Angelo Ortisi
LA SOIA RIDUCE L’ASSORBIMENTO DI CALCIO.
30-06-2014
Le proteine svolgono un ruolo molto importante nell’omeostasi del calcio. Secondo alcuni studi, infatti, le diete povere di proteine ridurrebbero l’assorbimento intestinale del calcio, che invece aumenterebbe con un apporto proteico elevato. Uno studio pubblicato sul Journal of nutrition ha verificato se la sostituzione di proteine della carne a favore della soia influenzasse o meno la disponibilità di calcio nell’organismo. Venti donne hanno seguito per quattro giorni una di queste quattro diete: alto contenuto proteico (soia), basso contenuto proteico (soia), alto contenuto proteico (carne), basso contenuto proteico (carne). All’inizio e al termine dei quattro giorni di trattamento sono stati misurati i parametri per la valutazione dell’omeostasi del calcio. In particolare, è emerso che la secrezione acida, utile per l’assorbimento intestinale di calcio, aumenta maggiormente in seguito a un pasto proteico, specialmente se a base di carne, mentre l’escrezione urinaria è risultata più elevata in coloro che seguivano entrambe le diete ricche di proteine. Inoltre, in alcune partecipanti il consumo di soia è stato associato a un lieve diminuzione dell’assorbimento intestinale di calcio. Alla luce di questi risultati sembrerebbe che la sostituzione delle proteine della carne con quelle derivanti dalla soia possa diminuire la disponibilità di calcio nell’organismo.
PER AVERE MANI PULITE NON BASTA LAVARLE: IMPORTANTE ASCIUGARLE.
30-05-2014
Per limitare la diffusione dei germi sulla pelle delle mani non basta lavarle: anche il procedimento tramite il quale vengono asciugate fa la differenza, lasciandole più o meno pulite a seconda del metodo utilizzato. A sostenerlo è uno studio pubblicato dai ricercatori dell'University of Bradford (Regno Unito) sul Journal of Applied Microbiology, secondo cui le tecniche migliori per lasciare le mani il più possibile prive di germi è attraverso gli asciugamani di carta usa e getta o utilizzando un essiccatore che non richiede lo sfregamento delle mani. I volontari sono stati invitati a lavarsi le mani e a metterle su piastre in grado di misurare la crescita batterica, e hanno poi ripetuto lo stesso procedimento dopo averle asciugate con asciugamani di spugna, fazzoletti di carta e asciugatori a getto d'aria con o senza sfregamento delle mani. I ricercatori hanno rilevato che l'eliminazione dei batteri era più efficace con l'asciugatura effettuata con fazzoletti di carta e con getti d'aria senza lo strofinìo delle mani tra loro. Niente più mani umide o tamponate alla meno peggio sui vestiti: per la prevenzione delle infezioni, assicurano gli esperti, l'asciugatura delle mani è una parte molto importante del processo.
IL SEGRETO E' NELLA BUCCIA: LE MANDORLE RINFORZANO IL SISTEMA IMMUNITARIO.
25-06-2014
Mangiare regolarmente mandorle può aiutare il sistema immunitario a difendere l'organismo da raffreddore e influenza: a sostenerlo uno studio pubblicato su Immunology Letters da un gruppo di ricercatori dell'Institute of Food Research di Norwich (Gran Bretagna) e del Policlinico Universitario di Messina. A fare la differenza, secondo lo studio, sarebbero le sostanze chimiche presenti nella buccia del frutto: sarebbero infatti quest'ultime a potenziare l'attività dei globuli bianchi e, al contempo, a impedire ai virus di replicarsi e diffondersi all'interno del corpo. "Le bucce di mandorle sono in grado di stimolare la risposta immunitaria e contribuire così a una difesa immunitaria antivirale", spiega Giuseppina Mandalari dell'Institute of Food Research. I ricercatori hanno scoperto che la buccia della mandorla è efficace anche contro il virus dell'Herpes Simplex, che può causare l'herpes labiale, virus notoriamente difficile da trattare a causa della sua capacità di eludere il sistema immunitario.
COLON IRRITABILE: NON E' COLPA DI ANSIA E PREOCCUPAZIONI.
25-06-2014
Altro che finte malate. Le pazienti colpite da improvvisi mal di pancia o prolungate stipsi non sono vittime della loro stessa ansia. Un team di ricercatori americani e canadesi arriva in soccorso di chi è affetto da colon irritabile. Non sono l'umore o le preoccupazioni le cause prime dei loro sintomi, tra i quali fastidiosi attacchi di diarrea, ma un meccanismo cerebrale, oggettivo e diagnosticabile, che rende più sensibili i soggetti con la cosiddetta sindrome dell'intestino irritabile. Lo sostengono sulla rivista Gastroenterology, Emeran Mayer e colleghi dell’Università della California di Los Angeles e della McGill University in Canada che hanno usato sofisticati sistemi di scansione cerebrale per confrontare 55 donne con la malattia e 48 donne sane. Le prime hanno centri nervosi iper-vigili rispetto ai segnali intestinali e controllano meno le emozioni collegate, ma tra i due gruppi non è stata rilevata nessuna differenza rispetto alle aree nervose dell'ansia e della depressione. Sfatato il mito di una malattia con origine psicologica, i ricercatori affermano che queste donne hanno un modello cerebrale che amplifica le sensazioni dell'area addominale. Un simile fenomeno si ha anche in altre malattie croniche, come la fibromialgia, in cui il dolore fisico risulta accentuato.
SUCCO DI MANGOSTANO: SUPERFRUTTO ESOTICO CONTRO LE INFIAMMAZIONI.
21-06-2014
Arriva dai tropici il nuovo toccasana contro le infiammazioni. Si chiama mangostano: è un frutto quasi sconosciuto in Italia, ma che potrebbe rivelarsi un ottimo rimedio per prevenire malattie cardiache e diabete nei pazienti obesi. A dirlo è uno studio pubblicato sul Nutrition Journal, che ha rilevato come il succo del "superfrutto" esotico sia in grado di ridurre i livelli della proteina C-reattiva (PCR), i cui valori aumentano in presenza di un’infezione o di uno stato infiammatorio. "Bere circa mezzo litro di succo di mangostano al giorno - spiega Jay Udani, coordinatore della ricerca - ha fatto registrare una riduzione di 1.33 mg della proteina C-reattiva rispetto al gruppo placebo". Una diminuzione significativa se si pensa che le infiammazioni, causate dall'aumento della PCR, sono indicatori plausibili di malattie cardiovascolari e di sindrome metabolica, entrambe molto frequenti nei casi di obesità. Riducendo il rischio di infiammazioni attraverso l'assunzione di mangostano, i ricercatori ritengono sia possibile ridurre il rischio di effetti collaterali nelle persone obese. Saranno tuttavia necessari "ulteriori studi - conclude Udani - per confermare e definire ulteriormente i benefici di questo frutto".
DUE NOCI AL GIORNO CONTRO IL TUMORE AL SENO.
21-06-2014
Cinquanta grammi al giorno di noci potrebbero ridurre drasticamente il rischio di cancro alla mammella. La scoperta, compiuta nel corso di uno studio sui topolini (e naturalmente in dosi diverse), è stata annunciata dai ricercatori della Marshall University di Huntington, West Virginia. Come si legge nella rivista Nutrition and Cancer, gli scienziati hanno confrontato una tipica dieta con una contenente noci. I topolini sono stati nutriti da "prima del concepimento" (ossia dando noci alla madre) fino allo svezzamento e poi direttamente: la quantità di noci fornite ai topolini durante il test equivale a circa 50 grammi al giorno, per un essere umano. Durante il periodo di studio, il tasso di cancro alla mammella si è dimezzato nei topi che mangiavano le noci. Inoltre, il numero dei tumori e la loro dimensione erano significativamente minori. “Questi risultati sono molto importanti se pensiamo che i topi erano geneticamente programmati a sviluppare il cancro – ha spiegato Elaine Hardman, che ha condotto lo studio – e noi siamo stati in grado di indurre il rischio di cancro anche contro una pre-esistente mutazione genetica”.
Nell’articolo, i ricercatori notano anche che l’aggiunta delle noci (grassi sani) aveva anche comportato l’eliminazione di altri componenti poco sani dalla dieta. Le sostanze contenute nelle noci, comunque, avevano mostrato di ridurre il cancro o rallentare la sua crescita. Secondo gli studiosi, questa dieta contenente noci aveva cambiato l’attività di geni multipli che sono rilevanti per il cancro al seno sia nei topi che negli umani. Alcuni test, in particolare, avevano scoperto che l’incremento degli acidi grassi omega 3 non aveva un grandissimo effetto sui tumori, mentre quello della vitamina E riusciva a diminuire la crescita tumorale. “I risultati di questo studio mostrano che un maggior consumo di noci dovrebbe entrare a far parte di una alimentazione salutare e potrebbe ridurre il rischio di cancro nelle future generazioni”, ha concluso Hardman.
L'ICTUS POTREBBE ESSERE PROVOCATO DALL'INTESTINO.
15-06-2014
Dietro all’aterosclerosi e l’ictus potrebbe esserci un’alterazione della flora batterica intestinale, suggerisce un nuovo studio svedese, condotto da un team di ricercatori della Chalmers University of Technology e dell’Università di Göteborg e pubblicato su Nature Communications. L’aterosclerosi è una patologia a carico delle arterie che si caratterizza per un’infiammazione cronica e per la presenza al loro interno di pericolose placche di grassi, proteine e fibre. Questa sgradita presenza può essere causa di restringimento delle pareti delle arterie e trombi. Le complicazioni più diffuse sono proprio gli eventi cardiocircolatori come l’infarto del miocardio, l’angina pectoris e l’ictus. Tra le cause più comuni dell’aterosclerosi si ritiene vi sia una dieta scorretta, la sedentarietà, lo stress e altri fattori di cui non si è ancora del tutto certi. A queste, oggi, con il nuovo studio si aggiunge la possibilità che vi sia una causa intestinale e, per la precisione, un’alterazione della flora batterica che popola questo grande organo del corpo umano.
Se si tiene conto che il corpo umano contiene dieci volte più cellule batteriche che non normali cellule, e che la maggioranza di queste si trova proprio nell’intestino, è facile comprendere come quest’ultimo possa avere una grande influenza sulla salute in generale. Detti batteri, poi, contengono un enorme numero di geni oltre al genoma dell’ospite. Questa comunità batterica è nota con il nome di “metagenoma batterico”, ed è oggetto di studio da parte degli scienziati in una branca che prende, a sua volta, il nome di “metagenomica”. La metagenomica si occupa principalmente di analizzare il genoma di tutti i microrganismi presenti nell’organismo e, in questo specifico caso, nell’intestino.
I ricercatori svedesi sono partiti proprio dall’idea che molte malattie sono collegate alle modifiche del metagenoma, per arrivare alla conclusione che il metagenoma batterico intestinale sia correlato all’aterosclerosi e l’ictus. Per far ciò hanno coinvolto un gruppo di pazienti colpiti da ictus e un altro gruppo di persone sane, per poi confrontare le condizioni della flora batterica intestinale. Le analisi hanno permesso di scoprire che proprio nei pazienti colpiti dall’ictus vi era un’alterazione del microbiota. Nello specifico, ciò che hanno scoperto i ricercatori guidati da Fredrik Bäckhed – Professore di Medicina Molecolare all’Università di Göteborg – era che nei soggetti sani si trovavano in maggior numero i geni necessari per la produzione di carotenoidi; gli stessi carotenoidi, e uno in particolare, era presente in livelli maggiori nel sangue dei soggetti sani, rispetto a coloro che avevano subìto un ictus. La presenza pertanto di carotenoidi nel sangue, prodotti dai batteri intestinali, potrebbe spiegare una maggiore protezione dalle malattie indotte dall’ossidazione. I ricercatori ritengono che, in questi casi, sebbene siano molto diffusi gli integratori a base di carotenoidi come antiossidanti, è preferibile assumere probiotici per favorire un corretto sviluppo della flora batterica intestinale e lo sviluppo di batteri che producono carotenoidi. «I nostri risultati indicano che l’esposizione a lungo termine ai carotenoidi, attraverso la produzione da parte dei batteri nel sistema digestivo, ha importanti benefici per la salute – spiega Bäckhed nella nota CUT –. Questi risultati dovrebbero permettere di sviluppare nuovi probiotici». «Riteniamo inoltre che le specie batteriche contenute nei probiotici si possano stabilire come coltura permanente nell’intestino e abbiano un effetto a lungo termine – aggiunge il professor Bäckhed –. Esaminando la microflora batterica del paziente, poi, si dovrebbe anche essere in grado di sviluppare previsioni di rischio per le malattie cardiovascolari».
LA PESCA INIBISCE IL CANCRO AL SENO.
15-06-2014
In questi ultimi anni, la ricerca scientifica verte sempre più verso componenti di origine naturale. I quali, trattati adeguatamente, possono divenire molto utili nella cura di svariate malattie, anche molto gravi come il cancro – in particolare quello al seno. E’ l’idea di alcuni ricercatori che sono riusciti a individuare nel dolce vellutato frutto di pesca un possibile aiuto per inibire le metastasi del cancro al seno. Lo studio è stato condotto, per ora, solo su modello animale, tuttavia i risultati sono stati promettenti. L’effetto benefico, secondo il team di ricerca, sarebbe reso possibile grazie alla presenza di alcuni composti fenolici presenti nel frutto. A indagare a fondo sulle possibili virtù di tali composti sono stati gli scienziati provenienti dal Texas AgriLife Research (Texas A&M University). Tra questi emerge il dottor Luis Cisneros-Zevallos, autore principale dello studio che ha scelto di impiantare le cellule tumorali nei topi, a livello sottocutaneo. Gli animali hanno così sviluppato una forma aggressiva di cancro al seno denominata MDA-MB-435.
«Quello che abbiamo notato è stata l’inibizione di un gene marcatore nei polmoni dopo poche settimane, individuando un’inibizione delle metastasi quando i topi hanno consumato l’estratto di pesca – ha spiegato il dottor Cisneros-Zevallos –. Inoltre, dopo aver determinato la dose necessaria per ottenere questi effetti nei topi, è stato calcolato che per l’uomo sarebbe equivalente al consumo di 2-3 pesche al giorno». La varietà di pesche utilizzata durante lo studio è stata quella denominata “Rich Lady”. Questo potrebbe essere stato determinante nella buona riuscita dell’esperimento anche se, specificano i ricercatori, più tipi e più parti del frutto contengono composti polifenolici simili che, tuttavia, potrebbero differire nella quantità.
Lo studio si è basato su altri precedenti che sono sempre stati condotti da AgriLife Research. Anch’essi dimostravano che i polifenoli presenti sia su pesche che prugne, erano stati in grado di eliminare in maniera selettiva le cellule cancerogene del seno. Ovviamente, evitando di intaccare quelle sane. L’esperimento si è focalizzato sulle metastasi, in quanto la maggior parte delle complicanze e dei tassi di mortalità associati al cancro al seno sono proprio dovute a queste. «L’importanza dei nostri risultati è molto rilevante, perché mostra in vivo l’effetto che i composti naturali, in questo caso i composti fenolici della pesca, sono attivi contro il cancro al seno e le metastasi. Ciò offre la possibilità di includere nella propria dieta un ulteriore strumento per prevenire e combattere questa terribile malattia che colpisce così tante persone», ha commentato Cisneros-Zevallos.
Lo studio è stato in grado di determinare il meccanismo di fondo per cui i polifenoli della pesca riuscirebbero a inibire le metastasi. Il motivo sarebbe riconducibile all’azione di questi composti che orienterebbe e modulerebbe l’espressione genica delle metalloproteinasi: una famiglia di enzimi che governano la penetrazione delle cellule tumorali nei tessuti. Ricordiamo che, generalmente, sembrano essere inibite con successo anche da altri composti naturali come la curcumina (curcuma), quercetina (ginkgo biloba, uva, mele ecc.), resveratrolo (uva) e vitamina C. «In generale, il frutto della pesca possiede composti chimici che sono responsabili dell’uccisione delle cellule tumorali senza influenzare le cellule normali, e ora stiamo osservando che questa miscela di composti è in grado di inibire le metastasi. Siamo entusiasti all’idea che (forse) consumando solo 2-3 pesche al giorno si possono ottenere effetti simili nell’uomo. Tuttavia, questo dovrà essere il prossimo passo dello studio per la conferma», conclude Cisneros-Zevallos. Nel frattempo, il team di ricerca sta continuando a testare vari estratti e composti per valutarne l’efficacia anche in altri tipi di cancro, e diabete, al fine di comprendere i meccanismi molecolari coinvolti.
PER LA PRESSIONE ALTA UN GRAPPOLO D'UVA.
15-06-2014
Il colore non fa alcuna differenza. Oltre che gustosa e ricca di omega-3, l'uva sarebbe anche in grado di mantenere bassa la pressione arteriosa, rivelandosi un’importante alleata nella prevenzione dell'ipertensione e delle malattie cardiovascolari. È quanto sostengono i ricercatori dell'Università del Michigan, che hanno studiato gli effetti di un consumo regolare di uva. Gli scienziati hanno sperimentato in laboratorio gli effetti sui topi di una dieta a base di estratti d'uva rispetto a topi ai quali era vietata la frutta e l'ipertensione veniva controllata con farmaci specifici. Le condizioni di partenza dei due gruppi non erano diverse e somigliavano, purtroppo, anche quelle di molti essere umani: una dieta prolungata con un uso eccessivo di sale, tale da mettere a dura prova le arterie e far schizzare in alto la pressione arteriosa. Dopo diciotto settimane di dolce trattamento i topi che si erano nutriti di uva mostravano una pressione sanguigna più bassa, migliori funzionalità cardiache, infiammazioni più ridotte e minori segni di danni al muscolo cardiaco rispetto ai topi che invece non avevano assunto l'uva.
Lo studio, pubblicato sul Journal of gerontology: biological science, ha rilevato inoltre come i topi ai quali erano stati somministrati farmaci per il controllo della pressione sanguigna avessero – nonostante la dieta contenente grandi quantità di sale – una pressione sanguigna più bassa. Ma il loro cuore non era stato protetto dai danni provocati dal sale, come invece era avvenuto nei topi che avevano mangiato la polvere d'uva. Secondo Steven Bolling, dell'Università del Michigan, i responsabili dell'abbassamento della pressione sanguigna sarebbero i flavonoidi presenti nell'uva, già noti per il loro effetto benefico sul cuore. “Questa ricerca – spiega Mitchell Seymour, che ha guidato gli esperimenti – supporta la nostra teoria secondo la quale i nutrienti dei grappoli d'uva hanno un impatto diretto sui rischi cardiovascolari, oltre che sulla diminuzione della pressione arteriosa che sappiamo essere normale se si pratica una dieta ricca di frutta e verdura”.
I DATI DEGLI STUDI CLINICI SONO SEMPRE ATTENDIBILI?
15-06-2014
Una meta-analisi della Cochrane Library concentra la propria attenzione sui risultati che emergono dagli studi clinici su farmaci e dispositivi medici. Secondo i ricercatori indipendenti della Cochrane i dati pubblicati dagli studi clinici sponsorizzati dall'industria farmaceutica sono in genere più favorevoli sugli effetti dei farmaci indagati rispetto a quanto avviene con gli studi non sponsorizzati. L'analisi, che si è basata su un totale di 48 trial clinici, ha riguardato per la prima volta anche vari dispositivi medici, confermando in sostanza ciò che era emerso da precedenti ricerche e ciò che il senso comune tende spesso ad addebitare alle grandi aziende farmaceutiche, ovvero una pressione notevole sui ricercatori che può tradursi in mancanza di obiettività di questi ultimi. In molti casi, peraltro, la potenziale influenza della sponsorizzazione sui risultati di uno studio non viene neanche citata all'interno della ricerca stessa. Secondo Andreas Lundh, ricercatore presso il Nordic Cochrane Centre di Copenhagen, “questi risultati supportano gli appelli della comunità scientifica verso una maggiore trasparenza su come vengono condotti gli studi clinici, un migliore accesso alle informazioni e ai dati grezzi”. Concorda anche Lisa Bero, che ha fatto parte del comitato di revisione dello studio e che insegna all'Università della California di San Francisco: “lo sponsor dovrebbe essere riportato negli studi originali pubblicati, ma deve essere preso in considerazione anche quando i risultati degli studi sono riportati in altri studi o documenti”.