Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

22-03-2018

Un consumo rilevante di carotenoidi come luteina e zeaxantina, è associato alla riduzione del rischio di progressione della degenerazione senile della macula. Questi i dati di uno studio condotto su una vasta fetta di popolazione dal dr. Wu e il suo team del Department of Nutrition, Chan School of Public Health, di Boston. I ricercatori hanno analizzato i dati relativi oltre 63mila donne e 39mila uomini dai 50 anni in su, seguiti dal 1984 o 1986 fino al 2010. In tale periodo di tempo il 2.5% dei partecipanti ha sviluppato forme sia intermedie che avanzate di malattie oculari. I risultati hanno evidenziato che le persone che consumavano i maggiori quantitativi di luteina e zeaxantina avevano un rischio minore del 40% di sviluppare la forma avanzata di degenerazione senile della macula, rispetto a quelli che ne consumavano scarse quantità. Anche il consumo di altri carotenoidi, come il beta-carotene, ha mostrato una riduzione del 25-35% della forma avanzata di degenerazione senile.
Luteina e zeaxantina sono carotenoidi ad attività antiossidante che devono essere introdotti con la dieta, perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli e sono presenti in misura predominante nei vegetali a foglia verde (broccoli, spinaci, cavoli e cavoletti di Bruxelles). Questi pigmenti si distribuiscono soprattutto nei tessuti oculari, depositandosi nella retina, in particolare a livello della macula, dove svolgono un’importante azione di difesa. Gli studi indicano la capacità di tali carotenoidi di aumentare la sensibilità al contrasto e di promuovere la funzione visiva, diminuendo i fenomeni di fotofobia e abbagliamento. Luteina e zeaxantina, come tutti i carotenoidi, si depositano in buone concentrazioni anche nella cute dove, grazie all’azione antiossidante, svolgono effetti protettivi contro le infiammazioni dell’epidermide e il photoaging.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26447482

01-05-2015

Il rafano, conosciuto anche come barbaforte e cren, è una pianta erbacea perenne appartenente alle crucifere. Allo stesso tempo, però è anche una pianta medicinale dalle spiccate proprietà antibiotiche e antinfiammatorie. Sembra sia un rimedio naturale potente nel trattamento della sinusite e delle affezioni alle vie respiratorie superiori. Aiuta a combattere il freddo, l’influenza e le infezioni del tratto urinario. La radice di rafano intatta non ha quasi nessun aroma. Una volta tagliata, la fuoriuscita degli enzimi causa la trasformazione in isotiocianato di allile (olio di senape), irritante le mucose dei nasali e per gli occhi. Quindi fate molta attenzione quando lo frullate. Per poter mantenere intatte le sue proprietà, è necessario che il rafano venga utilizzato immediatamente o conservato sotto aceto. Questo alimento possiede un alto contenuto di Vitamina C e B1 e una modesta quantità di olio essenziale. Contiene anche molti minerali essenziali e altre sostanze salutari, tra cui calcio, potassio, magnesio, fosforo, glutammina. La sinigrina, un glucosinolato presente in varie piante della famiglia delle Brassicacea, aiuta contro la ritenzione idrica, migliorando il flusso sanguigno e la circolazione. Come rimedio naturale, trova impiego nel trattamento di reumatismi e affezioni dell’apparato respiratorio. Nella cosmesi naturale, invece, è impiegato come rimedio contro le macchie della pelle. 
Uno studio condotto da un gruppo di scienziati tedeschi nel 2006 ha esaminato l’efficacia del rafano e di altre erbe medicinali, come la radice di nasturzio nel trattamento di sinusite, bronchite e infezioni del tratto urinario. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: uno trattato con un composto a base di erba di nasturzio, radice di rafano e un altro farmaco a base di erbe; l’altro con una terapia antibiotica standard. I risultati hanno suggerito che la terapia a base di erbe era almeno altrettanto efficace del trattamento a base di antibiotici. Inoltre, il trattamento naturale si è rivelato generalmente più sicuro. Il rafano funziona come un blando antibiotico naturale. È utile a espellere il muco e a combattere il raffreddore. Stimola inoltre il flusso di urina e il suo effetto antibiotico si estende alle infezioni del tratto urinario. Ci sono diversi modi per utilizzare il rafano, il migliore è quello di mangiarlo crudo e fresco, grattugiato e mescolato con altri ingredienti come l’aceto di mele. La cottura, infatti, può distruggere alcune delle sue sostanze benefiche. Un altro modo per utilizzarlo è quello di creare la salsa Cren, che si prepara con la radice della pianta, raschiata con un coltello, grattugiata e riposta in un contenitore assieme a del pane grattato, un cucchiaio di olio extravergine di oliva, mezzo bicchiere di aceto di vino bianco, un pò di sale e un cucchiaino di zucchero. Si conserva in frigorifero. Si consiglia di non abusare di questa radice.
Ecco la ricetta di un intruglio utile a liberare le vie respiratorie e combattere il raffreddore. Vi serviranno:

• un pezzo lungo di radice di rafano, circa 15 cm.
• 2 cucchiai di acqua.
• 1 cucchiaio di aceto di mele.
• Un pizzico di sale.

Pelate la radice e tagliatela in piccoli pezzi. Mettetela nel frullatore assieme agli altri ingredienti, fino a che non si creerà un composto liscio. Come detto prima, dovete stare attenti quando frullate o tagliate il rafano e proteggere gli occhi evitando di avvicinarvi troppo. Conservate in un barattolo il composto e prendetene mezzo cucchiaino tre volte al giorno. Il rimedio si manterrà per 4-5 settimane, se conservato in frigorifero.
Potete decidere di utilizzare il rafano anche sotto forma di tè. Vi serviranno:

• 5 grammi di rafano fresco;
• 5 grammi di zenzero fresco;
• 200 ml di acqua bollente.

Lasciate in infusione per 15 minuti. Bevete durante la giornata.
Ricordate: il rafano è controindicato per chi soffre di disturbi gastrici, renali, bruciore di stomaco e ulcere. Da prestare attenzione anche in gravidanza.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16618018

08-01-2016

Utilizzata da 20 anni in Giappone ma vietata negli USA e non autorizzata in Europa, la bacca di questa pianta originaria dell’Africa Occidentale ha la proprietà di rendere dolce e piacevole tutti i cibi aspri e amari, senza contenere zucchero e anzi non attiva l’insulina e quindi è perfetta per i diabetici e per chi è in sovrappeso. Ma negli anni 70 è stata vietata per motivi che risultano poco chiari. E’ stata scoperta all’inizio del ‘700 da un esploratore francese che aveva notato come i nativi dell’Africa occidentale usavano i frutti della Synsepalum dolcificum per condire le loro pietanze. La cosa strana era che le bacche non avevano nessun sapore di per sé, ma quando venivano addizionate a cibi o bevande acide, queste venivano percepite come dolci. In Giappone tutti quelli che vogliono assaporare un pò di dolci rispettando la propria salute sanno dove andare: ci sono molti bar-pasticcerie, come ad esempio il “Miracle Fruit” di Tokio, dove tutte le leccornie offerte lì - compresi torte, gelati, mousse al cioccolato e paste - non contengono neanche un briciolo di zucchero. E infatti, se assaggiati da sé, i «dolci» del Miracle Fruit alla frutta sono acidissimi, e quelli al caffè e al cioccolato molto amari. Ma ecco il trucco: prima dell’abbuffata, si mastica la piccola bacca rossa di Miracolina, un pò simile al frutto della rosa canina, offerta dalla casa. Da quel momento, la lingua avverte tutti i sapori aspri e amari come dolci. Una spremuta di limone o di pompelmo sembrerà una limonata. Un caffè senza zucchero, vi sembrerà zuccherato. Infatti la Miracolina, così è stata chiamata la molecola contenuta nelle bacche del Synsepalum dolcificum, nonostante non abbia praticamente alcun sapore, ha la capacità di rendere dolce i cibi amari e aspri. Riesce ad ingannare i recettori del sapore dolce presenti sulla lingua e fa si che, ad esempio, il pompelmo sembri dolce, con effetti che durano fino a 60 minuti dopo la sua assunzione. Il vantaggio, rispetto agli altri dolcificanti naturali, è che la miracolina è una glicoproteina non metabolizzata con l’azione dell’insulina e quindi rappresenta un’alternativa per i diabetici. Inoltre, non contiene calorie.
A partire dagli anni ’60-’70 è nata una diatriba per la sua commercializzazione, fino a quando l’FDA, l’ente che autorizza e controlla l’uso di cibi e farmaci in America, decise di bandire il frutto dal mercato americano con la motivazione che risultasse nocivo per coloro che soffrono di diabete. Questa pericolosità non è stata mai dimostrata. Ciò che è pericoloso per i diabetici è lo zucchero, che viene messo dappertutto, eppure nessun ente si lamenta, cosa c’è dietro quindi? E’ curioso infatti che mentre vietava la Miracolina, l’FDA stava autorizzando la vendita dell’aspartame, il dolcificante chimico prodotto dal colosso farmaceutico Searle: un business da miliardi di dollari. Per autorizzare l’aspartame ci sono voluti 16 anni, infatti non si riusciva a fargli superare i test e oggi lo si trova in tutti i supermercati, nelle bevande e cibi light e in pseudo-zuccheri commerciati con i nomi Neutrasweet, Sucrase e così via. In Europa leggete bene le etichette: l’aspartame è indicato come additivo E 951. L’aspartame è un comprovato neurotossico. E’ in corso in USA un processo collettivo, su richiesta di migliaia di consumatori, che chiede alla Searle 350 milioni di dollari per i danni causati dall’aspartame. Secondo le accuse, la Searle ha nascosto i danni fisici già evidenti durante le prove cliniche: avrebbe persino asportato i tumori cerebrali che si sviluppavano nei ratti da laboratorio alimentati con aspartame.

DOVE TROVARE LA MIRACOLINA?

Questo frutto cresce con molta difficoltà fuori dal suo ambiente naturale, e la glicoproteina si deteriora rapidamente, impedendone l’esportazione. Cresce solo su suoli acidi, in ambienti tropicali umidi. Per questo in Giappone si vendono i frutti surgelati e anche le pasticche di Miracolina, e sono prodotti molto richiesti e usati da almeno vent’anni. Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Università di Tsukuba è riuscita ad inserire il gene responsabile della produzione della Miracolina nella lattuga, riuscendo così a produrre la glicoproteina al di fuori del frutto originario, aprendo così la strada ad uno sfruttamento commerciale. In Europa la vendita di prodotti a base di questa pianta non è autorizzata ma non ci sono informazioni sulla sua pericolosità per la salute umana. Negli USA è ancora vietata. La stessa cosa è successa alla Stevia, che solo qualche anno fa, dopo decenni di attesa, è stata legalizzata. E’ una pianta scomoda perché è più dolce dello zucchero, non attiva l’insulina e quindi è salutare, non ha calorie e fa addirittura bene ai denti!

Martedì, 06 Novembre 2018 08:54

UNA VITAMINA CHE PUO’ FERMARE L’INFLUENZA.

07-11-2018

Un’altra stagione influenzale è all’inizio, e l’US Center for Disease Control and Prevention (CDC) esorta gli americani a sottoporsi al vaccino antinfluenzale. Ma un recente studio pubblicato negli Archives of Pediatric & Adolescent Medicine, ha scoperto che vaccinare i bambini contro l’influenza sembrava non avere alcun impatto sui ricoveri legati all’influenza o visite mediche durante le ultime due stagioni influenzali. I ricercatori hanno concluso che ”non poteva essere dimostrata una significativa efficacia del vaccino influenzale”. Inoltre, un altro studio ha constatato che il vaccino antinfluenzale non protegge gli anziani contro la polmonite, la prima causa di morte come complicanza dell’influenza. La copertura vaccinale tra gli anziani è aumentato dal 15 per cento del 1980 al 65 per cento ora, ma non c’è stata alcuna diminuzione delle morti per influenza o polmonite.
Vi è una certa evidenza che i vaccini iniettabili dell’influenza causano il morbo di Alzheimer, molto probabilmente come risultato della combinazione di mercurio con l’alluminio e la formaldeide. Il mercurio nei vaccini è stato implicato come causa di autismo. Altre tre gravi reazioni avverse al vaccino antinfluenzale sono le infiammazioni articolari e artrite, shock anafilattico (e altre reazioni allergiche pericolose per la vita), e la sindrome di Guillain-Barré, una malattia autoimmune che provoca paralisi.
Un’ipotesi credibile che spiega la natura stagionale dell’influenza è che l’influenza è una malattia da carenza di vitamina D. I livelli di vitamina D nel sangue calano al loro punto più basso durante la stagione influenzale. Gli studi dimostrano che i bambini con rachitismo, una patologia scheletrica da deficit di vitamina D, soffrono di frequenti infezioni respiratorie, mentre bambini esposti alla luce del sole hanno meno probabilità di sviluppare un raffreddore. L’aumento del numero di morti che si verificano in inverno, in gran parte da polmonite e malattie cardiovascolari, è molto probabilmente dovuto a carenza di vitamina D.

DOSI RACCOMANDATE DI VITAMINA D

Sotto i 5 anni: 35 unità per chilo al giorno.

Dai 5 ai 10 anni: 2500 unità.

Adulti: 5000 unità.

Le donne in gravidanza: 5000 unità.

ATTENZIONE

Non c’è modo di sapere se le raccomandazioni di cui sopra sono corrette. L’unico modo per saperlo è quello di analizzare il vostro sangue. Idealmente il livello ematico di 25(OH)D dovrebbe essere di 60ng/ml. Mai sotto i 45ng/ml.

 

http://www.webmd.com/cold-and-flu/news/20081006/flu-shots-not-so-helpful-for-kids?ecd=wnl_nrn_101508

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed?orig_db=PubMed&cmd=Search&term="Archives+of+pediatrics+%26+adolescent+medicine"%5BJour%5D+AND+2008%2F10%5Bpdat%5D+AND+Szilagyi%5Bauthor%5D

Martedì, 06 Novembre 2018 08:48

UNA CARENZA DI MANGANESE CAUSA OSTEOARTRITE.

13-07-2016

Negli animali carenti di manganese sono state rilevate evidenti anomalie della struttura scheletrica: causa ne è ritenuta la sintesi di un'insufficiente quantità di mucopolisaccaridi, che costituiscono la matrice delle cartilagini all'estremità delle ossa (in cui ha luogo il processo di crescita), per la quale, almeno negli animali è necessaria un'adeguata quantità di manganese. Un ricercatore ipotizzò alcuni anni fa che questo elemento potesse essere utile nella terapia dell'osteoartrite, una patologia infiammatoria caratterizzata dalla degenerazione e assottigliamento delle cartilagini articolari e dalla formazione di protuberanze ossee (iperostosi) nei capi articolari. Se, infatti, interviene nella sintesi dei mucopolisaccaridi, questo elemento potrebbe stimolare la riproduzione delle cartilagini degenerate. Recentemente, inoltre, si è constatato che il sangue di alcune donne ammalate di osteoporosi presenta concentrazioni di manganese inferiori alla norma.

Martedì, 06 Novembre 2018 08:46

TRIFOGLIO ROSSO PER IL BENESSERE FEMMINILE.

17-02-2016

Il trifoglio rosso, Trifolium pratense, è una pianta perenne molto diffusa e coltivata come erba da foraggio. Tradizionalmente utilizzato per trattare disturbi cutanei quali psoriasi ed eczema, pertosse e mastite, negli ultimi anni ha destato interesse per il suo contenuto in una classe di fitoestrogeni, gli isoflavoni. Soia e trifoglio rosso sono una ricca fonte di isoflavoni, un sottogruppo di fitoestrogeni che include daidzeina, formononetina (precursore della daidzeina), genisteina e biocanina (precursore della genisteina). L’azione di tali composti risulta protettiva in particolare sui disturbi associati a menopausa, osteoporosi, dislipidemie e disturbi cardiovascolari e sviluppo di alcuni tipi di tumore ormono-dipendenti. L’estratto di trifoglio rosso ha mostrato effetti neuroprotettivi in neuroni corticali umani e la capacità di ridurre l’invecchiamento cutaneo mediante l’aumento delle concentrazioni di collagene. Secondo recenti studi, il Trifolium pratense mostra un’attività protettiva contro l’ipertrofia prostatica.

MENOPAUSA

Recentemente sono stati valutati gli effetti della supplementazione di isoflavoni del trifoglio rosso sulla frequenza delle vampate di calore nelle donne in menopausa. I ricercatori che hanno raccolto i dati di una rassegna di studi hanno concluso che le preparazioni a base di isoflavoni di trifoglio (40-80 mg/die) sono efficaci nel trattamento delle vampate di calore nelle donne in menopausa. In uno studio in doppio cieco randomizzato di 16 settimane, sono state selezionate 30 donne sane non vegetariane in postmenopausa da almeno un anno. Le donne hanno ricevuto 40 mg di isoflavoni standardizzati (genisteina, daidzeina, formononetina e biocanina) o un placebo. Al termine dello studio nelle donne che avevano assunto gli isoflavoni è stata osservata la riduzione della frequenza e intensità delle vampate di calore.

PROTEZIONE CARDIOVASCOLARE

Studi epidemiologici in modelli animali e sull'uomo indicano che gli isoflavoni possono ridurre la pressione del sangue, migliorare il profilo lipidico e la funzione vascolare. Un sondaggio sulle abitudini alimentari di 180 donne in menopausa almeno da 20 anni ha evidenziato che la riduzione del consumo di isoflavonoidi è associata al peggioramento della velocità dell'onda pulsatoria, un indice di durezza arteriosa. In uno studio australiano, la somministrazione di isoflavoni del trifoglio rosso ha migliorato del 23% rispetto al placebo la compliance arteriosa, indice di elasticità delle grandi arterie, che costituisce un importante fattore di rischio cardiovascolare. In uno studio in doppio cieco randomizzato su 80 volontari (uomini di mezz'età e donne in età postmenopausale) la somministrazione di 40 mg al giorno di isoflavoni da trifoglio rosso titolati in biocanina, per 6 settimane, ha provocato una significativa riduzione del colesterolo LDL. In questi soggetti è stata inoltre osservata una significativa riduzione della rigidità arteriosa, azione attribuita in particolare alla formononetina. Un estratto di trifoglio rosso ha mostrato di migliorare i livelli di colesterolo HDL in donne in postmenopausa. Nello studio, 50 donne (50-64 anni), sono state divise a ricevere 25, 50 o 75 mg di trifoglio. Le donne che avevano assunto 50 mg hanno mostrato il maggiore aumento del colesterolo HDL. In un altro studio sono state arruolate 40 persone con ipercolesterolemia lieve somministrando loro 26 mg di isoflavoni da trifoglio rosso o un placebo. I soggetti che avevano assunto trifoglio hanno avuto un miglioramento nel colesterolo totale e un aumento importante nel colesterolo HDL.

OSTEOPOROSI

Similmente alla soia, il trifoglio rosso in alcuni studi clinici ha mostrato un modesto effetto di miglioramento della densità minerale ossea (BMD), rispetto al placebo. In uno studio, mentre tutte le donne perdevano BMD, quelle che assumevano trifoglio rosso ne perdevano molto meno rispetto al placebo. Gli Autori hanno notato che non c’erano differenze nella densità mammografica tra i due gruppi. In un altro studio, le donne del gruppo del trifoglio hanno mostrato un incremento della densità minerale ossea nell’articolazione radio-ulnare prossimale.

ATTIVAZIONE DELLA SINTESI DI NO

Il Trifolium pratense in recenti studi ha mostrato di attivare la sintesi di ossido nitrico (NO), con tutti i risvolti positivi che questo implica (miglioramento della difesa immunitaria, cardioprotezione, aumento della risposta erettile e della massa muscolare).

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16645539

15-10-2015

Bere succo d’arancia come aiuto per restare svegli al posto del caffè. Questo quanto hanno affermato i ricercatori della Reading University, secondo i quali addirittura un bicchiere di tale fresca bevanda naturale aiuterebbe anche a migliorare la concentrazione e la reattività. In base ai dati ottenuti dallo studio, condotto su 24 giovani uomini, il miglioramento delle prestazioni cognitive dovuto al consumo di succo d’arancia avrebbe la durata di sei ore. Questo quanto riportato dai ricercatori sulla rivista scientifica European Journal of Nutrition.
Due le giornate di test alle quali sono stati sottoposti i ragazzi impegnati nello studio. Durante la prima giornata hanno ricevuto un bicchiere di succo d’arancia prima di cominciare le verifiche, mentre il secondo giorno la bevanda fornita era semplice acqua con aromi tali che la rendessero simile per aspetto e sapore al succo d’arancia. In base ai dati raccolti i partecipanti hanno mostrato prestazioni migliori nella velocità di esecuzione e nell’attenzione durante la giornata in cui è stato somministrato loro del succo d’arancia. Tra i vari benefici offerti dalla bevanda, spiegano i ricercatori, anche il miglioramento del flusso sanguigno nel cervello e un più rapido scambio di informazioni tra le cellule cerebrali.
Utili per produrre gli effetti descritti sono 240 ml, circa un bicchiere solitamente utilizzato a tavola per l’acqua. Come ha spiegato uno dei ricercatori impegnati nello studio, Daniel Lamport: “Funzioni cognitive e reattività sono state migliorate in maniera significativa fino a sei ore dopo che è stato somministrato il succo d’arancia. Mangiare o bere frutti ricchi di flavonoidi potrebbe essere un ottimo tonico per la mattina, che ci aiuti a mantenere reattività e concentrazione in classe o al lavoro”.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-3255111/Feeling-tired-Forget-coffee-glass-ORANGE-JUICE-Drink-shown-boost-alertness-concentration.html

Domenica, 04 Novembre 2018 08:38

CRAMPI MUSCOLARI E PICNOGENOLO.

03-03-2016

Una review a opera di Rohdewald, pubblicata sul numero di aprile 2002 dell’International Journal of Pharmacology and Therapeutics, ha evidenziato come il picnogenolo sia un agente efficace nel prevenire o trattare un’ampia gamma di problematiche, quali bruciature, asma, lupus eritematoso sistemico e, probabilmente, ipertensione e problematiche cardiovascolari. Si suggeriva anche l’uso del picnogenolo per migliorare la sintomatologia premestruale, compresi i crampi addominali. Un altro studio pubblicato su Angiology ha esaminato l’efficacia del picnogenolo per ridurre i crampi ed il dolore muscolare a riposo, prima e dopo l’attività fisica, sia in pazienti con problematiche vascolari sia in atleti sani. Lo studio è stato diviso in 2 parti. La prima parte (4 settimane) è stata uno studio aperto, a cui hanno partecipato 22 pazienti sani, 21 pazienti con insufficienza venosa e 23 atleti (ugualmente divisi tra donne e uomini e tutti con problemi di crampi). Tutti hanno ricevuto una dose di 50 mg di picnogenolo 4 volte/die e la raccomandazione di bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Il risultato è stato una diminuzione del numero di crampi dopo 4 settimane di trattamento, persistita fino a una settimana dopo il termine dello studio.
La seconda parte dello studio è stata un test placebo controllato con 100 mg di picnogenolo 2 volte/die. A questo studio hanno partecipato 25 pazienti con claudicazione intermittente e 22 con microangiopatia e neuropatia diabetica. Anche qui, la durata dello studio è stata di 4 settimane e gli indicatori di risultato sono stati frequenza e gravità dei crampi. Mentre le misure di dolore e crampi muscolari sono rimasti stabili nel gruppo placebo, questi valori sono significativamente migliorati nel gruppo trattato e rimasti tali per almeno una settimana dalla conclusione dello studio. Non ci sono stati effetti collaterali avversi associati al trattamento. Il dr. Rohdewald spiega che il picnogenolo migliora l’affluenza del sangue al tessuto muscolare (probabilmente influenzando l’attività dell’ossido nitrico), creando un effetto di sollievo dai crampi e dal dolore muscolare.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16703193

04-07-2016

Le diete ricche di potassio contribuiscono a prevenire i colpi apoplettici con esito fatale: è la conclusione a cui è giunto uno studio sugli abitanti di una ricca località della California meridionale. Dopo aver registrato le abitudini alimentari degli 859 uomini e donne di età compresa tra i 50 e i 79 anni che vi parteciparono e aver stabilito quali sostanze nutritive fossero contenute nei cibi da loro consumati, gli autori seguirono da vicino le loro vicissitudini per ben 12 anni. In questo lasso di tempo degli 859 soggetti ne morirono di colpo apoplettico 24, che avevano seguito diete più povere di potassio rispetto a coloro che erano ancora in vita o che erano deceduti per cause diverse dal colpo apoplettico. L'ipertensione è ritenuta il fattore che maggiormente aumenta le probabilità che si verifichi questo fatale evento: in questo studio, però, il rapporto tra apporto di potassio e incidenza dei colpi apoplettici non sembrava dipendere da fattori negativi quali ipertensione, obesità, ipercolesterolemia, fumo, iperglicemia e consumo di alcolici o da fattori positivi quali l'apporto di magnesio, di calcio, il consumo di fibre e la limitazione dell'apporto di sodio. Dai risultati di questi 12 anni di osservazioni e analisi si dedusse che l'apporto di potassio è un fattore di rischio indipendente: un apporto elevato riduce il rischio, mentre un apporto ridotto aumenta il rischio. Si è constatato che anche una sola porzione di frutta fresca o di verdura cruda (ricche di potassio) al giorno riduce del 40% il rischio di colpo apoplettico.

Sabato, 03 Novembre 2018 09:00

COMBATTERE LA CATARATTA CON LA VITAMINA E.

29-07-2015

Anche se spesso non vi badiamo, le vitamine sono degli elementi fondamentali per il nostro benessere e, soprattutto, funzionano come delle medicine naturali che ci aiutano a contrastare malattie e disturbi. In questo senso, rappresentano una fonte inesauribile: ogni giorno una nuova scoperta scientifica ci parla delle loro proprietà. Da qualche tempo, i ricercatori cinesi del Dipartimento di Epidemiologia e Statistiche della Salute della Qingdao University stanno studiando gli effetti benefici della vitamina E sulla salute dei nostri occhi e in particolare sulla sua capacità di prevenire condizioni degenerative come la cataratta. Pubblicata sulla rivista Public Health Nutrition, la ricerca ha messo insieme i risultati di 27 indagini precedenti, su un campione complessivo di circa 245.000 persone. Dagli studi è emerso che l’assimilazione corretta e adeguata di vitamina E ha un effetto protettivo per gli occhi: in particolare, il rischio di cataratta sarebbe ridotto del 27 per cento. Uno degli autori della ricerca, Yufei Zhang, ha spiegato: “I risultati del nostro studio hanno importanti implicazioni cliniche e sanitarie per quanto riguarda la prevenzione della cataratta legata all’età. Una diminuzione statisticamente significativa del rischio di svilupparla è stata evidenziata con un sempre maggiore apporto dietetico di vitamina E, a partire da 7 mg al giorno”.
L’assunzione regolare di vitamina E aiuta a prevenire anche altri disturbi e problemi di salute. È particolarmente indicata durante la crescita e lo sviluppo dei bambini e delle madri in periodo di gestazione e allattamento, dal momento che costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso negli embrioni. La carenza di questa vitamina è stata collegata in altri studi all’aumento di infezioni, anemie e disturbi della crescita, soprattutto a livello neurologico. Allo stesso tempo, questa sostanza aiuterebbe a rallentare la progressione dell’Alzheimer. Malgrado sia così importante, spesso non vi prestiamo molta attenzione. Maret Traber, professore del Collegio di Sanità Pubblica e Scienze Umane alla Oregon State University, ha spiegato: “Molte persone credono che la carenza di vitamina E non succeda mai. Questo non è vero. Succede con una frequenza allarmante sia negli Stati Uniti che in tutto il mondo. Ma alcuni dei sintomi di un apporto inadeguato sono meno evidenti, come ad esempio il suo impatto sul sistema nervoso e lo sviluppo del cervello, o la resistenza generale alle infezioni”.
Per evitare di incorrere in questo tipo di problemi, è bene quindi assumere una quantità adeguata di vitamina E (a seconda delle varie legislazioni vigenti, la dose giornaliera consigliata si aggira tra i 10 e i 15 mg). Per farlo possiamo ricorrere ai buoni prodotti della terra: verdure come gli spinaci, i broccoli e la bietola; frutta fresca e secca, soprattutto avocado, mandorle, noci e nocciole; i cereali integrali e gli oli vegetali. Gli spinaci, in particolare, sono un elemento molto importante per la salute degli occhi: la luteina, contenuta in buona quantità nelle sue foglie, penetra nel sangue e si deposita nella retina, prevenendo la degenerazione maculare, il glaucoma e la cataratta. Le noci, invece, oltre a essere ricche di vitamina E, contengono un buon quantitativo di acidi grassi omega-3, che proteggono e mantengono in salute il nostro cuore. Bisogna fare attenzione ad assumere tale vitamina quando si è in cura con farmaci anticoagulanti: in questo caso, è meglio contattare uno specialista.

 

http://journals.cambridge.org/action/displayAbstract?fromPage=online&aid=9521166&fulltextType=RV&fileId=S1368980014003115

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