Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Mercoledì, 28 Novembre 2018 16:56

NIACINA: LA VITAMINA DEL CUORE.

29-11-2018

Nel 77° Congresso dell'American Heart Association tenutosi nel 2004 a New Orleans, è stato presentato il primo studio clinico che documenta che l'aggiunta di niacina (1000 mg al giorno) alle statine è superiore alla terapia con sole statine. Lo studio, Arterial Biology for the Investigation of the Treatment Effects of Reducing Cholesterol (ARBITER-2), in doppio cieco randomizzato, ha arruolato 167 pazienti con malattia coronarica e basso livello di colesterolo HDL, di età media 74 anni, per 24 mesi. I risultati di questo studio hanno evidenziato nei pazienti che avevano assunto niacina un aumento del colesterolo HDL del 21%, un miglioramento dei trigliceridi e la riduzione del 60% degli eventi coronarici. Inoltre, nel gruppo in trattamento con niacina non si è assistito alla progressione dello spessore intima-media, diversamente dal gruppo placebo, dove lo spessore tendeva ad aumentare. In un altro studio, il Coronary Drug Project (CDP), è stato esaminato per 6 anni l'effetto dell'acido nicotinico (3 g al giorno) sulle malattie cardiovascolari in 8.000 uomini con precedenti di infarto del miocardio. Rispetto al gruppo placebo, il gruppo che aveva assunto acido nicotinico ha mostrato una riduzione media del 10% nel colesterolo totale, del 26% nei trigliceridi, del 27% nell'infarto del miocardio non fatale ricorrente e del 26% negli eventi cerebrovascolari (ictus + attacchi ischemici transitori). Sebbene la terapia con niacina non abbia diminuito le morti totali o quelle da malattie cardiovascolari nel periodo dei 6 anni dello studio, il follow-up di 9 anni post-studio ha rilevato il 10% di riduzione delle morti totali nel gruppo trattato con acido nicotinico. In questo trial l'acido nicotinico ha mostrato di aumentare in maniera marcata il colesterolo HDL, di diminuire le concentrazioni ematiche di lipoproteina-a e trasformare le LDL in componenti meno dannosi per il sistema cardiovascolare.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15537681

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3782631

26-02-2017

Succo d'ananas puro al 100% al posto del liquido di contrasto. A Bologna questo ingrediente alimentare con un'applicazione inusuale ha sostituito il liquido di contrasto Lumiren nelle radiografie. All'ospedale Sant'Orsola la decisione fa parte della spending review e di un vero e proprio piano di razionalizzazione delle spese. Gli esperti hanno concordato che il comune liquido di contrasto per le radiografie è perfettamente sostituibile con il succo d'ananas. I risultati dal punto di vista dell'esecuzione degli esami saranno identici. Il beneficio per l'ospedale bolognese riguarda soprattutto i costi. Infatti una fornitura annuale di liquido di contrasto Lumiren costa ben 14 mila euro. Mentre la stessa quantità di succo d'ananas avrà un costo di soli 380 euro.
Il succo d'ananas verrà utilizzato come liquido di contrasto sia nelle radiografie che nelle risonanze magnetiche anche nel corso del prossimo anno, come già avvenuto negli ultimi dodici mesi, in via sperimentale, in cui il risparmio è risultato evidente. Gli esperti sarebbero a conoscenza da tempo della possibilità di sostituire il liquido di contrasto con dei succhi di frutta. Non soltanto succo d'ananas, ma anche succo di mirtillo nero, d'uva, di mora e di barbabietola rossa. A Bologna è la prima volta che un semplice succo di frutta sostituisce un farmaco. Segno che, di nuovo, è la natura ad offrici le soluzioni più semplici, economiche e meno dannose per la salute?
"L'abbiamo scoperto" – ha spiegato Marco Storchi, responsabile dei servizi di supporto alla persona del Policlinico - "parlando con medici e radiologi, cuochi e dietisti, cioè mettendo in connessione le diverse professionalità presenti nel policlinico". Il vantaggio per i pazienti è innegabile. Potranno sostituire un buon succo di frutta all'ananas ad un liquido di contrasto composto da metile, ferro e propile paraidrossibenzoato, a vantaggio della loro salute e del loro palato. La novità arriverà presto anche in altri ospedali italiani?

12-03-2016

Il NADH (nicotinamide adenin dinucleotide ridotto), chiamato anche coenzima 1, è un cofattore essenziale per lo sviluppo e la crescita cellulare e per la produzione di ATP. Il NADH è un coenzima di derivazione vitaminica (vitamina B3) presente in numerosi enzimi che partecipano alle reazioni del metabolismo energetico, disponibile in tutte le cellule degli organismi viventi. Il NADH si trova prevalentemente in carne, pollame e pesce, ma la maggior parte di esso va incontro a degradazione con la cottura e, in caso di particolari condizioni fisiologiche e con il progredire dell’età, la sua presenza tende a ridursi sensibilmente. A partire dall’aminoacido tirosina, il NADH contribuisce alla formazione di dopamina e ne contrasta l’autossidazione, prevenendo il possibile danneggiamento di alcune aree del cervello.

STIMOLAZIONE DELL’ENERGIA A LIVELLO CELLULARE

Tra i sintomi più evidenti legati alla carenza di NADH, troviamo un diffuso senso di spossatezza ricollegabile a una minore disponibilità di energia a livello cellulare. In una sperimentazione clinica condotta su soggetti affetti da sindrome da affaticamento cronico (CFS) ai quali era stata somministrato NADH (10 mg/die), il 31% dei soggetti, dopo 4 settimane di trattamento, riportò la diminuzione dell’astenia e della debolezza, con un significativo miglioramento della sintomatologia correlata (mal di testa, mal di gola, disturbi del sonno); il restante 81%, dopo un anno di trattamento, continuò a trarre benefici dalla supplementazione, in particolare a favore delle funzioni energetico/cognitive. Altri studi condotti sulla depressione, condizione in molti casi ricollegabile alla riduzione dei livelli di dopamina e/o noradrenalina, hanno riportato risultati soddisfacenti con la somministrazione di NADH, in virtù del suo ruolo svolto nella sintesi della dopamina, stimolando la naturale produzione dei neurotrasmettitori norepinefrina e serotonina.
Altri studi pilota hanno inoltre testato l’efficacia del NADH tra gli atleti per verificare l’andamento delle loro performance, fornendo risultati molto interessanti su atleti professionisti. È stato osservato, infatti, il miglioramento sia nelle sessioni di allenamento prolungate, che in quelle più intense e di minor durata. Anche i soggetti che praticano attività sportiva moderata, rilevano evidenti effetti sul ricambio energetico cellulare e sul rendimento dopo un mese di trattamento con 5 mg/die di NADH. Negli individui sani, durante particolari condizioni di affaticamento mentale e fisico accompagnato da perdita di concentrazione e di memoria e scarsa resistenza alla fatica, l’assunzione di NADH può apportare benefici effetti, fornendo un apporto energetico supplementare di pronto utilizzo.

PROTEZIONE ANTIOSSIDANTE

La presenza di agenti nocivi per la salute delle cellule può danneggiare la membrana cellulare e i mitocondri, organi cellulari nei quali viene prodotta l'energia e il materiale genetico della cellula. Il NADH, insieme all'acido alfa-lipoico, è in grado di amplificare l'attività protettiva nei confronti di una vasta gamma di radicali liberi, attuando meccanismi di difesa nei confronti dei radicali perossidi, molecole ritenute responsabili di svariate disfunzioni neurologiche e cardiovascolari, prevenendo lo sviluppo di processi degenerativi. Lo dimostrano gli studi condotti su pazienti affetti dal Morbo di Parkinson e/o di Alzheimer che, assumendo tale sostanza, hanno avuto esiti incoraggianti nel miglioramento di capacità motoria, locuzione, postura e comportamentale, osservabili anche nei casi più gravi. Il NADH, insieme al coenzima Q10, esplica un'azione antiossidante che contribuisce a rallentare i processi degenerativi cellulari, proteggendo il muscolo cardiaco e migliorando il percorso biochimico della respirazione.

POTENZIAMENTO DELLE DIFESE IMMUNITARIE

Il NADH e l’acido alfa-lipoico sono direttamente coinvolti nel sistema immunitario. Durante il processo di eliminazione di batteri e virus da parte di macrofagi, si verifica un marcato incremento dell’attività metabolica, in particolar modo quella che prevede il consumo di ossigeno, che richiede ampie riserve di NADH. Pertanto la disponibilità di NADH a livello cellulare è in grado di rafforzare i naturali meccanismi di difesa dell’organismo e, insieme all’integrazione con acido alfa-lipoico, previene la replicazione del virus.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10071523

http://www.enadh.com/wp-content/uploads/2010/11/TheCoenzymNictinamide.pdf

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8834355

Martedì, 27 Novembre 2018 09:25

COENZIMA Q10 PER L’EMICRANIA.

28-11-2018

Un'equipe di ricercatori svizzeri dell'Headache and Pain Unit dell’University Hospital Zurich ha verificato l’azione del coenzima Q10 (alla dose di 100 mg x 3 volte al giorno) durante uno studio in doppio cieco, randomizzato contro placebo, in 42 soggetti sofferenti di emicrania. Il trattamento con il coenzima Q10 è risultato efficace e ben tollerato: nel corso dei tre mesi di integrazione, il coenzima Q10 è risultato superiore al placebo riguardo alla frequenza degli attacchi, al numero di giorni con emicrania e a quelli con nausea. Il 47,6% dei soggetti trattati con coenzima Q10 ha ridotto del 50% le crisi emicraniche, in raffronto al solo 14,4% del gruppo placebo.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15728298

28-11-2018

Le persone non lo sanno, ma la carenza di zinco è più diffusa di quanto non si immagini: una persona su tre potrebbe soffrirne senza rendersene conto. Un’insufficiente assunzione di questo elemento può portare a gravi squilibri nel nostro organismo, e sembra inoltre che favorisca l’insorgere di malattie degenerative. Lo zinco è infatti un minerale importantissimo per rimanere in salute. Partecipa allo svolgimento di diverse funzioni del nostro organismo e aiuta a stimolare l’attività di 100 enzimi differenti. Concorre nello sviluppo della risposta immunitaria, per una corretta e veloce guarigione delle ferite, favorisce la salute della pelle e degli organi genitali. Regola inoltre l’azione dell’ormone della crescita. Vediamo allora quali sono i sintomi legati a una carenza di zinco nell’organismo e come intervenire.

SINTOMI DI UNA CARENZA DI ZINCO

Non è semplice riuscire a riconoscere subito i sintomi di una carenza di zinco, visto che sono simili a quelli legati ad altre problematiche e, quindi, possono essere scambiati facilmente per qualcos’altro. Ecco quali sono:

• Alterazioni della pelle, come smagliature, eczemi o acne.
• Diminuzione della risposta immunitaria: ci si ammala più di frequente e si è maggiormente soggetti alle infezioni.
• Macchie sulle unghie (macchie bianche). Le unghie possono essere un indicatore di diverse malattie, tra cui anche la carenza di zinco che genera la formazione di macchie bianche sulla superficie.
• Fragilità capillare.
• La stanchezza può essere collegata a varie problematiche, tra cui una carenza di ferro, ma è anche uno dei sintomi della carenza di zinco.
• Lenta cicatrizzazione delle ferite, di qualsiasi genere, anche di un piccolo taglietto.
• Ritardo nella crescita, soprattutto quella dei bambini, visto che lo zinco regola la funzionalità dell’ormone preposto allo sviluppo.
• Scarso appetito.
• Problemi di sonno.
• Problemi mestruali o livelli bassi di testosterone, in base al genere.

Per fortuna, quasi sempre, le carenze di nutrienti possono essere corrette attraverso l’alimentazione. Sono diversi i cibi che possono aiutarci in caso di carenza di zinco. In genere, si sa che questo minerale è presente in ostriche e pesci come aringhe e sardine, ma ci sono anche diversi alimenti di origine vegetale che lo contengono. Ad esempio, i cereali integrali, i legumi, noci e semi. Attenzione però ai vostri abbinamenti. L’assorbimento di zinco, infatti, potrebbe essere contrastato da fitati e ossalati. Anche i semi di zucca possono essere una buona fonte di zinco. In alternativa, comunque, potete trovare diversi integratori naturali.

Lunedì, 26 Novembre 2018 17:34

IL GUARANA' STIMOLA IL METABOLISMO.

19-03-2016

Il guaranà (Paullinia cupana) è un arbusto rampicante ampiamente diffuso nel bacino settentrionale del Rio delle Amazzoni, conosciuto in tutto il mondo per le sue proprietà toniche, energetiche e stimolanti. Della pianta sono utilizzati i semi che, una volta sgusciati, vengono macerati in acqua, essiccati, tostati e macinati. La pasta che si ottiene viene poi affumicata ed è pronta per l’utilizzo. Il guaranà è molto popolare in Brasile e in Venezuela, dove è impiegato per la preparazione di bevande toniche e stimolanti, che vengono consumate, come il caffè o il tè, in grande quantità.

AZIONE DIMAGRANTE

Il guaranà è una pianta ricca di basi puriniche, in particolare di caffeina, xantina, ipoxantina e presenta tracce di teofillina, teobromina, adenina e guanina. Contiene anche polifenoli e proantocianidoli dimeri del gruppo B. La caffeina è un importante alcaloide xantinico presente anche in caffè, cola, tè e matè, che agisce soprattutto su sistema nervoso centrale, apparato cardiovascolare, apparato respiratorio e funzione renale. Gli alcaloidi sono composti vegetali fisiologicamente molto attivi e generalmente agiscono sull'organismo a dosi piccole. Nei confronti del SNC la caffeina provoca un lieve eccitamento corticale, favorendo la percezione delle eccitazioni sensoriali, l'associazione di idee e il lavoro intellettuale, riducendo la sensazione di fatica e di fame. Questi effetti sono dovuti a una maggiore irrorazione sanguigna della corteccia conseguente a un'attività dilatatrice dei vasi cerebrali. La caffeina svolge un'azione efficace di aumento del metabolismo cellulare e favorisce l'idrolisi dei trigliceridi in acidi grassi e glicerolo. L'azione del guaranà è simile a quella del caffè, rispetto al quale è notevolmente più ricco in tannini e in caffeina (2-5 volte). Si calcola, infatti, che il tempo di stimolazione del guaranà sia il doppio di quello provocato dal caffè o dal tè. Si ritiene giustificabile il suo utilizzo come supporto dietetico in caso di programmi di riduzione del peso corporeo per il suo alto contenuto in caffeina e il suo impiego come diuretico e cardiotonico, così come stimolante del sistema nervoso centrale.

AZIONE TONICO-STIMOLANTE

La caffeina (contenuta nel guaranà) provoca l'eccitazione del SNC e dell'apparato neuromuscolare, con un aumento dell'attenzione e della memoria. La somministrazione orale di caffeina a un gruppo di volontari ha dimostrato di aumentare il livello di vigilanza e il tempo di reazione visivo già alla dose più bassa (12,5 mg). L'estratto di guaranà ha dimostrato di aumentare la resistenza fisica dell'organismo a un eccesso di lavoro o a una situazione particolarmente stressante. L'effetto ottenuto è legato a un'aumentata disponibilità di glucosio e a un effetto stimolante che favorisce le funzioni cognitive. Se ne suggerisce quindi l'uso negli anziani con deficit di memoria o nei giovani sottoposti a sovraffaticamento fisico e psichico. In alcune sperimentazioni ha mostrato la capacità di aumentare la forza di contrazione della fibra muscolare, in particolare quando il muscolo è affaticato. Sempre grazie all'azione della caffeina sul SNC, è stata osservata un'interessante attività analgesica. In uno studio effettuato su 301 soggetti, la sua somministrazione, associata a ibuprofene, ha dimostrato di essere più efficace contro la cefalea muscolo-tensiva rispetto alla sola assunzione di ibuprofene. I risultati hanno evidenziato che oltre il 70% dei soggetti si sentiva libero dai sintomi solo assumendo i due principi contemporaneamente.

AZIONE CARDIOVASCOLARE

A livello cardiovascolare il guaranà esplica azioni inotropa e cronotropa positive, aumenta il consumo miocardico di ossigeno e ha una moderata azione vasodilatatrice periferica e diuretica. La caffeina (principio attivo) favorisce la diuresi, secondo il meccanismo generale dei diuretici purinici e migliora l'eliminazione di cloruri, urea e creatina. Nei soggetti normotesi e a bassi dosaggi, non si verificano modificazioni della pressione sanguigna conseguenti all'assunzione di caffeina, ma può esservi un aumento nei casi in cui la pressione sia anormalmente diminuita.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16182414

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11014413

27-11-2018

Il magnesio è il quarto minerale più abbondante nel corpo. Ci sono più di 3.750 siti di legame per il magnesio nelle proteine umane, e più di 300 enzimi che utilizzano il magnesio per un corretto funzionamento. Il cuore ha il più alto fabbisogno di magnesio di qualsiasi altro organo, in particolare il ventricolo sinistro. Con quantità insufficienti di magnesio, il cuore non può funzionare correttamente. L’assunzione di magnesio nella dieta è inversamente proporzionale al rischio di malattie cardiovascolari. Il magnesio nel siero è anche inversamente associato a calcificazione coronarica, mentre un’assunzione elevata di magnesio è inversamente associata a un potente marker infiammatorio.

 

http://www.medicinenet.com/script/main/art.asp?articlekey=196928

http://www.medicalnewstoday.com/articles/311571.php

https://authoritynutrition.com/10-foods-high-in-magnesium/

https://nutritionj.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12937-016-0143-3

16-01-2016

I cuscini paracolpi utilizzati dai genitori per evitare che i neonati sbattano la testa sulle sponde del lettino andrebbero vietati. Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Pediatrics, infatti, sarebbero responsabili di alcune morti sospette. L'analisi è stata coordinata dal professore di Pediatria Bradley Thach, che insegna presso la Washington University School of Medicine di St. Louis. Il prof. Thach spiega: «Le 23 morti segnalate dal 2006 al 2012 sono tre volte superiori alla media di 8 decessi riportati in ciascuno dei due settennati precedenti. I cuscini paracolpi sono più pericolosi di quanto si pensi, e le morti che abbiamo osservato avrebbero potuto essere evitate se i lettini fossero stati vuoti». Stando ai dati, ben 48 decessi infantili dal 1985 al 2012 sarebbero attribuibili ai cuscini paracolpi, mentre altri 146 bambini hanno rischiato di morire perché quasi soffocati dall'accessorio o strangolati dai laccetti usati per legarlo alle sponde del lettino. I bambini morti avevano un'età media di 4,6 mesi. Nella maggior parte dei casi, la morte è sopravvenuta per soffocamento, con la testa coperta da un cuscino o incastrata fra cuscino e materasso. Gli esperti raccomandano di seguire l'esempio dello stato del Maryland, dove i cuscini paracolpi sono stati vietati. Stesso consiglio viene dall'American Academy of Pediatrics, dalla Canadian Pediatric Society, dai National Institutes of Health (Nih) e dal Centro di controllo e prevenzione malattie (Cdc). «Il divieto rafforzerebbe il messaggio che nei lettini dei bambini non deve esserci alcunché di morbido, materasso a parte. Solo in questo modo potranno essere evitati molti decessi», conclude Thach.

 

http://www.jpeds.com/article/S0022-3476(15)01284-6/abstract

http://www.npr.org/sections/health-shots/2015/11/25/457285189/to-reduce-infant-deaths-doctors-call-for-a-ban-of-crib-bumpers

http://news.wustl.edu/news/Pages/Study-shows-increase-in-deaths-attributed-to-crib-bumpers.aspx

27-11-2018

Nuove scoperte genetiche supportano l’evidenza che bassi livelli di vitamina D sono associati ad un aumentato rischio di sclerosi multipla. Lo studio, condotto da Brent Richards presso la McGill University in Canada, è stato pubblicato sulla rivista PLoS Medicine. La sclerosi multipla è una malattia autoimmune debilitante che si sviluppa di solito, tra i 20 e 40 anni di età. Non esiste una cura nota per la sclerosi multipla. Anche se alcune evidenze osservative suggeriscono che ci potrebbe essere un legame tra bassi livelli di vitamina D e rischio di sclerosi multipla, è difficile dedurre una relazione causale perché le persone che hanno sviluppato la sclerosi multipla potrebbero condividere un’altra caratteristica sconosciuta che aumenta il rischio di sclerosi multipla (questo è noto come confondimento).
I ricercatori hanno usato una tecnica genetica chiamata randomizzazione mendeliana per ridurre la possibilità di confondimento ed hanno indagato per verificare se esiste una associazione tra livelli di vitamina D geneticamente ridotti (misurata dal livello di 25-idrossivitamina D, il determinante clinico della vitamina D) e la suscettibilità alla sclerosi multipla, tra i partecipanti allo studio internazionale, il Genetics Consortium, che ha coinvolto 14.498 persone con sclerosi multipla e 24.091 controlli sani. Gli autori hanno scoperto che una diminuzione genetica del livello di vitamina D è associata con un 2 volte un aumento del rischio di sclerosi multipla. Gli autori concludono: “Livelli di vitamina D geneticamente ridotti sono fortemente associati con maggiore suscettibilità alla sclerosi multipla. Per verificare se la vitamina D può ritardare o prevenire la sclerosi multipla sono necessarie ulteriori indagini a lungo termine”. Gli autori fanno anche notare che ”sono in corso studi controllati randomizzati che stanno valutando la supplementazione di vitamina D per il trattamento e la prevenzione della sclerosi multipla, e possono quindi fornire approfondimenti necessari sul ruolo della supplementazione di vitamina D”.

 

http://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.1001866

12-01-2016

Ricercatori brasiliani dell’Istituto per la Ricerca e l’istruzione IDOR, dell’Università Federale di Rio de Janeiro (UFRJ) e dell’Università Federale di Bahia (UFBA,) hanno dimostrato in laboratorio, che l’apigenina rafforza i collegamenti tra le cellule cerebrali e può essere usata nei trattamenti futuri, come un approccio alternativo per le malattie neurodegenerative. L’apigenina è un flavonoide naturale, presente in varie specie di frutta e verdura, come il prezzemolo, la cipolla, il sedano, il tè e il pompelmo. Una delle fonti più comuni di consumo dell’apigenina è la camomilla. L’apigenina è presente anche nel vino rosso e nella birra. L’apigenina è nota per essere un flavonoide bioattivo, con proprietà antinfiammatorie, antiossidanti, antiangiogeniche, antiallergiche, antigenotossiche e anticancerose. Gli studi epidemiologici indicano che un’alimentazione ricca di flavoni ridurrebbe il rischio di alcune forme di cancro (in particolare, il cancro del seno, del tubo digerente, della pelle e della prostata). Si ipotizza che l’apigenina possa svolgere un ruolo protettivo in altre malattie influenzate dal processo ossidativo, come i disturbi cardiovascolari e neurologici. Precedenti esperimenti sugli animali avevano già dimostrato che le sostanze dello stesso gruppo chimico dell’apigenina, note come flavonoidi, influenzano positivamente la memoria e l’apprendimento. Molti studi hanno evidenziato il potenziale dei flavonoidi di preservare e migliorare la funzione del cervello. Mentre l’efficacia dei flavonoidi per la salute del cervello è già stata dimostrata, questa ricerca è la prima a dimostrare gli effetti positivi dell’apigenina direttamente sulle cellule umane ed è anche la prima a dipanare il suo meccanismo.
Gli scienziati hanno osservato che mediante l’applicazione dell’apigenina alle cellule staminali umane in una Piastra di Petri, esse si sono trasformate in neuroni dopo 25 giorni, un effetto che non si può ottenere senza la sostanza. Inoltre, i neuroni che si sono formati hanno prodotto connessioni più forti e sofisticate tra di loro, dopo essere stati trattati con questo composto naturale. “Forti connessioni tra i neuroni sono cruciali per il buon funzionamento del cervello, consolidamento della memoria e l’apprendimento”, spiega il neuroscienziato Stevens Rehen della IDOR e UFRJ e autore dello studio pubblicato in Advances in Regenerative Biology. Il team di ricerca condotta da Rehen ha dimostrato che l’apigenina agisce legandosi ai recettori degli estrogeni, che favoriscono lo sviluppo, la maturazione, la funzione e la plasticità del sistema nervoso. Questo gruppo di ormoni è noto per ritardare l’insorgenza di disturbi psichiatrici e neurodegenerativi come schizofrenia, depressione, morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson. Tuttavia, l’uso di terapie a base di estrogeni è limitato dal rischio di tumori estrogeno-dipendenti e problemi cardiovascolari. I ricercatori ritengono l’apigenina può essere usata nei trattamenti futuri, come un approccio alternativo per le malattie neurodegenerative e in strategie di differenziazione neuronale in laboratorio. “Mostriamo un nuovo percorso per nuovi studi, con questa sostanza”, sottolinea Rehen. ”Inoltre, i flavonoidi sono presenti in quantità elevate in alcuni alimenti e possiamo ipotizzare che una dieta ricca di flavonoidi può influenzare la formazione dei neuroni e il loro modo di comunicare all’interno del cervello”.

 

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