Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

31-07-2015

Un epidemiologo e tossicologo esperto in materia di salute ambientale, ha trovato prove che collegano l’utilizzo del telefono cellulare ad un aumento del tasso di certi tipi di tumori cerebrali nei giovani che sono stati forti consumatori di telefonia cellulare. Nel suo libro, Disconnect, il Dr. Devra Davis parla di come abbia trovato prove di studi, fatti alcuni decenni fa, che dimostravano come le radiazioni da radiofrequenze utilizzate dai telefoni cellulari potessero avere effetti biologici sufficienti per danneggiare il DNA e contribuire potenzialmente ai tumori al cervello. Come riportato dal Time, Davis ha anche scoperto che molti degli studi fatti per sfatare un collegamento tra uso del telefono cellulare e questi eventi avversi, sono stati per lo più finanziati dall’industria.
In accordo col Times: “Egli ha scoperto che in altri paesi, come Francia e Israele, sono già stati presi provvedimenti per scoraggiare l’uso dei cellulari da parte dei bambini e addirittura mettendo segnali di pericolo sui telefonini. Si tratta di questioni importanti e riconosciute per la salute pubblica del nostro tempo”, spiega Davis. ”Se agissimo subito, potremmo evitare una catastrofe globale”. Davis ha anche detto che “la resistenza dell’industria rende più difficile la regolamentazione”. Tuttavia una buona notizia è che ”utilizzando semplicemente un auricolare con cavo con un filtro di ferrite, si dovrebbe ridurre significativamente l’esposizione alle radiazioni al cervello”, anche se Davis raccomanda “che i bambini, il cui cranio più sottile è in grado di assorbire alti livelli di radiazioni, evitino del tutto l’uso dei telefonini”.

 

http://science.time.com/2010/09/27/health-a-cancer-muckraker-takes-on-cell-phones/

31-07-2015

Meglio non assumere antidepressivi in gravidanza. Secondo un recente studio apparso sul British Medical Journal, infatti, gli inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri) aumenterebbero il rischio di difetti alla nascita. La prima autrice dell’articolo, Jennita Reefhuis, spiega: “anche ammesso che l'associazione sia causale, il rischio assoluto resta comunque molto basso, e servono ulteriori studi che consentano alle gestanti e ai loro medici di prendere decisioni più informate sul trattamento con questi farmaci”. I ricercatori del National center on birth defects and developmental disabilities, Centers for disease control and prevention di Atlanta hanno analizzato i dati di quasi 18.000 madri di bambini con difetti alla nascita e quasi 10.000 madri di neonati senza difetti alla nascita nati fra il 1997 e il 2009, verificando l’uso di farmaci quali citalopram, escitalopram, fluoxetina, paroxetina o sertralina. “Dall'analisi sono state escluse le donne diabetiche oppure che avevano assunto antidepressivi diversi dagli Ssri”, spiegano gli scienziati. I dati raccolti indicano la possibilità di insorgenza di due difetti associati al consumo di fluoxetina, ovvero malformazioni della parete cardiaca e forma del cranio irregolare con fusione prematura di una o più suture craniche (craniosinostosi). Sono stati confermati anche alcuni difetti alla nascita in precedenza associati al trattamento con paroxetina, vale a dire malformazioni cardiache, anencefalia e difetti della parete addominale. “Questi risultati suggeriscono che alcune malformazioni alla nascita sono più frequenti tra i bambini nati da donne trattate con paroxetina o fluoxetina all'inizio della gravidanza”, conclude Reefhuis.
Un altro studio dell'Università di Montreal dimostra il pericolo di ipertensione arteriosa nelle donne che in gravidanza assumono gli inibitori selettivi della serotonina. L’ipertensione è un fenomeno da tenere in seria considerazione durante una gravidanza; è, infatti, uno dei sintomi che caratterizzano la gestosi e che può condurre alla preeclampsia, condizione grave che mette in serio pericolo feto e madre. La ricerca è stata pubblicata sul British Journal of Clinical Pharmacology e ha analizzato 1.216 donne, rilevando un aumento dell’incidenza complessiva di ipertensione dal 2 a circa il 3,2 per cento per l'assunzione di antidepressivi con un innalzamento del rischio relativo pari al 60 per cento. "Questi risultati rivelano i rischi attribuibili al trattamento farmacologico antidepressivo contro depressione e disturbi d'ansia", ha spiegato il ricercatore senior, Anick Berard, medico al Centro di Ricerca Sainte-Justine e docente presso la Facoltà di Farmacia a Montreal. "La questione è particolarmente importante - ha continuato - dato che gli antidepressivi sono i farmaci più comunemente usati durante la gravidanza. Le donne incinte colpite da depressione sono circa il 20 per cento e oscillano tra il 4 e il 14 per cento quelle che in gravidanza assumono antidepressivi. L'ipertensione indotta dalla gravidanza è una condizione grave che può influire direttamente sulla madre e il nascituro. Tuttavia, non vogliamo dire alle donne incinte di interrompere l'assunzione di antidepressivi - ha concluso Berard - ma spingerle piuttosto ad una valutazione più attenta del rapporto tra rischi e benefici".
Secondo una precedente ricerca pubblicata sul British Medical Journal, la somministrazione di Fluoxetina è associata a un rischio maggiore di avere un bambino con ipertensione polmonare persistente, che ha come possibile conseguenza l'insorgere di difficoltà respiratorie. La patologia, inoltre, è spesso legata ad insufficienza cardiaca. Helle Kieler, responsabile del Centro di Farmaco-epidemiologia presso il Karolinska University Hospital di Stoccolma, spiega: “Le donne trattate in gravidanza con questa tipologia di antidepressivi hanno mostrato un rischio doppio di avere bambini con ipertensione polmonare persistente''. I ricercatori hanno analizzato i dati di circa 1 milione di neonati partoriti fra il 1996 e il 2007 nei paesi scandinavi e in Islanda. Ma l'allarme è lanciato anche da una delle case produttrici, la GlaxoSmithKline, che riguardo l'uso della paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza ha sottolineato un possibile nesso con l'insorgenza di malformazioni cardiache fetali. Una revisione retrospettiva avviata dalla ditta produttrice ha evidenziato infatti che l'assunzione dell'antidepressivo durante il primo trimestre di gravidanza comporta un aumento del rischio di malformazioni fetali. 
L'azienda farmaceutica Glaxo-SmithKline ha informato che "i dati indicano che il rischio di partorire un neonato con un difetto cardiovascolare, a seguito dell'esposizione materna alla paroxetina, è inferiore al 2 per cento”. “A fronte del rischio atteso pari a circa l'1 per cento nella popolazione generale". Da qui la raccomandazione: "Il medico dovrà valutare la scelta di trattamenti alternativi in donne in gravidanza o che stiano pianificando una gravidanza". Una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine dagli esperti del Brigham and Women’s Hospital di Boston giunge invece a conclusioni più rassicuranti. Il rischio di malformazione per il nascituro sarebbe solo lievemente più alto della norma, e quindi l’uso degli antidepressivi sarebbe auspicabile quando le condizioni della donna lo rendessero necessario. I ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti dall’assicurazione pubblica Medicaid, in base ai quali il 7 per cento delle donne ha assunto antidepressivi in gravidanza. Da una prima analisi è emerso che il rischio di malformazione cardiaca cresceva del 25 per cento. Tuttavia, l’analisi è stata successivamente raffinata tenendo conto di altri fattori di rischio tipici delle donne depresse, ovvero l’uso di alcol, fumo e droghe. A questo punto l’aumento del rischio è sceso al 6 per cento. "Il 10-15 per cento delle donne in gravidanza è affetta da depressione, quindi il problema se i farmaci sono o no sicuri è stringente”, spiegano gli autori.
Ricerche precedenti, tuttavia, sono giunte a conclusioni opposte. Uno studio condotto dal Beth Israel Deaconess Medical Center e pubblicato su Human Reproduction sottolinea come l'uso degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri) si associ a un rischio piuttosto alto di interruzioni di gravidanza, complicanze post-parto e nascite premature. Alice Domar, una delle autrici della ricerca, spiega: “depressione e infertilità sono due condizioni delicate che spesso vanno a braccetto, ma gli antidepressivi devono essere usati con molta cautela, mentre si sta tentando di rimanere incinta". I ricercatori hanno realizzato una meta-analisi di studi già pubblicati sull'argomento, scoprendo in primo luogo che gli antidepressivi diminuiscono le possibilità di rimanere incinta, e che aumentano invece il rischio di aborto.

 

http://www.bmj.com/content/351/bmj.h3190

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1365-2125.2012.04196.x/abstract

http://www.bmj.com/content/344/bmj.d8012

http://humrep.oxfordjournals.org/content/28/4/1146.full

31-07-2015

Un’altra ricerca dimostra che la chemioterapia può danneggiare le cellule sane in modo tale che cominciano a secernere una proteina che non solo protegge le cellule tumorali e promuove la loro sopravvivenza, ma induce inoltre tumori resistenti a ulteriori trattamenti chemioterapici. Nonostante 50 anni di “guerra al cancro”, i farmaci non stanno ottenendo i risultati previsti nei confronti della malattia. Il cancro è una malattia prodotta dall’uomo e l’approccio tradizionale non riesce ad affrontare questioni legate allo stile di vita, come ottimizzazione del consumo di alimenti, mancanza di esposizione al sole, tecnologie wireless che perturbano il DNA, mancanza di sonno, obesità, ed esposizioni chimiche di tutti i tipi.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed?term="Nature"%5BJour%5D+AND+2012%5Bpdat%5D+AND+Grivennikov%5Bauthor%5D&cmd=detailssearch

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed?term="Nature+medicine"%5BJour%5D+AND+2012%5Bpdat%5D+AND+Nelson%5Bauthor%5D&cmd=detailssearch

31-07-2015

Ci sono alcuni alimenti che se mangiati continuamente o esagerando possono concorrere all’invecchiamento. La dietologa e fondatrice del sito Shape Me, Susie Burrell, ne ha elencati alcuni svelando quelli che possono favorire l‘invecchiamento, per sottolineare la tesi legata alla correlazione tra tavola ed età che avanza. Tra questi vi sono i succhi di frutta, che pur essendo più salutari dei dolci, sono in realtà estremamente acidi, fattore che va a danneggiare lo smalto dei denti; inoltre contengono il corrispettivo di più di sei cucchiaini di zucchero in ogni singolo bicchiere. Ciò significa che berne troppi fa innalzare i livelli di insulina nel sangue, e questo provoca infiammazioni e aumento di peso.

 

http://www.dailymail.co.uk/femail/article-3127453/From-pizza-packet-soups-muffins-banana-bread-foods-AGEING-faster-revealed.html

30-07-2015

Una dieta ricca in zucchero e cereali è una prescrizione per l’ipertensione, le malattie cardiache e il diabete. L’eccesso di fruttosio nella dieta è il colpevole principale per la pressione alta e malattie cardiache grazie ai suoi effetti disastrosi sui livelli di insulina. Se c’è ipertensione, è molto probabile che ci sia anche resistenza all’insulina e livelli di zucchero nel sangue instabili. Come aumenta l’insulina, così fa la pressione del sangue, in quanto le due condizioni di solito vanno di pari passo. La prevenzione primaria per l’ipertensione dovrebbe derivare dalla modifica della dieta e dello stile di vita, tra cui l’ottimizzazione del rapporto dei grassi omega-3 e omega-6 e il livello di vitamina D. Un esercizio fisico adeguato è un altro requisito fondamentale per abbassare la pressione sanguigna e prevenire la resistenza all’insulina. Una volta apportate le modifiche dello stile di vita necessarie, si possono prendere in considerazione alcuni integratori alimentari chiave, tra cui L-arginina, vitamina D3 orale, calcio, magnesio e vitamine C ed E, a seconda delle vostre esigenze.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20595676

http://abcnews.go.com/WN/secret-lowering-blood-pressure-breathing-exercises/story?id=11656769#.T-HXUI5yQc4

http://hyper.ahajournals.org/content/30/2/150.full

Giovedì, 30 Luglio 2015 05:55

EFFETTI DEL TE’ VERDE SULLA PROSTATA.

30-07-2015

I risultati di uno studio clinico presentati al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) tenutosi di recente a Chicago, indicano che il tè verde svolge un’efficace azione di prevenzione contro lo sviluppo del tumore della prostata. Il tè verde è diffusamente consumato nei paesi asiatici dove il tasso di morte per tumore della prostata è tra i più bassi al mondo. Inoltre, l’incidenza di questa patologia sembra aumentare negli asiatici che, emigrando, modificano le loro tradizioni alimentari. Gli studi hanno evidenziato che le epigallocatechin-gallato (EGCg), le catechine più potenti e abbondanti del tè verde, possono inibire la crescita, la motilità e la capacità invasiva delle cellule cancerose e stimolarne la morte. Lo studio in oggetto ha valutato se un anno di somministrazione di catechine del tè verde (200 mg di un mix di catechine 2 volte al giorno) fosse in grado di bloccare la progressione del cancro della prostata in soggetti con neoplasia intraepiteliale ad alto rischio (HGPIN) o con proliferazione atipica di ammassi di cellule ghiandolari (ASAP). Il prodotto è stato somministrato a 49 uomini e il placebo a 48 altri soggetti, osservando al termine della sperimentazione, solo nel gruppo del tè verde con proliferazione atipica di cellule ghiandolari, un tasso significativamente minore di sviluppo del cancro rispetto al placebo. Non solo. Sempre nel medesimo gruppo i livelli di antigene prostatico specifico (PSA) erano molto più bassi, indice di una riduzione del rischio di sviluppare cancro della prostata.
Il consumo di tè verde è associato a benefici in termini di protezione antiossidante, riduzione del peso e grasso corporeo, omeostasi del glucosio e rischio cardiovascolare e numerosi studi suggeriscono un’associazione tra consumo di tè verde e ridotta incidenza di cancro. Le EGCG inibiscono l’angiogenesi e le metastasi e inducono l’arresto della crescita e l’apoptosi. Inoltre aumentano l’attività di alcuni enzimi detossificanti e proteggono l’organismo dagli effetti deleteri di inquinanti e composti cancerogeni.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25873370

http://cancerpreventionresearch.aacrjournals.org/content/early/2015/04/14/1940-6207.CAPR-14-0324.abstract

Giovedì, 30 Luglio 2015 05:53

CUORE PIU’ A RISCHIO PER CHI VIVE DA SOLO.

30-07-2015

Meglio soli che male accompagnati? Quando si tratta di cuore, la risposta è no. Vivere per conto proprio aumenta infatti il rischio di patologie cardiovascolari, secondo una ricerca danese pubblicata sulla rivista scientifica americana “Journal of epidemiology and community health”. Lo studio, condotto su 138.000 persone in Danimarca per due anni, sostiene che raddoppierebbe il pericolo di angina, infarto o morte cardiaca improvvisa.Interessata sarebbe soprattutto la popolazione in età compresa tra i 30 ed i 69 anni. 
La ricerca danese ha osservato che i fattori più significativi nel predire sindromi cardiache acute sono l’età e il vivere per conto proprio. Naturalmente, non è tanto il fatto di vivere da soli che aumenta i rischi, ma le abitudini non igieniste che acquisiscono i single: fanno meno esercizio fisico, mangiano più grassi, fumano di più, vanno a letto più tardi. Secondo gli esperti che hanno esaminato lo studio, le persone più a rischio nella fascia di età considerata sono le donne sopra i 60 anni e gli uomini over 50. E a risultare ancora più frequenti, rispetto agli episodi di angina o infarto tra i single, sono i casi di morte cardiaca improvvisa. Il motivo? La mancanza di qualcuno che chiami un’ambulanza.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2006/07/060714082958.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2006-07/bsj-pla071106.php

29-07-2015

Uno studio aggiunge evidenza al fatto che lo squilibrio degli acidi grassi nella dieta americana tipica potrebbe essere associato ad un aumento netto degli infarti e depressione nel corso del secolo scorso. Più la gente presenta valori ematici elevati dei grassi omega-6 rispetto ai grassi omega-3, più alte sono le probabilità di soffrire di depressione e di avere livelli elevati ematici di sostanze pro-infiammatorie. Le sostanze pro-infiammatorie, come il tumor necrosis factor alfa e l’interleukina-6, sono state collegate all’infarto, al diabete tipo 2, all’artrite e ad altre patologie.
I grassi omega-3 sono presenti in alimenti quali pesci, olio di semi di lino e noci. I grassi omega-6 si trovano negli oli vegetali raffinati, che in tempi moderni, sono usati in molti prodotti che variano dalla margarina ai prodotti di pasticceria/panetteria e agli snack. La quantità di grassi omega-6 nella dieta occidentale è aumentata notevolmente quando gli oli vegetali raffinati sono entrati a far parte della dieta all’inizio del 20esimo secolo.

COMMENTO

I collegamenti fra omega-3 e prevenzione della depressione, infarto e molte altre patologie stanno diventando più chiari ogni giorno che passa. Questo studio ha indicato, tra l’altro, che sei pazienti diagnosticati per depressione avevano una quantità di grassi omega-6 ematici quasi 18 volte superiore alla norma. Infatti, i ricercatori hanno notato che depressione e dieta disequilibrata andavano in parallelo, ovvero che coloro che invece seguivano una dieta ricca in alimenti nutrienti generalmente evitavano tutto ciò.
Sebbene i nostri antenati utilizzassero una dieta ben equilibrata, in cui i grassi omega-6 e omega-3 erano approssimativamente uguali (circa un rapporto di 1:1), la nostra dieta occidentale attuale è troppo ricca in grassi omega-6. Il rapporto omega-6/omega-3 ora è vicino a 20:1, ma spesso anche a 50:1. Questo è un motivo in più per assumere integratori come fonte di omega-3.

 

http://www.reuters.com/article/2007/04/17/us-fatty-acid-idUSCOL76158120070417

29-07-2015

Volete perdere qualche chilo ma non volete faticare in palestra o seguire una dieta rigorosa? Per voi arriva un metodo molto particolare che secondo molte testimonianze sembrerebbe funzionare per davvero. Basta andare a dormire con i calzini bagnati poiché in questo modo si stimolerebbe la circolazione sanguigna e il sistema immunitario durante la notte. In pratica, è come se si stesse facendo una specie di idroterapia. A proporre questa tecnica “naturale” è stata la dottoressa Katie Corazzo, che ha spiegato tutti i passaggi da eseguire sul suo sito, Mind Body Green, per avere degli ottimi risultati. Prima di andare a dormire, bisogna immergere un paio di calzini di cotone in acqua fredda, strizzarli e poi metterli in frigorifero. Successivamente, si dovranno mettere i piedi in un secchio di acqua bollente per 15 minuti e, dopo averli asciugati, si potranno indossare i calzini freddi. Per avere dei buoni effetti, questi ultimi dovranno essere coperti con delle calze di lana. A questo punto, si potrà andare a dormire. Questa tecnica, secondo la dottoressa, sarebbe anche un rimedio efficace contro i primi sintomi di raffreddore o contro i problemi di insonnia. Katie Corazzo ha infatti spiegato: “Dopo essere andati a dormire con i calzini bagnati, i vostri piedi faranno tutto il lavoro. I vasi sanguigni si restringono quando i piedi si raffreddano e, in questo modo, agli organi del nostro corpo arriveranno solo le sostanze nutritive buone”.
L’Heartland Naturopathic Clinic afferma che si tratta di una semplice tecnica di idroterapia. In ogni caso, sarebbero molte le testimonianze in giro per il web che confermano che il “trattamento dei calzini bagnati” riesce ad avere davvero degli ottimi risultati. La blogger Lisa Zahn lo ha provato per curare la bronchite senza antibiotici e al suo risveglio ha notato che la tosse era diminuita. Jerica, che gestisce un sito chiamato Sustain, Create e Flow, lo ha definito più efficace di altri rimedi naturali per dimagrire. Insomma, per stabilire se ha realmente degli effetti benefici sul corpo non ci resta che provare a passare la notte con dei calzini bagnati.

28-07-2015

Una dieta chetogenica, che invita a ridurre al minimo l’utilizzo di carboidrati e la loro sostituzione con grassi sani e moderate quantità di proteine di alta qualità, è in grado di offrire un’ulteriore speranza contro il cancro, sia per la prevenzione che per il trattamento. Le cellule normali hanno la flessibilità metabolica di adattarsi a produrre glucosio tramite la produzione di corpi chetonici. Le cellule tumorali non hanno questa capacità per cui, quando si riducono i carboidrati a solo verdure non amidacee, esse muoiono di fame. Il cancro può essere più accuratamente classificato come una malattia metabolica mitocondriale. Poche persone ereditano i geni che predispongono al cancro (piuttosto ereditano i geni che impediscono il cancro), ma ereditano mutazioni che tipicamente disturbano la funzione dei mitocondri. Si pensa che i mitocondri, i principali generatori di energia nelle vostre cellule, siano il punto centrale di origine di molti tumori. I mitocondri possono essere danneggiati non solo da mutazioni ereditarie, ma anche da una grande varietà di fattori ambientali e tossine. Il digiuno ha notevoli benefici per la salute e rafforza i sistemi della rete mitocondriale in tutto il corpo. Finché i mitocondri rimangono sani e funzionali, è molto improbabile che si svilupperà il cancro.

 

http://www.biomedcentral.com/content/pdf/1743-7075-7-7.pdf

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0005272810006857/

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