calcio e magnesio e riduca le concentrazioni di estrogeno e testosterone nell’organismo. Sia l’acido borico che la borace sono usati in medicina in certe quantità (ad esempio, nella radioterapia per cattura neutronica del boro-BNCT). La USPA-IRIS (United States Protection Agency – Integrated Risk Information System) nel 2004 ha stabilito che «il boro è essenziale per la nutrizione, come evidenziato dalla dimostrazione che influenza il metabolismo cellulare dei macrominerali a livello della membrana».

DEMINERALIZZAZIONE OSSEA

Il boro influenza l'attività metabolica di Ca, Mg, P e della vitamina D. Questa attività viene regolata dal paratormone (ormone paratiroideo) che consente un assorbimento più rapido a livello intestinale dei nutrienti suddetti assicurandone, in condizioni normali, un contenuto ematico costante. Alcuni ricercatori hanno studiato gli effetti del boro su 12 donne in età compresa fra i 48 e i 52 anni, in fase post-menopausale, controllate per un periodo di 24 settimane. Nel corso delle prime 17 settimane esse furono sottoposte a una dieta priva di boro, mentre nelle rimanenti settimane furono loro somministrati 3 mg al giorno di boro sotto forma di compressa. Dopo solo 8 giorni di assunzione fu rilevata una notevole riduzione dell'eliminazione di calcio e di magnesio e un aumento del 100% della produzione di estrogeno e testosterone in forma attiva. L'incremento di questi ormoni e l'integrazione di boro possono prevenire la demineralizzazione ossea con conseguente osteoporosi, come anche alcune condizioni legate alla sindrome climaterica in menopausa spontanea o chirurgica. In uno studio condotto su 13 soggetti con carenza di vitamina D, la supplementazione di 6 mg al giorno di boro per 60 giorni ha prodotto il 20% di aumento dei livelli nel siero di questa vitamina.

ARTRITE E OSTEOARTRITE

Uno studio comparativo sull’incidenza dell’artrite in vari paesi ha evidenziato che questa patologia è inversamente proporzionale al livello di boro nel suolo. Lo studio ha mostrato che nelle aeree dove l’apporto giornaliero di boro è di 1 mg o meno, la stima dell’incidenza dell’artrite varia dal 20 al 70%, mentre nelle aeree dove l’apporto di boro è di 3-10 mg/die, l’incidenza dell’artrite varia da 0 a 10%. In uno studio in doppio cieco su 20 soggetti con osteoartrite, è stata testata l’efficacia della somministrazione di boro (6 mg/die). Dopo 8 settimane di supplementazione la condizione delle articolazioni di tutti i pazienti mediamente era migliorata e fu riscontrato un minore dolore nel movimento passivo per i soggetti che avevano assunto boro, rispetto a quelli che avevano assunto placebo.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15504575

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12705642

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15665386

29-10-2018

Un’assunzione elevata di spermidina è legata a mortalità più bassa: uno studio prospettico basato sulla popolazione avrebbe dimostrato che questa sostanza, contenuta in molti cibi, avrebbe effetti positivi sulla longevità. Chi mangia più alimenti contenenti spermidina ha un rischio di mortalità uguale a quello di persone di 6 anni più giovani. Lo dimostra uno studio pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition, che ha voluto testare la potenziale associazione tra contenuto di spermidina nella dieta e mortalità negli esseri umani. Già la spermidina aveva dato prova di essere un prezioso e naturale elisir di lunga vita e di essere in grado di proteggere anche il cuore, ora i suoi benefici sono ancora una volta confermati.
Il nome deriva dal fatto che è stata isolata nello sperma umano, ed è una molecola presente in tutti gli esseri viventi, associata alla crescita cellulare e alla sintesi proteica. Può essere sintetizzata dall’organismo o assorbita con il cibo e il suo pregio è quello di attivare l’autofagia, un processo di pulizia e di riciclaggio all'interno della cellula. In questo modo, sarebbe in grado di abbassare la pressione sanguigna, migliorare la funzione del cuore e ridurre il rischio di patologie cardiovascolari. Non solo, molte ricerche hanno dimostrato che la spermidina regola i cicli sonno-veglia, favorendo così il sonno, e previene le allergie alimentari, il cancro e il diabete.
I cibi che contengono più spermidina sono:

• formaggi stagionati (come parmigiano, gorgonzola, gouda, gruviera, brie);
• carne (pollo, manzo e tacchino); 
• salmone; 
• funghi; 
• pere; 
• patate; 
• piselli; 
• broccoli cotti e cavolfiore; 
• frutta secca (soprattutto pistacchi, mandorle e nocciole); 
• semi e prodotti a base di soia fermentata (come miso e natto); 
• legumi; 
• cereali integrali.

Per il nuovo studio di coorte prospettico, sono state coinvolte 829 persone di età compresa tra 45 e 84 anni sottoposte a tre diverse diete con diversi livelli di consumo di spermidina. A ognuno sono stati somministrati questionari alimentari nel 1995, nel 2000, nel 2005 e nel 2010 con follow-up medici corrispondenti. Durante il follow-up tra il 1995 e il 2015, si sono verificati 341 decessi. Ciò che emerso dall’analisi dei risultati è che chi mangia più alimenti contenenti spermidina ha un rischio di mortalità uguale a quello di persone di 6 anni più giovani.

 

https://academic.oup.com/ajcn/article-abstract/108/2/371/5046172

Domenica, 28 Ottobre 2018 22:03

ALCOL: ANCHE POCO AUMENTA IL RISCHIO DI MORTE.

29-10-2018

Bere alcol con moderazione, secondo i livelli stabiliti dalle raccomandazioni internazionali, non sarebbe sufficiente a ridurre il rischio di morte. A rivelarlo è uno studio della Washington University School of Medicine di St. Louis che ha analizzato un totale di 400mila persone dai 18 agli 85 anni. Stando ai dati, bere uno o due bicchieri al giorno 4-5 volte alla settimana ha l’effetto di aumentare del 20% il rischio di morte rispetto a chi è astemio. Solo chi beve soltanto tre bicchieri a settimana mostra lo stesso rischio di chi non beve affatto.
Lo studio smentisce quindi gli esiti di diverse ricerche precedenti, che avevano addirittura ipotizzato un effetto positivo legato a un consumo moderato di alcol, in particolare sulla salute cardiaca. Il nuovo studio segnala invece che ogni livello di consumo si associa a un aumento di rischio di morte ad ogni età, con effetti particolarmente evidenti fra gli anziani. Bere poco alcol aumenta comunque il rischio di insorgenza del cancro, il che annulla gli effetti potenzialmente positivi sulla salute cardiovascolare.

 

https://medicine.wustl.edu/news/even-light-drinking-increases-risk-of-death/

29-10-2018

Bere acqua mentre si mangiano dolci potrebbe far innalzare troppo i livelli di zucchero nel sangue, persino di più se si mangiassero più dolci contemporaneamente senza però sorseggiare nulla. A dirlo sono alcuni scienziati del Suriname, in Sud America, secondo cui l’acqua aiuterebbe il corpo ad assorbire il glucosio dal cibo. Se, dunque, una ricerca ci aveva detto che più si beve meno si mangiano cibi ricchi di zuccheri e grassi saturi, ora il nuovo studio evidenzierebbe piuttosto come il consumo di acqua su dolci (soprattutto ciambella riempite di gelatina) aumenta significativamente i livelli di glicemia postprandiale.
Ma perché i dolci fanno venire sete? Sarebbe proprio il glucosio il responsabile. Quello contenuto nei dolci è in grado di rallentare il tempo impiegato dallo stomaco per svuotarsi: non arrivano liquidi all’intestino, dove possono essere assorbiti, e quindi si sente sete. Ma se si beve comunque la sete non va via: si avrà la sensazione di sete fin quando non finirà il tempo di assorbimento, ossia fino a che l’organismo non avrà utilizzato tutto il glucosio ingerito.
Per questa nuova ricerca, gli studiosi hanno testato i livelli di zucchero nel sangue in un gruppo di 35 persone che hanno mangiato una ciambella con marmellata e bevuto acqua prima, durante o dopo aver mangiato, o non hanno bevuto affatto. Le persone che bevevano insieme allo snack avevano il più alto picco di livelli di glucosio nel sangue: i loro livelli erano infatti aumentati di quasi il doppio rispetto a quelli di altri gruppi. I livelli elevati di zucchero nel sangue sono, lo sappiamo bene, motivo di preoccupazione perché il corpo può diventare desensibilizzato e perdere la capacità di regolare adeguatamente i livelli nel sangue. E tutto ciò può portare al diabete. È per questo che gli scienziati suggeriscono di bere prima o dopo aver mangiato e in generale di evitare di bere nello stesso momento in cui si mangia, al fine di ridurre l’impatto del consumo di zuccheri. Un consiglio importante soprattutto per chi soffre di diabete.

 

https://clinicalnutritionespen.com/article/S2405-4577(18)30375-9/pdf

29-10-2018

A che punto di maturazione va consumata una banana? C’è a chi piace perfettamente gialla, chi scarta le parti marroni tipo i bambini e chi preferisce la banana verde. Quello che non tutti sanno è che ad ogni colore corrisponde un beneficio. Che tipo di colore deve avere, allora, una banana perché risponda alle nostre esigenze? Secondo i benefici che vogliamo ottenere, insomma, dobbiamo consumare una banana piuttosto che un’altra. Sapevate, per esempio, che le banane ben mature sono 8 volte più efficaci quando si tratta di rafforzare il proprio sistema immunitario? Le banane sono tra i frutti più nutrienti che abbiamo a disposizione, caratterizzato soprattutto dal senso di sazietà che conferisce e dall’essere una fonte significativa di potassio. Mangiarne spesso aiuta a mantenerci in salute, perdere peso e migliorare la funzione intestinale. Ma le banane hanno mille altre proprietà. 
Il punto è: di colore devono essere? Il segreto è preferire banane verdi piuttosto che mature o gialle in base alle proprie esigenze ed è importante sapere che il valore nutrizionale delle banane cambia con la maturazione.
Verità di base è che le banane più sono mature, più sono dolci. Questo perché gli enzimi in essi contenuti si convertono in amido e quando il frutto matura, questo amido viene convertito in mono e disaccaridi come saccarosio, glucosio e fruttosio (zuccheri semplici). È proprio quando l’amido si trasforma in zucchero semplice che la banana matura è anche più facile da digerire. Tuttavia, diversi studi hanno scoperto che quando maturano, le banane perdono parte delle loro vitamine e minerali. Di contro, quando la banana è matura, produce anche diversi antiossidanti e proprietà antitumorali, mentre quanto è completamente gialla o presenta macchie scure, produce una sostanza chiamata TNF (fattore di necrosi tumorale), che ha la capacità di combattere le cellule maligne. Pertanto, per la maggior parte delle persone è più conveniente consumare banane quando sono completamente mature, soprattutto ben gialle e con macchie sulla loro pelle. Tuttavia, le persone che soffrono di diabete o sono a rischio o semplicemente vogliono evitare un rapido aumento dei livelli di zucchero, possono includere banane nella loro dieta, ma quando sono ancora verdi.
Nello specifico, è possibile distinguere le diverse esigenze:

- Le banane verdi: sono consumate principalmente per le loro proprietà medicinali. Hanno un basso indice glicemico rispetto a quelli maturi, il che le rende molto più sane rispetto alle banane gialle. Consumare banane con questa “sfumatura” aiuta anche a prevenire le malattie cardiache ed indicato per i pazienti diabetici.

- Le banane gialle: sono decisamente le più belle a vedersi e sono ricche di fibre, potassio, antiossidanti, vitamine come B6 e C, e pectina, che conferisce al frutto la sua forma strutturata e aiuta anche a mantenere l’elasticità della pelle.

- Le banane macchiate: sono ricche di antiossidanti, aiutano a prevenire il bruciore di stomaco e l’indigestione. Inoltre, quando una banana matura il suo contenuto di zucchero e la quantità di sostanze nutritive aumenta, il che rende la banana con le macchie meglio di quella gialla o verde. Queste macchie indicano la presenza di una sostanza che combatte il cancro, oltre a migliorare il sistema immunitario e aiutare il rinnovamento cellulare nel corpo, prevenendo i tumori.

- Le banane marroni: sembrano frutti marci, ma non buttatele via! Queste banane sono molto morbide e hanno benefici per le ossa, i muscoli e per mantenere in equilibrio i livelli di cortisolo (ormone responsabile dello stress). Aiutano anche nella digestione.

Ma quando è meglio non mangiare per niente le banane? Gli esperti raccomandano di non includere le banane dalla dieta quando si soffre di insufficienza epatica o insufficienza renale. In questi casi è meglio consultare il medico prima di consumare banane.

29-10-2018

Il coriandolo (Coriandrum spp.), appartenente alla famiglia delle Ombrellifere, è una pianta presente nel Mediterraneo da tempi antichissimi e che viene utilizzata in cucina come spezia o erba aromatica soprattutto nei paesi orientali, per aromatizzare diversi tipi di pietanze e bevande. Numerose e straordinarie sono le sue proprietà fitoterapiche tra cui spicca quella di aiutare a depurare dai metalli pesanti. Come utilizzare dunque il coriandolo a questo scopo?
Conosciuto anche come “prezzemolo cinese”, il coriandolo è originario dell’Europa meridionale e del Medio Oriente e deve il suo nome dal greco koris "cimice" per via del particolare odore emanato dalla pianta fresca che ricorda, appunto, quello delle cimici verdi. La pianta può arrivare fino ai 70 cm di altezza, i fiori sono rosa-bianchi e riuniti in infiorescenze ad ombrella. In antichità veniva così apprezzato da essere addirittura raffigurato sulle tombe egiziane. I Romani lo utilizzavano moltissimo per conservare i cibi, una volta pestato e miscelato con sale ed aceto. Marco Gavio Apicio, un gastronomo e cuoco romano, aggiungeva il coriandolo in diverse pietanze per esaltarne il sapore. Plinio, uno scrittore romano, ne evidenziava invece le particolari virtù terapeutiche.
Ma questa che può considerarsi una delle più antiche spezie di cui si ha memoria, (presente in alcuni resti archeologici risalenti a più di 7.000 anni fa) fu impiegata in passato anche come pianta medicinale in grado di far sparire il mal di testa e prevenire la febbre. Nel corso degli anni, l’impiego del coriandolo nell’ambiente culinario è venuto purtroppo sempre meno (soprattutto nel mondo occidentale), motivo per cui viene spesso identificato con l’appellativo di “erba dimenticata”. Tuttavia, il settore erboristico riconosce ad oggi diverse proprietà fitoterapiche del coriandolo ritenute benefiche per il nostro organismo in particolar modo quelle detox, in grado di disintossicare il corpo anche dai metalli pesanti come hanno dimostrato diverse ricerche scientifiche e come ha ribadito Dietrich Klinghardt nel suo libro sulla chelazione definendo il coriandolo "l'unico agente efficace nel mobilitare il mercurio immagazzinato nello spazio intracellulare e nel nucleo della cellula"
La capacità di detossificare naturalmente l’organismo dai metalli pesanti del coriandolo è stata ampiamente dimostrato da diverse ricerche che hanno sottolineato la capacità di proteggere l'organismo dallo stress ossidativo indotto da piombo e altri metalli oltre che la loro rimozione dal corpo come sottolinea lo studio condotto dall'Heart Disease Foundation. Per potenziare l’efficacia del coriandolo e favorire la completa espulsione dei metalli pesanti, è bene combinarlo con un altro agente naturale chelante in modo da evitare il processo di re-intossicazione assorbendo le tossine nel tratto intestinale. I due più noti e utilizzati sono la Zeolite e l’alga clorella. Entrambe sono in grado di eliminare i metalli pesanti attraverso l’intestino, una volta che il coriandolo ha provveduto a rimuoverli dai vari tessuti organici. Per quanto riguarda l'alga clorella si consiglia di controllare sempre la provenienza essendo prodotta su larga scala soprattutto in Giappone, nei pressi dell'area di Fukushima.

COME USARE IL CORIANDOLO?

Semi, foglie ed estratto del coriandolo possono essere tutti utilizzati per favorire l’eliminazione dei metalli pesanti dal nostro organismo. In particolare:

• Semi: da utilizzare nelle tisane, zuppe o come spezia (tritati).

• Foglie fresche: da utilizzare come erba aromatica nelle insalate, infusi, creme, pesti o centrifugati.

• Tintura madre: qualche goccia da frizionare sui polsi 2-3 volte al giorno. La posologia dipende dall’indicazione per cui viene somministrata la soluzione. Per i metalli pesanti andrebbe utilizzata una dose maggiore (circa 40 gocce) per via orale poco prima dei pasti. Per un'efficacia maggiore si consiglia di assumere 30 minuti prima dei pasti 1 cucchiaino di zeolite o 2 compresse di clorella. Si consiglia di iniziare il trattamento solo su supervisione di un erborista o naturopata esperto.
Oltre alla tintura, è possibile assumere il coriandolo anche inserendolo nella nostra dieta quotidiana attraverso infusi, tisane e ricette in cui valorizzarne le proprietà. Eccone alcune:

INFUSO AL CORIANDOLO

L’infuso al coriandolo è una manna dal cielo per ripulire e disintossicare il nostro corpo! La ricetta è davvero molto semplice.

Ingredienti:

• 1 mazzetto di foglie di coriandolo.
• Acqua (5 tazze).

Preparazione:

Tagliate i gambi così da poter utilizzare solamente le foglie. Unite le foglie di coriandolo con l’acqua all’interno di una pentola e portate ad ebollizione. Raggiunto il bollore, abbassate la fiamma al minimo e lasciate in infusione per 20 minuti. Trascorso il tempo necessario, versate il tutto in una tazza utilizzando un colino.

PESTO AL CORIANDOLO

La salsa al coriandolo è ideale per accompagnare le insalate di verdure fresche o per condire un piatto di pasta integrale.
Ingredienti:

• 100 g di foglie di coriandolo.
• 150 g di olio evo.
• 40 g di parmigiano.
• 25 g di noci tritate.
• Sale q.b.
• 1 spicchio d’aglio.
• Succo di mezzo limone.

Preparazione:

Mettete in un frullatore tutti gli ingredienti e iniziate a frullare fino a raggiungere la consistenza desiderata. Se necessario versare un filo d’olio. Potete anche conservare il pesto in un vasetto di vetro chiuso ermeticamente avendo cura di riporlo in frigorifero per un massimo di 3-4 giorni.

CREMA AL CORIANDOLO ED AVOCADO

La crema al coriandolo ed avocado senza pomodoro, è una gustosa variante del classico guacamole.

Ingredienti:

• 1 cucchiaio di foglie fresche di coriandolo e qualche rametto.
• 40 g di avocado maturo.
• 300 g di brodo vegetale tiepido.
• 4 cucchiai di olio evo.
• Succo di 1 limone.
• Sale q.b.
• Peperoncino q.b.

Preparazione:

Sbucciate e disossate l’avocado, tagliatelo a pezzetti e frullatelo insieme a tutti gli altri ingredienti. Raggiunta una bella consistenza cremosa potete servire.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19902160

http://www.healingcancernaturally.com/klinghardt-heavymetalchelation.html

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8686573

21-06-2016

I risultati di molti studi sembrano indicare che il rame sia dotato di proprietà anticancerogene: l'integrazione dell'alimentazione di alcuni ratti con questo minerale (acetato di rame) impediva l'insorgere di patologie tumorali nonostante il contatto con sostanze chimiche tossiche, mentre alcuni composti del rame prevenivano l'evoluzione cancerosa delle cellule degli embrioni di pulcini infettate con il virus del Sarcoma di Rous (che provoca in polli, fagiani, anatre ecc., un fibrosarcoma maligno). Quest'ultimo dato è particolarmente interessante perchè i virus ribonucleici simili al Sarcoma di Rous o Sarcoma infettivo dei polli pare possano essere in qualche modo correlati ai tumori che colpiscono l'uomo. Anche nel corso di altri studi si constatò che l'aggiunta di sali di rame alla dieta di alcuni animali preveniva la carcinogenesi: da uno risultò che un derivato del salicilato di rame impediva l'insorgere di condizioni precancerose nei topi neutralizzando i radicali liberi. Finora non è ancora stato dimostrato che il rame sia in grado di prevenire l'insorgere dei tumori anche nell'uomo. Ma, poichè sostanze come la ceruloplasmina e la superossido dismutasi proteggono il nostro organismo dai danni prodotti dai radicali liberi, è poichè questi ultimi sembrano in qualche modo contribuire all'insorgere delle patologie tumorali, saranno certamente condotte ulteriori indagini sulle possibili proprietà anticancerogene del rame.

Sabato, 27 Ottobre 2018 11:14

SEI INCINTA? ASSUMI PIU’ VITAMINA C.

28-10-2018

Assumere poca vitamina C durante la gravidanza potrebbe avere conseguenze negative sullo sviluppo del cervello del feto. Secondo uno studio dell'Università di Copenhagen, carenze anche marginali di vitamina C incidono sull'ippocampo del feto, l'area che gestisce la memoria, diminuendone lo sviluppo del 10-15%. "Normalmente c'è un trasporto selettivo dalla mamma al feto delle sostanze di cui questo ha bisogno in gravidanza, ma in questo caso sembra non essere sufficiente - spiegano gli autori - è importante puntare l'attenzione sul problema soprattutto per chi ha un basso reddito, che spesso ha una dieta povera di vitamine e una probabilità maggiore di fumare, attività che abbassa ulteriormente i livelli di vitamina C nel sangue".

 

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0048488

http://news.ku.dk/all_news/2012/2012.11/foetus-suffers-when-mother-lacks-vitamin-c/

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