Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

09-12-2018

Il collegamento tra la saturazione cellulare del pro-ormone vitamina D e lo sviluppo di patologie croniche che vanno dal cancro, demenza, ictus e malattie cardiache, sono stati ben documentati tra gli scienziati lungimiranti per almeno un decennio. Il meccanismo di azione non è stato però ben documentato in quanto la maggior parte degli studi, non ha tracciato una linea netta tra i livelli ematici di vitamina D e la prevenzione delle malattie.
I ricercatori del National Health hanno segnalato il loro studio sulla rivista The Journal of Immunology ed hanno scoperto particolari eventi molecolari e di segnalazione con i quali la vitamina D inibisce l’infiammazione per aiutare a prevenire e forse anche curare, una serie di malattie potenzialmente mortali. Gli attuali livelli di vitamina D ritenuti soddisfacenti dalla maggior parte dei professionisti medici, non hanno impedito la cascata infiammatoria che porta alla progressione di molte forme di malattia. Al contrario, gli individui che mantengono livelli ematici significativamente più elevati di vitamina D hanno livelli più bassi di marcatori infiammatori noti per aggravare la progressione della malattia e inoltre, sono stati protetti contro le principali cause di morte oggi prevalenti.
L’autore dello studio, il Dott. Elena Goleva ha notato che questa ricerca “va al di là di precedenti associazioni di vitamina D con esiti di salute vari. Delinea una chiara catena di eventi cellulari, dal legame di DNA, attraverso un percorso di segnalazione specifica, alla riduzione di proteine note per innescare l’infiammazione“. Orientamenti attuali richiedono minimi livelli di vitamina D nel siero del sangue di 20 ng/ml, un punto di riferimento di decenni fa, che aveva lo scopo di prevenire il rachitismo nei bambini e promuovere la salute delle ossa. I ricercatori che conducono questo studio hanno trovato un miglioramento dei livelli di infiammazione ad un minimo di 30 ng/ml di vitamina D nel siero del sangue.
Gli scienziati che hanno condotto questo studio, hanno esaminato i meccanismi specifici presentati nella vitamina D che agiscono sulle vie immunitarie ed infiammatorie. Essi hanno osservato globuli bianchi con diversi livelli di saturazione di vitamina D e quindi esposto cellule di cultura ad una molecola infiammatoria nota per promuovere intense risposte infiammatorie. Cellule esposte a bassi livelli di vitamina D (meno di 15 ng/ml) hanno prodotto livelli eccessivi di citochine infiammatorie IL-6 e TNF-alfa, associate con lo sviluppo e la progressione della malattia. Il massimo livello di inibizione infiammatoria si è verificato a 50 ng/ml di saturazione di vitamina D. I ricercatori hanno identificato una nuova posizione in cui la vitamina D recettore sembra legare direttamente al DNA e attivare un gene noto come MKP-1. Il Dott. Goleva ha concluso “Il fatto che abbiamo mostrato una risposta dose-dipendente e variabile a livelli normalmente riscontrati nell’uomo, aggiunge anche il peso per l’argomento, del ruolo della vitamina D in condizioni immunitarie e infiammatorie.” Mantenere i livelli di vitamina D nel sangue superiore a 50 ng/ml per dare la massima protezione contro malattie croniche infiammatorie mediate.

 

http://www.jimmunol.org/content/early/2012/02/01/jimmunol.1102412

http://www.jimmunol.org/content/188/5/2127.full.pdf

07-12-2018

La crescita dentale dei bambini è messa in pericolo dall'utilizzo dell'anestetico locale. A dirlo è uno studio della Plymouth University Peninsula Schools of Medicine and Dentistry, a cui hanno partecipato ricercatori provenienti anche da Cina e Svizzera. La ricerca, pubblicata su Cell Death Discovery, è importante anche perché il numero di bambini sottoposti a chirurgia dentale è sempre in aumento, e quindi anche la loro esposizione all'anestesia locale. In base alle analisi effettuate i ricercatori hanno scoperto che gli anestetici utilizzati dalle cliniche odontoiatriche hanno l'effetto di influenzare la proliferazione delle cellule del dente. Sia la durata dell'esposizione che la loro concentrazione di anestetico può interferire con la funzione mitocondriale delle cellule – ovvero quella preposta all'immagazzinamento energetico – inducendo un meccanismo di morte denominato “autofagia”.
Hu Bing, il principale autore della ricerca, spiega: “il nostro studio ha dimostrato per la prima volta che l'anestetico locale può influenzare lo sviluppo dei denti dei bambini sia a livello cellulare che molecolare. Abbiamo bisogno di effettuare altri studi clinici e non vogliamo che i nostri risultati allarmino inutilmente i genitori, ma ci aspettiamo nel tempo di migliorare, attraverso la nostra ricerca, le linee guida cliniche per ridurre al minimo le dosi di anestetico locale".

 

https://www.plymouth.ac.uk/news/local-anaesthetic-may-affect-the-development-of-childrens-teeth

http://www.nature.com/articles/cddiscovery201524

Giovedì, 06 Dicembre 2018 13:21

MANGIARE ORZO RIPARA I DANNI DELL’INFARTO.

17-03-2017

Mangiare orzo può aiutare in maniera naturale a riparare il cuore dopo un infarto. A sostenerlo uno studio italiano condotto presso il laboratorio di Scienze mediche dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, secondo il quale questo cereale favorirebbe la formazione di nuovi vasi sanguigni aiutando così i pazienti a recuperare la funzionalità perduta. A garantire all’orzo tali proprietà sarebbe, secondo i ricercatori, il beta-glucano idrosolubile, della quale il cereale è ricco. In base ai dati ottenuti risulta come il trattamento delle cellule endoteliali cardiache con tale sostanza aumenti i valori nel sangue di manganese superossido dismutasi, enzima conosciuto per la sua azione stimolante delle difese antiossidanti e per la sua attività rivascolarizzante di tali cellule.
Come ha spiegato l’autore principale dello studio, il Dr. Vincenzo Lionetti: L’endotelio che riveste le coronarie di un uomo adulto difficilmente genera nuovi vasi in un cuore infartuato. La scarsa capacità “angiogenica” delle cellule endoteliali adulte è anche alla base della scarsa capacità autoriparativa del cuore adulto. I meccanismi alla base di tale insufficienza sono oggetto di intensa ricerca da parte della comunità scientifica internazionale. Il risultato del nostro studio è stato raggiunto anche in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia clinica del CNR di Pisa e della Fondazione Toscana G. Monasterio. Fino ad oggi non era noto se un’aumentata espressione dell’enzima “Manganese superossido dismutasi” (MnSOD) nelle cellule endoteliali mature riuscisse ad incrementare la capacità di generare nuovi vasi sani, senza richiedere l’intervento di cellule progenitrici endoteliali o di cellule staminali, e se questo risultato fosse possibile conseguirlo mediante il trattamento con composti naturali di tipo vegetale. Invece, la natura spesso offre i rimedi per molte malattie, come il danno cardiaco da infarto, ma occorre cercarli. I risultati incoraggiano lo sviluppo di nuovi approcci rigenerativi e antinvecchiamento di tipo nutraceutico.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4288365/

11-10-2016

L’aumento di calcio nella dieta non impedisce le fratture ossee. Lo evidenziano due meta-analisi pubblicate dal British Medical Journal e lo sottolineano gli esperti del Physicians Commettee for Responsible Medicine. I ricercatori neozelandesi hanno riesaminato la letteratura scientifica esistente per valutare le attuali raccomandazioni relative all'assunzione giornaliera di calcio tramite l'alimentazione e gli integratori. La prima meta-analisi ha esaminato gli studi esistenti sull'introduzione di calcio tramite l’alimentazione e sull'assunzione di integratori di calcio e non ha trovato prove coerenti che mostrino che l’integrazione di calcio e l’assunzione di latticini prevengano le fratture ossee. La seconda meta-analisi ha mostrato un modesto aumento della forza delle ossa attraverso una maggiore assunzione di calcio con l’alimentazione o tramite integratori. Si tratta però di un aumento troppo esiguo (pari all'1-2%) per suggerire eventuali riduzioni del rischio di fratture. Secondo gli esperti è improbabile che questo piccolo aumento della densità ossea porti ad una riduzione clinicamente significativa del rischio di fratture.
Ora le organizzazioni sanitarie dovrebbero prendere in considerazione entrambe le nuove meta-analisi per riconsiderare le basi delle linee guida sull'assunzione di calcio che dovrebbero essere rivolte alla tutela della salute dei cittadini. Queste linee guida dovrebbero essere prive di pregiudizi e soprattutto non influenzate dal marketing e dovrebbero prendere in considerazione gli eventuali effetti collaterali di un’assunzione eccessiva di calcio. Infatti il calcio in eccesso rischia di accumularsi nelle pareti arteriose aumentando le malattie cardiache e di favorire lo sviluppo di calcoli ai reni. In particolare l’assunzione di integratori di calcio pari a 1.000 mg al giorno somministrati a volontari di età superiore ai 50 anni ha portato ad effetti collaterali come sviluppo di calcoli renali, sintomi gastrointestinali acuti e problemi cardiovascolari, come hanno sottolineato gli scienziati neozelandesi dell’Università di Auckland che hanno lavorato sotto la guida di Ian Reid. Secondo le conclusioni degli esperti, i risultati delle nuove meta-analisi suggeriscono che un aumento dell’assunzione di calcio attraverso integratori o fonti alimentari non dovrebbe essere raccomandato per la prevenzione delle fratture, tenendo conto che le attuali linee guida internazionali suggeriscono ad anziani, uomini e donne di assumere da 1.000 a 1.200 mg di calcio al giorno per migliorare la densità ossea e per prevenire le fratture.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-09/b-ici092515.php

http://www.pcrm.org/health/medNews/increased-calcium-not-linked-to-fracture-prevention

Giovedì, 06 Dicembre 2018 13:12

LE 6 PROPRIETA’ CURATIVE DELLA BARDANA.

14-04-2016

La bardana è una pianta erbacea biennale, appartenente alla famiglia delle Asteracee, impiegata da secoli per la cura delle impurità cutanee. La parte utilizzata è la radice, che contiene in particolare inulina, olio essenziale, resina, mucillagini, vitamine (A, B, C, P, E) e minerali (magnesio, zinco, fosforo, potassio, ferro, cromo). La radice della bardana agisce in particolare a livello cutaneo, grazie all'attività antisettica e antibatterica. Questa pianta, inoltre, stimola la produzione di bile e, grazie all'attività diuretica, rappresenta un depurativo che può trovare impiego in caso di ritenzione idrica e programmi detossicanti. Viene utilizzata pertanto anche per il controllo della cellulite, poiché stimolando il flusso urinario e la traspirazione cutanea, rappresenta uno strumento efficace per eliminare i liquidi in eccesso. L'inulina contenuta nella radice svolge effetti benefici a livello epatico, sulla milza e sul pancreas, stimola il metabolismo e la rigenerazione cellulare e, secondo le ricerche più recenti, sembra favorire l’attività dei leucociti.

AZIONE DIURETICA E DEPURATIVA

La bardana ha un forte effetto detossificante e depurativo sia a livello sanguigno che epatico, grazie alla presenza di principi amari e di inulina. I principi amari agiscono sul fegato promuovendo un aumento della secrezione della bile, svolgendo un'importante azione coleretica e colagoga. La presenza di mucillagini stimola l'onda peristaltica, favorendo la depurazione intestinale.

AZIONE ANTISEBORROICA

Usata internamente, la bardana è attiva nel trattamento dell'acne per la sua azione depurativa e antibioticia. Tale attività è da attribuire alla presenza di arctiopicrina, composto dotato di proprietà antibiotiche nei confronti dei batteri Gram positivi. La bardana è particolarmente utile in caso di eruzioni cutanee, psoriasi e foruncolosi. Alcuni studi hanno dimostrato che la diminuzione del sebo cutaneo a livello del cuoio capelluto può favorire la ricrescita dei capelli.

AZIONE IPOGLICEMIZZANTE

La sua capacità di ridurre la glicemia, grazie alla presenza di acido N-butirrico, in sinergia con frazioni lignaniche e sesquiterpeniche, rende questa pianta utile anche per i diabetici. Esperimenti condotti sugli animali hanno evidenziato questa attività, che si accompagna contemporaneamente a un aumento della tolleranza ai carboidrati.

AZIONE ANTIFUNGINA E ANTIBATTERICA

Grazie alla presenza di poliacetileni la bardana è indicata anche per le affezioni dell'apparato urinario, come le cistiti, dove esplica la sua funzione antibatterica. Per questo motivo è utilizzata anche nel trattamento della tricofizia e di alcune infezioni fungine. L'elevato contenuto di inulina e di mucillagini favorisce nel colon la crescita del Bifidobacterium, utile saprofita e coadiuvante nella difesa antimicotica.

AZIONE ANTITUMORALE

Tradizionalmente usata per questo scopo, le più recenti ricerche hanno permesso di isolare i principi attivi responsabili dell’azione antimutagena e antitumorale, come la benzaldeide. Secondo alcuni ricercatori, l'inulina è un potente modulatore del sistema immunitario che, legandosi ai globuli bianchi, ne migliora l’efficienza.

AZIONE ANTIVIRALE

Studi condotti dal professor Vlietinck, del Department of Pharmaceutical Sciences dell’Università di Antwerp in Belgio, hanno dimostrato che l’arctigenina, altro importante componente della bardana, interferisce con l’integrazione del virus dell’HIV. Si attendono nuove conferme a favore di questa attività.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25005949

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18703753

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9525100

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18671200

30-04-2016

Persone in cura per diversi anni con metformina, un popolare farmaco antidiabetico, sviluppano un rischio aumentato di carenza di vitamina B12 e anemia. Una nuova ricerca ha mostrato che quasi il 20 per cento di quelli in terapia con metformina, avevano bassi livelli di vitamina B12 rispetto al 10 per cento di quelli trattati con un placebo. In caso di terapia con metformina, i ricercatori raccomandano il monitoraggio regolare dei livelli di vitamina B12. Altre cause di possibile carenza sono:

• Infiammazione intestinale.
• Bassa acidità nello stomaco.
• Disbiosi intestinale.
• Farmaci, compresi i farmaci acido-soppressori (antiacidi).
• Alcol.
• Esposizione a protossido di azoto.

In generale, le persone maggiormente a rischio di carenza di vitamina B12 includono:

• Vegetariani e vegani.
• Anziani.
• Persone che utilizzano regolarmente gli inibitori di pompa protonica (PPI).
• Persone con malattia di Crohn, colite ulcerosa, malattia celiaca o sindrome dell’intestino irritabile (IBS).
• Donne con una storia di infertilità o di aborto spontaneo.

 

http://press.endocrine.org/doi/abs/10.1210/jc.2015-3754

http://www.reuters.com/article/us-health-metformin-b12-deficiency-idUSKCN0WC211?feedType=RSS&feedName=healthNews

06-12-2018

L’emicrania è uno dei disturbi più fastidiosi e diffusi tra le persone di qualsiasi età e genere. Esistono diversi rimedi naturali utili a combatterla, ma uno in particolare potrebbe risolvere questo problema: il partenio.
Il partenio (chiamato anche tanaceto) è infatti un rimedio naturale conosciuto sin dall’antichità. Poco utilizzato perché riscoperto da poco tempo, è una pianta le cui foglie sono ricche di principi attivi e antiossidanti. Sembra che l’assunzione dell’estratto di partenio sia capace di ridurre del 25% i casi di emicrania. Non solo: assunto durante uno degli “attacchi”, ridurrebbe significativamente i sintomi correlati, come nausea e vomito.
Come dicevo, il potere del partenio è racchiuso nelle sue foglie, ricche di principi attivi. Tra quelli maggiormente presenti troviamo quelli appartenenti alla categoria dei flavonoidi, dei polifenoli e dei sesquiterpeni. Proprio a questi ultimi è attribuita la capacità di prevenire il mal di testa, grazie alla loro proprietà di modulare l’attività dei vasi sanguigni a livello cerebrale e alla loro capacità di regolare il sistema della serotonina. La pianta inoltre, aiuterebbe ad alleviare gli spasmi muscolari e le infiammazioni.
In genere, per l’emicrania, il partenio viene adoperato sotto forma di integratori creati a partire dalle foglie secche. Anticamente, si davano 1 o 2 foglie fresche da masticare, per attenuare i sintomi dell’emicrania. Ora, invece, si predilige l’assunzione di pillole contenenti l’estratto secco. Un altro modo per sfruttare le virtù curative del partenio è l’infuso: mezzo cucchiaino di foglie essiccate da versare in una tazza d’acqua bollente e lasciate in infusione per dieci minuti. Ciò che rende un pò meno diffuso questo uso è il suo gusto amaro.

CONTROINDICAZIONI

È sempre bene ricordare di non assumere partenio per periodi prolungati. Il suo uso è inoltre sconsigliato durante l’allattamento ma soprattutto in gravidanza, perché potrebbe favorire contrazioni dell’utero e aumentare le probabilità di parto prematuro o di aborto spontaneo. Attenzione, inoltre, se soffrite di allergie verso piante della famiglia di margherite, camomilla, ambrosia o achillea millefoglie, la sensibilità potrebbe presentarsi anche nei confronti del partenio, quindi è meglio evitarne l’assunzione. Infine, evitate di dare il partenio ai bambini, soprattutto quelli al di sotto dei tre anni. In generale, prima della sua assunzione, confrontatevi sempre con un erborista o un naturopata che saprà indicarvi la corretta posologia in base alle vostre esigenze e caratteristiche personali.

06-12-2018

La pianta di timo ha tantissime proprietà e viene utilizzata da secoli come rimedio naturale per tutta una serie di disturbi, dal semplice raffreddore ai catarri bronchiali. Il Thymus Vulgaris ha proprietà antisettiche, antibatteriche e antivirali. È uno spasmolitico naturale, e ha benefici depurativi, espettoranti, balsamici e digestivi. Del timo vengono utilizzate le foglie e le sommità fiorite. I suoi componenti attivi sono l’olio essenziale, il tannino, le saponine, le resine e gli alcoli. Molto utilizzata in cucina, la pianta viene usata per prevenire e curare le infezioni del tratto respiratorio. Secondo alcuni studi, l’olio di timo sarebbe efficace nell’inibire l’azione dello Staphylococcus aureus, batterio che può essere resistente ad alcuni antibiotici. Non sono noti gli effetti collaterali del timo, ma è possibile che chi lo utilizza in abbondanza sviluppi una forma di intolleranza. In questo caso, la pianta porterà a gonfiore, infiammazione o irritazione delle aree trattate.
Le proprietà medicinali del timo vengono anche usate dalle case farmaceutiche, che usano molti composti attivi per produrre farmaci per il trattamento di sclerosi multipla, lupus, artrite reumatoide e fibromialgia. Il timo regola la pressione sanguigna, allevia la tosse e la bronchite, stimola la produzione di globuli rossi, allevia la stanchezza cronica, l’asma, il mal di gola, la laringite, le vertigini e i sintomi di lupus, artrite reumatoide e problemi legati alla tiroide. L’olio essenziale di timo è molto utile in caso di spasmi, crampi muscolari e dolori premestruali. Il consumo regolare di questa pianta terapeutica può migliorare la salute generale, e i risultati si vedono dopo pochi giorni. Il timo può essere aggiunto alle nostre pietanze, oppure si possono preparare svariati tipi di infusi.

COME USARE IL TIMO

BAGNO AL TIMO

Tra gli utilizzi più comuni del timo, c’è il bagno aromatico preparato con questa spezia. Pare che sia molto efficace in caso di raffreddore e tosse, nonché per liberare le vie aeree. Preparate una miscela di 3-4 cucchiai di panna, aggiungendo 10 gocce di essenza di timo. Aggiungete il composto all’acqua che avrete preparato nella vasca. Scegliete voi la temperatura più adatta, ma il bagno dev’essere caldo. Una volta usciti dall’acqua e asciugati, riposate per almeno un’ora.

POMATA

L’olio essenziale di questa pianta avrebbe un’azione positiva nel prevenire tosse, afonia e infiammazioni alla gola. Possiamo usarlo per preparare una pomata. Mettete 2 gocce di olio essenziale di timo in un cucchiaio di olio di mandorle dolci. Lasciate riposare per qualche minuto e poi applicate il composto sul petto. Massaggiate delicatamente per qualche minuto.

TISANE A BASE DI TIMO

Sono due le tisane che possiamo preparare con la spezia. La prima dovrebbe aiutarci a potenziare le nostre difese immunitarie. La seconda dovrebbe alleviare i sintomi di influenza e raffreddore.

- PRIMA RICETTA: preparate un normale tè caldo, al gusto che preferite. Aggiungete 2 gocce di essenza di timo e un cucchiaino di miele. Consumate una tazza di questa tisana ogni giorno, per quattro settimane. È un preparato particolarmente adatto per l’autunno, dal momento che le essenze contenute agiranno come stimolanti per tutto il corpo.

- Per la seconda ricetta, invece, prepareremo un vero e proprio infuso di timo. Vi occorrerà un cucchiaio della spezia, essiccata. Mettete a riscaldare 250 ml d’acqua. Una volta giunta a ebollizione, spegnete il fornello e aggiungete il timo essiccato. Coprite e lasciate riposare per 10 minuti. Filtrate e consumate. Se volete potete aggiungere un cucchiaino di miele di eucalipto o di timo. La dose consigliata è di bere 3 tazze di questo infuso ogni giorno, per i raffreddori molto forti. Per disturbi più lievi, dovrebbe essere sufficiente una sola tazza al dì.

SUFFUMIGI CON L’OLIO ESSENZIALE DI TIMO

Per preparare un suffumigio, avremo bisogno di una bacinella pulita, acqua calda (quanto basta) e dell’olio essenziale di timo. Le quantità di olio variano a seconda dei casi e della gravità della malattia: provate con un diverso numero di gocce, ogni giorno e valutatene l’efficacia volta per volta. Respirate profondamente i vapori, mettendovi un asciugamano sopra la testa, per coglierne tutta l’essenza. Per rendere più gradevole il suffumigio, aggiungete dell’olio di lavanda o di limone.

06-12-2018

Il carrubo è un albero notevolmente diffuso nelle zone meridionali dell’Italia. I frutti del carrubo vengono impiegati sia per l’alimentazione del bestiame che per quella umana. La farina di carrube è un prodotto assolutamente naturale con un alto contenuto di proteine, vitamine (A, D, B1, B2, B3) e sali minerali (calcio, magnesio, potassio). Povera di grassi e di sodio, questa farina ha anche una buona percentuale di fibra e di pectina. Le carrube hanno un gusto che richiama quello del cacao con la differenza però di essere più ricche di proprietà nutrienti e meno caloriche. Le carrube non contengono sostanze psicoattive e per questo motivo rappresentano un valido sostituto del cioccolato per quelle persone che hanno problemi di allergia o intolleranza.
La carruba è un frutto dal sapore molto dolce. La sua farina si presta dunque alla preparazione di torte e dolciumi, soprattutto laddove andrebbe utilizzato il cacao. Inoltre permette di ridurre le dosi di zucchero previste dalla ricetta. Oltre ai dolci, la farina di carrube si usa anche come addensante nelle vellutate, creme dolci, salse per condimenti, confetture e gelati. Contiene infatti pectina, un gelificante impiegato anche nell’industria alimentare. Volendo, si può anche usare al posto del caffè, allo stesso modo dell’orzo in polvere.
La farina di carrube è un efficace antidiarroico: possiede infatti un’azione assorbente delle tossine che causano infezioni intestinali. La polpa di carruba fresca, al contrario, ha proprietà lassative. Inoltre, la farina di carrube esercita un’azione antisettica sui batteri patogeni del tubo intestinale ed un’azione riequilibrante della flora batterica dell’intestino. Possiede poi proprietà digestive ed è ampiamente usata nei preparati ipocalorici. La farina di carruba è, inoltre, indicata nei soggetti a regime alimentare speciale, con gravi disturbi del tratto digerente o reduci da malattie infettive. Inoltre è adatta per l’alimentazione dei diabetici e celiaci, per la presenza di zuccheri riduttori che non alterano il tasso glicemico e per l’assenza di glutine.

06-12-2018

Secondo i ricercatori spagnoli dell’Università di Granada, la frittura, se effettuata usando olio extra vergine d’oliva porta alcune verdure a rilasciare sostanze antiossidanti che nel tempo combattono l’insorgenza del cancro. Una ricerca che va in netta controtendenza rispetto ai più diffusi consigli alimentari da parte delle più autorevoli fonti internazionali in campo alimentare. Solo qualche anno fa, ad esempio, la Food and Drug administration (FDA) ha ribadito l’importanza di evitare la frittura nelle diete, o comunque la frittura delle patatine e di altri alimenti ad alte temperature, per scongiurare la formazione di acrilammide, un composto chimico molto pericoloso per la salute. Secondo i ricercatori spagnoli, invece, saltare le verdure in olio extra vergine d’oliva sarebbe il sistema più salutare per cucinarle. Lo studio sfaterebbe il mito della bollitura in acqua calda, a lungo consigliata nelle diete, specie quelle dimagranti.
Secondo i ricercatori, alcune verdure manterrebbero le loro proprietà non bollite, ma fritte. Saltarle in padella con olio extra vergine d’oliva garantirebbe la produzione di una maggiore quantità di acido oleico e componenti antiossidanti che, nel lungo periodo, aiuterebbero a prevenire diverse malattie. Per verificare questa affermazione, gli studiosi hanno testato diversi metodi di cottura su verdure comunemente consumate nella dieta mediterranea, come le patate, i pomodori, la zucca e le melanzane. I dati raccolti hanno portato ad affermare che le patate e anche le altre verdure mantengono le loro proprietà nutritive di più se fritte nell’olio d’oliva rispetto a quando sono cotte in acqua. In particolare, i vegetali fritti in olio extra vergine d’oliva vedrebbero aumentata la loro capacità antiossidante e il contenuto di sostanze che contrastano malattie come il cancro, il diabete e la cecità.
Cristina Samaniego Sanchez, a capo del Dipartimento nutrizionale della facoltà di Farmacia a Granada ha così commentato i risultati ottenuti: “La frittura è il metodo che produce i maggiori aumenti associati alla frazione fenolica, il che significa un miglioramento del processo di cottura. Nel corso degli anni, la ricerca ci ha portato a credere che friggere le verdure è un grande divieto, e le proprietà antiossidanti non contano di fronte alla paura del grasso“. La bollitura comunque “può essere raccomandata quando il cibo viene consumato insieme con l’acqua di cottura“, ha concluso la studiosa.

 

https://www.ugr.university/pages/ugr_news/news_archive/science/benefitsofevoo

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