Angelo Ortisi
LA TV CAUSA INFERTILITA’.
23-09-2014
I maschi che passano più ore di fronte al televisore hanno un numero ridotto di spermatozoi, rispetto a chi è meno sedentario e pratica dell’attività fisica, anche leggera. La virilità maschile può essere compromessa o favorita a seconda se si è più o meno sedentari. Per coloro che infatti passano più ore davanti alla Tv, secondo uno studio, si riduce in modo significativo il numero e la qualità degli spermatozoi. Sono i ricercatori della Harvard School of Public Health (HSPH) a ritenere che passare diverse ore davanti allo schermo del televisore – inteso come uno stile di vita sedentario – possa affliggere la produzione di spermatozoi. E lo hanno accertato a seguito di uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati nella versione online del British Journal of Sports Medicine.
La dottoressa Audrey Gaskins, insieme al prof. Jorge Chavarro – autore senior dello studio e assistente professore di Nutrizione ed Epidemiologia – e colleghi dell’HSPH, hanno reclutato 189 maschi di età compresa tra i 18 e i 22 anni – che avevano preso parte al Rochester Young Men’s Study dell’Università di Rochester (Usa) nel 2009. I volontari sono stati intervistati per stabilire quale era il proprio stile di vita, le abitudini circa l’attività fisica e il tempo speso di fronte alla Tv. Oltre a ciò, sono stati presi in considerazione altri fattori che potessero influire sul numero e qualità dello sperma come, per esempio, la dieta, i livelli di stress e il vizio del fumo. I risultati dell’analisi hanno mostrato che gli uomini che seguivano per più di 20 ore alla settimana la televisione, presentavano un numero di spermatozoi inferiore del 44% rispetto a quelli che guardavano meno la Tv. I partecipanti che avevano invece praticato esercizio per 15 o più ore alla settimana – sia in maniera moderata che più vigorosa – mostravano di avere un numero di spermatozoi superiore del 73%, rispetto a coloro che avevano esercitato meno di 5 ore alla settimana. L’esercizio leggero non ha influenzato la qualità dello sperma. «Sappiamo assai poco su come lo stile di vita possa influenzare la qualità dello sperma e la fertilità maschile in generale – spiega Gaskins nella nota HSPH – così individuare due fattori potenzialmente modificabili che sembrano avere un grande impatto sul numero degli spermatozoi è davvero emozionante».
PIU' CASI DI CANCRO AL POLMONE TRA NON FUMATORI.
23-09-2014
In aumento il numero di tumori al polmone in persone che non hanno mai toccato una sigaretta. Un dato registrato grazie a uno studio del French College of General Hospital Respiratory Physicians, presentato al congresso della European Respiratory Society a Vienna. Sono ancora poco chiari i fattori di rischio che possono causare il cancro nei non fumatori, anche se recentemente l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato che i gas di scarico dei motori diesel possono essere considerati fra gli elementi scatenanti.
Gli esperti hanno studiato 7.610 nuovi casi di questo tumore in Francia nel 2010. Gli studiosi hanno raccolto informazioni su tutti i pazienti inclusa l'età, la storia di tabagismo, l'istologia del loro cancro e lo stadio della malattia alla diagnosi, raffrontandoli poi con dati relativi a uno studio condotto dieci anni fa. I risultati hanno evidenziato un aumento del numero di donne e di non fumatori che sviluppano un cancro ai polmoni, in particolare quello non a piccole cellule. Circa il 12 per cento dei casi di malattia si registra infatti in non tabagisti, da circa l'8 per cento di 10 anni fa. Il 24,4 per cento di malati è di sesso femminile, rispetto al 16 per cento nel 2000.
Chrystele Locher tra gli autori dello studio precisa: "Non c'è stato solo un aumento di donne e non fumatori che si ammalano ma anche di casi diagnosticati all'ultimo stadio della patologia. Oltre a quanto affermato dall'Oms, servono studi per capire quali sono gli altri fattori che contribuiscono all'insorgenza di questa forma di cancro". A mettere in allarme sul ritardo nelle diagnosi di tumore al polmone, un altro studio presentato nello stesso convegno e portato avanti dall'Henry Ford Hospital di Detroit. Sebbene la radiografia del torace sia ancora oggi una delle tecniche più utilizzate per lo screening del cancro al polmone, pare non essere sempre efficace: alcuni tipi di tumore vengono diagnosticati meno di 12 mesi dopo dall'ultimo esame radiografico risultato negativo.
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/09/120903221039.htm
IL CORTISONE PUO' AUMENTARE IL RISCHIO DI PANCREATITE ACUTA.
23-09-2014
La pancreatite acuta è la più comune malattia del pancreas ed è causata da una infiammazione improvvisa. La maggior parte dei pazienti guarisce senza complicazioni. In circa il 15-20% invece, causa gravi conseguenze. Le cause più comuni della malattia sono i calcoli biliari e il consumo di alcol elevato, ma in un quarto dei pazienti le cause sono sconosciute. Gli studi precedenti basati su singoli casi, hanno indicato un collegamento tra pancreatite acuta e alcuni farmaci, come i preparati contenenti cortisone. Il cortisone endogeno deriva da un ormone surrenale e la forma più comune negli esseri umani è il cortisolo (o idrocortisone). Il cortisone sintetico è usato per trattare un certo numero di condizioni mediche, come asma e malattie autoimmuni (ad esempio malattie reumatiche). Il presente studio è il primo studio sistematico che dimostra il rapporto tra cortisone e pancreatite acuta. 6.161 pazienti con diagnosi di pancreatite acuta tra il 2006 e il 2008, sono stati confrontati con 61.637 persone di controllo, sane. I risultati mostrano che le persone trattate con cortisone in compresse, avevano una percentuale di rischio più alto, di sviluppare la pancreatite acuta. Questa connessione è stata osservata dopo tre giorni di terapia, comprovante l’evidenza che il fattore causale è stato il cortisone, piuttosto che la malattia di per sé. “Tuttavia, non esiste un aumento osservabile di rischio per le persone che hanno utilizzato il cortisone per aerosol, come inalatori per l’asma”, dice l’autore principale dello studio Dr. Omid-Sadr Azodi. “Alle persone che iniziano un ciclo di cortisone si raccomanda di astenersi dal bere e fumare, che sono fattori di rischio per la pancreatite acuta”.
UNA MOLECOLA DEL TE' VERDE UTILE NELLA SINDROME DI DOWN.
22-09-2014
Il tè verde, o meglio una molecola da esso estratta, potrebbe essere utile per migliorare il deficit cognitivo associato alla sindrome di Down: si tratta dell’epigallocatechina-3-gallato (EGCG), una molecola di origine naturale della famiglia dei polifenoli, che secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto di biomembrane e bioenergetica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbe-Cnr) di Bari, potrebbe svolgere un’azione cellulare utile per ridurre alcuni fattori che concorrono ai sintomi della malattia. I risultati della ricerca, condotta in collaborazione con i dipartimenti di Scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso dell’Università di Bari, di Clinica e medicina sperimentale dell’Università di Pisa e di Pediatria dell’Università di Napoli Federico II – sono pubblicati su "Biochimica et Biophysica Acta-Molecular Basis of Disease". Sono trascorsi più di 50 anni dall’individuazione della causa genetica della sindrome di Down (Ds), ovvero la presenza di una terza copia del cromosoma 21, ma i meccanismi molecolari mediante i quali tale alterazione genetica produce il quadro clinico della malattia sono ancora poco chiari. Di certo, nei pazienti aumenta lo stress ossidativo ed è fortemente compromessa la funzionalità mitocondriale, fattori importanti del deficit cognitivo associato a questa sindrome. Lo studio italiano compie oggi un avanzamento importante nella comprensione di tale processo: "Trattando con EGCG cellule della pelle (fibroblasti) e del sangue (linfoblastoidi, derivati dei linfociti), ottenute da soggetti Down in diverse fasi di sviluppo abbiamo osservato una riattivazione funzionale dei complessi respiratori mitocondriali, un incremento della produzione da parte dei mitocondri di adenosina trifosfato (ATP), cioè la principale fonte di energia cellulare, una diminuzione dei livelli di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e un aumento del numero dei mitocondri", ha spiegato Daniela Valenti, ricercatore dell’Ibbe-Cnr e co-autrice dello studio. "Si tratta di effetti molti significativi, poiché i mitocondri rappresentano la centrale energetica della cellula e la loro corretta funzionalità è fondamentale per lo svolgimento di innumerevoli processi cellulari".
L’alterata funzionalità mitocondriale nei pazienti sembrerebbe essere proprio una delle cause determinanti del deficit intellettivo e della neuro-degenerazione precoce che caratterizzano la malattia. Lo studio su questa molecola naturale "potrà essere utile nell’attenuare l’insorgenza di alcune gravi manifestazioni cliniche della sindrome, aiutando a migliorare le condizioni di vita dei pazienti", ha continuato Rosa Anna Vacca ricercatrice dello stesso Istituto. "È la prima volta che si ottengono risultati omogenei ad ampio spettro utilizzando sui mitocondri una molecola con proprietà antiossidanti. Tra l’altro, l’EGCG è disponibile in commercio, nota per le sue proprietà antitumorali e antinfiammatorie ed è già testata sull’uomo". "In questo studio abbiamo inoltre individuato che tale molecola migliora notevolmente la funzionalità bioenergetica mitocondriale con un’azione selettiva su vie di segnalazione cellulare che abbiamo dimostrato essere compromesse nella sindrome di Down", ha poi concluso Vacca. "Questi risultati costituiscono pertanto una valida piattaforma sperimentale e teorica per applicazioni cliniche e propongono l’EGCG come possibile candidato per il trattamento di questa patologia. Nel prosieguo dello studio ci proponiamo di analizzare le performance bioenergetiche su modello animale per poi passare alla fase clinica".
L’AVOCADO AIUTA NELLA LOTTA CONTRO I RADICALI LIBERI.
22-09-2014
Mentre l’ossigeno è una parte essenziale della vita, è anche implicato nella generazione di radicali liberi che promuovono la distruzione cellulare anormale, proliferazione del cancro e invecchiamento precoce nell’uomo. Molti fattori ambientali come l’inquinamento, il fumo di sigaretta e le radiazioni, trasformano le molecole di ossigeno presenti nei mitocondri, in radicali liberi. Queste molecole instabili distruggono le molecole normali che formano le nostre cellule, come i lipidi, le proteine e anche il DNA, trasformandole in radicali liberi. L’olio di Avocado protegge i mitocondri cellulari per prevenire danni dei radicali liberi e invecchiamento. La natura distruttiva dei radicali liberi è dietro la genesi di molte malattie croniche tra cui l’ipertensione, il diabete, le malattie cardiovascolari, la demenza e il cancro. Questa conoscenza ha spinto i ricercatori a indagare le proprietà antiossidanti potenti di frutta e verdura, per la lotta contro queste malattie.
I ricercatori della Federazione delle Società Americane di Biologia Sperimentale (FASEB) hanno pubblicato i risultati di uno studio condotto sull’olio di avocado per determinare l’assorbimento da parte dei mitocondri e la conseguente neutralizzazione dei radicali liberi. L’olio di avocado è risultato altamente resistente all’ossidazione ed è stato dimostrato capace di neutralizzare gli effetti metabolici del ferro, una causa primaria dell’ossidazione cellulare. Il Dr. Christian Cortez-Rojo ha osservato che "l’olio di avocado provoca la respirazione accelerata nei mitocondri, che indica che l’uso di sostanze nutritive per la produzione di energia per le funzioni cellulari rimane efficace anche nelle cellule attaccate dai radicali liberi e che i mitocondri sono in grado di produrre poca quantità di radicali liberi". Lo studio ha concluso che l’avocado abbassa la concentrazione nel sangue di colesterolo e di grassi, elementi che possono portare a ictus o attacco cardiaco. L’aggiunta di piccole quantità di avocado alla vostra dieta quotidiana è in grado di fornire un eccellente supporto antiossidante per proteggere i mitocondri dal declino precoce e proteggere contro le malattie croniche dell’invecchiamento.
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/04/120422162217.htm
UVA ROSSA CONTRO LA PERDITA DELL'UDITO E IL DECLINO COGNITIVO.
22-09-2014
Si parla ancora di resveratrolo, l’antiossidante contenuto negli acini d’uva e, in parte, nel vino rosso. Il resveratrolo, per altro forse un pò sopravvalutato, è l’ingrediente di molte preparazioni dedicate al contrastare l’invecchiamento – o anti-age – proprio per le sue proprietà antiossidanti. Oggi, un nuovo studio, ha inteso valutare gli effetti protettivi di questa sostanza nei confronti dell’udito sottoposto a stress causato da forti rumori. Lo studio, condotto su modello animale dai ricercatori dell’Henry Ford Hospital di Detroit, ha mostrato come i topi sani sottoposti a forte rumore fossero più protetti e avessero meno probabilità nel lungo termine di perdere l’udito, quando a essi veniva somministrato il resveratrolo prima dell’esposizione al forte rumore. «Il nostro ultimo studio – spiega, nel comunicato HFH, il dottor Michael D. Seidman – si è concentrato sul resveratrolo e i suoi effetti sulla bio-infiammazione, la risposta del corpo ai danni e su ciò che si ritiene essere la causa di molti problemi di salute tra cui il morbo di Alzheimer, il cancro, l’invecchiamento e la perdita dell’udito. Il resveratrolo è una sostanza chimica molto potente che sembra proteggere contro i processi infiammatori del corpo correlati con l’invecchiamento, la cognizione e la perdita dell’udito».
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Otolaryngology-Head and Neck Surgery che riporta come si sia voluto identificare il potenziale meccanismo protettivo del resveratrolo nei confronti dell’esposizione al rumore. I ricercatori hanno misurato il suo effetto sull'espressione proteica ciclossigenasi-2 (COX-2 o chiave del processo infiammatorio) e la formazione di specie reattive dell’ossigeno, che svolgono un ruolo importante nella segnalazione cellulare e l’omeostasi. I risultati ottenuti hanno poi mostrato che l’iperstimolazione acustica e le conseguenze sono tempo/dipendenti, e che vi era un aumento nell’espressione della proteina COX-2. Tuttavia, con la somministrazione del resveratrolo, si è riscontrata una riduzione significativa nella formazione di specie reattive dell’ossigeno, un’inibizione della COX-2 e, infine, una minore perdita dell’udito causata dall’esposizione al rumore. «Abbiamo dimostrato che somministrando agli animali il resveratrolo, siamo in grado di ridurre la perdita dell’udito e il declino cognitivo», conclude il dottor Seidman. L’assumere antiossidanti – non necessariamente il resveratrolo – può dunque essere un’azione preventiva contro l’ossidazione del corpo e i processi infiammatori che possono causare tutta una serie di malattie – più o meno gravi – ma anche per proteggere l’udito e il cervello.
PER PROTEGGERE LO STOMACO LA BUCCIA DI MANDORLA E' UN PREBIOTICO NATURALE PERFETTO.
21-09-2014
Mangiare le mandorle spellate? Meglio di no. Oltre a perdere un pò di sapore, si può perdere un’azione benefica sull’intestino: l’effetto prebiotico che favorisce lo sviluppo e la crescita dei batteri “buoni”. Ecco quindi che la buccia delle mandorle è benefica quanto le mandorle stesse. Lo afferma un nuovo studio condotto dalla dottoressa Giuseppina Mandalari e colleghi dell’Institute of Food Research (IFR) di Norwich nel Regno Unito. Dalle pagine della rivista scientifica “Microbiology Letters” – della Federation of European Microbiological Societies (FEMS) – su cui sono stati pubblicati i risultati dello studio, apprendiamo che la buccia delle mandorle produce un aumento significativo della popolazione dei batteri intestinali buoni, tra cui i bifidobatteri, Clostridium coccoides ed Eubacterium rectale. In particolare l’attività prebiotica delle mandorle è stata valutata in un indice di 3,2 che si attesta come buono se confrontato con un indice di 4,2 dei frutto-oligo-saccaridi che si trovano in commercio, creati apposta per questo scopo. «Le bucce di mandorle contengono un’elevata quantità di fibre alimentari, che è formata da polisaccaridi della parete cellulare vegetale in grado di fornire energia al corpo attraverso la fermentazione e l’assorbimento degli acidi grassi a catena corta (SCFA)», hanno scritto i ricercatori.
Per questo studio, gli scienziati si sono avvalsi di un modello di intestino in vitro che comprendeva tutte le funzioni gastriche, digestive, di fermentazione e trasformazione. I risultati hanno mostrato che le bucce di mandorle hanno aumentato significativamente i livelli di bifidobatteri, Clostridium coccoides e Eubacterium rectale. «Riteniamo che gli effetti benefici sulla microflora del colon osservati in questo lavoro siano stati prodotti dalla fermentazione dei carboidrati quali la pectina, presente nella buccia di mandorla», hanno aggiunto i ricercatori.
IL CAFFÈ IN GRAVIDANZA PORTA RISCHI PER IL PESO DEL NEONATO.
21-09-2014
Le donne in gravidanza dovrebbero cercare di limitare il più possibile il consumo di caffè, pena il rischio di partorire un neonato sottopeso o di allungare i tempi della gravidanza. Un gruppo di ricercatori svedesi ha trovato una relazione di causa-effetto tra un consumo elevato di caffeina e il basso peso dei bebè alla nascita. Il team guidato dalla dottoressa Verena Sengpiel dell’Università di Sahlgrenska ha monitorato le abitudini alimentari di un gruppo di 59 mila donne durante la gravidanza. I ricercatori hanno così scoperto che a parità di altri fattori di rischio, come il fumo, le donne che bevevano più caffè correvano maggiori rischi di mettere al mondo un bambino sottopeso o di prolungare la gestazione oltre il previsto. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia alle donne incinte di non andare oltre i 300 mg di caffè al giorno, che equivalgono più o meno a due tazzine di moka. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista BMC Medicine.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Verena+Sengpiel+BMC+Medicine
I CAPPERI CONTRO LE ALLERGIE.
21-09-2014
Capperi, che sorpresa! La pianta del cappero, che produce i noti boccioli utilizzati in cucina, è stata trovata essere attiva nel combattere diverse forme di allergia. E sono i ricercatori dell’Università di Catania ad aver evidenziato che gli estratti della Capparis spinosa sono efficaci contro i sintomi di alcune forme allergiche, in particolare quelle attivate dai più diversi e noti tipi di allergeni. Ad aver incuriosito il prof. Francesco Bonina, farmacologo dell’Università di Catania, è stata la particolare predisposizione di questa pianta a crescere anche in condizioni climatiche estreme, quali temperature elevate, vento forte, aridità totale. La Capparis spinosa infatti, appartiene alla famiglia delle Capparidaceae ed è originaria delle regioni africane – questo uno dei motivi per cui per esempio sopporta le temperature elevate. E’ stata diffusa dagli arabi in Asia e in Europa intorno al XVI secolo, in modo particolare nell’isola di Pantelleria, patria del noto e omonimo cappero di Pantelleria. Partendo da queste constatazioni, il professor Bonina ha deciso di condurre e coordinare una serie di studi sul principio attivo contenuto nei boccioli floreali. I primi risultati e le evidenze scientifiche hanno consentito di individuare un notevole effetto protettivo da parte del cappero nei confronti dei più comuni allergeni.
Il passo successivo dei ricercatori dell’Università di Catania è stato formulare e testare un prodotto a base di Capparis Spinosa che potesse divenire una valida e naturale alternativa ai più comuni antistaminici. I ricercatori lo hanno poi testato in combinazione sinergica con altri principi attivi noti per le loro proprietà antistaminiche. Ne è nata così un formulazione che si compone di un mix di estratti ottenuti dal cappero, dalle foglie d’Olivo e di Ribes nero e, infine, dalla radice di liquirizia. Questa combinazione di principi attivi naturali si è dimostrata efficace nel sostenere le difese immunitarie e favorire la funzionalità delle vie respiratorie. Allo stesso tempo riduce i sintomi provocati dai più comuni allergeni – come pollini, polvere, alimenti, agenti chimici – divenendo un valido aiuto non solo nella fase acuta, ma anche nella prevenzione della risposta allergica. Ecco dunque un’altra piacevole sorpresa dalla Natura nell’aiutare a contrastare i diversi disturbi che spesso accompagnano la vita di tutti noi.
L'IGIENE DENTALE GIOVA ANCHE AL CUORE.
20-09-2014
Lavarsi i denti e le gengive regolarmente non solo evita carie e alito cattivo, ma potrebbe persino salvarci dai rischi di ictus e infarto. È quanto appurato da uno studio coordinato da Mario Clerici, immunologo all'Università di Milano, che sostiene di aver riscontrato effetti benefici dell'igiene dentale paragonabili a quelli dei farmaci per ridurre i depositi di grassi sulle pareti dei vasi sanguigni. La chiave di tutto è il ruolo dei batteri orali nelle malattie cardiovascolari. Gli scienziati da tempo sospettano che la periodontite, o malattia gengivale, è legata ai primi segni di malattia cardiaca, in particolare l'arteriosclerosi, cioè l'accumulo di depositi grassi nelle arterie. Ma il nuovo studio ha individuato ora un batterio specifico - porphyromonas gingivalis - come uno dei principali responsabili sia della gengivite che delle patologie cardiache.
Il batterio, infatti, scatena una reazione immunitaria che, dopo un complicato processo, porta alla creazione di sostanze grasse che si depositano nelle vene. Lo studio ha coinvolto 35 uomini e donne sani, di età compresa tra 38 e 57 anni, senza segni di malattia cardiaca, pressione arteriosa alta o colesterolo elevato, ma che sono stati colpiti da lieve o moderata peridontite (con sanguinamento e alito cattivo). I volontari sono stati sottoposti a una semplice routine di trattamenti dentistici, come la rimozione del tartaro e la pulizia dei detriti della zona tra i denti e le gengive. Durante il trattamento, i ricercatori hanno misurato i livelli di batteri nella bocca e dei livelli di proteina C-Reactive, una sostanza chimica trovata nel sangue e legata a malattie cardiovascolari. È stato inoltre misurato lo spessore della parete carotidea. Un anno dopo il trattamento, i volontari avevano una significativa riduzione di batteri della bocca e dei livelli di proteina C-Reactive. E soprattutto, lo spessore delle arterie della carotide è risultato notevolmente ridotto, con un conseguente abbassamento del rischio di patologia cardiovascolare. “I pazienti - spiega Clerici intervistato dal Daily Mail - hanno avuto una riduzione del 20 per cento dello spessore delle pareti delle arterie. Se lo stesso processo avviene nel cuore, può rappresentare la differenza tra una precoce aterosclerosi e una sana parete arteriosa”.
http://www.dailymail.co.uk/health/article-1180614/Why-brushing-teeth-regularly-prevent-stroke.html