Angelo Ortisi
COCA COLA ED ENERGY DRINK TRASFORMATI IN LECCA LECCA: L'ESPERIMENTO CHE CI MOSTRA QUANTO ZUCCHERO BEVIAMO.
25-03-2016
Henry Hargreaves è un fotografo neozelandese che, attraverso le sue creazioni, ama “giocare con il cibo” lanciando anche dei chiari messaggi. Come quello che emerge dalla serie chiamata (de)ydrate, dove il giovane Henry ha ridotto delle bevande zuccherate in lecca lecca per mettere in risalto i pericoli del junk food. Tutti sappiamo che le più comuni bevande sono molto zuccherate, quello che però non viene in mente è che una volta fatta evaporare l’acqua quello che rimane è praticamente solo zucchero. Questo è ciò che prova l'esperimento compiuto dal giovane artista che ha realizzato questi grandi lecca lecca semplicemente disidratando bibite come Coca Cola, Snapple, Mountain Dew, Monster, Power Ade ma anche bevande apparentemente sane come Vitamin Water e Zico acqua di cocco.
Dopo ore di bollitura, ogni bevanda è stata ridotta ad una massa appiccicosa di zucchero e poi versata in uno stampo per lecca lecca con il nome del soft drink utilizzato. In questo modo le bevande risultano decisamente meno attraenti e ci fanno capire che a volte ciò che pensiamo possa dissetarci in realtà non è nient’altro che una caramella mascherata da bibita. Le immagini evidenziano infatti il contenuto di zucchero impressionante di queste bevande tanto comuni, immortalandole per quelle che realmente sono: cibo spazzatura. Lecca lecca simpatici da vedere ma che è decisamente meglio evitare di mangiare.
LE 5 ATTIVITA’ PIU’ IMPORTANTI DELLA CURCUMA PER L’ORGANISMO UMANO.
24-03-2016
La curcuma (Curcuma longa) è un’erba perenne appartenente alla famiglia delle Zingiberacee che include anche lo zenzero, coltivata in maniera estensiva in India, Asia, Cina e altri paesi a clima tropicale. La curcuma ha una lunga tradizione come spezia ed erba medicinale nella medicina cinese e ayurvedica, in particolare come agente antinfiammatorio ed epatoprotettivo. Pianta ricca di amidi, che rappresentano circa il 50% del suo peso, contiene un principio attivo, la curcumina, curcuminoide dal caratteristico colore giallo, al quale sono attribuite le principali attività farmacologiche. La curcumina è utilizzata anche come colorante alimentare naturale (E100).
ATTIVITA’ ANTINFIAMMATORIA
L’azione antinfiammatoria della curcumina è stata testata su modelli animali di infiammazione acuta, cronica e subacuta, dove è risultata pari a quella del cortisone e fenilbutazone. In studi su animali con artrite indotta, la somministrazione di curcuma ha ridotto in maniera significativa infiammazione e gonfiore. La curcumina ha mostrato di inibire l’aggregazione dei neutrofili, la produzione di acido arachidonico e dei neutrofili durante gli stati infiammatori. L’attività antinfiammatoria ha mostrato effetti benefici in alcune patologie.
- ARTRITE REUMATOIDE: In uno studio condotto per confrontare la curcumina con antinfiammatori non steroidei in 18 pazienti affetti da artrite reumatoide, la somministrazione di 1200 mg/die di curcumina per 2 settimane ha migliorato rigidità mattutina, capacità di movimento e gonfiore articolare. Questi risultati sono stati paragonabili a quelli ottenuti con l’assunzione di 300 mg/die di fenilbutazone (FANS).
- PROCTITE ULCERATIVA E MORBO DI CROHN: In uno studio clinico è stato somministrato un estratto standardizzato in curcumina (99.5%) a 5 persone con proctite ulcerativa e 5 con morbo di Crohn. A 3 donne e 2 uomini con proctite ulcerativa (localizzata nel retto, è la forma più comune e benigna di colite ulcerosa) furono somministrati 550 mg di curcumina 2 volte al giorno per 1 mese; in seguito 3 volte/die per un altro mese. Tutti i pazienti riportarono miglioramenti nei sintomi, 2 soggetti eliminarono i loro farmaci e 2 ne ridussero la quantità assunta. Altri 5 soggetti con morbo di Crohn seguirono un regime leggermente diverso (360 mg di curcumina 3 volte/die) per 1 mese e in seguito la stessa quantità 4 volte al giorno per altri 2 mesi. Quattro dei 5 pazienti mostrarono miglioramenti nel punteggio dei sintomi (frequenza delle evacuazioni, dolore addominale, crampi).
ATTIVITA' ANTIOSSIDANTE E CHEMIOPREVENTIVA
La curcumina mostra una potente attività antiossidante, paragonabile a quella delle vitamine C ed E. In studi in vivo e in vitro ha mostrato di inibire la carcinogenesi in tre fasi: promozione, angiogenesi e crescita tumorale. In due studi sul cancro al colon e alla prostata, la curcumina ha mostrato di inibire la proliferazione cellulare e la crescita tumorale. Curcuma e curcumina sono anche in grado di sopprimere l'attività di alcuni comuni mutageni e carcinogeni in alcuni tipi di cellule in vitro e in vivo. Gli effetti anticarcinogeni sono dovuti in parte all'effetto antiossidante e scavenger dei radicali liberi. La curcumina sembra anche aumentare il sistema antiossidante naturale, incrementando i livelli di glutatione, favorendo la detossicazione epatica di mutageni e carcinogeni e inibendo la formazione di nitrosamine.
ATTIVITA’ EPATOPROTETTIVA
Studi in vivo hanno mostrato effetti epatoprotettivi contro numerosi insulti da agenti epatossici. Questi effetti sono da correlare all'attività antiossidante della curcuma e della curcumina che hanno dimostrato una funzione coleretica, aumentando l'escrezione di sali biliari, colesterolo e bilirubina, oltre ad incrementare la solubilità biliare. Questo potrebbe rappresentare un possibile aiuto per prevenire e trattare la calcolosi biliare.
ATTIVITA’ GASTROPROTETTIVA
La somministrazione orale di curcuma a 116 pazienti con dispepsia acida, dispepsia flatulente, o dispepsia atonica in uno studio randomizzato doppio cieco ha mostrato una risposta statisticamente significativa nei soggetti che avevano ricevuto il fitocomplesso. I pazienti hanno ricevuto 500 mg della pianta in polvere 4 volte al giorno per 7 giorni. Altri due esperimenti clinici condotti per verificare l'effetto della curcuma sulle ulcere peptiche hanno mostrato che la sua somministrazione orale ha promosso la guarigione dell'ulcera e diminuito il dolore associato.
ATTIVITA' CARDIOPROTETTIVA.
Tra gli effetti cardioprotettivi svolti dalla curcuma si evidenziano riduzioni di colesterolo e trigliceridi, diminuzione della lipoperossidazione delle LDL e inibizione dell'aggregazione piastrinica, anche a bassi dosaggi.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10889462
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11398177
MANGIARE PESCE AIUTA A VIVERE PIU' A LUNGO.
24-03-2016
Mangiare pesce ad alto contenuto di omega-3 acidi grassi, come una parte normale della dieta, può allungare la vostra vita, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine. I risultati dello studio hanno mostrato che gli adulti anziani che hanno livelli ematici maggiori di acidi grassi omega-3 assunti quasi esclusivamente da dieta a base di pesce e pesce grasso – hanno ridotto il rischio totale di mortalità di quasi il 27% e il rischio di mortalità per malattie cardiache del 35%. Lo studio, condotto da un gruppo di ricercatori della Harvard School of Public Health (HSPH) e dell’Università di Washington, ha rivelato che gli adulti più anziani che avevano livelli più alti nel sangue degli acidi grassi presenti nel pesce - vivevano in media 2,2 anni di più, rispetto a quelli con livelli ridotti. L’autore Dariush Mozaffarian, professore associato presso il Dipartimento di Epidemiologia HSPH, ha spiegato: ”Anche se mangiare pesce è stato a lungo considerato parte di una dieta sana, pochi studi hanno valutato i livelli di omega-3 e decessi totali in adulti più anziani. I nostri risultati supportano l’importanza di adeguati livelli di omega-3 per la salute cardiovascolare e suggeriscono che in seguito questi vantaggi potrebbero effettivamente prolungare gli anni di vita“.
Lo studio è stato il primo ad esaminare biomarcatori ematici obiettivamente misurabili di consumo di pesce, associati con la mortalità totale e i risultati esatti di mortalità, nella popolazione generale. In precedenti ricerche, gli studi hanno dimostrato che mangiare pesce, che contiene acidi grassi omega 3, diminuisce il rischio di morire di malattie cardiache e favorisce la salute del cuore. Tuttavia, l’effetto sulle altre cause di morte o sulla mortalità totale, è ancora un mistero. Nel 2009, uno studio pubblicato sull’European Heart Journal ha rivelato che gli uomini che mangiano pesce grasso una volta alla settimana, possono ridurre il rischio di insufficienza cardiaca. Uno studio separato ha suggerito che l’assunzione di pesce può ridurre il rischio di attacco di cuore. È stato anche riportato che un consumo regolare di pesce è legato ad un minor rischio di diabete e rischio cardiovascolare. I ricercatori, in questo studio, hanno cercato di avere un quadro più preciso, analizzando i biomarcatori nel sangue degli adulti che assumono integratori di olio di pesce, nel tentativo di fornire dati più accurati degli esiti possibili di consumo di pesce sul prolungamento della vita. Gli autori hanno analizzato 16 anni di dati provenienti da quasi 2.700 adulti degli Stati Uniti di età di 65 anni o più, che hanno preso parte al Cardiovascular Health Study (CHS). Tutti i soggetti erano sani. I ricercatori hanno scoperto che i tre acidi grassi - da soli o insieme - erano collegati a un rischio significativamente più basso di mortalità. L’acido docosaesaenoico o DHA, è stato l’acido grasso specifico più significativamente legato a minor rischio di malattia coronarica, circa del 40% in meno. Altri risultati degni di nota includono:
- acido docosapentaenoico (DPA) – che è stato più significativamente legato al minor rischio di morte per ictus;
- acido eicosapentaenoico (EPA) – che è stato più significativamente legato alla diminuzione del rischio non-fatale di attacco di cuore.
Volontari dello studio con i massimi livelli di tutti e tre i tipi di acidi grassi, avevano un rischio inferiore del 27% di mortalità totale per tutte le ragioni. I ricercatori hanno osservato che il maggior aumento dei livelli di acidi grassi, si ottiene quando si passa dal consumo molto basso di pesce, a circa 400 g al giorno, dopodichè i livelli aumentano gradualmente. Mozaffarian ha concluso: “I risultati suggeriscono che è sufficiente assumere circa due porzioni di pesce grasso a settimana”.
http://annals.org/article.aspx?articleid=1671714
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3698844/
http://www.medicalnewstoday.com/releases/147190.php
http://www.medicalnewstoday.com/articles/250626.php
GLI ALIMENTI CHE RIPULISCONO E GUARISCONO I NOSTRI POLMONI.
23-03-2016
Non importa quanto una persona sia consapevole degli ingredienti nocivi presenti nelle sigarette e di come loro siano la causa principale di gravi malattie come il cancro ai polmoni. Ormai ognuno è ben consapevole dei rischi che corre, quindi non dilunghiamoci nei soliti sermoni. Se sei un fumatore incallito, sei fumi una sigaretta ogni tanto o se hai smesso da poco, il minimo che puoi fare e ripulire nel miglior modo possibile i tuoi polmoni. Come? Non esiste una formula magica che pulirà i tuoi polmoni istantaneamente, ma gli alimenti di seguito elencati sono i più efficaci nel ripulire i polmoni da catrame e nicotina, ma non solo. Questi alimenti ti aiuteranno a rinforzare i polmoni e a prevenire alcune malattie legate a essi. I primi benefici possono essere riscontrati già dopo due giorni di assunzione regolare.
- NOCI BRASILIANE: Il selenio è un antiossidante molto potente. Le noci brasiliane contengono la più alta percentuale di selenio rispetto agli altri alimenti. Puoi integrarle a colazione alternandole con altri tipi di frutta secca.
- CIPOLLA E AGLIO: Anche la cipolla e l’aglio sono ottimi “spazzini” dei polmoni. Questi alimenti così diffusi nelle nostre tavole aiutano tantissimo nella prevenzione contro numerose malattie, tra cui le infezioni polmonari. Alcuni studi stanno mettendo in luce le capacità della cipolla e dell’aglio nel bloccare la crescita di nuove cellule tumorali.
- ZENZERO: Lo zenzero è ampiamente conosciuto nel campo della medicina naturale. Tra i suoi innumerevoli benefici c’è anche la capacità di ripulire i polmoni dalle tossine. In questo caso specifico puoi aiutare la respirazione bevendo del tè preparato con radici di zenzero.
- ARANCE: Le arance contengono la criptoxantina, che ha un effetto preventivo contro il cancro ai polmoni.
- ORTICA: L’ortica è una pianta ricca di ferro, ma è anche molto utile nella disinfezione dei polmoni e nel combattere le infezioni.
SCOPERTE POTENTI MOLECOLE CHE COMBATTONO L’INVECCHIAMENTO.
23-03-2016
Anche se la ricerca della Fontana della Giovinezza risale agli antichi greci, il tentativo di vivere per sempre continua ancora oggi. Infatti, secondo i ricercatori, la capacità di rallentare il processo di invecchiamento sarebbe la più importante scoperta medica dell’era moderna. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Oncotarget da ricercatori della Concordia University a Montreal e della Quebec-based biotech company Idunn Technologies, potrebbe aver scoperto un fattore importante: estratti di piante contenenti i sei migliori gruppi di molecole antinvecchiamento mai viste prima. Per lo studio, il team di ricerca ha realizzato lo screening di più di 10.000 estratti di piante che potrebbero aumentare la durata della vita nel lievito. Perché il lievito? Perché l’invecchiamento procede in modo simile sia nel lievito che negli esseri umani. Per tale motivo viene considerato il miglior modello cellulare per capire come avviene il processo antinvecchiamento.
”In totale, abbiamo scoperto sei nuovi gruppi di molecole che rallentano l’invecchiamento del lievito“, dice Vladimir Titorenko, autore dello studio e Professore presso il Dipartimento di Biologia della Concordia University. Egli ha effettuato lo studio con un gruppo di studenti della Concordia ed Eric Simard, il Fondatore della Idunn Technologies. La scoperta ha importanti implicazioni non solo nel rallentare il processo di invecchiamento, ma anche nel prevenire alcune malattie associate con l’invecchiamento, compreso il cancro. ”Piuttosto che concentrarsi sulle cure delle singole malattie, interventi sui processi molecolari dell’invecchiamento possono contemporaneamente ritardare l’insorgenza e la progressione della maggior parte dei disturbi legati all'età. Questo tipo di intervento può avere un effetto straordinario non solo sull’invecchiamento sano, ma anche sull'aumento dell’aspettativa di vita“, dice Simard, il quale rileva che tali nuove molecole saranno presto disponibili in prodotti commerciali. “Questi risultati forniscono anche nuove intuizioni sui meccanismi attraverso i quali le sostanze chimiche estratte da alcune piante possono rallentare l’invecchiamento biologico”, dice Titorenko.
Uno di questi gruppi di molecole è il più potente intervento farmacologico sull'estensione della vita, mai descritto nella letteratura scientifica: si tratta di un estratto specifico della corteccia di salice. La corteccia di salice era comunemente usata da Ippocrate per la cura di diversi disturbi. In particolare le persone venivano invitate a masticare corteccia di salice per alleviare il dolore e la febbre. Lo studio ha dimostrato che essa aumenta la durata della vita media e massima del lievito di birra, dal 475 per cento al 369 per cento, rispettivamente. Il potenziale della corteccia di salice nel prolungare la vita, come dimostrato dai risultati della ricerca, è di gran lunga superiore a quello della rapamicina e della metformina, i due migliori farmaci noti per i loro effetti antinvecchiamento. “Questi sei estratti non sono tossici e presentano benefici per la salute già riconosciuti anche negli esseri umani”, dice Simard. Nonostante il successo della sperimentazione, Idunn Technologies sta collaborando con altre quattro Università per sei programmi di ricerca, per andare oltre il lievito e lavorare con un modello animale di invecchiamento, così come con due modelli di cancro.
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-03/cu-cpe031516.php
I MIRTILLI SONO UTILI NELLA LOTTA CONTRO L’ALZHEIMER.
23-03-2016
I mirtilli contengono una vasta gamma di sostanze nutritive che offrono protezione contro le condizioni come il cancro e le malattie cardiache. Ora, i ricercatori ritengono che essi possono anche offrire benefici nella lotta contro il morbo di Alzheimer. L’Associazione Alzheimer prevede che entro il 2025, il numero di persone con la malattia aumenterà del 40%. L’autore dello studio, condotto da Robert Krikorian e dal gruppo di ricerca dell’Università di Cincinnati Academic Health Center in Ohio, ha presentato i risultati della ricerca al 251° Meeting Nazionale & Exposition della American Chemical Society (ACS). “I nostri nuovi risultati confermano quelli degli studi sugli animali e studi precedenti umani preliminari, aggiungendo un ulteriore sostegno all'ipotesi che i mirtilli possono avere un reale beneficio nel migliorare la memoria e le funzioni cognitive in alcuni adulti più anziani”, afferma Krikorian. La colorazione blu dei mirtilli è dovuta a composti chiamati antociani, che si trovano anche in altri tipi di frutta e verdura con colori simili, come ad esempio le melanzane. Diverse ricerche hanno attribuito agli antociani la capacità di proteggere da malattie cardiovascolari, neurodegenerative e alcune forme di cancro. Precedenti studi clinici condotti da Krikorian e dal suo team, hanno indicato che i mirtilli potrebbero avere un effetto positivo sulla comparsa dei sintomi del morbo di Alzheimer e per dimostrare questa ipotesi, hanno effettuato due studi di follow-up.
Il primo studio ha seguito 47 adulti con decadimento cognitivo lieve di età compresa tra 68 anni e più, che hanno ricevuto una porzione di polvere liofilizzata di mirtillo - equivalente a una porzione di mirtilli freschi - o una polvere placebo, una volta al giorno per un totale di 16 settimane. Krikorian riferisce che i pazienti a cui è stata somministrata la polvere di mirtillo, hanno dimostrato un miglioramento sia della funzione del cervello che delle prestazioni cognitive, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto il placebo. “Il gruppo trattato con mirtillo ha dimostrato miglioramento della memoria e un migliore accesso alle parole e concetti”, afferma il ricercatore. ”La risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha inoltre indicato che questo gruppo aveva aumentato l’attività cerebrale”. Un secondo studio è stato meno conclusivo. Un totale di 94 persone di età compresa tra 62-80 anni con declino cognitivo lieve, sono state divise in quattro gruppi di trattamento. Questi gruppi hanno ricevuto polvere di mirtillo o olio di pesce (contenente acidi grassi omega-3 ritenuto utile per prevenire l’ Alzheimer), una combinazione di olio di pesce e polvere di mirtillo, o un placebo. ”Le abilità cognitive sono migliorate nei pazienti del gruppo che è stato trattato con polvere di mirtilli, rispetto al gruppo che ha ricevuto olio di pesce, ma c’era solo una piccola differenza nel miglioramento della memoria”, riferisce Krikorian. I ricercatori hanno anche scoperto che i risultati della fMRI dei partecipanti trattati con mirtillo in polvere, sono stati meno significativi di quelli osservati nel primo studio. Krikorian suggerisce che questo risultato potrebbe essere dovuto al fatto che i partecipanti al secondo studio avevano un deterioramento cognitivo meno grave, al momento della partecipazione allo studio.
Nonostante questo risultato, Krikorian crede che, mentre i mirtilli potrebbero non avere alcun beneficio misurabile per le persone con problemi di memoria minori o che devono ancora sviluppare eventuali problemi cognitivi, essi possono essere utili nel trattamento di pazienti con deterioramento cognitivo grave. I risultati dei due studi forniscono una base per future ricerche da cui il team spera di determinare se i mirtilli sono in grado di fornire una protezione contro l’insorgenza dei sintomi del morbo di Alzheimer. Mentre i meno promettenti risultati del secondo studio indicano che sono necessarie ulteriori ricerche. Allo stato attuale, il team sta cercando di condurre uno studio con i partecipanti di età compresa tra 50-65 anni, tra cui un certo numero di persone considerate a rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer come le persone obese, con ipertensione o alti livelli di colesterolo.
http://www.newswise.com/articles/view/648657/?sc=sphr&xy=10012237
IL DOLCIFICANTE SUCRALOSIO E’ ASSOCIATO ALLA LEUCEMIA.
23-03-2016
Il dolcificante sucralosio sarebbe associato all'aumento del rischio di ammalarsi di leucemia. Il sucralosio è un dolcificante ipocalorico. In Europa è noto come E955, mentre negli Stati Uniti viene messo in vendita con il nome di Splenda. Il sucralosio è 600 volte più dolce del saccarosio. La notizia arriva da una ricerca condotta dagli esperti dell’Istituto Ramazzini di Bologna. Al momento gli studi sono stati condotti in laboratorio su modello animale per verificare un aumento dell’incidenza dei tumori dovuto all'assunzione di sucralosio, con particolare attenzione alla leucemia. Secondo i dati precedenti a disposizione degli scienziati, il sucralosio dovrebbe risultare biologicamente inerte, ma in base al nuovo studio pare che non sia così, almeno secondo quanto affermato dai ricercatori sull'International Journal of Occupational and Environmental Health. I ricercatori italiani hanno condotto uno studio sperimentale per verificare gli effetti cancerogeni del sucralosio. La ricerca scientifica si basa ancora in gran parte su test condotti sugli animali (purtroppo anche in questo caso), dunque saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere se il sucralosio possa causare davvero tumori e leucemia e, soprattutto, se possa avere degli effetti negativi per l’uomo.
Nel 2002 il Comitato scientifico europeo sugli alimenti aveva dichiarato che il sucralosio non è una sostanza pericolosa per il sistema immunitario e dunque ne aveva ammesso la vendita e il consumo nell'Unione Europea. In particolare il Comitato scientifico aveva sottolineato che il sucralosio non provoca tumori, non causa infertilità e non aumenta i livelli degli zuccheri nel sangue. Il nuovo studio italiano però mette in dubbio la sicurezza del sucralosio. La Hertlands Food Products, azienda che produce questo dolcificante, è subito intervenuta per smentire i risultati dello studio, sostenendo che l’Istituto Ramazzini di Bologna non lavora in modo accurato e non segue gli standard europei sulla sicurezza. L’azienda evidenzia che un singolo studio non può smentire da solo le prove scientifiche già esistenti sulla sicurezza del sucralosio. Il timore è che ancora una volta l’industria alimentare pensi prima di tutto ad aumentare i propri profitti piuttosto che a tutelare la salute dei cittadini. Il sucralosio viene messo in vendita come alternativa ipocalorica allo zucchero. E’ diffuso soprattutto negli Stati Uniti dove viene acquistato e utilizzato da milioni di cittadini. L’azienda che produce il sucralosio non può certo accettare che il proprio prodotto venga dichiarato pericoloso per la salute. Ma gli esperti hanno assicurato che condurranno nuovi studi per chiarire e approfondire la situazione.
http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10773525.2015.1106075?journalCode=yjoh20&#.Vum_udLhDct
http://www.prnewswire.com/news-releases/splenda-brand-refutes-new-safety-allegation-300233835.html
COME FAR GUARIRE MEGLIO LE FERITE ATTRAVERSO L’ALIMENTAZIONE.
22-03-2016
In genere, quando ci troviamo di fronte a delle ferite, agiamo in maniera molto semplice e abituale: disinfettiamo la parte, la teniamo asciutta e pulita e, se è necessario, applichiamo un cerotto o una medicazione. Pochi sanno, però, che la cicatrizzazione delle ferite può essere accelerata attraverso l’alimentazione e alcuni rimedi naturali. Ne ha parlato a Roma, durante il congresso Corte, Conferenza italiana per lo studio e la ricerca sulle ulcere, piaghe, ferite e la riparazione tissutale, il professor Giovanni Scapagnini del Dipartimento di Medicina e Scienza per la Salute dell’Università del Molise. Secondo Scapagnini, un apporto di proteine adeguato è essenziale per una corretta guarigione. Non solo: in questo processo di guarigione e cicatrizzazione un ruolo di primaria importanza sarebbe ricoperto anche dalla vitamina A, che stimola i meccanismi di ricrescita della pelle, e dalla vitamina C, necessaria per la formazione del collagene e per una corretta funzione immunitaria, oltre ad essere anche un antiossidante dei tessuti. Ma queste non sono le uniche sostanze che consentono una migliore e più rapida guarigione delle ferite. La bromelina, un enzima vegetale presente nell’ananas, somministrato in persone con ferite da trauma o dopo interventi chirurgici, riduce il gonfiore, il bruciore, il dolore e i tempi di guarigione. La centella asiatica e l’aloe vera sono piante medicinali utili a trattare i problemi della pelle, come appunto le lesioni. Numerose altre sostanze contenute in alimenti comuni o piante, sono oggetto di ricerche sperimentali e cliniche: tra quelle più interessanti vi sono le catechine del tè, i flavonoidi del cacao, l’idrossitirosolo dell’olio di oliva, e soprattutto la curcumina, che conosciamo molto bene. La curcumina, infatti, è il principio attivo più conosciuto e più ricco di proprietà della curcuma. Noto antinfiammatorio e antiossidante, agisce sui tempi di guarigione delle ferite, soprattutto in caso di ulcere cronicizzate. Secondo Scapagnini , la curcumina “comporta l’attività di una rete intricata di eventi biologici che coinvolgono cellule del sangue, mediatori tissutali, citochine e fattori di crescita”. “Ricerche sviluppate nel nostro e in altri laboratori – continua - hanno evidenziato che uno dei principali meccanismi di azione della curcumina e di altri polifenoli è legato alla specifica capacità di attivare un fattore di trascrizione fondamentale per la sopravvivenza cellulare allo stress, l’Nrf2, e parallelamente inibire l’Nfk-B, un segnale fondamentale nell’innescare i processi infiammatori e di morte programmata. Anche i polifenoli dell’olio d’oliva, l’idrossitirosolo e l’oleuropeina sono stati recentemente esplorati per ottimizzare aspetti legati alla qualità della guarigione delle ferite, e un recente studio clinico ha dimostrato l’efficacia dell’assunzione di olio di oliva nel ridurre i tempi di guarigione post chirurgici“, conclude.
IL MIELE CONTRASTA I DANNI INDOTTI DAI PESTICIDI.
22-03-2016
Si riteneva di sapere tutto sull'importanza delle api, vere e proprie sentinelle dell'ecosistema, e sulle molteplici qualità e benefici del miele, antico alimento nutraceutico. E invece questo straordinario prodotto non finisce di stupire: infatti, i polifenoli in esso contenuti riducono il danno al DNA indotto da pesticidi. È questo l'importante risultato emerso dallo studio coordinato da Renata Alleva e supportato da Conapi, il Consorzio che riunisce oltre 600 apicoltori in tutta Italia. La qualità dell’ambiente e dei prodotti alimentari è fondamentale nel determinare lo stato di salute dell’uomo: oggi possiamo affermare che gran parte delle patologie comuni ha una causa riconducibile a un'esposizione ambientale, in cui la tipologia di alimenti e la modalità con cui vengono prodotti possono fare la differenza. È altrettanto evidente l'impatto dei pesticidi, ampiamente utilizzati in agricoltura intensiva, sulla perdita di biodiversità e sulla sopravvivenza di specie fondamentali per la sopravvivenza dell'uomo. Ne sono un esempio lampante le ricorrenti morie, legate proprio all'uso di fitofarmaci, che negli ultimi anni hanno colpito le api in Italia e non solo. Questi fitofarmaci sono tossici anche per l’uomo, in cui l'esposizione cronica è stata associata a patologie metaboliche, endocrine, neurodegenerative e tumorali. Alcuni pesticidi, comunemente utilizzati in agricoltura, sono infatti noti per essere mutagenici, carcinogenici, interferenti endocrini e modulatori epigenetici.
Il miele è un antico nutraceutico, che deve le sue proprietà alla ricchezza di polifenoli, che variano in base alla varietà floreale da cui deriva. Nello studio oggi presentato, è stato valutato l’effetto protettivo dei polifenoli contenuti nel miele verso il danno indotto al DNA da esposizione a pesticidi. Nella prima fase, quattro varietà di miele (acacia, castagno, bosco e arancio), sono state caratterizzate per il contenuto e profilo polifenolico e il loro potere antiossidante. Il miele di bosco è risultato il più ricco in polifenoli e con più alto potere antiossidante, pertanto è stato selezionato e testato su un modello cellulare. L’esposizione delle cellule a due pesticidi, comunemente usati in agricoltura convenzionale, clorpirifos e glifosato, induceva la formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), riduzione dell’attività di riparazione con conseguente formazione di lesioni al DNA. Si è osservato che l’aggiunta di polifenoli, estratti dal miele, nel sistema cellulare, ha inibito la formazione di ROS, attivato i sistemi di riparazione e riparato il danno al DNA. Sulla base di questi risultati, l’effetto protettivo del miele è stato studiato in vivo su una popolazione cronicamente esposta a pesticidi, in quanto residente in Val di Non, in prossimità di aree agricole a coltivazione intensiva di mele.
I soggetti arruolati in diversi periodi dell’anno (nulla, bassa e alta esposizione) presentavano elevati livelli di residui urinari di clorpirifos e diminuita attività di riparazione del DNA. Un accumulo di danni al DNA era visibile sia nei periodi di bassa che alta esposizione. La supplementazione dei soggetti con miele di bosco biologico per 10 giorni ha determinato un aumento dell’attività di riparazione con conseguente riduzione del danno. Questo studio dimostra come l’alimentazione, anche in condizioni ambientali sfavorevoli, possa essere di aiuto a contrastare i danni indotti dall’ambiente. Pur con la dovuta attenzione che oggi si pone al contenuto di zuccheri della dieta, per l’implicazione che hanno rispetto all’aumento di diabete e patologie tumorali, questo studio conferma che in quantità adeguate il miele, grazie al suo contenuto polifenolico, è un dolcificante naturale che può avere un effetto salutare maggiore rispetto ad altri zuccheri. "Siamo soddisfatti di aver sostenuto questa ricerca - dichiara Diego Pagani, Presidente Conapi - poiché rappresenta un'ulteriore prova dell'importanza delle api per la nostra vita e per il nostro pianeta. Non solo perché sono responsabili di almeno 70 delle 100 principali colture agricole e quindi fondamentali per il mantenimento della biodiversità e, di conseguenza, della ricchezza alimentare, ma anche perché il loro prodotto principale, il miele, si conferma essere un elemento davvero eccellente per il nostro benessere".
SCOPERTO INGREDIENTE NOCIVO PER FEGATO E CERVELLO.
22-03-2016
Si chiama sodio benzoato ed è un conservante alimentare altamente nocivo per l’organismo di umani e animali. Studiato in Inghilterra, è contenuto come ingrediente praticamente in tutti i tipi di maionese in commercio ma non solo. Etichettato con la sigla E211, il conservante si trova in tantissimi succhi, liquori ma anche nelle conserve di pesce per uso umano o prodotti per animali. In grado di contrastare i batteri presenti nei cibi acidi, se assunto nelle dosi di 5 mg per kg di peso risulta poco dannoso ma, se si supera la dose può provocare grossi effetti collaterali. Per fare chiarezza, è necessario analizzare i seguenti punti:
1. Il sodio benzoato esiste in natura e prevede lo sviluppo di benzene che è, come molti già sanno, una sostanza pericolosa e cancerogena che può comparire, però, anche naturalmente nei prodotti della terra come ad esempio i frutti rossi.
2. La cancerogenicità del benzene non è assoluta ma legata alla quantità che si ingerisce o si respira.
3. Il benzene è presente in ogni caso in molti altri alimenti che subiscono contagio per inquinamento dell’ambiente, dall’industria, dal traffico veicolare, dai riscaldamenti.
Recenti studi hanno dimostrato che il conservante può essere responsabile di gravi forme di cancro al fegato ma, incredibilmente, anche al cervello. Può causare, inoltre, reazioni allergiche, nausee o shock anafilattico.
ECCO I PRODOTTI CHE LO CONTENGONO
- Maionese.
- Succhi di frutta.
- Soft drinks.
- Liquori.
- Conserve di pesce.
- Frutti rossi.