Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

05-02-2019

Le foglie del ginkgo biloba vengono impiegate nelle turbe vascolari della microcircolazione periferica e in particolare nell’insufficienza circolatoria cerebrale. Il ginkgo rappresenta un ottimo medicamento della terza età: le sue preparazioni sono vantaggiosamente proposte nel trattamento dei sintomi legati a quadri di insufficienza circolatoria cerebrale, nelle sequele da ictus, negli acufeni, nelle sindrome vertiginose, nella cefalea, nelle turbe psicocomportamentali, quali perdita della memoria, umore depresso ecc. Viene prescritto nelle arteriopatie obliteranti degli arti inferiori, ovi si ha un’attenuazione importante del dolore, e nella malattia di Raynaud. Flavonoidi e diterpeni sono i costituenti salienti di questa antichissima pianta. I diterpeni del ginkgo sono conosciuti con il nome di ginkgolidi A, B, C, J e M: il ginkgolide B è risultato essere un inibitore del PAF (Platelet Activating Factor), mediatore fosfolipidico intracellulare prodotto da piastrine, leucociti, macrofagi e cellule endoteliali vascolari ed è implicato in svariati processi: aggregazione piastrinica, tromboformazione, processi iniziali dell’aterogenesi, reazione infiammatoria, allergia. Accanto all’attività anti-PAF si manifesta l’azione legata alla presenza dei flavonoidi (azione vitaminoP-simile, diminuzione della permeabilità dei capillari e aumento della loro resistenza) e alla loro azione antiradicalica. 
I flavonoidi si caratterizzano però anche per altre attività, quali quella antispasmodica, antinfiammatoria, antiallergica, ipocolesterolemizzante, antivirale, diuretica ecc., che vanno a rinforzare il campo d’azione della pianta. E’ un vasoregolatore, vasodilatatore arteriolare, vasocostrittore venoso, rinforzatore della resistenza capillare, inibitore dell’aggregazione piastrinica ed eritrocitaria; diminuisce l’iperpermeabilità capillare, migliora l’irrorazione tissutale, attiva il metabolismo cellulare in particolare a livello corticale aumentando la captazione di glucosio e ossigeno. Interessante è anche l’azione antiasmatica sostenuta sia dal ginkgolide B che dai flavonoidi. Esistono svariati studi clinici, la maggior parte dei quali effettuati con la tecnica del doppio cieco, che hanno messo in evidenza la migliorata vigilanza e quindi una diversa qualità della vita nei soggetti anziani sottoposti a terapia con ginkgo.

03-02-2019

Tante le donne che in tutto il mondo assumono la pillola anticoncezionale o altri contraccettivi di tipo ormonale. Uno studio ha messo però in luce un risvolto davvero inquietante di questi medicinali. Tra gli effetti collaterali da tenere in considerazione vi sarebbe, non solo una possibile depressione, ma anche un aumentato rischio suicidio. La pillola è il contraccettivo per eccellenza che assicura un bassissimo rischio di gravidanze indesiderate. Come tutte le medicine, però, non è esente da possibili effetti collaterali. In questo caso si tratta di ormoni che possono avere ripercussioni negative di diverso genere sul corpo ma anche sulla mente e il sistema nervoso delle donne.
Un studio che arriva dalla Danimarca mostra ora come i contraccettivi ormonali possano anche aumentare il rischio di suicidio. I ginecologi, guidati da Charlotte Skovlund dell'ospedale universitario di Copenaghen, hanno scoperto infatti una connessione tra la contraccezione di tipo ormonale e un aumentato rischio di suicidio. I medici hanno valutato i dati relativi a ben 475.000 donne: quasi 7.000 di loro avevano tentato il suicidio e circa 70 lo avevano effettivamente portato a termine. Lo studio ha concluso, analizzando tutti i dati relativi alle donne monitorate per diversi anni, che quelle tra loro che usavano contraccettivi ormonali avevano il doppio delle probabilità di tentare il suicidio. A rischiare maggiormente sarebbero soprattutto le adolescenti.
In seguito a questo studio l’EMA, Agenzia Europea dei Medicinali, raccomanda di mettere al corrente chi utilizza questo farmaco della possibilità di veder comparire la depressione e anche della probabilità aumentata di pensieri e atteggiamenti suicidi. Il tedesco Federal Institute for Drugs and Medical Devices (BfArM) e diverse case farmaceutiche hanno trasmesso questa informazione a medici e farmacisti. L’avvertenza, tra l’altro, non riguarda solo la pillola ma tutti i contraccettivi ormonali come la spirale e i cerotti.
In futuro, dunque, il bugiardino presente nelle confezioni di anticoncezionali di tipo ormonale, potrebbe avvisare anche di questo rischio. Non è la prima volta, in realtà, che uno studio evidenzia tra i possibili effetti collaterali della pillola anticoncezionale, depressione e maggior rischio suicidio. Una ricerca americana ha infatti inserito questi medicinali in una black list di oltre 200 farmaci comunemente prescritti ma con possibili effetti indesiderati su chi li assume. Non solo dunque contraccettivi ma anche ipertensivi, inibitori di pompa protonica, antiacidi e semplici antidolorifici potrebbero far comparire depressione e tendenze suicide.

 

https://www.researchgate.net/publication/321136228_Association_of_Hormonal_Contraception_With_Suicide_Attempts_and_Suicides

03-02-2019

Il miele di Manuka non è un miele come un altro. Non solo è dolce, delizioso e profumato, ma ha anche ottime credenziali quanto a effetti sulla salute. Nativo della North Island della Nuova Zelanda, il miele di Manuka è il nome che i Maori hanno dato a un miele che ha come nome scientifico Leptospermum scoparium. I Maori usavano le foglie della pianta del Manuka come bevanda medicinale, per ridurre i sintomi della febbre, mentre l’olio, che si ottiene dalle foglie pressate, era applicato sulle ferite come antisettico.
Il miele di Manuka è un prodotto costoso, soprattutto perché è un miele di un solo fiore (prodotto da api che interagiscono con un solo tipo di fiore), che sboccia solo 2-6 settimane l’anno. Quindi è un prodotto molto pregiato. Ogni confezione di miele di Manuka ha un unico UMF (Unique Manuka Factor) - un fattore che identifica il livello di potenziale antibatterico. Un valore di UMF di 10+ è il minimo per rientrare nella scala UMF. Ottimi livelli di UMF vanno da 10+ a 15+. Tutti i tipi di miele hanno un potenziale antibatterico, ma il miele di Manuka ha proprietà superiori a tutti gli altri. Ecco alcuni dei benefici del miele di Manuka:

1. IL MIELE DI MANUKA PROMUOVE LA SALUTE DIGESTIVA

Se hai disturbi legati alla digestione, prendere un pò di miele di Manuka può aiutarti in tanti modi: gonfiore, reflusso, indigestione, ulcera e sindrome da colon irritabile. Prendine un cucchiaino, con una tazza di acqua tiepida (ma non bollente) o di tè verde e i disagi della digestione scompariranno.

2. IL MIELE DI MANUKA PROMUOVE L’IMMUNITA’

Avverti i primi sintomi dell’influenza o di mal di gola? Metti un cucchiaino di miele di Manuka in una tazza di acqua e limone per prevenire il raffreddore. È molto antibatterico ed è raccomandato in caso di tosse, raffreddore, infezioni della pelle, tagli e ferite. È utile anche in caso di gengiviti e come anticariogeno.

3. IL MIELE DI MANUKA NUTRE E CURA LA PELLE

Quando viene applicato direttamente sulla pelle, il miele di Manuka è un eccellente trattamento per problemi come eczema, punture di insetto, scottature e ferite. Aiuta anche a velocizzare la guarigione delle ferite e può essere benefica come maschera per il viso e come doposole. Chi soffre di acne può trarre grande beneficio dal miele di Manuka come detergente per la pelle; le sue qualità antiinfiammatorie proteggono la pelle senza privarla del tono.

4. IL MIELE DI MANUKA È UNA BOMBA DI ENERGIA

Il miele di Manuka è ottimo come energizzante a breve termine. Prenderne un cucchiaino al mattino (a giorni alterni) con la colazione dona energia per tutta la giornata. Ricorda però che, per evitare picchi glicemici, devi sempre accompagnarlo a una piccola quantità di grassi sani come olio di cocco, ghee o burro crudo. Quindi se, ad esempio, fai colazione con il frullato, dovrai usare 1 cucchiaino di miele di Manuka e 1 cucchiaio di olio di cocco, ghee o burro crudo.

Fa attenzione, per quanto il miele di Manuka abbia straordinarie proprietà, va usato quasi come se fosse una medicina, quindi con parsimonia e solo per brevi periodi. Un consumo eccessivo può far prendere peso e sottoporti a picchi glicemici e conseguenti cali di energia.

 

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0308814698001009

http://europepmc.org/abstract/MED/15125017

16-10-2016

E' certamente fuori dubbio che integrare con la vitamina B12 l'alimentazione di chi ne è carente produce subito un senso di maggior vigore e vitalità. Chi soffre di anemia perniciosa, per esempio, trae subito grandi benefici da qualche iniezione di B12. Ma per molti anni alcuni hanno sostenuto che anche soggetti perfettamente sani potevano trarre notevoli vantaggi dall'integrazione della loro dieta con questa vitamina, soprattutto nei periodi di stress e affaticamento o durante la convalescenza. E' proprio questa ipotesi che la medicina ufficiale ha sempre respinto, in parte perchè molti di coloro che ne hanno tratto beneficio non presentavano carenze di vitamina B12, perlomeno secondo i parametri tradizionali. Gli studi condotti recentemente hanno però permesso di constatare che con analisi più attente di quelle eseguite normalmente si individuano molto spesso lievi carenze di questa vitamina. E' possibile che il sempre crescente numero di dati a favore di questa ipotesi abbia qualche valido fondamento: sono sempre più numerosi i medici che rivelano di aver sempre prescritto iniezioni di questa vitamina semplicemente perchè produce effetti così positivi sui loro pazienti. Molti medici sono giunti alla conclusione che la vitamina B12 può aiutare i pazienti a riprendersi più rapidamente dagli interventi chirurgici e dalle malattie di origine virale e batterica perchè stimola l'appetito e ridona vigore ed energia.

Venerdì, 01 Febbraio 2019 18:44

PASSIFLORA AL POSTO DEI FARMACI SEDATIVI.

19-01-2017

Alla passiflora vengono attribuite da sempre proprietà sedative, antispasmodiche e ansiolitiche, confermate dalla sperimentazione animale. Le sostanze responsabili della particolare attività sarebbero il maltolo, gli alcaloidi indolici, e i flavonoidi. Studi recenti segnalano l’esistenza di principi attivi non ancora identificati, di cui uno lipofilo. L’utilizzo della passiflora è indicato particolarmente come sedativo nel trattamento sintomatico degli stati neurotonici degli adulti e dei bambini, in particolare nelle turbe minori del sonno. Per la sua azione sedativa è infatti indicata nelle lievi forme di insonnia dovute ad affaticamento, nello stress, nell’insonnia che si manifesta nel climaterio e nella menopausa. In particolare risulta valida nell’insonnia da eccitazione cerebrale, quando cioè l’ostacolo al sonno è dovuto ad un eccessivo lavoro intellettuale o nei soggetti ansiosi e stressati, e nell’insonnia legata ad uno stato depressivo. La passiflora è in grado di provocare un sonno fisiologico ed un risveglio rapido e completo senza conseguenze di depressione o obnubilamento psichico. Con il suo utilizzo non si manifestano pertanto effetti secondari mentre si ottiene una valida sedazione, un sonno di qualità ed un’attenuazione del senso di angoscia.
Alcuni Autori segnalano l’efficacia della pianta, per l’azione neurosedativa e riequilibrante, nelle turbe della menopausa e per contrastare l’insonnia che frequentemente si manifesta durante la convalescenza di malattie infettive ed in particolare nell’influenza. Gli estratti di passiflora sono dotati di attività antispasmodica, e risultano utili nei disturbi gastrointestinali di origine nervosa quali coliti, gastriti e asma. Secondo Paris, la passiflora è dotata di azione protettiva di fronte al broncospasmo: può ritardare ma non impedire la crisi asmatica. Preparati a base di passiflora sono particolarmente indicati nel trattamento dei bambini ipercinetici, eretistici, anoressici, nei quali contribuisce ad influenzare favorevolmente l’equilibrio psicofisico e, quando necessario, l’incremento ponderale. Nell’adulto viene impiegata anche per i trattamento dell’eretismo cardiaco (palpitazioni e tachicardia dei soggetti ansiosi). In ciò ha un utilizzo del tutto simile al biancospino, al quale viene spesso associata.

17-10-2016

Invecchiando, molti risentono le conseguenze di un'alimentazione errata sotto forma di disturbi circolatori. Le arterie cominciano ad ispessirsi e perdono l'elasticità giovanile, rallentando il flusso del sangue attraverso il corpo. Fortunatamente, la natura ci ha provvisti di numerosi canali collaterali in cui il sangue può defluire, ma spesso è necessario che questi canali si aprano o si dilatino per poter far fronte al nuovo flusso circolatorio. Usando con successo l'acido folico nel trattamento dell'arteriosclerosi e delle ulcere agli arti inferiori, due fra i più comuni problemi circolatori che affliggono gli anziani, il dottor Tibor Kopjas ha dimostrato come questa innocua vitamina sia un mezzo efficace per migliorare la situazione circolatoria, quando è somministrata a scopi terapeutici. Il primo studio del dottor Kopjas, pubblicato sul Journal of the American Geriatrics Society, riguardava il trattamento dell'arteriosclerosi, o indurimento delle arterie. Dato che l'acido folico sembrava un efficace vasodilatatore nelle arterie più piccole, il dottor Kopjas era incuriosito dalla possibilità di usarlo nel trattamento dell'arteriosclerosi cronica diffusa, in cui le piccole arterie sono chiamate a svolgere un ruolo d'importanza vitale. Intraprese così la sperimentazione con un campione di 17 pazienti, che divise in 3 gruppi in base a età, durata della malattia e gravità del danno alle arterie. Nel primo gruppo, l'acido folico veniva somministrato per via endovenosa, in modo da determinare il suo effetto immediato sulle piccole arterie. Circa 40 minuti dopo l'iniezione i pazienti, già sofferenti di abbassamento della vista in conseguenza dell'insufficiente irrorazione degli occhi, mostravano un netto miglioramento: alla tavola optometrica, riuscivano a leggere due righe sotto il punto in cui erano arrivati prima dell'iniezione. Il secondo gruppo era formato da sette pazienti che presentavano una malattia vascolare periferica diffusa da almeno 10 anni. La maggior parte di loro rispose bene al trattamento con acido folico. Dopo l'iniezione, tutti provavano i segni di una migliore circolazione: una piacevole sensazione di calore al viso e alla testa nell'arco di 5 minuti, alle mani entro 10 minuti. I sei pazienti del terzo gruppo erano affetti da diabete mellito, con retinopatia diabetica (grave perdita della vista) e arteriosclerosi obliterante (ostruzione quasi completa delle arterie). Per quattro settimane presero una pasticca da 5 mg di acido folico al giorno: quattro pazienti osservarono un miglioramento della vista e un aumento della temperatura negli arti colpiti; in due di questi si ebbe la guarigione delle ulcerazioni precancerose alle dita dei piedi, una vistosa manifestazione di miglioramento circolatorio. Durante la sperimentazione, il dottor Kopjas non ha mai osservato aumento della pressione o del polso, nè si sono avuti effetti collaterali durante o dopo la ricerca. Via via che la circolazione negli arti inferiori si riduce, il tessuto comincia a deteriorarsi e basta un piccolo trauma, come un urto o una pressione continuata a produrre una piaga aperta che non si rimargina. Molti specialisti di geriatria sono convinti che queste ulcerazioni croniche delle gambe siano tra le forme più invalidanti che affliggono le gambe degli anziani. Proseguendo il suo lavoro sul trattamento con acido folico dei problemi circolatori, il dottor Kopjas ha descritto i successi ottenuti nella cura di queste ulcere sul Journal of the American Geriatrics Society. In questo articolo il dottor Kopjas spiegava che, dato che tutti gli elementi nutritivi, l'ossigeno, le sostanze immunitarie e le cellule difensive sono portate in circolo dal sangue, i pazienti che hanno dei vasi ostruiti si trovano a mancare localmente proprio di quegli elementi curativi di cui le ulcere avrebbero più di bisogno. Se si fosse potuto allargare il diametro dei vasi sanguigni, la guarigione delle ulcere si sarebbe accelerata: per questo l'autore decise di provare l'acido folico.
I pazienti scelti per la sperimentazione clinica (3 uomini e 7 donne) avevano un'età media di 61 anni. Quattro presentavano un'arteriosclerosi di grado dal medio al grave, con ulcere alle gambe; uno di questi aveva già subìto l'amputazione di una gamba sopra il ginocchio, a causa dello stato avanzato dell'ostruzione, con gangrena, ma anche in seguito, nonostante il trattamento continuo con i consueti medicamenti vasodilatatori, la parte residua della gamba rispondeva molto lentamente. In un altro era stato eseguito un intervento di chirurgia vascolare, con innesto venoso, date le gravi alterazioni circolatorie nelle gambe, ma appena due mesi dopo l'operazione si era formata una grossa ulcera su una gamba. Gli altri due pazienti arteriosclerotici presentavano piccole ulcere su tutte le dita dei piedi; le gambe erano fredde, con rallentamento della circolazione e un colore poco rassicurante. Gli altri sei pazienti avevano tutti difficoltà circolatorie agli arti inferiori, con ulcere croniche di varia grandezza. Il dottor Kopjas si limitò a prescrivere compresse da 5 mg di acido folico tre volte al giorno, per un periodo di tre mesi. Quattro dei più gravi, oltre a questo dosaggio, ricevevano due volte la settimana un'iniezione di 20 mg di acido folico. Tutti i pazienti ad eccezione di due non avevano nessun trattamento locale: le ulcere erano semplicemente fasciate con garza sterile (le due eccezioni presentavano edema e infezione, per cui vennero prescritti antibiotici e diuretici). Cinque pazienti del gruppo continuarono a prendere la dose di mantenimento di digitale, già prescritta. A parte questo, durante il periodo di tre mesi non furono usati altri farmaci. Nei pazienti con le ulcere più piccole (1-3 cm di diametro) si ebbe in sei-otto settimane una rimarginazione completa. Per le piaghe più grandi la guarigione prese 12 settimane. Dopo soli due mesi di trattamento con acido folico, si osservò una soddisfacente rimarginazione dell'ulcera anche nel moncone dell'amputato, che presentava un netto miglioramento (temperatura e colore della pelle) anche nella gamba integra. Per quanto riguarda il paziente sottoposto a chirurgia vascolare, l'ulcera comparsa in prossimità dell'innesto era completamente guarita in sei settimane, entrambi gli arti registrarono un notevole aumento della temperatura e il cammino migliorò sensibilmente. Solo in uno dei dieci casi non si ebbe la guarigione completa dell'ulcera nel termine delle 12 settimane, anche se la piaga si era ridotta quasi della metà: il dottor Kopjas riteneva che l'insuccesso parziale fosse imputabile ad atrofia cronica nelle dita dei piedi e a scadenti condizioni igieniche. Le radiografie che accompagnavano l'articolo mostravano come opera l'acido folico: sembra che crei percorsi ausiliari per la circolazione del sangue, quando le arterie maggiori sono ostruite. L'autore spiegava che "nei pazienti anziani, con difficoltà vascolari generalizzate, la scarsa irrorazione sanguigna non fornisce una pressione idrodinamica sufficiente a dilatare le piccole arterie e sviluppare i rami collaterali". E' qui che interviene l'efficace azione vasodilatatoria dell'acido folico sui vasi sanguigni più piccoli. Fra le terapie tradizionali delle ulcere croniche degli arti inferiori e delle vene varicose ci sono interventi chirurgici, aspirina, antibiotici, cortisone e analgesici, di cui si conoscono gli effetti collaterali potenzialmente pericolosi. Nessun effetto collaterale indesiderato si è avuto nel trattamento con acido folico.

24-01-2017

Le virtù terapeutiche della corteccia di salice bianco (Salix alba) sono note fin dall’antichità. Diffuso rimedio antireumatico e febbrifugo, il primo documento del suo uso è rintracciabile nel Papiro Ebers, scritto oltre 3.500 anni fa. La corteccia (in particolare quella dei giovani rami di 2-3 anni), contiene salicina, il precursore fitoterapico dell’aspirina (acido acetilsalicilico), anche se tutte le glicosidi fenoliche del salice possiedono effetti fisiologici e farmacologici similari. Nel tratto intestinale tali sostanze si convertono nel principio attivo, acido salicilico. A causa del tempo di conversione, le proprietà terapeutiche sono espresse più lentamente, ma continuano ad essere efficaci per un tempo maggiore di quello dei salicilati. La salicina svolge attività analgesiche e antinfiammatorie, simili a quelle dell’aspirina, inibendo la produzione di prostaglandine, sostanze importanti nella mediazione del dolore, dell’infiammazione e della febbre. Questo composto ha mostrato un’azione antiaggregante piastrinica minore di quella dell’acido acetilsalicilico. Particolare di importanza non secondaria, la salicina non presenta gastrolesività, al contrario dell’acido acetilsalicilico. Recenti studi clinici hanno mostrato l’efficacia della somministrazione dell’estratto secco di corteccia di salice bianco nel controllo del dolore lombare e nell’osteoartrite.

DISTURBI REUMATICI ACUTI E CRONICI

I salicilati sono stati utilizzati per circa un secolo per il trattamento delle malattie articolari, sia di natura infiammatoria che degenerativa. Recenti rassegne confermano questo ruolo che si esplica mediante l’attività antinfiammatoria e analgesica. E’ stato condotto uno studio randomizzato, doppio cieco, controllato con placebo, su 78 pazienti affetti da osteoartrite, per valutare l’efficacia terapeutica dell’estratto secco di corteccia di salice bianco titolato al 50% in salicina, a un dosaggio di 240 mg/die, per 2 settimane. I sintomi sono stati valutati con il WOMAC Osteoarthritis Index (indice di misurazione di dolore, rigidità e funzionalità). Al termine del trattamento è stato osservato un miglioramento del 14% nei soggetti del gruppo verum, rispetto a un peggioramento del 2% del gruppo placebo. In un altro studio, 120 pazienti con lombalgia hanno ricevuto giornalmente estratto secco di corteccia di salice contenente 120 o 240 mg di salicina o un placebo, per 4 settimane. I risultati hanno mostrato nel 39% dei soggetti del gruppo trattato con 240 mg di salicina la completa assenza di sintomi, mentre nel gruppo che ne aveva assunta 120 mg la percentuale risultò del 15%. Nel gruppo placebo fu del 6%.

CEFALEE E DOLORI D’ORIGINE FLOGISTICA

E’ stato recentemente osservato che il salice bianco riconosce, interagisce e coopera con i recettori 5-HT2a e 5-HT2c e i recettori 5-HT1d, che hanno mostrato di avere un ruolo nella profilassi dell’emicrania. Il salice bianco potrebbe favorire gli effetti della serotonina endogena a questi recettori durante l’attivazione trigemino-vascolare, risultando in un effetto triptano-simile, riducendo l’infiammazione neuronale. Secondo questo meccanismo, la durata e l’intensità del dolore dovrebbero essere ridotte. L’attività antinfiammatoria del salice potrebbe svolgere un ruolo negli effetti preventivi della cefalea, in particolare quando associato al partenio.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19140170

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17163262

 

Mercoledì, 30 Gennaio 2019 13:51

QUESTE SOSTANZE PROTEGGONO IL FEGATO.

31-01-2019

I fattori lipotropi, sono principi nutritivi bioprotettivi della funzionalità epatica. I fattori lipotropi - inositolo, metionina, colina, betaina (dimetilglicina) -, esplicano la loro attività opponendosi all’insorgenza del fegato grasso e sono dunque da considerare fattori essenziali dell’alimentazione umana. Le principali funzioni di tali elementi sono:

- Inositolo: rientra nella formazione delle membrane cellulari e intracellulari (mitocondri). Mobilizza i lipidi contenuti nella cellula epatica, proteggendo la funzionalità dell’epatocita e dei vasi sanguigni.
- Colina: fattore lipotropo, preventivo della degenerazione cellulare grassa dell’epatocita.
- Metionina: principale forma esogena del radicale metilico CH3 che costituisce un’importante molecola di disintossicazione endocellulare. La carenza di questa sostanza nella dieta comporta squilibri metabolici che possono condurre, a lungo andare, a condizioni steatosiche.
- Betaina: prodotto di ossidazione della colina, diffuso soprattutto nel regno vegetale. La betaina è un donatore labile di gruppi metilici per la sintesi di fosfatidilcolina (lecitina) e per la formazione delle lipoproteine che mobilizzano i lipidi accumulati nel fegato.
- Lactobacillus acidophilus: permette il riequilibrio della flora batterica. Infatti, tutte le condizioni di intossicazione (tossine alimentari, sostanze tossiche esogene, farmaci) sono fattori che inibiscono la crescita dei batteri probiotici, provocando malesseri e patologie.

ABUSI ALIMENTARI

In caso di iperalimentazione i carboidrati e gli aminoacidi vengono trasformati in lipidi e accumulati nel fegato. In presenza di uno squilibrio della sintesi dei grassi neutri e nella cessione delle VLDL, i grassi si accumulano negli epatociti, a cui consegue uno stadio precoce di insufficienza epatica nei sistemi enzimatici.

ABUSO DI ALCOL

Dopo la somministrazione di soli 120 g di alcol, è possibile osservare un evidente accumulo di lipidi, condizione tuttavia reversibile se gli epatoprotettori metionina, inositolo e colina sono presenti nel tessuto epatico. In particolare la betaina svolge effetti protettivi in caso di epatotossicità da etanolo, rappresentando uno strumento di prevenzione contro i danni perossidativi epatici e la deplezione di vitamina A, a cui sono soggetti i forti consumatori di alcol.

INTOSSICAZIONI

I processi di detossicazione dell’organismo prevedono la presenza di fattori lipotropi per la modulazione dei sistemi a citocromo localizzati a livello epatico. L’integrazione dei fattori nutritivi sopraelencati, consente l’ottimizzazione dei meccanismi protettivi verso sostanze tossiche (metalli pesanti, farmaci) e condizioni di tossicità da eventi ossidativi.

IPERCOLESTEROLEMIA

Evento molto diffuso nella società occidentale, l’ipercolesterolemia compare regolarmente nella colestasi o in caso di ostacoli al deflusso biliare. Il disturbo del deflusso biliare può provocare la diminuzione delle concentrazioni di acidi biliari nell’intestino, nel quale queste sostanze svolgono un ruolo di biofeedback sulla produzione di colesterolo endogeno. Un’insufficiente quota di sali biliari nell’intestino è in grado di incrementare la sintesi di colesterolo nel fegato, determinando un aumento del colesterolo totale. Negli ultimi anni gli studi condotti evidenziano che un’alimentazione ricca di fattori lipotropi è in grado di influenzare positivamente la regolazione delle attività epatiche nella loro totalità, con la conseguente azione regolatrice del flusso biliare e della sintesi del colesterolo.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11746210

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7680728

31-01-2019

Secondo un rapporto, bassi livelli di vitamina D, la sostanza nutrizionale essenziale ottenuta dall’esposizione alla luce solare, raddoppiano il rischio di ictus nei caucasici. L’ictus è la terza causa di morte negli Stati Uniti. I ricercatori, affermano che i risultati non spiegano il perché gli afroamericani, che sono con più probabilità carenti in vitamina D, soffrano anche di tassi più alti di ictus, apparentemente non per mancanza di vitamina D. E' possibile che il numero degli ictus mortali registrati nei neri possa semplicemente non essere statisticamente sufficiente per trovare un rapporto col deficit di vitamina D. Science Daily afferma: “Quasi 8.000 uomini e donne inizialmente sani di entrambe le razze, sono stati coinvolti nello studio. Tra questi, il 6,6 per cento dei bianchi e il 32,3 per cento dei neri avevano livelli ematici gravemente scarsi di vitamina D, che gli esperti considerano quando inferiore ai 15 nanogrammi per millilitro“.

 

https://www.sciencedaily.com/releases/2010/11/101114161929.htm

Martedì, 29 Gennaio 2019 13:34

VITAMINA C PER MANTENERE SANE LE GENGIVE.

30-01-2019

Poichè la parodontite (l'infiammazione delle gengive) è uno dei sintomi dello scorbuto, alcuni ricercatori hanno analizzato la relazione tra la vitamina C e questa malattia e hanno constatato che anche una lieve carenza di acido ascorbico nell'organismo può facilitarne l'insorgenza (lo hanno dimostrato anche alcuni recenti esperimenti con alcuni animali). Senza un adeguato apporto di vitamina C, infatti, le difese immunitarie dell'organismo si indeboliscono e le gengive diventano più permeabili consentendo la penetrazione al loro interno di batteri e sostanze tossiche. Con l'assunzione di questa vitamina, invece, la permeabilità della superficie gengivale diminuisce e i tessuti interni rimangono integri.

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