Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

23-02-2018

L’assunzione di acidi grassi omega-3, come parte di una dieta sana con abbondanza di fibre e di alimenti probiotici, può migliorare la diversità del microbioma intestinale secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università di Nottingham e del King’s College London. Il gruppo di scienziati, che comprende esperti della Scuola di Medicina a Nottingham, ha esaminato il microbioma intestinale di una grande coorte di donne di mezza età e anziane. I ricercatori hanno testato la diversità e l’abbondanza di batteri “buoni” nell’intestino, in relazione all’assunzione di acidi grassi omega-3 presenti nell’olio di pesce.
Lo studio, pubblicato in Scientific Reports, ha rilevato che le donne che avevano un aumento dei livelli di acidi grassi omega-3 nel siero, avevano una microbioma intestinale più diversificato. Un microbioma più diversificato è associato ad una serie di benefici per la salute, incluso minor rischio di diabete, obesità e malattie infiammatorie dell’intestino come la colite o il morbo di Crohn.
La Prof.ssa Ana Valdes, affiliata al Centro di ricerca biomedica di Nottingham, ha dichiarato: “L’intestino umano riceve molta attenzione nella ricerca medica in quanto è sempre più collegato alla nostra salute. I nostri sistemi digestivi ospitano trilioni di microbi, la maggior parte dei quali sono vantaggiosi in quanto svolgono un ruolo vitale nella nostra digestione, nel sistema immunitario e regolano anche il nostro peso. Il nostro studio ha esaminato la relazione tra acidi grassi omega-3 e la composizione del microbioma intestinale. Una coorte di 876 donne volontarie era stata precedentemente utilizzata per indagare il contributo genetico umano al microbioma intestinale rispetto al peso e la malattia. Abbiamo esaminato l’assunzione di questi acidi grassi omega-3 usando questionari di frequenza alimentare e abbiamo trovato che questi dati, insieme ai livelli nel siero di acidi grassi omega-3, erano associati alla diversità e al numero di specie batteriche sane nell’intestino“. La Dr.ssa Cristina Menni, del King’s College London, ha aggiunto: “Abbiamo anche scoperto che batteri specifici che sono stati collegati a minore infiammazione e rischio di obesità, sono aumentati nelle persone che hanno una maggiore assunzione di acidi grassi omega-3. Elevati livelli di omega-3 nel sangue sono correlati anche ad alti livelli di un composto chiamato N-carbamilglutammato (NCG) che ha dimostrato negli animali, di ridurre lo stress ossidativo nell’intestino. Crediamo che alcuni dei buoni effetti degli omega-3 nell’intestino possono essere dovuti al fatto che essi inducono i batteri a produrre questa sostanza“.
La ricerca più recente ha osservato effetti positivi degli acidi grassi omega-3 sulla resistenza all’insulina nel diabete, ipertensione, artrite, trombosi (coaguli di sangue), alcuni tumori e declino cognitivo. Questo nuovo studio ha aggiunto una evidenza al crescente numero di prove globali che suggeriscono che gli acidi grassi omega-3 sembrano migliorare il microbioma intestinale sia nella sua diversità che nella sua composizione.

 

https://www.nature.com/articles/s41598-017-10382-2

Venerdì, 23 Febbraio 2018 05:38

I TATUAGGI ALTERANO IL SISTEMA IMMUNITARIO.

23-02-2018

Tatuaggi e pelle. Prima regola fondamentale è seguire rigide norme igieniche. Ma pare non basti: l’inchiostro, infatti, sarebbe il nemico da sconfiggere, capace com’è, dicono gli ultimi studi, di liberare minuscole particelle e arrivare nel sangue. L’allarme arriva da un gruppo di studiosi dell’Istituto Federale tedesco per la valutazione dei rischi (ESRF), i quali, utilizzando uno dei più potenti microscopi al mondo, la luce di sincrotrone, hanno osservato particelle delle dimensioni di un milionesimo di millimetro.
La ricerca, pubblicata su Scientific Reports e coordinata da Ines Schreiver, è arrivata alla conclusione che queste microparticelle viaggiano fino a raggiungere i linfonodi, le cosiddette “sentinelle” del sistema immunitario. Quali siano le conseguenze sulla salute, tranne un rigonfiamento cronico dei linfonodi, per ora non è dato saperlo, quel che è certo è che “quando qualcuno vuole farsi un tatuaggio è molto attento a rivolgersi a centri che utilizzano aghi sterili. Tuttavia nessuno controlla la composizione chimica dei colori, bisognerebbe farlo e adesso ne dimostriamo il motivo”, ha dichiarato Hiram Castillo, del Centro europeo per la luce di sincrotrone ESFR (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble.
Poco si sa, quindi, sulle potenziali impurità della miscela di colore applicata sulla pelle. La maggior parte degli inchiostri del tatuaggio contengono pigmenti organici, ma includono anche conservanti e contaminanti come il nichel, il cromo, il manganese o il cobalto. Oltre al nero del carbonio, il secondo ingrediente più comunemente utilizzato negli inchiostri del tatuaggio è il biossido di titanio (TiO2), un pigmento bianco normalmente applicato per creare certe tonalità quando mescolato con i coloranti. La guarigione ritardata, insieme all'elevazione della pelle e al prurito, è spesso associata a tatuaggi bianchi e per effetto dell'uso di TiO2. Il TiO2 è generalmente usato anche negli additivi alimentari, negli schermi solari e nelle vernici.
Se finora i pericoli che possono derivare dai tatuaggi erano stati studiati solo con l’analisi chimica degli inchiostri e dei loro prodotti di degradazione in vitro, ora gli scienziati dell’ESRF, dell'Università di Ludwig-Maximilians e dellla Physikalisch-Technische Bundesanstalt sono riusciti a ottenere un’immagine molto chiara sulla posizione del biossido di titanio una volta entrato nel tessuto epidermico e ad arrivare a più importanti conclusioni: “quello che non sapevamo - spiega Bernhard Hesse, autore dello studio - è che i pigmenti migrano in una forma nano, il che implica che non possano avere lo stesso comportamento delle particelle a livello micro. È questo il problema: non sappiamo come reagiscono le nanoparticelle”.
Complessivamente, insomma, gli scienziati hanno riportato forti evidenze sia per la migrazione che per la deposizione a lungo termine di elementi tossici nel sangue, il prossimo passo sarà quello di ispezionare ulteriori campioni di pazienti con effetti negativi derivanti dai loro tatuaggi per trovare collegamenti con proprietà chimiche e strutturali dei pigmenti utilizzati per creare queste colorazioni. Intanto, se avete intenzione di tatuarvi, pensateci ancora una volta.

 

https://www.nature.com/articles/s41598-017-11721-z

http://www.esrf.eu/home/news/general/content-news/general/scientists-find-that-nanoparticles-from-tattoos-travel-inside-the-body.html

23-02-2018

Avete mai pensato alla possibilità di essere “aggrediti” durante la notte da cimici dei letti? No, non stiamo parlando di quelle posizionate dai servizi segreti, ma di alcuni insetti che si nutrono delle cellule e del sangue umano. Beh, forse non lo sapete, ma sono meno rare di quanto possiate pensare. Le cimici dei letti sono degli insetti di colore marroncino-rossiccio, appartenenti alla famiglia delle “cimidae”. Come dicevo, si nutrono di sangue umano o animale. Si attaccano per 5-10 minuti e, dopo aver finito il loro pasto, depongono le uova che si schiuderanno una decina di giorni dopo. Possiamo incontrali quando pernottiamo lontano da casa, ad esempio in alberghi e ostelli, ma anche nei mezzi pubblici. Amano nascondersi tra le doghe, le cuciture dei materassi e i telai. Ma come difenderci da questi insetti?
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Medical Entmology, e condotto dalla dottoressa Corraine McNeill, è possibile allontanare le cimici dei letti con i colori. Sembra infatti che questi insetti amino il nero e il rosso, odiando invece il giallo e il verde. Per arrivare a questa conclusione, gli scienziati hanno condotto un esperimento in laboratorio, osservando il loro comportamento di fronte a rifugi di colore diverso. Non si sa ancora bene perché le cimici si comportino in questo modo, prediligendo alcuni colori invece di altri, ma le ipotesi più accreditate è che la scelta sia legata all’istinto di sopravvivenza: “All’inizio del nostro studio – dichiarala dottoressa McNeill - ci eravamo convinti che la predilezione del rosso fosse legata al colore del sangue che è l’alimento che le tiene in vita. In realtà è molto più probabile che l’inclinazione sia dovuta alla tinta dell’animale stesso che tende a cercare i suoi simili e ad aggregarsi a loro. Giallo e verde, colori molto brillanti, ricorderebbero inoltre un ambiente naturale esposto e quindi poco adatto alla sopravvivenza. L’avere individuato questo particolare potrebbe fornire non soltanto la possibilità di creare trappole adatte alla cattura degli insetti infestanti, ma anche rendere più difficile il loro insediamento all’interno dei tessuti dai colori «respingenti»”. Meglio quindi scegliere lenzuola gialle e verdi, evitando accuratamente il rosso e il nero.

 

https://academic.oup.com/jme/article/53/4/760/2222318

23-02-2018

Le cause di menopausa precoce sono state evidenziate in uno studio condotto dalla Washington University di St. Louis e pubblicato sulla rivista Plos One. Che molti dei cosmetici presenti in commercio contengano sostanze nocive alla salute è ormai una cosa risaputa. Che queste sostanze possano anticipare la menopausa un pò meno, eppure a quanto pare questo rischio sarebbe concreto. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori di St. Louis che ha esaminato i livelli del sangue e delle urine di oltre 31 mila persone, tra cui 1.442 donne in menopausa. Lo studio ha misurato la presenza e i livelli di 11 sostanze chimiche, sospettate di interferire con la normale produzione e distribuzione di ormoni nel corpo.
Mentre diversi piccoli studi condotti in precedenza hanno analizzato il legame tra le cosiddette sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino e la menopausa, questa ricerca è la prima a esplorare l’associazione su larga scala, utilizzando un campione rappresentativo di tutto il Regno Unito, mettendo in correlazione le varie cause menopausa precoce. L’indagine ha infatti incluso i dati ottenuti dalle analisi di 31.575 donne, con un’età media di 61 anni, nessuna delle quali era stata sottoposta a terapie ormonali o a interventi chirurgici con esportazione di ovaie. Ogni due anni, dal 1999 al 2008, le volontarie hanno risposto a questionari e si sono sottoposte ad analisi di sangue e urine. Grazie ai dati raccolti, gli studiosi hanno individuato 15 sostanze che possono essere maggiormente identificate come cause di menopausa precoce: nove policlorobifenili (PCB), tre pesticidi, due ftalati e una sostanza chiamata “furano”. Le donne che hanno registrato livelli più elevati di queste sostanze nell’organismo sono giunte alla menopausa precocemente, tra 2 e 4 anni prima, e avevano una probabilità sei volte più elevata di anticipare la fine dell’ovulazione, rispetto alle volontarie che invece presentavano livelli più bassi.
Secondo quanto riportato dagli studiosi, questo declino della funzione ovarica non avrebbe solo implicazioni sulla fertilità della donna, ma anche su altri problemi di salute, come malattie cardiache e osteoporosi. Le sostanze coinvolte, inoltre, sono note anche per la loro pericolosità, visto che aumenterebbero il rischio di alcuni tumori, la comparsa della sindrome metabolica nelle donne più giovani e la pubertà precoce. I ricercatori, pur affermando che i test effettuati devono essere supportati da ulteriori ricerche, hanno quindi invitato le donne a fare più attenzione ai prodotti che usano e agli involucri in cui sono contenuti, preferendo il vetro alla plastica. Gli ftalati, ad esempio, si possono trovare negli imballaggi di alcuni alimenti e in prodotti per la cura personale o ancora in profumi, rossetti, bagnoschiuma, e sono fortemente sospettati di essere tra le cause di menopausa precoce. Amber Cooper, coordinatrice della ricerca ha affermato: “L’esposizione a molte di queste sostanze è al di fuori dal nostro controllo. Le troviamo dappertutto: nell’acqua, nel terreno e nell’aria. Ma possiamo provare a gestire le sostanze chimiche che usiamo ogni giorno e diventare più consapevoli. Dobbiamo limitare l’uso di alcuni prodotti come le materie plastiche e altri prodotti per la casa”.

 

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0116057

https://www.sciencedaily.com/releases/2015/01/150128141417.htm

https://news.wustl.edu/news/Pages/menopause-chemicals.aspx

22-02-2018

Un composto presente nella curcuma, la curcumina, può essere utilizzata in nanoparticelle per mirare e distruggere le cellule tumorali del neuroblastoma resistente al trattamento, secondo un nuovo studio pubblicato in Nanoscale. Lo studio, condotto in partnership dai ricercatori dell’Hospital Nemours e dell’Università della Florida centrale, dimostra l’efficacia di un nuovo trattamento per il neuroblastoma, il cancro più comune nei neonati. “Il neuroblastoma può essere resistente alla terapia tradizionale. Questa ricerca dimostra l’efficacia di un nuovo metodo di trattamento di questo tumore, senza la tossicità di una terapia aggressiva che può avere dannosi effetti sulla salute del paziente”, ha dichiarato Tamarah J. Westmoreland, un chirurgo pediatrico al Nemours Children’s Health System e autore senior dello studio.
Il neuroblastoma è un tumore neuroendocrino maligno embrionario caratteristico del bambino, che deriva da cellule della cresta neurale, da cui fisiologicamente prendono origine la midollare del surrene ed i gangli del sistema nervoso e simpatico. Circa 700 nuovi casi di neuroblastoma vengono diagnosticati ogni anno negli Stati Uniti e la maggior parte dei casi si presentano nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Il neuroblastoma ad alto rischio è difficile da curare ed è probabile che diventi resistente alle terapie standard o possa recidivare. Questi tumori sono associati anche a ritardi nello sviluppo, perdita dell’udito o altre disabilità.
La curcumina ha dimostrato di avere una notevole capacità anticancro, ma la sua bassa solubilità e la scarsa stabilità hanno reso molto impegnative le sue applicazioni medicinali. I ricercatori di Nemours e UCF hanno scoperto che le nanoparticelle possono essere utilizzate per erogare curcumina direttamente nei siti tumorali. “Ciò dimostra che le nanoparticelle possono essere un veicolo efficace per la somministrazione di farmaci contro il cancro”, ha affermato il Professor Sudipta Seal, Direttore del Centro Tecnologico di NanoScience dell’UCF’s NanoScience Technology Center and Advanced Materials Processing Analysis Center e collaboratore dello studio. Nello studio i ricercatori hanno caricato nanoparticelle di ossido cerico con la curcumina e le hanno rivestite con il destrano per testarle nelle linee cellulari di una forma ad alto rischio di neuroblastoma resistente alla terapia standard. Questa formulazione ha indotto una notevole morte cellulare nelle cellule del neuroblastoma, senza produrre tossicità nelle cellule sane.

 

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-07/uocf-nlw072517.php

Giovedì, 22 Febbraio 2018 05:56

TINTURE PER CAPELLI: CAUSANO TUMORI AL SENO.

22-02-2018

Sembra esistente un nesso di causa-effetto tra l’uso di tinture per capelli e il rischio di sviluppare più facilmente il tumore al seno. Sul banco degli imputati anche i liscianti chimici per capelli. Uno studio condotto negli Stati Uniti ha coinvolto più di 4 mila donne, la metà delle quali aveva un tumore al seno. Sospetti per questi prodotti cosmetici esistevano già da tempo, ma adesso la ricerca americana evidenzia conferme. In particolare l’uso di tinture scure accrescerebbe di oltre il 50% il rischio di carcinoma mammario. I liscianti per capelli arriverebbero ad aumentare il rischio, portandolo al 74%. Questa percentuale potrebbe essere anche superata nelle donne che usano entrambi i prodotti.
Gli studiosi stanno cercando di capire quali sarebbero le sostanze cancerogene. Potrebbero essere ad esempio le ammine aromatiche, che potrebbero determinare dei danni al DNA. Altri elementi pericolosi sarebbero gli estrogeni, che interferirebbero con la regolazione ormonale, un altro fattore che aumenta il pericolo di ammalarsi di tumore al seno. La ricerca non si è occupata di analizzare in modo dettagliato le sostanze presenti nei vari prodotti usati dalle donne osservate. Per questo l’indagine avrebbe bisogno di ulteriori precisazioni per fare maggiore chiarezza sulla questione. Sarebbe importante utilizzare prodotti per capelli in maniera responsabile, leggendo l’etichetta e informandosi sulla loro composizione. Gli esperti consigliano anche di non farne un utilizzo eccessivo, soprattutto per quanto riguarda la frequenza.

 

https://academic.oup.com/carcin/article/doi/10.1093/carcin/bgx060/3866007/Hair-product-use-and-breast-cancer-risk-among

https://www.sciencedaily.com/releases/2014/06/140609205650.htm

21-02-2018

Tenersi per mano è un modo dolce di stare insieme e scambiarsi emozioni, ma immaginavate che potesse fare tanto bene anche alla salute? Una nuova ricerca sostiene che questo gesto tanto semplice è anche un buon antidolorifico naturale. Siamo spesso a caccia di soluzioni naturali per stare meglio e a volte ci dimentichiamo del potere di gesti antichi e semplici come baciare, abbracciare e, perché no, tenersi per mano. Soluzioni che oltre a scaldare il nostro cuore e riempirci di emozioni sono anche benefiche.
Il vantaggio di tenersi per mano è stato svelato da una ricerca dell’Università del Colorado. Il team di ricerca, che ha visto la pubblicazione dello studio su Scientific Reports, si è proposto di valutare gli effetti benefici del tenersi per mano, gesto molto naturale soprattutto per le coppie di innamorati. Sono stati proprio alcuni tra loro ad essere presi a campione. La ricerca si è svolta su 22 coppie tra i 23 e i 32 anni. L’esperimento a cui sono stati sottoposti prevedeva di far provare alla donna del dolore al braccio, alcune volte mentre il proprio partner la teneva per mano altre invece quando il compagno era più lontano e non poteva toccarla. Si è visto così che il dolore si percepiva meno forte se a sostenerle c’era la mano del proprio amato.
Gli scienziati hanno spiegato il fenomeno come una sorta di sincronizzazione interpersonale che permetterebbe alle due persone che si tengono per mano di far battere i propri cuori all’unisono e di regolare la respirazione agendo anche come un analgesico contro il dolore. “Quanto più empatico è il partner, più forte è l'effetto analgesico e maggiore la sincronizzazione” ha dichiarato l'autore principale dello studio Pavel Goldstein, ricercatore presso il Cognitive and Affective Neuroscience Lab di Boulder. L’uomo ha deciso di intraprendere la ricerca dopo aver vissuto l’emozione di veder nascere suo figlio in sala parto e notato come la moglie avvertiva meno il dolore se tenuta da lui per mano.
Precedenti ricerche avevano già dimostrato che le persone che si amano (amici compresi), inconsciamente, entrano in sintonia anche nel camminare modificando postura e velocità del passo per equipararsi all'altro. Persino se si guarda un film insieme o si canta, i cuori e i respiri tendono a sincronizzarsi. I nostri corpi in qualche modo “sentono” la vicinanza preziosa di qualcun altro e ne traggono beneficio. Sono necessarie ulteriori ricerche per capire con precisione come il tocco del proprio amato possa agire beneficamente nei confronti del dolore. Dato però che si tratta di un’attività piacevole e per niente faticosa provate a sperimentare voi stessi i vantaggi di tenere per mano chi amate di più!

 

https://www.colorado.edu/today/2017/06/21/lovers-touch-eases-pain-heartbeats-breathing-sync?utm_source=colorado.edu&utm_medium=A%20lover%E2%80%99s%20touch%20eases%20pain%20as%20heartbeats%2C%20breathing%20sync%2C%20CU%20study%20says&utm_campaign=Homepage&utm_content=News%20%20and%20Events

21-02-2018

Ognuno ha i propri orari in cui prendere il caffè, fare una passeggiata al parco o leggere il giornale al bar. Uno studio di qualche anno fa ha svelato che esiste un’ora perfetta anche per fare l’amore: le 5.48 del mattino. In quel momento, infatti, il testosterone raggiunge i massimi livelli: conviene quindi puntare la sveglia a quell’ora per godersi un pò di intimità con il proprio partner, prima di iniziare la routine della propria giornata.
La sex therapist Geraldine Myers conferma che le 5.48 sono l’orario in cui il testosterone e l’energia raggiungono i massimi livelli sia negli uomini, sia nelle donne, anche se gli ormoni si muovono in modo differente per gli uomini e le donne, in quanto i primi hanno una maggiore concentrazione di testosterone durante la notte, momento in cui invece le donne hanno il picco di melatonina per il sonno. L’orario perfetto coincide quindi con le 5.48 come conferma lo studio di qualche anno fa pubblicato sul British Medical Journal. Il momento in cui sorge il sole fa crescere il desiderio nelle donne stimolando l’ipotalamo, ma è importante non far passare troppo tempo altrimenti si rischia di perdere l’attimo cruciale.
Fare l’amore con il proprio partner non è l’unica attività che ha un orario ideale durante la giornata: ad esempio c’è l’ora della bilancia alle 7.40, in cui potersi pesare nel pieno della propria forma fisica. Esiste anche l’ora del sorriso che corrisponde alle 8 del mattino ed è il momento in cui si è più felici, ma c’è anche l’ora peggiore per il caffè che sono le 9.17. Gli amanti del sonnellino pomeridiano saranno felici di sapere che c’è anche l’ora perfetta per riposarsi e questa corrisponde alle 12.37. Le 17.44 invece sono l’ora perfetta per fare sport e infatti, quasi l’80% dei record olimpici è stato battuto proprio durante questa specifica fascia oraria. Infine esiste l’ora della creatività per tutti quelli che amano restare svegli fino a tardi: le 22.51 infatti sono il momento migliore in cui cimentarsi in nuove creazioni e in cui stimolare la propria memoria. Durante la sera infatti, liberi dai pensieri della giornata, la nostra mente è molto più predisposta verso nuove idee.

 

http://www.dailymail.co.uk/femail/article-3195487/The-best-time-make-love-5-48-morning-Revealed-fascinating-secrets-body-clock.html

21-02-2018

Le persone che fanno uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), comunemente prescritti per trattare il dolore e l’infiammazione, potrebbero avere un aumento del rischio di attacco di cuore già nella prima settimana di utilizzo e soprattutto entro il primo mese, secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal. Medici e pazienti sono invitati a valutare i rischi ed i benefici dei farmaci antinfiammatori come ibuprofene, diclofenac, celecoxib e naproxene. Studi precedenti hanno suggerito che i FANS tradizionali e COX 2 selettivi, potrebbero aumentare il rischio di infarto del miocardio, ma i tempi del rischio, l’effetto della dose, durata del trattamento ed i rischi comparativi tra i FANS, sono stati poco indagati.
Un team internazionale di ricercatori, guidato da Michèle Bally dell’University of Montreal Hospital Research Center (CRCHUM) e Prof. di epidemiologia presso la McGill University in Canada, ha cercato di caratterizzare il rischio di attacco di cuore associato con l’uso di FANS per via orale. Per lo studio, i ricercatori hanno effettuato una revisione sistematica e una meta-analisi di studi specifici da varie banche dati del Canada, Finlandia e Regno Unito. Complessivamente, sono stati analizzati i dati derivanti da 446.763 persone, di cui 61.460 hanno avuto un attacco di cuore.
I FANS di interesse per i ricercatori sono stati celecoxib, i tre principali FANS tradizionali (diclofenac, ibuprofene e naproxene) e rofecoxib. Lo studio ha trovato che l’assunzione di qualsiasi dose di FANS per una settimana, un mese o più di un mese è associato ad un aumento del rischio di attacco di cuore. Nel complesso, l’aumento del rischio di un attacco di cuore è di circa del 20-50% se si utilizzano i FANS, rispetto al non utilizzo di questi farmaci. Per analizzare questi dati in prospettiva, il rischio di attacco di cuore a causa dell’utilizzo dei FANS è in media di circa l’1% all’anno. Il tipo di analisi che i ricercatori hanno utilizzato ha permesso loro di concludere con più del 90% di probabilità che tutti i FANS studiati sono associati ad un elevato rischio di attacco di cuore. Ulteriori analisi hanno suggerito che il rischio di attacco di cuore associato con l’uso di FANS è maggiore con l’assunzione di dosi più elevate, e durante il primo mese di utilizzo e con l’aumento della durata del trattamento, il rischio non sembra continuare ad aumentare, ma i ricercatori avvertono che rimane prudente usare i FANS per un tempo più breve possibile.
Si tratta di uno studio osservazionale basato sulla prescrizione o erogazione di farmaci e non tutti i potenziali fattori confondenti potrebbero essere stati presi in considerazione. Anche se questo significa che le conclusioni non possono essere fatte su causa ed effetto, gli autori affermano che il loro studio è la più grande indagine di questo tipo e che la sua origine dai dati attinti dal mondo reale ha contribuito a garantire che i risultati sono ampiamente generalizzabili. I ricercatori concludono: “Dato che è risultato che l’insorgenza del rischio di infarto del miocardico si è verificato nella prima settimana di assunzione dei FANS ed è apparso più aumentato nel primo mese di trattamento con dosi più elevate, i medici devono prendere in considerazione la valutazione dei rischi e benefici di questi farmaci prima di istituire il trattamento, in particolare per le dosi più elevate“.

 

https://medicalxpress.com/news/2017-05-heightened-heart-common-painkillers-routine.html

Martedì, 20 Febbraio 2018 05:51

IL MATRIMONIO PROTEGGE IL CUORE.

20-02-2018

Sposarsi riduce il rischio cardiovascolare, specie prima dei 50 anni. Lo rivela uno studio di Carlos Alviar della New York University Langone Medical Center, presentato all’American College of Cardiology. Gli esperti hanno monitorato oltre 3,5 milioni di persone - sposati (69%), single (8,3%), vedovi (13%), divorziati (9%) - con una serie di esami per valutare la salute delle arterie in vari distretti corporei, sia periferici (gambe) sia centrali, come cuore e cervello: arterie coronarie, arterie delle gambe, carotidi e aorta addominale. L’età dei partecipanti variava da 21 a 102 anni (età media 64 anni), e il 63% era donna.
È emerso che - a parità di altri fattori che possono influenzare il rischio cardiovascolare, come il peso e la pressione alta - gli individui di entrambi i sessi sposati avevano un rischio cardiovascolare globalmente ridotto, con minore pericolo di soffrire di problemi vascolari sia periferici sia ai principali vasi che irrorano cervello e cuore, compresi ictus e infarto. Viceversa, essere divorziati o vedovi comporta un rischio maggiore per la salute vascolare rispetto all’essere single o sposati. Il matrimonio risulta tanto più protettivo per la salute vascolare, quanto più giovani sono i coniugi.
In particolare, le persone sposate hanno il 5% in meno di probabilità di avere problemi al cuore rispetto ai single. Hanno anche l’8%, il 9% e il 19% in meno, rispettivamente, di rischio di aneurisma dell’aorta addominale, malattia cerebrovascolare e malattia arteriosa periferica. Viceversa, essere divorziati o vedovi è associato a una maggiore probabilità di malattia vascolare rispetto all’essere single o sposati: chance più alte del 3% per qualsiasi malattia vascolare e del 7% per malattia coronarica. Fino ai 50 anni, il matrimonio è associato con il 12% in meno di probabilità di qualsiasi malattia vascolare. Questo numero scende al 7% tra i 51 e i 60 anni e solo al 4% dopo i 61 anni. «Questi risultati non devono certamente spingere la gente a sposarsi, ma è importante sapere che le decisioni relative alla propria vita privata possono avere importanti implicazioni per la salute vascolare», ha sottolineato Carlos Alviar. Resta da capire quali aspetti del matrimonio siano artefici di questo effetto protettivo: tra i possibili indiziati vi sono un migliore stato socioeconomico dei due coniugi, la cooperazione e l’aiuto reciproco sul fronte salute o il riflesso dei benefici emotivi dell’avere un compagno.

 

https://nyulangone.org/press-releases/married-people-less-likely-to-have-cardiovascular-problems-according-to-large-scale-study-by-researchers-at-nyu-langone

http://www.acc.org/about-acc/press-releases/2014/03/28/09/55/alviar-marital-status

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