Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Domenica, 02 Aprile 2017 06:54

CON POCA VITAMINA D IL CUORE E' A RISCHIO.

17-05-2014

Una carenza di vitamina D può mettere in serio pericolo il nostro cuore. A sostenerlo sono due studi, il primo dei quali è stato presentato durante il convegno dell'American College of Cardiology da alcuni ricercatori della Emory University di Atlanta, negli Stati Uniti. Gli scienziati hanno analizzato 554 persone sane con età media di 47 anni concentrandosi sui livelli di vitamina D nel sangue. Il 14 per cento dei volontari mostrava un livello inferiore ai 20 nanogrammi per millilitro, mentre nel 33 per cento dei casi il livello era fra 20 e 30 nanogrammi. In seguito, i ricercatori hanno verificato l'elasticità delle arterie, scoprendo che le persone con livelli bassi di vitamina D avevano anche arterie più indurite rispetto agli altri. L'indurimento però è sparito dopo alcuni mesi di supplementi vitaminici. Spiegano gli autori: “non sappiamo bene il meccanismo che lega la vitamina D alle arterie. Potrebbero essere coinvolte le cellule endoteliali dei muscoli intorno ai vasi, o l'ormone angiotensina che regola l'apertura e la chiusura delle arterie. Il risultato però ci dice che la salute del cuore passa per un sufficiente tasso di vitamina D nel sangue".
L'altro studio proviene dall'Institute Intermountain Medical Center di Salt Lake City e ha preso in esame un sostanzioso campione di quasi 28.000 persone dai 50 anni in su senza alcun precedente di malattia cardiovascolare nella loro storia clinica. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi in base al livello di vitamina D presente nei loro organismi. Un livello considerato normale è superiore ai 30 nanogrammi per millilitro, basso dai 15 ai 30 nanogrammi, carente se meno di 15 nanogrammi. Nei pazienti con livelli più bassi di vitamina D il rischio di insorgenza di malattie coronariche o di ictus aumentava in maniera significativa, e in generale la probabilità di morte era più alta del 77%. Il coordinatore della ricerca, il dott. Brent Muhlestein dell'Institute Intermountain Medical Center, esprime soddisfazione per i risultati raggiunti: “Questo è uno studio unico perché l'associazione tra la carenza di vitamina D e le malattie cardiovascolari non è stata consolidata”. In passato era stata sottolineata l'influenza positiva della vitamina D nell'ambito dei disturbi muscolo-scheletrici, ma ora si scopre un legame anche con fattori di rischio legati alle malattie cardiovascolari come la pressione arteriosa e i livelli di glucosio nel sangue. Un altro medico che ha partecipato alla ricerca, il dott. Heidi May, epidemiologo, ha affermato: “I risultati sono stati piuttosto sorprendenti e importanti. Siamo giunti alla conclusione che tra i pazienti con 50 anni di età e oltre, anche una moderata carenza di vitamina D è stata associata allo sviluppo di malattie coronariche, insufficienza cardiaca, ictus e morte. Questo è importante perché la carenza di vitamina D è facilmente curabile”. Lo studio americano dimostra la correlazione fra vitamina D e malattie cardiovascolari, ma naturalmente saranno necessarie ulteriori ricerche che non si limitino, come in questo caso, all'osservazione: “Riteniamo che i risultati sono abbastanza importanti da giustificare sperimentazioni cliniche - conclude il dott. Muhlestein - per determinare con certezza quello che abbiamo scoperto”.

 

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2009-11/imc-nsl111009.php

 

21-09-2014

Secondo un nuovo studio pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition, 7 milligrammi di supplemento giornaliero di gluconato di zinco possono ridurre situazioni di rabbia e depressione. Gli autori della ricerca appartengono all’Università di Seitoku e Daigaku Junior College (Giappone) i quali hanno anche scoperto che, per contro, integrazioni vitaminiche non influenzavano positivamente l’umore delle partecipanti allo studio. I ricercatori sono partiti dalla constatazione che circa il 30% della popolazione mondiale soffre di una carenza di zinco e che una carenza di questo tipo è riconosciuta avere un ruolo negli sbalzi d’umore. Per verificare l’influenza di questo minerale sull’umore sono state reclutare 30 giovani donne, suddivise in seguito in due gruppi. A un primo gruppo sono stati fatti assumere degli integratori vitaminici; a un secondo gruppo sia integratori di vitamine che un supplemento di gluconato di zinco. Il tutto per una durata di dieci settimane. La decisione di utilizzare gli integratori di vitamine è stata presa per evitare vi fossero carenze di questo genere e, allo stesso tempo, per verificare se questi avessero un qualche effetto sull’umore. Tra quelle fornite vi erano le vitamine A, D, B1, B2, B6, B12, niacina e acido folico. Al termine dello studio, le donne che hanno ricevuto i supplementi di zinco hanno mostrato una riduzione nei punteggi riguardanti i sintomi di depressione e rabbia; al contempo si era verificato un significativo aumento nei livelli ematici di zinco. Già altri studi su modello animale avevano mostrato una correlazione tra carenze di zinco e aumenti di aggressività nelle femmine. Questo studio sugli esseri umani sembra confermare quanto suggerito dai precedenti studi sull’effetto riduttivo di collera e depressione delle supplementazioni di zinco. «I nostri risultati sono preliminari e devono essere interpretati con cautela, questi possono richiedere ulteriori indagini per valutare la relazione tra integrazioni di zinco e gli stati d’animo delle donne», tuttavia, «i nostri risultati suggeriscono che la supplementazione di Zinco può essere efficace nel ridurre rabbia e depressione», concludono i ricercatori.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=T.+Sawada+e+K.+Yokoi%2C+Effect+of+zinc+supplementation+on+mood+states+in+young+women%3A+a+pilot+study

 

Domenica, 02 Aprile 2017 06:40

ACIDI GRASSI CONTRO LE MALATTIE DEGLI OCCHI.

10-10-2014

La salute degli occhi e della vista è insidiata da molti fattori ambientali: dai raggi UV nocivi, all’uso sempre più assiduo di schermi elettronici ma anche e soprattutto dal tempo che passa. Una delle tipiche malattie legate all’età che avanza è per esempio la retinopatia: una patologia a carico della retina che può avere diverse origini e forme, tra cui quella diabetica, quella proliferante, quella arteriosclerotica e la forma nota come degenerazione maculare. Come sempre, in caso di cure mancanti o impossibili, la parola d’ordine è prevenzione. E un modo per prevenire pare possa arrivare dagli acidi grassi vegetali contenuti negli oli e i noti acidi grassi essenziali omega-3 che, tra le diverse proprietà, si ritiene possano anche migliorare la fluidità della membrana cellulare nelle cellule della retina. A sostenere l’utilità grassi vegetali e degli omega-3 nel prevenire o rallentare lo sviluppo della retinopatia sono i ricercatori canadesi dell’Université de Sherbrooke che hanno pubblicato il loro studio sul Canadian Journal of Physiology and Pharmacology. Qui, il professor Abdelouahed Khalil insieme ai colleghi Toihiri Said, Jennifer Tremblay-Mercier, Hicham Berrougui e Patrice Rat, riporta i risultati dello studio condotto su cellule retiniche sottoposte all’azione degli oli vegetali, che indurrebbero cambiamenti biochimici e biofisici nella membrana cellulare. Questa azione può avere un effetto benefico nel prevenire o rallentare lo sviluppo della retinopatia. La fluidità della membrana cellulare, secondo i ricercatori, è un marker della funzione delle cellule. Se si riscontra una diminuzione della fluidità vi è il rischio di un’alterazione nella diffusione di proteine e altre biomolecole all’interno della membrana: questo può portare alla degenerazione della retina. Al contrario, una maggiore fluidità rende la membrana più flessibile e facilita la trasmissione della luce attraverso l'occhio. I test sulle cellule hanno rivelato che gli acidi grassi contenuti negli oli vegetali vengono incorporati dalle cellule della retina e fanno aumentare la fluidità della membrana. Per cui una dieta che comprenda basse quantità di grassi insaturi trans e favorisca invece l’apporto di acidi grassi vegetali e omega-3 può ridurre il rischio di retinopatia. Infine, i ricercatori suggeriscono che l’utilizzo di derivati del petrolio nei colliri potrebbe essere sostituito dall’olio vegetale, dato che possiede importanti proprietà biologiche per l’occhio e potrebbe anche contribuire alla prevenzione delle malattie della retina.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24144052

 

17-05-2014

Un nuovo studio suggerisce che la nicotinamide, nota come vitamina B3, può essere in grado di combattere alcune delle antibiotico resistenze di infezioni da stafilococco. La ricerca ha scoperto che alti dosi di vitamina, aumentano di 1000 volte la capacità delle cellule immunitarie di uccidere i batteri da stafilococco. La sperimentazione è stata fatta sia su animali da laboratorio che sul sangue umano. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Clinical Investigation, dagli scienziati dell’Oregon State University. Lo studio può offrire una nuova strategia di attacco al crescente numero di super batteri. ”Gli antibiotici, sostengono gli studiosi, sono farmaci miracolosi, ma si trovano sempre più spesso a dover affrontare il problema della resistenza da parte di diversi tipi di batteri, in particolare dello Stafilococco aureus“. Nella presente ricerca, gli scienziati hanno scoperto che dosi cliniche di nicotinamide, aumentano il numero e l’efficacia dei neutrofili, un particolare tipo di globuli bianchi che può uccidere i batteri nocivi. Gombart, principale autore della ricerca, circa 10 anni fa, aveva scoperto che una mutazione genetica umana rende le persone più vulnerabili alle infezioni batteriche. Nel nuovo studio, continuando su basi genetiche, i ricercatori hanno dimostrato che la nicotinamide può attivare alcuni geni che aumentano notevolmente la capacità delle cellule immunitarie di uccidere batteri come lo stafilococco, responsabile delle più gravi infezioni. Il largo uso di antibiotici ha contribuito alla diffusione di questo batterio patogeno che può causare malattie gravi e pericolose per la vita. Secondo il team, usate nel sangue umano, dosi cliniche di vitamina B3 sembrano spazzare via l’infezione in poche ore. Lo studio può offrire un nuovo trattamento delle infezioni da stafilococco spesso mortale, che sfrutta la potenza innata del sistema immunitario. Infezioni da stafilococco sono sempre più diffuse negli Ospedali e Case di Cura, ma sono in aumento anche nelle carceri, tra gli atleti e in tutti i contesti dove le persone sono a stretto contatto.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22922257

 

19-01-2015

Essere colpiti da un ictus è sempre devastante e spesso le possibilità di recuperare totalmente le funzionalità cerebrali sono davvero molto poche. Una speranza, tuttavia, arriva dai ricercatori dell’Università di Toledo in Ohio, che hanno scoperto come i topi trattati con Ginkgo Biloba mostrassero una maggiore neurogenesi, ovvero una migliore rigenerazione neuronale. Ciò, secondo gli scienziati, sarebbe dovuto a un’aumentata espressione di una proteina denominata heme oxygenase 1 che ha il preciso ruolo di attivazione della neurogenesi. I dottori Dr. Zahoor A. Shah, Shadia E. Nada e Jatin Tulsulkar ritengono che oltre la prevenzione sia doveroso trovare il modo per migliorare il recupero in seguito a un ictus, e questo dovrebbe diventare il focus principale delle ricerche attuali. La priorità deve dunque essere la stimolazione del processo di riparazione e rigenerazione.
Nella neurogenesi di un cervello adulto sono coinvolte la proliferazione e la migrazione di cellule precursori conosciute come cellule staminali/progenitrici neuronali (NSPCs). L’ischemia, anche se in realtà sembra essere un potente induttore della proliferazione e migrazione di tali cellule staminali e neuronali, in realtà non fornisce un ambiente favorevole alla sopravvivenza. Per tale motivo, è necessaria l’integrazione di farmaci che creino un ambiente favorevole e aumentino il numero di cellule staminali neuronali che potrebbero portare a una migliore riparazione e rigenerazione cerebrale. Gli scienziati concludono che l’efficacia del Ginkgo Biloba dovrebbe essere ulteriormente testata per confermarne la validità e l’innocuità del prodotto. Ma ribadiscono anche l’urgenza nel cercare al più presto anche una cura per il recupero cerebrale in seguito a un attacco di ictus.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24154866

 

Lunedì, 27 Marzo 2017 05:39

ACIDO FOLICO NECESSARIO PER L'UDITO.

13-05-2014

Ormai è una sana consuetudine in caso di gravidanza. Le donne in attesa assumono spesso integrazioni di acido folico per scongiurare l'eventualità di malformazioni del feto, nella maggior parte dei casi spina bifida, cardiopatie e labiopalatoschisi. Ora, però, una ricerca africana pubblicata sulla rivista specializzata Otolaryngology – Head Neck Surgery, associa la carenza di folati alla perdita di udito negli adulti sopra i 60 anni, un problema che colpisce un terzo di questa categoria e la metà di chi ha oltre 85 anni. La ricerca ha analizzato un gruppo di 126 persone fra i 60 e i 74 anni, tutti di origine africana. Dopo aver escluso i soggetti con malattie o disturbi associabili con una possibile perdita di udito, i ricercatori hanno sottoposto i volontari a un test per determinare chi accusasse problemi uditivi. Ne è scaturito che i soggetti con ipoacusia erano anche quelli con i livelli di acido folico più bassi, di quasi la metà, rispetto agli altri. Sulla base di questi esiti, gli scienziati hanno commentato: “in base alla nostra ricerca la perdita di udito potrebbe essere associata a uno stato di carenza di micronutrienti. La relazione potrebbe essere dovuta al ruolo che svolgono i folati sul metabolismo cellulare, il sistema nervoso e la funzione vascolare, un ruolo molto importante per preservare il sistema uditivo”, ha dichiarato il prof. Akeem Olawale Lasisi dell'Università di Ibadan, il centro di ricerca più importante della Nigeria. A corroborare i risultati dei ricercatori africani c'è anche uno studio analogo pubblicato qualche mese fa sul Journal of Nutrition da ricercatori australiani dell'Università di Sidney. Anche in questo caso, un'analisi condotta su un campione di adulti oltre i 50 anni, ma assai più corposo (tremila persone), aveva stabilito che un livello di acido folico inferiore a 5 microgrammi per litro era associato a un rischio di perdita dell'udito pari al 34 per cento.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21109085

http://www.sciencedaily.com/releases/2010/12/101201095544.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2010-12/aaoo-ahl111110.php

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0194599810020437

http://ukhealthcare.uky.edu/Health-Info/Publications/advances-insights/general/age-related-hearing-loss-linked-to-folate-deficiency/

 

10-05-2014

Una dieta povera di zinco può rendere l'intestino più sensibile alle infiammazioni. E' quanto dimostrato, per la prima volta, dalla ricerca, pubblicata sul "Journal of Nutritional Biochemistry", dell'Inran, l'ente pubblico italiano per la ricerca in materia di alimenti e nutrizione. Lo studio - condotto nell'ambito del progetto Nume, finanziato dal Mipaaf - è stato svolto su un modello di cellule intestinali isolate (che riproduce in laboratorio le caratteristiche fisiologiche dell'intestino umano) e ha mostrato che tali cellule, appositamente sottoposte prima a carenza marginale di zinco e poi a stress infiammatorio, vanno incontro a morte cellulare programmata, interrompendo la continuità dell'epitelio intestinale, con possibili gravi ripercussioni sulla salute che andranno confermate da specifici studi in vivo. Lo zinco è un micronutriente essenziale che si trova in alimenti proteici di origine animale - carne e pesce, quindi - ma anche in legumi, semi, frutta secca e - in minore quantità - nei latticini. E' importante per l'efficienza del sistema immunitario, lo sviluppo del sistema nervoso e l'integrità della pelle. Poiché questo minerale è coinvolto in moltissimi processi biochimici, un suo insufficiente apporto può contribuire ad altre patologie, tra cui le malattie cronico-infiammatorie dell'apparato gastro-intestinale come il morbo di Crohn. ''Un'alimentazione bilanciata è di solito in grado di assicurare lo zinco necessario. Tuttavia, la quantità sufficiente di questo come di altri micronutrienti non è la stessa per tutti - precisa Chiara Murgia, la ricercatrice Inran che ha coordinato lo studio - alcuni individui o gruppi di popolazione, quali donne in gravidanza, anziani e bambini, sono più a rischio di altri, ma anche stili di vita o caratteristiche genetiche individuali possono determinare stati di carenza. Ecco perché l'eccesso di zinco può essere altrettanto dannoso per la salute. Questo studio - conclude la ricercatrice - suggerisce che, qualora si presentino disturbi gastrointestinali cronici, i livelli di zinco dovrebbero essere determinati, e offre una prima spiegazione all'osservazione clinica che i pazienti affetti dal morbo di Crohn beneficiano di supplementi di zinco e fornisce nuovi possibili spunti terapeutici per trattare i sintomi di questa patologia''.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22967671

 

Martedì, 21 Marzo 2017 12:15

IL SELENIO SI DIMOSTRA POTENTE ANTICANCRO.

10-05-2014

Il selenio è stato utilizzato nella medicina tradizionale come trattamento per la forfora, ma la nostra comprensione del minerale ha fatto molta strada da allora. Oggi, la ricerca mostra che il selenio, soprattutto quando usato in combinazione con la vitamina C, vitamina E e beta-carotene, lavora per bloccare le reazioni chimiche che generano radicali liberi nel corpo (che possono danneggiare il DNA e causare cambiamenti degenerativi nelle cellule, portando al cancro). In altre parole, il selenio agisce per impedire che i tumori si sviluppino” e contribuisce alla morte delle cellule cancerose e pre-cancro. Esso causa la loro morte prima che possano replicarsi, contribuendo in tal modo a bloccare il cancro prima che si sviluppi”, dice il Dott. James Howenstine nella "Guida di un medico ai prodotti naturali per la salute". Oltre a prevenire l’insorgenza della malattia, il selenio aiuta a rallentare la progressione del tumore in pazienti che già soffrono della condizione. Secondo la Life Extension Foundation, l’uso di selenio durante la chemioterapia in combinazione con la vitamina A e la vitamina E può ridurre la tossicità dei farmaci chemioterapici. Il minerale aiuta anche a “migliorare l’efficacia della chemio, radioterapia e ipertermia, riducendo al minimo i danni alle cellule normali del paziente, rendendo così la terapia più selettiva”, dice Patrick Quillin nella sua pubblicazione "Battere il cancro con l’alimentazione". Uno studio del 1996 del Dr. Larry Clark dell’Università dell’Arizona, ha mostrato quanto sia efficace il selenio nella protezione contro il cancro. Nello studio condotto su 1.312 anziani, l’insorgenza del cancro tra coloro che avevano assunto 200 microgrammi di selenio al giorno per circa sette anni, è stata ridota del 42 per cento rispetto agli anziani trattati con un placebo. Le morti per cancro tra coloro che hanno assunto il selenio, sono state ridotte quasi della metà, secondo lo studio che è stato pubblicato sul Journal of American Medical Association. Lo studio ha concluso che il minerale aiuta nella protezione contro tutti i tipi di cancro ed in particolare ha  ripercussioni potenti sul cancro della prostata, colon-retto e del polmone. 

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8971064

 

 

 

23-09-2014

Lo studio, effettuato in Grecia, ha valutato l’effetto di quattro settimane di trattamento orale con 2 g al giorno di acidi grassi omega-3, sulle proprietà della parete arteriosa di fumatori di sigarette. I risultati hanno mostrato che il trattamento a breve termine con omega-3, migliora la rigidità arteriosa e modera i danni a carico della proprietà elastiche vascolari indotti da fumo. “Questi risultati suggeriscono che gli acidi grassi omega-3 inibiscono gli effetti negativi del fumo sulla funzione arteriosa, ha dichiarato il Dott. Gerasimos Siasos, dell’Università di Atene Medical School, 1° Dipartimento di Cardiologia “Hippokration Hospital. “Gli effetti cardioprotettivi di omega-3 sembrano essere dovuti ad una sinergia tra più complessi meccanismi che coinvolgono effetti antinfiammatori e antiaterosclerotici. Inoltre, raccomanda che le persone senza storia documentata di malattia coronarica dovrebbero consumare una varietà di pesce (preferibilmente grasso – ricco di acidi grassi omega-3) almeno due volte alla settimana“. “L’unico modo per proteggere il corpo dagli effetti nocivi del tabacco è quello di smettere di fumare. Noi incoraggiamo tutte le persone, fumatori e non fumatori, a consumare una dieta sana che comprende alimenti ricchi di acidi grassi omega-3”.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22100606

 

28-10-2014

Il pompelmo è un frutto della famiglia delle Rutacee dal caratteristico sapore aspro. Ai più non sono ancora note tutte le sue proprietà ed ancora oggi non fa parte a titolo fisso dell’alimentazione degli italiani. Tuttavia, seppur timidamente, negli ultimi anni, grazie anche alle scoperte che ne hanno messo in luce tutti i suoi benefici, esso è stato progressivamente riscoperto e riproposto sulle nostre tavole, non solo come fine pasto, dessert o in forma di succo ma anche come ingrediente cotto o crudo per primi, secondi piatti e insalate. Il pompelmo ha diverse proprietà e alcune sono legate al colore del frutto. Si sa bene, infatti, che comunemente se ne conoscono due varietà, quella rosa e quella gialla. In particolare, la varietà gialla è indicata per innalzare le difese immunitarie. E infatti, questa varietà, particolarmente ricca di vitamina C, ci permette di contrastare e prevenire raffreddore e influenza. La varietà rosa, invece, è ricca di licopene, un carotenoide che, come dimostrato da diversi studi, risulta utile nella prevenzione dei tumori e in caso di diabete. Infatti, pare che la naringenina, un flavonoide contenuto nel frutto in grandi quantità, oltre a ridurre i grassi nel fegato aumenti la sensibilità all’insulina regolando così il controllo degli zuccheri nel sangue e limitando il rischio di diabete. Ricordiamo anche altre proprietà di questo frutto che è ricchissimo di potassio e anche un valido alleato della circolazione. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che mangiando anche un solo pompelmo rosa al giorno si diminuisce di circa il 20% il livello di colesterolo cattivo nel sangue, proteggendo cosi l’apparato circolatorio.

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