Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

04-03-2018

Le abitudini alimentari irregolari come saltare la colazione sono spesso associate all’obesità, al diabete di tipo 2, all’ipertensione e alle malattie cardiovascolari, ma l’impatto preciso dei tempi dell’orologio interno del corpo sui pasti, è meno chiaro. Un nuovo studio dell’Università di Tel Aviv ha identificato l’effetto della colazione sull’espressione dei ”geni dell’orologio” che regolano le risposte di glucosio e insulina post-pasto sia degli individui sani che dei diabetici. Questo studio è stato condotto dalla prof.ssa Daniela Jakubowicz della Sackler Faculty of Medicine della TAU e dalla Diabetes Unit del Wolfson Medical Center. È stato condotto in collaborazione con il Prof. Julio Wainstein e il Dr. Zohar Landau della Facoltà di Medicina Sackler della TAU e dall’Unità per il Diabete del Centro Medico Wolfson, con il Prof. Itamar Raz e dal Prof. Oren Froy della Hebrew University di Gerusalemme e con il Prof. Bo Ahrén dell’Università di Lund in Svezia. Lo studio è stato recentemente pubblicato su Diabetes Care.
“Il nostro studio dimostra che il consumo della colazione innesca la corretta espressione del gene dell’orologio ciclico che porta a un miglioramento del controllo glicemico”, dice il Professor Jakubowicz. “Il gene dell’orologio circadiano regola non solo i cambiamenti circadiani del metabolismo del glucosio, ma regola anche il peso corporeo, la pressione sanguigna, la funzione endoteliale e l’aterosclerosi. Il giusto orario dei pasti, come consumare la colazione prima delle 9:30 AM, potrebbe portare a un miglioramento dell’intero metabolismo del corpo, facilitare la perdita di peso e ritardare le complicazioni associate al diabete di tipo 2 e ad altri disturbi legati all’età”.
Per lo studio, 18 volontari sani e 18 volontari obesi con diabete hanno preso parte a una giornata di test con colazione e pranzo e a una giornata di test con solo pranzo. In entrambi i giorni, i ricercatori hanno condotto analisi del sangue sui partecipanti per misurare l’espressione genica del loro orologio postprandiale, glucosio plasmatico, insulina e peptide-1 intatto come glucagone-1 (iGLP-1) e dipeptidil peptidasi IV (DPP-IV). “Il nostro studio ha dimostrato che il consumo della colazione innesca la corretta espressione del gene che regola l’orologio ciclico e che porta a un miglioramento del controllo glicemico”, afferma il Prof. Jakubowicz. “Sia negli individui sani che nei diabetici, il consumo della colazione ha acutamente migliorato l’espressione di specifici geni dell’orologio legati a una perdita di peso più efficiente ed è stato associato a un miglioramento dei livelli di glucosio e di insulina dopo pranzo”.
Al contrario, nei giorni di prova che prevedevano solo il pranzo (quando i partecipanti saltavano la colazione), i geni dell’orologio correlati alla perdita di peso erano scarsamente regolati, portando a picchi di zucchero nel sangue e a scarse risposte all’insulina per il resto della giornata, suggerendo anche che saltare la colazione porta ad un guadagno di peso anche senza l’incidenza di consumo eccessivo di cibo durante resto della giornata. “Il fatto che possiamo cambiare l’espressione del gene in sole quattro ore è davvero impressionante”, afferma il Prof. Jakubowicz. I ricercatori stanno attualmente conducendo uno studio a lungo termine che confronta l’effetto dei diversi programmi di temporizzazione dei pasti sull’espressione genica dell’orologio corporeo, sul bilancio del glucosio e sulla perdita di peso nel tempo.

 

https://medicalxpress.com/news/2017-11-breakfast-disrupts-clock-genes-body.html?utm_source=tabs&utm_medium=link&utm_campaign=story-tabs

Sabato, 03 Marzo 2018 06:56

LE FRAGOLE CONTRO IL CANCRO AL SENO.

03-03-2018

All’interno delle fragole vi sarebbero delle molecole potenzialmente utili per il trattamento del cancro al seno. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Scientific Reports da un team dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Università europea dell’Atlantico di Santander, in Spagna. Stando agli esperimenti effettuati su cellule in provetta e su topi di laboratorio, le molecole contenute nelle fragole riuscirebbero a bloccare la progressione del tumore alla mammella. Maurizio Battino, coordinatore italiano dello studio, spiega: «Abbiamo dimostrato per la prima volta che l’estratto di fragole, ricco di fenoli, inibisce la proliferazione delle cellule del tumore della mammella nei modelli sperimentali in vitro e in vivo». I ricercatori hanno osservato l’efficacia dell’estratto di fragole aggiungendolo alla dieta di alcune femmine di topo affette da un modello animale di cancro mammario. A distanza di qualche settimana, il tumore ha prima fermato la propria progressione e poi addirittura ha cominciato a rimpicciolirsi. Battino cerca tuttavia di non alimentare false speranze: «Le malattie, tumori inclusi, sono per la maggior parte delle condizioni complesse, determinate da intricate interazioni tra sistemi cellulari e molecolari. I nostri risultati sono senza dubbio utili a capire gli effetti potenziali delle fragole sul tumore del seno e i meccanismi molecolari coinvolti, ma devono essere approfonditi con studi clinici ed epidemiologici per verificare se anche negli umani è possibile ottenere gli stessi effetti riscontrati nei topi».
Un altro studio ha invece sottolineato l’effetto antitumorale delle fragole in caso di tumore all’esofago. La notizia arriva non a caso dalla Cina, il paese in cui più alta è l'incidenza del carcinoma dell'esofago a cellule squamose, che rappresenta il 95 per cento delle neoplasie dell'esofago. Secondo i ricercatori guidati da Chen Tong dell'Ohio State University, 60 grammi di fragole disidratate al giorno per sei mesi ridurrebbero in maniera evidente tutti quegli eventi molecolari che stanno alla base dello sviluppo del cancro esofageo. Allo studio ha partecipato un piccolo gruppo di persone che, nella maggioranza dei casi, hanno mostrato una riduzione netta del grado istologico delle lesioni precancerose. Ciò proprio grazie alle fragole, in particolare a quelle disidratate; i ricercatori sostengono infatti che la privazione dell'acqua consenta alle fragole di sviluppare tutta la loro efficacia, grazie a un contenuto di principi attivi superiore di 10 volte rispetto al frutto consumato in condizioni normali.

 

https://www.nature.com/articles/srep30917

https://www.sciencedaily.com/releases/2017/04/170419093246.htm

http://www.agenciasinc.es/en/News/Study-on-mice-demonstrates-the-action-of-strawberries-against-breast-cancer

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22135048

03-03-2018

Cosa c’è di meglio che correre dietro a un pallone quando si è piccoli? Lo pensa anche il nostro organismo, secondo uno studio dell’Università di Copenaghen e della Danimarca meridionale pubblicato sul British Journal of Sports Medicine. I medici danesi sono convinti che giocare a palla all’aperto sia uno degli esercizi fisici migliori per i bambini fra gli 8 e i 10 anni allo scopo di rafforzare ossa e muscoli. Hanno partecipato alla ricerca 295 studenti, dei quali sono stati esaminati i diversi allenamenti fatti a scuola durante le ore di educazione fisica. I dati indicano che la densità ossea nelle gambe e nel corpo è aumentata rispettivamente del 44 e del 46% in più nel gruppo che giocava a palla rispetto al gruppo di controllo, mentre gli stessi parametri in chi faceva un allenamento di ginnastica erano migliori del 39 e del 17%, sempre rispetto al gruppo di controllo. I miglioramenti maggiori erano quindi registrati nel gruppo dei ragazzi che giocavano a palla: "La nostra ricerca dimostra che l'intenso esercizio a scuola ha chiari effetti positivi sulla densità ossea, la forza muscolare e l'equilibrio nei bambini di 8-10 anni", dice Peter Krustrup, docente di scienze della salute e dello sport all'Università della Danimarca meridionale.

 

http://bjsm.bmj.com/content/52/4/254

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27297443

03-03-2018

Lavastoviglie ricettacolo di batteri. Tra diversi funghi e una diversità batterica di non poco conto, l’elettrodomestico amato da tutte le donne nasconde parecchie insidie. Nella lavastoviglie, le alte temperature, le alte concentrazioni di cloruro di sodio, la presenza di detergenti, la forza dell’acqua e altri fattori durante i cicli di lavaggio definiscono la sopravvivenza microbica in un sistema che può definirsi estremo. È questa la conclusione cui sono giunti gli studiosi dell’Università di Lubiana (Slovenia), dell’Università di Copenaghen (Danimarca) e dell’Università di Gand (Belgio), che hanno dimostrato che elettrodomestici come le lavastoviglie ospitano una miriade di microrganismi, pericolosi sì ma soprattutto per persone con un sistema immunitario già debilitato. Di fatto, la ricerca vuole mostrare come i biofilm - ossia le “aggregazioni complesse di microrganismi” - formati sulle guarnizioni in gomma nelle lavastoviglie, siano in grado di ospitare diversi microbioti.
Diretti dal microbiologo Prem Krishnan Raghupathi, gli studiosi hanno preso in esame le guarnizioni in gomma di 24 lavastoviglie, scoprendo un microbioma piuttosto robusto in ognuna di esse. La sopravvivenza e la varietà dei microrganismi erano legate a diversi fattori come il pH, la temperatura elevata, i detersivi, le elevate concentrazioni di cloruro di sodio (NaCl) e la potenza dell’acqua durante i cicli di lavaggio. Ebbene, i ricercatori hanno scovato parecchie colonie di batteri e funghi, anche all’occasione patogeni, ma generalmente – a detta degli studiosi – dai rischi per la salute estremamente bassi o nulli. Tra i batteri sono stati trovati quelli dei generi Pseudomonas, Escherichia e Acinetobacter, mentre tra i funghi citano la Candida, Cryptococcus e Rhodotorula. Specialmente quelli del genere Candida, responsabili delle infezioni ai danni di pelle e mucose, sono stati trovati nel 100% delle lavastoviglie. I funghi, secondo i ricercatori, entrerebbero per lo più tramite l’acqua del rubinetto, mentre i batteri potrebbero venire dal cibo contaminato. Questi microrganismi prosperano e si diffondono in special modo nel momento in cui la lavastoviglie emette aria calda e al suo interno c’è grossa umidità. Per questo gli scienziati suggeriscono di aprire l’elettrodomestico solo al termine del ciclo di lavaggio e quando è fredda per evitare dispersioni.
Per il resto, ricordatevi che anche la lavastoviglie, va curata e pulita regolarmente, non fosse altro che una sua costante manutenzione consente di tenerci lontano da eventuali riparazioni periodiche. Ricordatevi di pulire giornalmente il filtro e gli interni: smontate i pezzi che si possono smontare e sciacquate sotto l’acqua corrente. Nel caso fossero otturati, pulite i fori del passaggio dell’acqua con uno stuzzicadenti o con un panno umido imbevuto di aceto. Almeno una volta al mese fate un lavaggio a vuoto con un litro di aceto di mele, per sgrassare tutto, compresi scarico e tubature, e pulite con una spugna imbevuta di aceto le guarnizioni. Per sgrassare ulteriormente le stoviglie, infine, mettete ad ogni lavaggio un mezzo limone (togliete i semi!), che conferirà anche un buon profumo di pulito.

 

http://aem.asm.org/content/early/2018/01/08/AEM.02755-17.abstract?sid=2c5f84f7-e4c7-4062-89e1-2a753a024c2f

02-03-2018

Chi l’ha detto che la vita di coppia è sempre e per tutti l'opzione migliore? Ci sono tanti single convinti della propria condizione e anche la scienza ha svelato alcuni vantaggi di chi è solo (per scelta o comunque felicemente). In seguito ai risultati di una serie di ricerche condotte dall'Università di Basilea in Svizzera, il Max Planck Institute for Human Development in Germania e l’University of California, Santa Barbara, si parla già di rivincita dei single. Secondo quanto riportato dai vari esperti sparsi per il mondo, sarebbero almeno 5 i vantaggi di chi ha scelto una vita in solitaria:

• migliore forma fisica;
• peso minore;
• maggiore creatività;
• più stimoli per la propria crescita personale;
• migliori rapporti sociali e rete di amici e parenti più ampia.

Secondo quanto emerso dai dati delle ricerche, i single pesano in media 2 chili in meno rispetto ai loro coetanei sposati nonostante siano proprio le coppie quelle che tendono a mangiare cibi più sani. Essere single sembra aiutare a restare in forma anche in altri sensi: uno studio effettuato su oltre 13 mila persone (di cui alcune sposate e altre no) che ha visto la sua pubblicazione sul Journal of Marriage and Family ha notato come i single siano generalmente più sportivi e occupino in media il doppio del tempo in attività fisiche rispetto a coloro che vivono in coppia.
Vi è poi la dottoressa Bella DePaulo, psicologa dell'Università della California, Santa Barbara, che sostiene fortemente la vita da single e viaggia per la nazione per presentare le sue scoperte (non sempre però da tutti ben accette). La DePaulo ha scoperto come i cuori solitari abbiano più possibilità di stimolare la propria crescita personale dimostrandosi alla fine maggiormente autosufficienti e determinati, con un vantaggio anche sulle emozioni negative che in generale vivrebbero più di rado rispetto alle coppie. Si parla ovviamente della solitudine scelta, non imposta, che secondo uno studio pubblicato su Personality and Individual Differences offre il vantaggio di garantire anche maggiore produttività in ufficio e una migliore creatività.
Ottimo essere single anche per la propria vita sociale. Essere soli a livello sentimentale sembra infatti promuovere una rete di amicizie più vasta (che comprende tra l’altro una serie di amici più intimi) e un miglior rapporto di disponibilità verso i propri parenti. Diversi studi hanno dimostrato che promuovere l'amicizia è la chiave per invecchiare bene e aumentare il proprio grado di felicità. Uno di questi, pubblicato nel 2008 sul British Medical Journal, ha rilevato che le persone che avevano contatti regolari con 10 o più persone erano significativamente più felici di quelle che non li avevano e che le persone con meno amici erano meno felici nel complesso. Diciamo per concludere che possiamo trovare tanti vantaggi sia nella vita di coppia che nell'essere single così come nella compagnìa che nei momenti di solitudine. L'importante è scegliere il meglio per noi!

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26079993

Venerdì, 02 Marzo 2018 05:51

DORMIRE AIUTA IL CUORE A RIPARARSI DA SOLO.

02-03-2018

Un nuovo studio pubblicato su Life Sciences mostra che il riposo durante le normali ore di sonno può aiutare il cuore a ripararsi da solo. Le ricerche condotte su modelli animali presso l’Università di Alabama a Birmingham mostrano che il cuore sostituisce le proteine danneggiate durante il periodo di sonno e se il cibo viene consumato durante questo periodo, i meccanismi responsabili della sostituzione delle proteine danneggiate vengono interrotti. “Immagina che una volta alla settimana butti via la spazzatura e poi, all’improvviso, smetti di farlo, la spazzatura si accumulerà e la tua casa sarà disfunzionale“, ha detto il co-autore e Professore della divisione di malattie cardiovascolari Martin Young. ”I nostri risultati suggeriscono che mangiare durante la fase del sonno impedisce al cuore di ‘togliere la spazzatura’ che ipotizziamo potrebbe essere una delle ragioni per cui il cuore diventa disfunzionale quando il cibo viene consumato a tarda notte“.
Lo studio di Young ha affrontato due temi fondamentali: qual è la risposta temporale del cuore al digiuno e quali sono gli effetti metabolici del digiuno durante le normali ore di sonno? Ciò che Young e il suo team hanno scoperto è che, quando gli animali sono stati costretti a mangiare nell’ora sbagliata del giorno, il cuore ha perso i ritmi nei meccanismi noti per essere critici per la rimozione (autofagia) e la sostituzione (sintesi) delle proteine danneggiate. “Il cuore sembra essere impostato per riparare se stesso durante il sonno“, ha detto Young. “Quando si mangia al momento sbagliato del giorno, il cuore spegne la sua riparazione notturna“. Sebbene si trattasse di uno studio relativamente piccolo che coinvolge modelli animali, John Chatham, co-autore e Professore nel Dipartimento di Patologia, afferma che questo tipo di ricerca è importante perché potrebbe aiutare nella comprensione di come interventi specifici - come il digiuno intermittente - possono ridurre il rischio di malattie cardiache e diabete. “Comprendere come il cuore regola processi importanti come l’autofagia e la sintesi proteica attraverso l’ora del giorno e come questi processi siano influenzati dal digiuno, potrebbe aiutare a sviluppare nuovi interventi che potrebbero ridurre le malattie cardiache”, ha detto Chatham. “Questi studi sono importanti anche perché c’è un grande interesse per gli effetti del digiuno sulla salute cardiovascolare”. Il NIH fornirà ulteriori finanziamenti per esplorare i meccanismi attraverso i quali il digiuno, nella fase del sonno, influenza la sostituzione delle proteine danneggiate nel cuore e se tali interventi possono prevenire lo sviluppo di malattie cardiache nel diabete.

 

http://www.newswise.com/articles/repairing-the-heart-one-arrayzarray-at-a-time

02-03-2018

Mele e pomodori fanno bene ai fumatori. Una scoperta che arriva da Londra, secondo cui una dieta ricca di mele e pomodori può aiutare gli ex fumatori a riparare i polmoni dai danni causati dal vizio del fumo e a rallentare il naturale declino dei polmoni dovuto all’età. La ricerca, condotta presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health nell’ambito del progetto di ricerca Ageing Lungs in European Cohorts (ALEC) Study, finanziata dalla Commissione Europea, coordinata dall’Imperial College di Londra e pubblicata sulla rivista European Respiratory Journal, ha infatti dimostrato come il declino della funzionalità polmonare nei fumatori possa evolvere in maniera più lenta in coloro che seguono un’alimentazione ricca di frutta e pomodori. I ricercatori hanno indagato sulle abitudini alimentari e monitorato la capacità polmonare dei partecipanti al progetto e hanno scoperto che gli adulti che in media mangiano più di due pomodori o più di tre porzioni di frutta fresca al giorno mettono sù una naturale resistenza al declino delle funzionalità polmonare rispetto agli altri.
A essere state arruolate negli esperimenti sono state più di 650 persone, sia ex fumatori sia soggetti che non avevano mai fumato. Il loro personale consumo di frutta e verdura è stato valutato tramite questionari ad hoc ed è stata poi misurata la loro funzione polmonare con esami specifici, sia all’inizio dello studio sia 10 anni dopo. Dai risultati è emerso che il consumo di pomodori e di mele in particolare, ma di frutta fresca in generale, riuscirebbe a rallentare il declino della funzione polmonare in particolare degli ex fumatori; segno che qualche molecola contenuta in questi cibi è attiva nel riparare i danni polmonari indotti dal fumo. “Questo studio mostra che la dieta potrebbe aiutare a riparare i polmoni danneggiati dal fumo e a rallentare il naturale processo di invecchiamento dei polmoni di tutti - sostiene Vanessa Garcia-Larsen, autrice dello studio. “La funzione polmonare comincia a declinare naturalmente intorno ai 30 anni, a velocità variabile a seconda della salute generale dell'individuo. La dieta potrebbe divenire un modo per combattere il crescente aumento di una malattia cronica polmonare molto grave, il disturbo polmonare cronico-ostruttivo”.

 

https://hub.jhu.edu/2017/12/21/tomato-apple-rich-diets-linked-to-better-lung-function/

05-03-2018

Si è fatto un gran parlare degli acidi grassi essenziali omega-3 e del loro ruolo nella salute di cuore e arterie. E sono numerosi gli studi che hanno cercato di stabilire se e come l’assumere integratori di olio di pesce, o il mangiare pesce azzurro o ancora alimenti vegetali ricchi di queste sostanze, potesse essere un modo per prevenire le malattie cardiache. I risultati di queste ricerche non sempre sono stati coerenti, tuttavia, una verità di fondo sull’utilità degli acidi grassi è sempre emersa. I ricercatori del Linus Pauling Institute hanno pubblicato un largo studio revisionale sulle pagine del Journal of Lipid Research, in cui si suggerisce che gli acidi grassi essenziali omega-3 sono sì utili nella prevenzione dei problemi all’apparato cardiovascolare. «Dopo decenni di studi sugli acidi grassi omega-3, è chiaro che possiedono un valore nella prevenzione primaria delle malattie cardiache», commenta infatti nella nota LPI il principale autore dello studio dottor Donald Jump, professore all’OSU College of Public Health and Human Sciences. Forse non tutti lo sanno, ma sono molti gli alimenti ricchi di queste utili sostanze, e non solo il pesce come comunemente si crede: oltre dunque a salmone e pesce azzurro, gli omega-3 si trovano anche nei semi di lino (e il relativo olio), le noci (un pò meno in nocciole e mandorle), nei cereali come l’avena o il germe di grano. Un pò ne troviamo anche nelle verdure a foglia verde e, infine, buone quantità le ritroviamo nella soia e i suoi derivati, e anche nelle alghe. La fonte invece più controversa di omega-3 è da sempre l’olio di pesce, utilizzato come integratore, che è stato oggetto di numerosi studi con conclusioni spesso contrastanti. «E’ meno chiaro quanto impatto abbiano gli oli di pesce nella prevenzione di ulteriori eventi cardiovascolari in persone che già presentino malattie cardiache, spiega Jump. Gli studi condotti da alcuni decenni hanno mostrato un valore anche per questa popolazione di pazienti, ma gli studi più recenti sono meno conclusivi . 
I primi studi sull’efficacia degli acidi grassi essenziali omega-3 furono condotti nei primi anni Settanta dopo che si era scoperto che tra la popolazione Inuit della Groenlandia vi erano i più bassi tassi di malattie cardiovascolari. Gli Inuit seguivano una dieta prevalentemente a base di pesce. Da qui in poi, sono state molte le ricerche a essersi concentrate su questi elementi. I risultati hanno spesso mostrato che, in effetti, la dieta gioca un ruolo di primo piano nella prevenzione delle malattie cardiache.  «Ad alcuni dei primi studi condotti sull’olio di pesce è stata data la priorità sui numerosi farmaci efficaci, che sono ampiamente disponibili e ampiamente utilizzati, sottolinea Jump. E la gente spesso dimentica che le sostanze nutrienti, come gli oli di pesce, sono meno potenti dei farmaci da prescrizione, e spesso hanno il loro miglior valore quando siano utilizzati per lunghi periodi. Quando così tante persone in questi studi stanno assumendo un regime di farmaci per affrontare gli stessi problemi su cui anche l’olio di pesce può incidere, è facile capire perché ogni vantaggio dagli oli di pesce sia più difficile da rilevare».
Chiusa la diatriba sull’olio di pesce, i ricercatori del Linus restituiscono tutto il loro valore agli acidi grassi omega-3 che non sarebbero utili solo nella prevenzione delle malattie cardiache, ma anche nel migliorare l’acuità visiva, la funzione cognitiva, e nel contrastare la demenza. Allo stesso modo riducono l’infiammazione generale dell’organismo (causa di numerose malattie) e, forse, anche alcuni tipi di cancro, come quello del colon. Uno degli acidi grassi più attivo e utile pare sia il DHA, che è ritenuto uno dei più indicati per la salute umana. «Crediamo ancora in concreto all’evidenza che il contenuto di EPA e DHA nei tessuti del cuore e nel sangue sia importante per la salute e per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per soddisfare le attuali raccomandazioni per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari, si consiglia alle persone di consumare 200-300 milligrammi di combinato EPA e DHA al giorno», conclude Jump.

 

http://www.disabled-world.com/fitness/nutrition/fats-oils/matter.php

http://www.lifeextension.com/Newsletter/2012/12/Review-Reaffirms-Benefit-For-Omega-3-Fatty-Acids/Page-01

http://www.jlr.org/content/53/12/2525

04-03-2018

La vitamina F, ovvero gli acidi grassi omega-3, potrebbero essere un aiuto naturale nella prevenzione del tumore alla prostata. Lo dimostra una ricerca della Washington State University, che mette in discussione gli esiti di studi precedenti. Gli omega-3 sono contenuti in molti prodotti naturali come il pesce, i crostacei, le noci, la lecitina di soia, i semi di chia, i semi di lino e anche in integratori alimentari come l’olio di pesce. L’effetto antinfiammatorio degli omega-3 è già noto agli istituti di ricerca internazionali. Sono un elemento essenziale per la prevenzione da patologie come Alzheimer e diabete. I risultati della Washington State University contraddicono uno studio pubblicato nel 2013 sul Journal of National Cancer Institute che aveva rilevato un legame fra elevati livelli di acidi grassi e l’insorgenza del tumore alla prostata. Secondo i dati di Kathryn Meier, Ze Liu e Mandi Hopkins, ricercatori della WSU, gli acidi grassi si legano ad un recettore chiamato FFA4: piuttosto che stimolarle, funzionerebbero come segnali inibitori della crescita delle cellule tumorali. Kathryn Meier, professoressa di farmacia alla WSU e capo del team di ricerca, ha spiegato: “Questo tipo di ricerche ci potrebbe aiutare a trattare meglio o prevenire il tumore alla prostata. Il ruolo degli omega-3, finora, è stato analizzato in relazione a patologie come il diabete o le infiammazioni croniche: il nostro studio è il primo a dimostrare la sua efficacia anche nel campo dei tumori”.
Secondo i ricercatori l’assunzione di omega-3 tramite integratori non è affidabile: l’olio di pesce, ad esempio, non è tollerato da molte persone. Per aumentarne l’efficacia gli omega-3 devono inoltre restare all’interno delle cellule e non essere smaltiti con la digestione. Meier ha concluso: “È difficile dire quale sia l’alimento più efficace per l’assunzione degli acidi grassi. Indipendentemente dal metodo di assunzione, ora abbiamo un potenziale farmaco da inserire nei trattamenti antitumorali. Con la sperimentazione possiamo verificare in modo preciso come gli omega-3 funzionano rispetto a diverse tipologie di cancro”.

 

https://news.wsu.edu/2015/03/18/researchers-show-how-fatty-acids-can-fight-prostate-cancer/#.VUz_P0hmyis

http://www.sciencedaily.com/releases/2015/03/150318074521.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-03/wsu-wrs031715.php

http://jpet.aspetjournals.org/content/352/2/380

Giovedì, 01 Marzo 2018 11:34

ATTIVITA' CHEMIOPREVENTIVA DEI BROCCOLI.

03-03-2018

Tra i meccanismi chemioprotettivi osservati nei glucosinolati contenuti nei broccoli troviamo: inibizione della crescita del tumore e stimolo dell'apoptosi, detossificazione, protezione contro lo stress ossidativo e alterazione del metabolismo degli estrogeni. I prodotti dell'idrolisi dei glucosinolati possono aiutare a prevenire il cancro incrementando l'eliminazione di carcinogeni prima che questi danneggino il DNA o alterino i percorsi del segnale cellulare, in modo da prevenire che le cellule normali vengano trasformate in cellule cancerose. Alcuni derivati dei glucosinolati sono in grado di alterare il metabolismo o l'attività di ormoni estrogeno-simili, in modo da inibire lo sviluppo di tumori ormono-dipendenti. Un numero considerevole di studi epidemiologici indica un'associazione tra consumo elevato di glucosinolati delle crucifere e riduzione del rischio di sviluppare tumori al pancreas, seno, prostata, stomaco e polmoni.

TUMORE AL SENO: In un esperimento in vitro pubblicato sul Journal of Nutrition, il sulforafano ha mostrato la capacità di bloccare la crescita di cellule prelevate da tumori mammari maligni, oltre a interferire con i processi cellulari che provocano la replicazione delle cellule malate.

TUMORE AL COLON-RETTO: Uno studio clinico ha mostrato che il consumo di 250 g al giorno di broccoli e 250 g al giorno di cavoletti di Bruxelles aumenta in modo considerevole l'escrezione urinaria di un potenziale carcinogeno presente negli alimenti cotti alla brace, suggerendo che il consumo di crucifere possa ridurre il rischio di cancro colon-rettale, aumentando l'eliminazione di alcuni carcinogeni della dieta (in particolare amine eterocicliche e aflatossine).

TUMORE ALLA PROSTATA: In uno studio epidemiologico condotto comparando le abitudini alimentari di 602 uomini sani per 3-5 anni, con 628 uomini a cui era stato diagnosticato un tumore alla prostata in fase iniziale, si è osservata la riduzione del 41% del rischio apparente di sviluppare un tumore alla prostata.

TUMORE AI POLMONI: Studi prospettici condotti su uomini e donne olandesi, donne statunitensi e uomini finlandesi hanno trovato che un alto apporto di crucifere è associato a una significativa riduzione di rischio di tumore ai polmoni.

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