Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

03-01-2018

L’uso regolare di prodotti disinfettanti per le pulizie, come la candeggina, è stato collegato ad un aumento del rischio di sviluppare condizioni polmonari fatali come la BPCO. Uno studio condotto dall’Università di Harvard e dall’Istituto Nazionale di Salute e Ricerca Medica (Inserm) ha scoperto che l’utilizzo di questi prodotti, solo una volta alla settimana, potrebbe aumentare la probabilità di una persona di sviluppare una malattia polmonare ostruttiva cronica o BPCO, di quasi un terzo. La ricerca ha utilizzato dati relativi a più di 55.000 infermieri negli Stati Uniti. I ricercatori hanno esaminato l’esposizione a specifici disinfettanti, tra cui la candeggina, perossido di idrogeno, alcool e sostanze chimiche note come composti dell’ammonio quaternario, spesso usati per disinfettare superfici come i pavimenti e mobili. Tutti questi prodotti sono stati associati ad un aumento del rischio di BPCO del 24/32%.
La BPCO è un termine utilizzato per una serie di condizioni che interessano i polmoni, tra cui enfisema, bronchite cronica e asma cronica. La condizione riguarda circa 1,2 milioni di persone nel Regno Unito, con circa 30.000 persone che muoiono ogni anno. Studi precedenti hanno collegato l’esposizione a disinfettanti con problemi respiratori come l’asma. Questo studio è il primo a identificare un legame tra disinfettanti e BPCO.
Il Dr. Orianne Dumas, ricercatore dell’Inserm, ha dichiarato: “I potenziali effetti negativi dell’esposizione ai disinfettanti sulla BPCO hanno ricevuto poca attenzione, anche se due recenti studi sulle popolazioni europee hanno dimostrato che il lavoro di addetto alle pulizie è associato ad un rischio più elevato di BPCO. Secondo le nostre conoscenze, siamo i primi a segnalare un legame tra disinfettanti e BPCO tra gli operatori sanitari e a indagare determinati prodotti chimici che potrebbero essere alla base di questa associazione”.
Il Dr. Dumas presenterà i risultati del suo studio all’European Respiratory Society International Congress, ed evidenzierà la necessità di ulteriori ricerche per chiarire l’impatto dell’uso dei disinfettante in casa. Il ricercatore ha aggiunto: “In particolare, dobbiamo indagare l’impatto sulla BPCO dell’esposizione alle sostanze chimiche e chiarire il ruolo di ogni disinfettante specifico. Alcuni di questi disinfettanti, come la candeggina sono spesso usati nelle famiglie e il potenziale impatto dell’uso domestico dei disinfettanti sullo sviluppo della BPCO è sconosciuto. Gli studi precedenti hanno trovato un legame tra l’asma e l’esposizione ai prodotti di pulizia e disinfettanti per la casa, quindi è importante indagare ulteriormente”. Nell’ambito della ricerca, gli scienziati hanno esaminato 55.185 infermiere che erano impegnate in un lavoro di cura e senza storia di BPCO per circa otto anni, dal 2009 fino a maggio 2017. Durante quel periodo 663 infermieri sono stati diagnosticati con la BPCO. L’esposizione delle infermiere ai disinfettanti è stata valutata tramite un questionario e sono stati presi in considerazione altri fattori che avrebbero potuto distorcere i risultati, come l’età, il peso e l’etnia dei soggetti.

 

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-09/elf-nru090817.php

02-01-2018

Sembra una panacea per ogni male. E per giunta è del tutto naturale. L’MSM aiuta a combattere lo stress, allevia i dolori articolari e muscolari, depura il corpo dalle tossine, migliora lo stato di pelle, unghie e capelli. E per non farsi mancare niente, vi fa fare il pieno di energia quando vi sentite spossati!
L’MSM (Metil-Sulfonil-Metano) è un composto che contiene zolfo organico, che di solito troviamo nelle crucifere come broccoli e cavoli, alghe marine e uova. E lo zolfo è il quarto minerale più abbondante nel corpo, necessario a diverse funzioni importanti come:

- Facilita la creazione del glutatione, antiossidante che distrugge le cellule tumorali e purifica il corpo dai metalli pesanti.
- Rafforza il sistema immunitario, prevenendo le malattie.
- Costituisce muscoli e ossa, quindi aiuta a prevenire crampi, tendiniti, fratture.

La presenza di zolfo nel Metil-Sulfonil-Metano fa sì che il composto sia utile per:

• attenuare gli stati infiammatori dell’organismo;
• aumentare trofismo di pelle e capelli;
• favorire la cicatrizzazione delle ferite;
• normalizzare le funzioni gastriche e intestinali.

In particolare alcune ricerche sostengono che l’MSM sia utile a proteggere i muscoli dai danni causati dai radicali liberi, ridurre il dolore articolare, migliorare la mobilità articolare e ritardare l’insorgere delle complicazioni articolari. In molti, poi, assumono l’MSM per accelerare la crescita dei capelli. Infatti questa sostanza fornisce lo zolfo necessario per collagene sano e cheratina, che sono entrambi essenziali per la crescita di capelli sani.
Nonostante si trovi naturalmente in alcuni alimenti, i terreni contaminati da pesticidi e la cottura fanno sì che i cibi perdano buona parte del Metil-Sulfonil-Metano che contengono. Inoltre anche le cattive abitudini alimentari, come il ricorso ad alimenti lavorati industrialmente e ricchi di zuccheri semplici, contribuiscono a bruciare le riserve di MSM dell’organismo. Ciò rende necessario assumere degli integratori. In particolare, nel trattamento e nella prevenzione dell’artrosi, l’MSM è solitamente somministrata in dosi da 1-3 grammi al giorno, divise in 2-3 assunzioni giornaliere assieme ai pasti, per un periodo di almeno tre mesi.

02-01-2018

L’onicocriptosi, così si chiama la condizione delle unghie incarnite, non è altro che una crescita innaturale dell’unghia che determina la penetrazione di quest’ultima nella carne circostante. Le conseguenze sono dolorose e possono sfociare in: gonfiore della falange, sanguinamento, formazione di pus e di infezioni difficili da mandar via. In alcuni casi, infatti, la presenza di un’unghia incarnita particolarmente recidiva può richiedere l’intervento chirurgico. Tra le cause più comuni che possono portare alla formazione dell’unghia incarnita troviamo:

• tagliare le unghie troppo corte o in maniera esagerata nei bordi. Questo incoraggia la pelle circostante a ricrescere, ricoprendo l’unghia;
• scarpe o calze scomode o troppo strette. In questi casi, si genera una forte pressione sulla pelle che comporta lacerazioni e la formazione di infezioni;
• sudorazione eccessiva o scarsa igiene che espone la pelle maggiormente alle lacerazioni create dall’unghia;
• lesioni o traumi;
• infezioni;
• diabete;
• fattori di predisposizione.

Quando si ha a che fare con le unghie incarnite, la scelta migliore è sempre quella di consultare uno specialista. Tuttavia, esistono una serie di rimedi naturali che possono aiutare ad alleviare i fastidi o curare la parte se la problematica è lieve. Vediamo quali.

1. SALE DI EPSOM

Il sale di Epsom ha una gamma di usi molto varia. C’è chi lo consiglia anche per trattare il problema delle unghie incarnite, anche se ci sono pareri contrastanti sulla sua effettiva efficacia. In questi casi, la sua utilità è quella di ammorbidire la pelle della zona interessata, rendendo più semplice l’estrazione dell’unghia. Il trattamento prevede di mettere i piedi in acqua, in cui è stato sciolto il sale di Epsom, per circa 15-20 minuti, due volte al giorno.

2. ACETO DI MELE

L’aceto di mele è un rimedio infallibile per una molteplicità di condizioni. Nel caso delle unghie incarnite, viene utilizzato mescolando qualche cucchiaio di aceto in acqua e lasciando in immersione i piedi per una decina di minuti. L’aceto è un antisettico e un disinfettante naturale.

3. OLIO ESSENZIALE DI ORIGANO

L’olio essenziale di origano è considerato un antibatterico e un antisettico e fornisce un rapido sollievo dal dolore. Mescolato con un olio vettore, può essere applicato sull’unghia incarnita.

4. SALE E BICARBONATO

Sale e bicarbonato sono utili per effettuare dei pediluvi che fungano da emollienti per la pelle dell’unghia. In fase preventiva, aiuta a evitare che l’unghia si incarni. Se il problema già esiste, aiuta a contenere gonfiore e infezione.

5. MALVA

Un impacco creato con foglie fresche di malva è un utile rimedio lenitivo e disinfiammante. Per realizzare l’impacco, bastano delle foglie fresche provenienti dalla pianta, scottate in acqua e ridotte in poltiglia. A questa andranno aggiunte 3-4 gocce di olio di oliva. Amalgamate bene e mettete l’impacco sull’unghia incarnita, avvolgendo con una garza. Tenetelo per 30 minuti e poi risciacquate con acqua tiepida.

6. TEA TREE OIL

L’olio essenziale di Tea Tree è utile come prevenzione, per rimuovere la pelle in eccesso ed evitare che l’unghia si incarni. Va usato mescolato a un cucchiaino di olio extra vergine d’oliva per i lavaggi quotidiani.

7. POMODORO

La polpa di pomodoro, sembra bizzarro a dirsi, è uno dei rimedi più usati dalle nostre nonne per curare l’infiammazione causata dalle unghie incarnite. La polpa di pomodoro va applicata con una garza sterile sulla parte interessata e risciacquata dopo qualche minuto con abbondante acqua. È una soluzione antibatterica e disinfiammante.

Ricordate inoltre di indossare sempre scarpe comode, che non creino pressioni sulla parte e di tenere asciutto e pulito il piede dove è presente l’unghia incarnita. Se dopo aver provato con questi rimedi naturali il problema persiste, anche dopo un paio di giorni, non esitate a contattare uno specialista.

02-01-2018

Gli inibitori di pompa protonica sono comunemente usati per trattare il bruciore di stomaco, ma hanno dimostrato di essere molto più dannosi che utili, aumentando il rischio di malattie renali, demenza, attacchi cardiaci e morte prematura. La maggior parte dei casi di reflusso acido è correlata ad allergie alimentari, presenza di Helicobacter pylori e/o ernia iatale. Disturbi della colecisti possono anche essere scambiati per bruciore di stomaco. Per affrontare il bruciore di stomaco bisogna mangiare alimenti non trattati e alimenti fermentati, e prendere enzimi digestivi supplementari. Alimenti come papaya, ananas e zenzero possono anche aiutare, così come un certo numero di altri integratori.

 

http://www.medicalnewstoday.com/articles/318244.php

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/bcp.13205/abstract

https://consumer.healthday.com/gastrointestinal-information-15/heartburn-gerd-and-indigestion-news-369/heartburn-drugs-may-raise-risk-of-stomach-infections-study-718433.html

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0058837

02-01-2018

Questa notizia a noi fa un pò sorridere dato che fortunatamente possediamo uno strumento prezioso per la nostra igiene personale: il bidet! Sappiamo però che molti paesi non lo utilizzano e dunque, sulla pulizia in bagno, si è creata una certa diatriba: è meglio utilizzare carta igienica o salviette umidificate? Nella maggior parte dei paesi tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia le persone usano solitamente carta igienica per pulirsi. Gli esperti avvisano però che il solo utilizzo della carta igienica non è sufficiente in quanto non permette un’accurata pulizia e dunque residui di feci potrebbero rimanere sulla nostra pelle anche per lunghe ore con conseguenze sgradite.
Come ha dichiarato Rose George autore di un libro dal titolo “The Big Necessity: The Unmentionable World of Human Waste and Why It Matters”, libro interamente dedicato ai nostri rifiuti corporei solitamente considerati un tabù: "Mi sembra piuttosto sconcertante che milioni di persone si stanno muovendo con il loro ano sporco pur pensando di essere puliti. Toilet paper moves s***, but it doesn’t remove it! (a voi la traduzione!)".
Tra l’altro l’uso eccessivo di carta igienica può anche causare problemi come irritazione e infezioni alle vie urinarie, agli organi genitali o portare alla comparsa di fessure anali. Si consiglia quindi, in caso non si abbia la possibilità di utilizzare il bidet e quindi di lavarsi subito con acqua, quanto meno di passarsi delle salviettine bagnate, alternativa decisamente migliore della carta igienica per pulire, uccidere i batteri e ridurre così il rischio di sviluppare problemi dovuti alla scarsa igiene o all’utilizzo troppo aggressivo della carta igienica. Importante anche lavare sempre da avanti verso dietro in questo modo si impedisce che eventuali residui di feci e batteri possano arrivare nella zona genitale e urinaria causando infezioni.
Sull’argomento è intervenuto addirittura Will Smith che ha definito le salviettine umidificate come qualcosa di "speciale e incredibile". In un’intervista ad Elle Magazine, l'attore, rapper e produttore cinematografico ha proposto anche un curioso esempio per spiegare meglio il concetto: "Ecco la prova del perché le persone dovrebbero avere salviettine per bambini: prendi un pò di cioccolato passalo su un pavimento in legno e poi cerca di levarlo utilizzando degli asciugamani asciutti, vedrai che il cioccolato si bloccherà nelle crepe".
Negli Stati Uniti purtroppo non è così semplice trovare un bidet anche se vengono fatti dei tentativi di esportare questo sanitario. I fornitori hanno riferito che il passaggio al mercato americano è difficile in quanto la maggior parte delle persone è soddisfatta del fatto di utilizzare la carta igienica. Noi, dall'altra parte dell'oceano, possiamo invece continuare ad utilizzare tranquillamente il bidet!

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-5025367/Doctors-warn-toilet-paper-does-little-remove-feces.html

31-12-2017

Il mercato dei prodotti cosmetici per la tutela della bellezza, genera un fatturato con molti zeri e ultimamente sta puntando il suo sguardo verso il mondo maschile. Solo in Italia si registrano incassi per 8,6 miliardi di euro. Questo rappresenta un mercato che non conosce crisi, anche perché alcuni prodotti arrivano a costare migliaia di euro. Tutte queste società promettono risultati straordinari, garantiti e testati. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Ovviamente no. Se prendiamo alcune case cosmetiche si possono notare varie sfumature.

- Lancaster, 97 milioni di fatturato nel 2008, antirughe Retinology “test di scarso valore scientifico poiché sono senza gruppo di controllo o di autovalutazione”, (I.F.O.).

- Esteé Lauder, una delle più grosse aziende nel mercato dei cosmetici in Gran Bretagna. I test presentati sono di (solo) 19 donne tra i 45 e 71 anni. La sua pubblicità è stata bloccata perché ingannava i consumatori secondo l’Advertising Standard Authority britannica (dicembre 2009).

- Vichy Liftactive marchio l’Oréal, 940 milioni di fatturato nel 2008. Secondo la loro réclame i risultati sono visibili in 4 giorni. “Valutazioni prive di valore scientifico, è una normale crema idratante”, (I.F.O.).

- Garnier Ultralift, il video pubblicitario presenta in basso una scritta illeggibile, questa spiega che i test sono di autovalutazione, niente di scientifico. (1)

- Nivea, 314 milioni di fatturato nel 2009. Pubblicizza un prodotto che contrasta la cellulite e la pelle a buccia d’arancia. L’antitrust sostiene che lo studio non è stato effettuato su pelle umana ma su cute di maiale, precisando che per avere effetti bisogna intervenire sotto il derma, che è poi la sede principale della cellulite.

- Nivea, My Silhouette, snellenti per il corpo. I test sono stati effettuati su 28 donne ma la riduzione potrebbe essere dovuta a molteplici fattori, anche solo al semplice gesto di massaggiare la parte interessata per spalmare la crema. Il prodotto “manca dei minimi presupposti scientifici”, (I.F.O.).

- Somatoline, Total Body. I test si riferiscono a 25 soggetti e sono stati mostrati i risultati di una sola persona.

Questi sono solo alcuni esempi ma sarà utile ricordare anche altre dichiarazioni.

- “La promessa di riduzione della cellulite con qualsiasi trattamento deve essere considerata speculativa”. (2)

- Il termine anticellulite può dar luogo a equivoci ed è da considerarsi “improprio e comunque sconsigliabile”. (3)

- Réclame pubblicitaria. “I test scientifici dimostrano che l’estratto di mukurossi inibisce l’enzima che causa l’invecchiamento della pelle”. Promesse inverosimili. (4)

Partendo dall’idea che la cosmesi per definizione agisce in superficie senza penetrare in profondità, il prodotto può essere messo tranquillamente in commercio senza bisogno di autorizzazioni, perché manca una legge che regolamenti questo mercato, a differenza dei prodotti farmaceutici per il corpo che hanno bisogno dell’approvazione dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Le aziende produttrici di creme di bellezza, al momento del lancio dello stesso, non sono quindi obbligate a presentare alcun test. Secondo i rapporti annuali dell’UNIPRO, ogni anno si spendono circa 100 milioni di euro in cosmetica e solo negli ultimi 10 anni, 90 pubblicità sono state dichiarate ingannevoli dall’Antitrust.
La COLIPA (Associazione Europea delle Industrie Cosmetiche), ha ammonito a più riprese che i test vanno effettuati prima e non dopo (maggio 2008). Naturalmente, a tutto questo bisogna aggiungere che i test vengono effettuati su topi, cute dei maiali, glutei maschili, sulla pelle di un braccio invece che sul viso. Se a tutto questo sommiamo che vengono mostrati solo i test sui volontari che hanno avuto dei risultati, il quadro della situazione non può che apparire più chiaro. Purtroppo, fin quando queste grandi multinazionali giocheranno sulla salute dei cittadini, fin quando i loro interessi si intrecceranno con la politica, un pieno smascheramento di questa illusione sarà difficile che avvenga. Come ricorda T. Roosevelt (1910), ”Non sarà possibile controllare in modo efficace i grandi gruppi industriali, finché questi continueranno a occuparsi di politica. Porre fine a questa situazione non sarà un’impresa né facile né rapida”.
A tutto questo dobbiamo aggiungere tutti i prodotti che creano allergie e nei casi peggiori, il cancro. Il Center for Environmental Health (CEH) ha effettuato test indipendenti su 98 tipi di shampoo e saponi per il corpo. In questi prodotti è stata riscontrata la cocamide dietanolammina.

(1) Provvedimento AGCM n. 20862.
(2) M. Wanner, Journal of Drugs in Dermatology aprile 2008.
(3) Istituto Superiore della Sanità americano, 1980.
(4) I.A.P. Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria.

Per maggiori info si rimanda il lettore al lavoro di Laura Bruzzaniti, “Il trucco della bellezza”.

31-12-2017

Il paracetamolo, un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS) utilizzato frequentemente per combattere raffreddori e influenze, se somministrato ai bambini durante il primo anno di vita potrebbe aumentare il rischio di asma e allergie. Questa è la conclusione di un’analisi, coordinata da Richard Beasley, condotta presso il Medical Research Institute of New Zealand. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet. Per condurre la metanalisi gli esperti hanno sfruttato i dati raccolti nell’ambito dell’International Study of Asthma and Allergies in Childhood (ISAAC), uno studio che ha coinvolto 200.000 bambini di 31 Paesi. Stando alle conclusioni, la somministrazione del paracetamolo nel primo anno di vita sembrerebbe essere legato ad un maggior rischio di asma stimato intorno al 50 per cento. Gli effetti non sono però visibili immediatamente, asma, rinocongiuntivite ed eczema insorgerebbero tra i 6 e i 7 anni. Probabilmente molte persone pensano di non aver mai assunto nè somministrato il paracetamolo ai propri figli. Il paracetamolo è il principio attivo di alcuni farmaci molto noti come la Tachipirina e l’Efferalgan, farmaci di classe C per i quali non serve la prescrizione medica. Richard Beasley spiega che a volte si fa un uso eccessivo del paracetamolo nei bambini, e il farmaco andrebbe utilizzato solo quando i piccoli hanno una febbre che supera i 38,5 gradi di temperatura. Stando ai dati, i rischi non sembrerebbero legati solo al primo anno di vita ma anche alla primissima infanzia. Nel caso di una somministrazione in dosi medie, durante i dodici mesi precedenti, il rischio di sintomi di asma sono risultati maggiori del 61 per cento, nel caso di dosi più elevate il rischio era addirittura triplicato. L’uso del paracetamolo nel primo anno di vita è stato inoltre associato ad un aumento del rischio di riconogiuntivite (circa il 48 per cento) e di eczema (circa il 35 per cento). 
I ricercatori hanno intrapreso uno studio di questo tipo in quanto dagli anni ’50, periodo in cui si è iniziati a somministrare il farmaco anche ai bambini, sono aumentate le malattie allergiche. Se da una parte questo fenomeno potrebbe essere legato al fatto che il sistema immunitario può aver subìto una trasformazione, legata ad ambienti più puliti e una maggiore igiene personale, dall’altra non si possono sottovalutare possibili legami con altri fattori. La nuova ipotesi è che il farmaco inibisca la produzione di un antiossidante nei polmoni aumentando il rischio d’infiammazione in presenza di allergeni. Richard Beasley precisa comunque che la metanalisi ha evidenziato alcuni fattori, ma ora bisognerà completare lo studio con test clinici.

 

http://www.thelancet.com/article/S0140-6736(08)61445-2/abstract

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18805332

31-12-2017

I funghi, un ingrediente buonissimo per i nostri manicaretti. Ma soprattutto un valido alleato per la nostra salute! Sappiamo, ad esempio, che i funghi sono considerati una buona fonte di sali minerali come il potassio, il fosforo, il rame, il selenio. Tutte sostanze utili al corretto funzionamento del nostro organismo. Non solo, contengono numerose vitamine del gruppo B che consentono una corretta ossigenazione del sangue e un aiuto per il funzionamento del sistema nervoso. Ma non è tutto. Una recente ricerca della Boston University, pubblicata sulla rivista Dermato-Endocrinology, assegna loro un’altra importante funzione: quella di integratori naturali di vitamina D.
Ho già descritto in precedenza, in diversi articoli, l’importanza della vitamina D per il nostro organismo. È essenziale per la salute delle ossa, per la funzione cardiovascolare e anche per il sistema immunitario. La vitamina D è chiamata vitamina del sole perché è proprio l’esposizione ai raggi solari che consente al nostro organismo di produrla, visto che si trova naturalmente in pochissimi alimenti. Secondo i ricercatori bostoniani, i funghi sarebbero uno di questi. In particolare, si legge che “i funghi esposti alla luce solare o ai raggi UV sono un’ottima fonte di vitamina D nella dieta perché contengono alte concentrazioni di precursore alla vitamina D, la provitamina D2. Quando i funghi sono esposti ai raggi UV, la provitamina D2 viene convertita in previtamina D2. Una volta formata, la previtamina D2 si isomerizza rapidamente alla vitamina D2 in un modo simile a quello in cui la previtamina D3 si isomerizza alla vitamina D3 nella pelle umana”. Quindi basterebbe esporre i funghi per 60 minuti al sole prima di consumarli, per fare in modo che essi si arricchiscano di vitamina D.
La vitamina D è importante per il nostro organismo, perché aiuta a fissare il calcio nelle ossa. Esiste però una letteratura molto controversa, soprattutto negli ultimi anni, sulla necessità di utilizzare o meno degli integratori di questa sostanza. Se da un lato, fino adesso, le evidenze scientifiche hanno ampiamente caldeggiato l’ipotesi che un deficit di vitamina D sia rischioso per la nostra salute, altre, invece, indicano che un sovradosaggio in persone sane possa portare invece problemi di salute. Un supplemento tramite integratori può essere quindi indicata per le persone maggiormente a rischio di osteoporosi, meno per coloro che, invece, non presentano evidenti carenze di questa vitamina. Prima di tutto, quindi, è necessario un confronto attento con uno specialista che sappia se, nel vostro specifico caso, sia o meno consigliato assumere integratori di vitamina D.
Ma il potenziale dei funghi non si ferma solo alla loro capacità di integrare dosi di vitamina D nel nostro organismo. Secondo un altro studio, questa volta condotto dai ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e pubblicato su Faseb Journal, una buona porzione di funghi bianchi, anche i semplici champignon, aiuterebbe a dimagrire. Lo studio, della durata di un anno, ha esaminato l’effetto del sostituire i funghi alle carni rosse, rispetto ad una dieta standard, sulla perdita di peso e sul mantenimento dello stesso in adulti obesi. Su un gruppo di 73 persone, tutte obese, la ricerca avrebbe dimostrato che il gruppo di volontari che ha consumato la quantità prestabilita di funghi avrebbe perso in media circa 3 chili di peso, conservando più a lungo i benefici su pancia e fianchi. Concludo, infine, dicendo che i funghi sono un antibiotico naturale e sono indicati come alimento prezioso per proteggersi dai malanni autunnali; ricordiamo però, che il miglior integratore naturale di vitamina D è l’esposizione al sole, per minimo una durata di 15 minuti al giorno sul 60% del corpo.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3897585/

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2013-04/bumc-rdm042213.php

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2013-04/epr-peo041913.php

30-12--2017

Bere una tazza di tè al giorno tiene lontana la demenza senile, dimezzando il rischio del 50%. A stabilirlo è una ricerca pubblicata sulla rivista Usa "Journal of Nutrition, Health and Aging". Che sia tè nero, tè verde o di altre varietà poco importa, la famosa bevanda può dimezzare i rischi di demenza senile, percentuale che sale addirittura all’86% tra chi è portatore di una mutazione genetica che favorisce i disturbi del declino mentale: si tratta del gene APOE, che nella variante dell''allele E4, sembra favorire lo sviluppo dell'Alzheimer. Ipotesi documentata dal professor Feng Lei del Dipartimento di Medicina Psicologica dell'Università Nazionale di Singapore di (NUS) Yong Loo Lin School of Medicine. 
Il team di ricercatori ha monitorato per sette lunghi anni, 957 volontari dai 55 anni in su. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: i portatori della variante genica ed i non-portatori. Lo studio ha ovviamente tenuto conto di altre condizioni della salute e degli stili di vita di ciascuno. Ma i dati sono risultati chiari: il rischio di demenza è dimezzato nei bevitori quotidiani di tè e scende dell'86% tra i portatori del gene alterato. Il gruppo di ricerca ha, inoltre, scoperto che il ruolo neuroprotettivo del consumo di tè sulla funzione cognitiva non è limitata ad un particolare tipo. "I nostri risultati hanno importanti implicazioni per la prevenzione della demenza. Nonostante le sperimentazioni, la terapia farmacologica è ben lontana dal dare risultati soddisfacenti”, ha spiegato Feng Lei. Il beneficio sarebbe dato dai composti bioattivi che ci sono nelle foglie stesse, composti che hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatori che proteggono il cervello.

 

http://news.nus.edu.sg/press-releases/tea-protects-elderly-cognitive-decline

Sabato, 30 Dicembre 2017 06:42

SLA: EFFETTI POSITIVI DELLA FITOTERAPIA.

30-12-2017

La fitoterapia potrebbe rivelarsi utile anche nella lotta alla Sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa causata dalla sovraespressione della proteina SOD1 nei neuroni che controllano il movimento. Alcuni fitoderivati estratti dalla Withania somnifera e dalla Mucuna pruriens, piante impiegate da secoli dalla medicina tradizionale indiana (Ayurveda), sono infatti in grado di rallentare e contrastare una serie di sintomi e di alterazioni cellulari, subcellulari e molecolari associati alla Sla. Lo ha dimostrato un gruppo di ricerca guidato dalla prof.ssa Anna Liscia, ordinario di Fisiologia dell’Università di Cagliari, che ha visto la collaborazione di diversi Centri di Ricerca afferenti all’ateneo del capoluogo sardo, al CNR, all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e a un istituto di ricerca indiano. I risultati dello studio, finanziato dal Rotary Club Sanluri, sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.
«Lo studio è stato effettuato con l’impiego del moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster - spiega la prof.ssa Anna Liscia - che, grazie alla comune presenza di geni e a una simile organizzazione e modalità cellulare di funzionamento col sistema nervoso umano, costituisce un potente modello traslazionale per lo studio delle basi biologiche di malattie neurodegenerative attualmente senza cure quali la Sla. In accordo con i clinici coautori dell’articolo questi risultati potrebbero aprire nuove strade nell’affrontare trattamenti alternativi di questa e di altre malattie simili».

 

https://www.nature.com/articles/srep41059

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