Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

06-12-2018

I cosiddetti ace-inibitori, se presi a lungo, potrebbero produrre un grave effetto, quello di sviluppare un cancro al polmone. Un rischio che dal 14% potrebbe passare al 31% se quei medicinali si usano per 10 anni. È quanto emerge da uno studio del Dipartimento di Epidemiologia, Biostatistica e Salute del lavoro dell’Università McGill di Montreal, in Canada, che, in collaborazione con il Jewish General Hospital e l’Università di Toronto, hanno scoperto che potrebbe scaturire una pericolosa associazione tra cancro al polmone e assunzione di farmaci ace-inibitori (“ace” sta per “Angiotensin Converting Enzyme”, ad indicare gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina). Ma i rapporti causa-effetto sono ancora da dimostrare.
Sotto la lente di ingrandimento i farmaci antipertensivi più frequentemente ordinati nelle terapie di controllo della pressione arteriosa, come il ramipril, che solo nel 2017 è stato prescritto oltre 27 milioni di volte solo nel Regno Unito, mentre negli USA si registrano circa 163 milioni di prescrizioni ogni anno.
I ricercatori hanno condotto un’analisi statistica sui dati di quasi un milione di persone inglesi, tutte trattate con ace-inibitori tra il 1° gennaio 1995 e il 31 dicembre del 2015. Tutti avevano un’età superiore ai 18 anni e non avevano una storia di cancro alle spalle. Nel periodo di follow-up i medici hanno diagnosticato 8.000 casi di cancro al polmone e, incrociando tutti i dati e isolando i fattori di rischio normalmente associati a questo tipo di tumore, Laurent Azoulay, coordinatore dello studio, ha osservato che gli ace-inibitori erano legati a un aumento del rischio proprio del cancro del polmone del 14% rispetto ad altri farmaci ipotensivi. Nei pazienti che assumevano gli ace-inibitori da un decennio l’aumento del rischio era addirittura del 31%. Il motivo starebbe nel fatto che sono proprio gli ace-inibitori a favorire l’accumulo di sostanze chimiche nel tessuto polmonare, come la bradichinina - associata allo sviluppo del cancro al polmone.
C’è allora davvero da preoccuparsi? Ci vanno cauti i ricercatori, che in ogni caso sottolineano che il loro è un semplice studio di osservazione che non ha posto in evidenza alcun rapporto di causa-effetto tra farmaci e cancro.

 

https://www.bmj.com/content/363/bmj.k4209

https://www.iflscience.com/health-and-medicine/a-common-blood-pressure-drug-has-been-linked-to-lung-cancer-again-heres-what-you-should-know/

06-12-2018

Se ce n’era ancora bisogno, un’ulteriore ricerca arriva a confermare gli effetti benefici del consumo di olio extra vergine d’oliva. Fonte di acidi grassi essenziali, alleato nella prevenzione di malattie cronico degenerative, utile contro lo stress ossidativo e la formazione dei radicali liberi, l’olio extra vergine d’oliva è davvero un elisir di lunga vita. E ora un nuovo studio dimostra anche la sua capacità di esercitare un’azione positiva sull’insorgenza dei tumori dell’intestino. È quanto emerge da una ricerca dell’Università Aldo Moro di Bari, grazie alla collaborazione dell’AIRC, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.
Nello studio i ricercatori hanno inattivato il gene che codifica per SCD1 e hanno dimostrato che in assenza di acido oleico (di cui è ricco l’olio extra vergine) nella dieta e in condizioni di ridotta produzione endogena ad opera di questo enzima, si produce prima un’infiammazione e poi si può arrivare anche allo sviluppo di tumori spontanei dell’intestino. “L’olio extra vergine d’oliva è ricco di acido oleico, una sostanza in grado di regolare la proliferazione cellulare. In studi preclinici abbiamo potuto simulare geni alterati e stati di infiammazione intestinale, dimostrando che la somministrazione di una dieta arricchita di acido oleico è in grado di garantire notevoli benefici per la salute. Tali effetti positivi sembrano essere dovuti anche alla presenza dell’enzima SCD1 nell’epitelio intestinale, che funziona quale principale regolatore della produzione di acido oleico nel nostro corpo”, spiega Antonio Moschetta che ha coordinato la ricerca. 
Tutto merito dell’acido oleico, insomma, che è in grado di ristabilire la normale fisiologia intestinale e ridurre così l’infiammazione e proteggere contro la formazione dei tumori. È per questo che gli esperti sperano che in un futuro si possano sfruttare al meglio proprio le proprietà dell’acido oleico e ridurre l’insorgenza del tumore soprattutto nei pazienti con infiammazione intestinale o già precedentemente affetti da questa malattia, migliorando nel contempo i trattamenti antitumorali già in uso. Non dimentichiamo in ogni caso, di preferire sempre l’olio extra vergine d’oliva in cucina, di leggere le etichette e di scegliere sempre il migliore!

 

https://www.airc.it/news/nellolio-extravergine-la-sostanza-che-contrasta-i-tumori-intestinali

19-04-2016

L’utilizzo dell’agnocasto nella moderna erboristeria risale agli anni Cinquanta quando in Germania fu prodotto per la prima volta un estratto standardizzato di questa pianta. Le tradizionali prescrizioni riguardano la cura dei disturbi che accompagnano la sindrome premestruale (depressione, mal di testa, ansia, ritenzione idrica, mastalgia), irregolarità del ciclo mestruale, sintomi della menopausa. Normalmente, gli effetti sono visibili dopo alcuni mesi di somministrazione. Le ricerche hanno dimostrato che, a differenza di quanto accade per altre piante normalmente prescritte per i disturbi femminili, l’agnocasto non contiene sostanze che assomigliano agli ormoni femminili e ne mimano in parte l’azione. Sembra piuttosto che in questa attività sia coinvolta l’inibizione del meccanismo della secrezione di prolattina, mediata dai ricettori della dopamina. Alcuni sintomi collegati al ciclo mestruale potrebbero dunque essere in parte causati dalla comparsa di livelli anomali di prolattina.

SINDROME PREMESTRUALE

Studi in doppio cieco effettuati su donne sofferenti di sindrome premestruale hanno rilevato che il trattamento con agnocasto è in grado di ridurre sensibilmente i numerosi sintomi associati a questa sindrome. Negli esperimenti condotti si è potuto evidenziare, infatti, una riduzione di irritabilità, cefalea, gonfiori e alterazioni dell'umore, con un generalizzato miglioramento della condizione.

MASTODINIA (DOLORE AL SENO)

La supplementazione di agnocasto si è rivelata utile in particolare in caso di mastalgia, un disturbo presente nel 70-80% delle donne durante il periodo premestruale, caratterizzato da dolore e turgore alle mammelle, riconducibile a un'ipersensibilità dell'organismo alla prolattina. Recenti sperimentazioni in doppio cieco hanno evidenziato come nei soggetti trattati con estratto di agnocasto, questo fastidioso sintomo sia scomparso più velocemente rispetto al gruppo di controllo. Anche in questo caso la tollerabilità dell'estratto è stata giudicata soddisfacente dalla quasi totalità dei soggetti.

ANOMALIE DEL CICLO E PERIMENOPAUSA

Sono disponibili dati che indicano la proprietà dell'agnocasto di regolare il ciclo mestruale. In un open trial (studio non in cieco) a 1.591 donne, età media 32 anni, con insufficienza del corpo luteo che presentavano ipermenorrea (418), polimenorrea (359), amenorrea secondaria (202), dismenorrea (186), anovulazione (175), sterilità (145), menorragia (66) e disturbi mestruali (40), fu somministrato agnocasto per 6 mesi. I medici osservarono una risposta positiva nel 61% delle pazienti. Il 33% non accusò alcun effetto collaterale. Utile anche per i cambiamenti della peri e menopausa, l'agnocasto favorisce la riduzione sintomatica (tensione, palpitazioni, sudorazione).

PROBLEMI DI FERTILITA' FEMMINILE

Alti livelli di prolattina sono riconosciuti come una tra le possibili cause di infertilità. Per questo motivo, l'estratto di agnocasto è talvolta prescritto contro questo disturbo. 96 donne sofferenti di disturbi della fertilità, causati da amenorrea secondaria e insufficienza luteale, sono state reclutate in uno studio in doppio cieco e trattate con una preparazione a base di agnocasto contro placebo, per 3 mesi. Più del doppio delle donne che aveva assunto agnocasto fu in grado di concepire. In uno studio analogo, oltre il 4% delle donne osservate iniziarono una gravidanza.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16156340

http://www.bmj.com/content/322/7279/134

Martedì, 04 Dicembre 2018 08:02

5 MOTIVI PER ASSUMERE LO ZINCO.

05-12-2018

Lo zinco entra nella costituzione di numerosi enzimi che catalizzano reazioni fondamentali nell’organismo. Il suo ruolo è indispensabile per le funzioni cellulari di tutti i tessuti e la sua attività antiossidante è di importanza primaria, in quanto lo zinco costituisce parte dell’enzima superossido dismutasi. L’organismo ne contiene 2-4 g, concentrato in ossa, cute, prostata e tessuti oculari. Contrariamente ad altri micronutrienti, lo zinco non viene messo facilmente a disposizione per l’utilizzo, con il risultato che le sue riserve mobili sono limitate. La carenza di zinco può provocare disturbi dell’accrescimento, cicatrizzazione difettosa delle ferite, cute ruvida e suscettibilità alle infezioni. Adolescenti, anziani, vegetariani, donne gravide e soggetti affetti da malattie croniche possono trarre giovamento dalla sua supplementazione. In recenti osservazioni la carenza di zinco è stata associata ad anoressia, depressione e ad alcuni tipi di cancro (vescica, cistifellea).

SISTEMA IMMUNITARIO

La carenza di zinco ha un effetto significativo sulla risposta immunologica. Il deficit di questo minerale è associato all’involuzione del timo, a una riduzione dell’immunità cellulo-mediata e dell’attività cellulare delle natural killer, e a una diminuita risposta proliferativa dei linfociti ai mitogeni. Inoltre, determina l’alterazione della formazione anticorpale verso gli antigeni e una riduzione della fagocitosi. In numerosi studi ha mostrato di ridurre l’incidenza di infezioni sia negli adulti che nei bambini, in particolare dell’apparato respiratorio. Altri dati positivi riguardano soggetti affetti dal virus HIV (con la riduzione del tasso delle infezioni opportunistiche) e la diarrea persistente nei bambini.

CUTE E ANNESSI CUTANEI

La carenza di zinco può provocare problemi cutanei di vario grado, poiché questo micronutriente normalmente è presente in alte concentrazioni nella cute. Lo zinco è un componente essenziale di numerosi metallo-enzimi importanti per l’attività metabolica cellulare; infatti il suo deficit può avere ripercussioni negative nei processi di riparazione dei tessuti. La supplementazione di questo minerale è indicata in caso di ulcere, fragilità ungueale, acne, eruzioni eczematose e caduta dei capelli.

APPARATO RIPRODUTTIVO MASCHILE

Lo zinco ha un ruolo primario nella genesi delle cellule spermatiche. Gli uomini che presentano una carenza di zinco producono un liquido seminale con un minor numero o, nei casi più gravi, totalmente privo di cellule spermatiche. Mostrano, inoltre, livelli plasmatici di testosterone inferiori alla norma. Il rapporto fra testosterone e zinco è molto stretto: si ipotizza, infatti, che lo zinco controlli il metabolismo del testosterone a livello cellulare e prostatico. In particolare, nella prostata, organo tra i più ricchi in zinco, la sua concentrazione aumenta a partire dalla pubertà, sotto l’influsso del testosterone. In studi in vivo è stato dimostrato che la somministrazione di zinco migliora il danno testicolare indotto da piombo, sia a livello cellulare che sub-cellulare. Il piombo è in assoluto il metallo tossico che maggiormente incide sulla fertilità e compete con lo zinco in siti fondamentali per la spermatogenesi.

APPARATO OCULARE

Lo zinco sembra svolgere un ruolo profilattico e terapeutico nella degenerazione senile della macula (DSM). Questo minerale si trova in alte concentrazioni nella retina e il suo contenuto declina con l’invecchiamento insieme all’attività di alcuni enzimi retinici zinco-dipendenti. In uno studio su 3.640 soggetti è stato osservato che una terapia antiossidante con l’aggiunta di zinco, è in grado di rallentare l’aggravarsi della DSM rispetto al placebo.

ADHD (ATTENTION DEFICIT HYPERACTIVITY DISORDER)

Lo zinco sembra essere un nutriente promettente per il trattamento dell’ADHD. In uno studio condotto su bambini la somministrazione di 15 mg/die di zinco ha mostrato di aumentare l’effetto del Ritalin, con modesti benefici. Uno stato nutrizionale materno carente di zinco, è stato associato a ridotta attenzione e minore funzione motoria nel bambino; la sua supplementazione, inoltre, sembra favorire un migliore sviluppo neuropsicologico.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11164457

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12011686

26-03-2015

Alcuni ricercatori hanno usato una medicina tradizionale cinese per creare un composto che è 1.200 volte più specifico nel distruggere determinati tipi di cellule tumorali dei farmaci attualmente disponibili. Il nuovo composto è derivato dall’artemisinina, principio attivo estratto dall’assenzio romano (artemisia annua), un’erba usata nella medicina cinese da almeno 2.000 anni e che è mangiata in insalata in alcuni paesi asiatici.
Gli scienziati hanno fissato un dispositivo chimico all’artemisinina che designa selettivamente il prodotto a colpire le cellule tumorali, risparmiando le cellule sane. “Il composto è paragonabile ad un agente speciale che innesca una bomba all’interno della cellula”, ha detto il professore di chimica Tomikazu Sasaki, che ha collaborato a sviluppare il composto. Il composto che Sasaki e collaboratori hanno sviluppato uccide circa 12.000 cellule cancerose per ogni cellula sana.

COMMENTO

Mentre i trattamenti del cancro procedono sempre allo stesso modo, notizie circa un nuovo composto meno dannoso sono incoraggianti. Poter utilizzare un trattamento che non sia più dannoso della malattia è un obiettivo da raggiungere nella lotta contro cancro. Lo svantaggio più grande di un trattamento convenzionale come la chemioterapia è che non fa distinzione e distrugge le cellule sane insieme a quelle tumorali. Un effetto secondario tipico e molto pericoloso della chemio è la distruzione di cellule in fase di moltiplicazione veloce come quelle presenti nel:

• Midollo osseo, che producono il sangue.
• Sistema digestivo.
• Sistema riproduttivo.
• Follicoli dei capelli.

I farmaci convenzionali anticancro sono notoriamente costosi. Spesso non fanno altro che aggiungere alcuni mesi supplementari di vita e frequentemente uccidono prematuramente i pazienti. È la tossicità dei chemioterapici che causa effetti secondari spesso devastanti e mortali di questo tipo di cura. Dato lo stato attuale delle scelte convenzionali di trattamento disponibili per i pazienti oncologici, non si può che accogliere con grande speranza un composto meno tossico come quello discusso nel suddetto articolo.
E’ incoraggiante vedere la ricerca su opzioni naturali per trattare il cancro, particolarmente con erbe che hanno dimostrato già una grande efficace per la malaria. Tuttavia, i test sull’uomo della terapia con il derivato dell’artemisinina richiedono anni e trovare il dosaggio probabilmente richiederà ulteriori prove. Fortunatamente, esistono già oltre 830 studi scientifici che mostrano la relativa efficacia della sostanza nel trattamento del cancro per cui attualmente sappiamo che può essere considerato un prodotto sinergico a qualsiasi altro tipo di cura.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2008/10/081014111309.htm

http://www.washington.edu/news/2008/10/13/scientists-develop-new-cancer-killing-compound-from-salad-plant/

Martedì, 04 Dicembre 2018 07:52

DIETA RICCA DI OMEGA-3 PER DORMIRE BENE.

05-12-2018

Il nostro stato d’animo e il relativo livello di serenità sono fortemente collegati con il nostro modo di dormire. Le persone che dormono poco e male, spesso sono notevolmente più stressate di quelle che riescono a fare una lunga tirata dalla sera alla mattina. E se tutto ciò si evidenzia nelle persone adulte, a trarre i maggiori benefici di un buon sonno, sono senz’altro i bambini che hanno bisogno di molto riposo per crescere bene. A questo proposito è stata condotta una ricerca dall’Università di Oxford che ha mostrato come i bambini possano riuscire a dormire un’ora in più ogni notte, solo utilizzando dei supplementi di omega-3. Ma non è finita qui, perché gli stessi bambini hanno registrato almeno sette episodi in meno di risvegli durante le ore notturne, rispetto al gruppo di controllo che assumeva placebo, mais o soia. Secondo gli esperti, elevati livelli ematici di omega-3 (in particolare DHA) sono significativamente associati a un buon sonno, una minore resistenza nel voler andare a dormire e una riduzione di altri disturbi del sonno, abbastanza frequenti nell’infanzia. Un ulteriore successo è stato ottenuto usando una proporzione più elevata di DHA in relazione agli acidi grassi a catena lunga omega-6 (acido arachidonico, per esempio). Anche in questo caso la qualità del sonno è stata notevolmente migliorata.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Sleep Research, ha messo ancora una volta in evidenza l’importante ruolo degli acidi grassi essenziali, come gli omega-3 e omega-6 con la regolazione del sonno. Si ricorda anche che bassi rapporti di DHA sono da tempo associati a livelli insufficienti di melatonina. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno dato ai bambini partecipanti delle polveri a base di alghe. In totale, i volontari erano 395 con un’età compresa fra i 7 e i 9 anni. Dai questionari che sono stati inviati alle scuole era emerso che ben quattro bambini su dieci soffrivano regolarmente di disturbi del sonno. Affinché lo studio potesse essere valido ai bambini sono stati montati dei sensori al polso che identificassero i movimenti durante il sonno. Chi assumeva il supplemento giornaliero di alghe aveva mostrato 58 minuti in più di sonno e sette episodi in meno di veglia. Una delle migliori fonti in assoluto di questo genere di grassi essenziali è il pesce azzurro. Purtroppo, come ormai tutti sapranno, il corpo umano non è in grado di produrre gli acidi grassi omega-3 come il DHA, fondamentale per la corretta trasmissione nervosa. Per tale motivo, sarebbe auspicabile mangiare pesce almeno due volte alla settimana, di cui una il pesce grasso come il salmone. Tenendo conto che, secondo recenti stime, il consumo di tali alimenti al di sotto dei dieci anni è più che dimezzato dal 1999.
«Trovare problemi del sonno a livello clinico in quattro bambini su dieci di questo campione di popolazione generale è un motivo di preoccupazione – spiega il professor Paul Montgomery dell’Università di Oxford – Varie sostanze contenute all’interno degli acidi grassi omega-3 e omega-6 sono da tempo note per svolgere un ruolo chiave nella regolazione del sonno. Per esempio, bassi rapporti di DHA sono stati collegati con i più bassi livelli di melatonina che si adatterebbe con la nostra constatazione che i problemi del sonno sono maggiori nei bambini con bassi livelli di DHA nel sangue». «Gli studi precedenti che abbiamo pubblicato hanno dimostrato che i livelli ematici di omega-3 (DHA) in questo campione di popolazione generale di età compresa fra i 7 e i 9 anni sono stati allarmanti, e questo potrebbe essere direttamente legato al comportamento e l’apprendimento dei bambini – aggiunge il dottor Alex Richardson dell’Università di Oxford – Sono necessarie ulteriori ricerche visto il piccolo numero di bambini coinvolti nello studio pilota. Tuttavia, questo studio randomizzato e controllato suggerisce che il sonno dei bambini (e non solo dei bambini) può essere migliorato attraverso l’uso di integratori DHA e indica ancora un ulteriore vantaggio di avere alti livelli di omega-3 nella dieta».

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Journal+of+Sleep+Research+Paul+Montgomery

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4263155/

05-12-2018

Vitamina C contro il raffreddore. Sì, no, forse. Da decenni si discute sul valore terapeutico della vitamina C nel combattere le forme di raffreddamento, senza una conclusione scientifica valida una volta per tutte. Adesso, i ricercatori dell'Università di Helsinki aggiungono la loro ipotesi, suffragata da una revisione pubblicata su The Cochrane Library: la vitamina C previene il raffreddore, dimezzandone il rischio, perché aiuta le difese dei soggetti più stressati fisicamente. Lo hanno appurato le ricerche analizzate svolte su gruppi di maratoneti, bambini alle prese con lo sci e un gruppo di soldati durante esercitazioni invernali. Tutti soggetti che comunque affrontavano periodi di intenso stress per l'organismo in condizioni ambientali caratterizzate dall'alto rischio di raffreddamenti. Ebbene, secondo i ricercatori l'assunzione di dose quotidiane di 1 grammo di vitamina C ha permesso di ridurre della metà i casi di raffreddore e anche la sua durata media, dell'8% negli adulti e del 18% nei bambini.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23440782

19-03-2017

La vitamina E è una vitamina liposolubile che può rallentare l’invecchiamento e contribuire a far crescere i capelli. La ricerca ha dimostrato che la vitamina E aumenta la circolazione migliorando il flusso di sangue. E’ disponibile in otto forme: quattro sono tocoferoli e quattro sono tocotrienoli. La maggior parte degli americani consuma una dieta ricca di gamma-tocoferoli, mentre gli europei consumano una dieta ad alto contenuto di tocoferoli alfa. L’aggiunta di noci alla dieta è un ottimo modo per ottenere più vitamina E poichè le noci contengono elevate quantità di questa sostanza preziosa.

AUMENTA IL FLUSSO DI SANGUE

Le membrane cellulari diventano meno flessibili con l’età, i globuli rossi invece diventano rigidi, hanno difficoltà a flettersi e non tutti possono passare attraverso i capillari. Questo provoca una diminuzione della circolazione all'estremità e negli organi. Aggiungendo vitamina E come gamma-tocoferoli, già in cinque giorni, il rivestimento cellulare dei vasi sanguigni migliora, secondo quanto riportato nel Journal of Biochemistry Nutritional. Lo studio ha anche dimostrato che la vitamina E riduce un marker di stress ossidativo chiamato MDA.

AUMENTA LE FUNZIONI DEL CERVELLO

Le persone affette da malattia di Alzheimer hanno livelli inferiori di vitamina E e mostrano i danni da mancanza di vitamina E. Ciò è stato dimostrato dai marcatori alpha-tocopherylquinone, e 5-nitro-gamma-tocoferolo. La ricerca ha concluso che un basso livello di vitamina E nel sangue, è un precursore di Alzheimer e demenza. Questo studio ha utilizzato solo alfa-tocoferolo, pur rilevando che l’utilizzo di questa sola forma di vitamina E potrebbe portare ad un aumento del rischio di ictus. Inoltre, integratori con solo questo tipo di alfa-tocoferolo, possono impedire l’assorbimento o la biodisponibilità di altre forme di sostanze nutritive. Gli autori dello studio suggeriscono un equilibrio di forme di vitamina E, per proteggere il sistema nervoso.

AIUTA NELLA RICRESCITA DEI CAPELLI

La vitamina E può anche aiutare a far ricrescere i capelli dopo la perdita. Il nutriente stimola la crescita dei capillari sul cuoio capelluto. Capsule di vitamina E possono essere applicate al cuoio capelluto o assunte come integratori. Per far ricrescere i capelli, è meglio applicare topicamente la vitamina E e assumerla internamente. Buoni effetti saranno visibili anche sulla pelle, aggiungendo questa sostanza liposolubile.

PROTEGGE DALLE CONSEGUENZE DEL DIABETE

Con 1800 UI di vitamina E al giorno, i pazienti diabetici hanno mostrato un miglioramento sia nella loro funzione renale che del flusso di sangue. L’uso della vitamina E ha impedito la neuropatia diabetica in pazienti con diabete di tipo I. Il nutriente non ha alcun effetto sul livello di zucchero nel sangue, il che lo rende un buon trattamento per l’iperglicemia.

FONTI ALIMENTARI DI VITAMINA E

La vitamina E è disponibile in molti alimenti. Le uova sono una buona fonte, così come le noci. I semi di girasole sono una grande fonte di vitamina E, ne contengono più di 36 mg per 100 grammi. Le mandorle contengono 26 mg per 100 grammi ed i pinoli, nove grammi. Le olive hanno 3,8 grammi per 1.000 grammi, di vitamina E che è più o meno la quantità contenuta negli spinaci. Aggiungere un pò di paprika o di polvere di peperoncino rosso alla dieta, può aumentare il contenuto di vitamina E. Entrambi le spezie hanno 30 mg per 100 grammi di porzione.

28-08-2016

Alcune indagini hanno rivelato che gli individui ipertesi consumano molto meno calcio di quelli che non hanno problemi di pressione sanguigna, mentre alcuni ricercatori hanno constatato nel corso di alcuni esperimenti che la somministrazione di calcio aveva in alcuni individui ipertesi effetti normalizzanti. Un recente studio, condotto secondo la più rigorosa metodologia scientifica, ha confermato questi risultati: con la somministrazione di 1.500 milligrammi di calcio al giorno per dodici settimane si era ottenuto un abbassamento significativo, anche se modesto, della pressione sanguigna. Pare che alcuni ipertesi traggano benefici maggiori di altri dalla somministrazione di calcio.

Lunedì, 03 Dicembre 2018 18:11

TUTTI I BENEFICI DEL BETA-CAROTENE.

18-04-2016

La vitamina A (retinolo) si trova nei tessuti animali, mentre nei vegetali sono presenti, associati alla clorofilla, alcuni precursori, i carotenoidi, che vengono trasformati in vitamina A nell'organismo animale. Il beta-carotene, il carotenoide più attivo e quantitativamente più rilevante, appartiene a questa famiglia. La sostanziale differenza tra vitamina A e beta-carotene è che quest’ultimo è privo di tossicità. Il beta-carotene ha due effetti indipendenti sull'uomo: è una fonte di vitamina A e previene gli effetti pericolosi dei radicali liberi. Nel suo ruolo di provitamina A, può essere convertito al bisogno in retinolo attraverso trasformazioni enzimatiche. L’assorbimento di beta-carotene può essere compromesso da più fattori (grassi per ossidati ossidanti), mentre il deficit di alcuni nutrienti (proteine, ferro, zinco) interferisce con l’assorbimento, il trasporto e la sua utilizzazione. L’uomo non è in grado di sintetizzare beta-carotene, che deve pertanto essere assunto con la dieta, tenendo presente che ne vengono assorbite quantità comprese tra il 5 e il 50%. In una dieta media, tre quarti del fabbisogno di beta-carotene sono soddisfatti dalla vitamina A (sotto forma di retinil palmitati), mentre il restante è coperto dal consumo di alimenti ricchi in beta-carotene tal quale. Come antiossidante, il beta-carotene è in grado di eliminare i radicali liberi e inattivare l’ossigeno singoletto, riducendo il danno cellulare risultante dall'ossidazione di lipidi, proteine, ormoni, vitamine, acidi nucleici e polisaccaridi. I radicali liberi dell’ossigeno possono essere direttamente coinvolti nello sviluppo di neoplasie maligne, carcinogenesi, arteriogenesi e malattie delle coronarie. Studi epidemiologici mostrano che basse concentrazioni nel plasma di beta-carotene e carotenoidi sono correlate all'aumento del rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro (esofago, stomaco, cute) e malattie cardiovascolari.

PROTEZIONE CUTANEA

I raggi ultravioletti sono responsabili dell’aumento di photoaging, fenomeno di invecchiamento cutaneo che causa alterazioni nel tessuto elastico, nel collagene e nel derma. Il beta-carotene, grazie all'attività antiossidante, elevando il livello di soglia di comparsa dell’eritema solare è in grado di offrire protezione contro le scottature solari. Per svolgere la sua azione antiradicalica, il beta-carotene deve essere presente nel luogo di formazione dei radicali in concentrazioni adeguate. Questo carotenoide non sostituisce le creme solari, in particolare in caso di intensa esposizione, ma lavora in sinergia ed è complementare con gli agenti topici. Un regolare apporto di beta-carotene può arrivare ad aumentare del 50% l’attività fotoprotettiva dei filtri solari. L’azione “trappola” dei radicali liberi svolta dal beta-carotene è sinergica con quella della vitamina E nel proteggere il derma e l’epidermide ed è in grado di ostacolare l’ossidazione della vitamina C. La somministrazione di beta-carotene è anche consigliata in caso di acne, oltre che per la salute delle unghie e dei capelli.

SALUTE OCULARE

Come è noto, la vitamina A è importante per la salute oculare. Tuttavia, negli ultimi anni il ruolo del beta-carotene nella visione è andato oltre alla capacità di aumentare la vitamina A nell'organismo. Il beta-carotene, infatti, come parte di un gruppo di carotenoidi tra i quali luteina e zeaxantina, ha mostrato effetti protettivi contro la degenerazione senile della macula. Analoghi risultati sono stati ottenuti con la cataratta. Bassi livelli di questo importante carotenoide sono considerati un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione di queste patologie.

POTENZIAMENTO RISPOSTA IMMUNITARIA

Una molecola di beta-carotene è in grado di eliminare fino a 1.000 molecole di ossigeno singoletto. A questa azione scavenger dei radicali liberi è dovuta anche l’attività di potenziamento della risposta immunitaria. La supplementazione a lungo termine di questo carotenoide ha dimostrato la capacità di migliorare l’attività di alcuni marker della funzione immunitaria (cellule NK, linfociti T e B). Studi sullo stato dei micronutrienti nelle persone con HIV mostrano che il 70% di questi soggetti è carente di vitamina A.

PROTEZIONE CARDIOVASCOLARE

Vitamina A e carotenoidi sono importanti fattori dietetici per la riduzione dell'incidenza delle malattie cardiovascolari. Studi osservazionali sull'uomo hanno mostrato che un forte introito alimentare di beta-carotene e alti livelli di beta-carotene nel siero, sono fattori associati a un rischio ridotto di malattie delle coronarie. Questa azione protettiva è il risultato dell'attività antiossidante che può prevenire o ritardare l'insorgenza dell'aterosclerosi. In uno studio olandese, un apporto rilevante di beta-carotene è stato associato al 45% della riduzione del rischio di infarto del miocardio, mentre in un altro studio si è osservata la riduzione del rischio di morte prematura per malattie delle coronarie.

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