Angelo Ortisi
CAPELLI SECCHI: 7 RIMEDI NATURALI PER RIDARE LUCENTEZZA E VOLUME.
02-11-2016
I capelli secchi sono un problema che non possiamo trascurare. Avere una chioma sana, lucente e voluminosa fa sentire subito belli e con un’acconciatura ordinata. Capelli piatti e dal colore spento possono rivelarsi un dramma. Senza contare che i capelli secchi possono portare alla forfora o tendere a diradarsi. Ma è possibile intervenire tempestivamente, prendendosene cura in maniera completamente naturale.
QUALI SONO LE CAUSE DEI CAPELLI SECCHI?
I capelli appaiono secchi e dall’aspetto poco brillante quando il sebo non svolge più correttamente la sua normale funzione di idratazione del cuoio capelluto, favorendo prurito e irritazione. I capelli perdono elasticità e lucentezza, sono inclini a spezzarsi e a formare doppie punte. Le cause possono essere molteplici: carenze nutrizionali, lavaggi troppo frequenti, esposizione al cloro, uso smodato di piastre o tinture. In realtà basta davvero poco per prendersi cura dei nostri capelli e ridonare loro lucentezza e volume. Ecco sette rimedi efficaci, facili e poco costosi da realizzare.
OLIO DI OLIVA
L’olio d’oliva è uno dei rimedi naturali più popolari in caso di capelli secchi. Ricco di vitamina E e di antiossidanti, aiuta i capelli danneggiati idratandoli e nutrendoli. Riscaldate dell’olio d’oliva e poi spalmatelo sulla lunghezza dei vostri capelli. Massaggiate il cuoio capelluto per una decina di muniti e poi avvolgete la vostra chioma in un asciugamano. Tenete l’impacco almeno una trentina di minuti, o meglio ancora l’intera notte. Questa operazione la potete fare anche con l’olio di mandorla, jojoba, cocco o amla. Il giorno seguente, dopo aver fatto lo shampoo, scoprirete dei capelli morbidi e lucenti.
UOVA
Le uova sono il rimedio preferito dalle nostre nonne per i capelli secchi e danneggiati. Ricchi di proteine e lectina, rafforzano e riparano il capello danneggiato, ridandogli nuova vita. Montate l’albume di un uovo e unitelo a due cucchiai di acqua tiepida. Applicate la miscela sui capelli umidi, massaggiate il cuoio capelluto in un movimento circolare per circa quindici minuti e infine fate uno shampoo con acqua fredda. Ripetere il tutto un paio di volte la settimana, a seconda dello stato dei vostri capelli. In alternativa, mescolate tre uova con due cucchiai d’olio d’oliva e un cucchiaio di miele. Applicate il composto sui capelli umidi, dalle radici alle punte. Coprite la testa per trenta minuti e poi lavatevi con uno shampoo delicato e acqua fredda. Questo composto, usato una volta alla settimana, renderà i vostri capelli morbidi e setosi.
BIRRA
La birra si rivela essere un ottimo balsamo per i capelli. Aiuta a riparare le cuticole dei capelli danneggiati e nutre i follicoli piliferi, che contribuiscono a rendere i capelli lucidi e lisci. Fate lo shampoo come al solito e poi spruzzate una piccola quantità di birra sui vostri capelli secchi. Lasciate che la birra si asciughi naturalmente e scoprirete dei capelli dall’aspetto liscio e lucente. Niente paura per l’odore: non resterà sui vostri capelli ma andrà via del tutto una volta asciutti.
AVOCADO
È un frutto notoriamente ricco di vitamina A ed E, grassi saturi e altri minerali che sono un vero toccasana per i capelli secchi e danneggiati. L’avocado nutre il capello alla radice e lo rafforza dall’interno, così che tenderà a spezzarsi meno o a fare doppie punte. Schiacciate la polpa di un avocado maturo e mescolatela con un cucchiaino di olio di germe di grano o di olio di jojoba, fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. Applicatela sui capelli asciutti, per tutta la loro lunghezza, e raccoglieteli in una cuffia per la doccia. Lasciate in posa per mezz’ora e poi fate lo shampoo con acqua tiepida. Provate questo rimedio un paio di volte la settimana e in breve tempo riscontrerete dei risultati davvero soddisfacenti.
BANANE
È impossibile non averne in casa. Quante volte ci capita che maturino troppo e siamo costrette a buttarle? Invece di sprecarle, possiamo utilizzarle per creare una ricetta che nutra i capelli estremamente secchi e danneggiati. Infatti l’alto contenuto di potassio previene le doppie punte, ammorbidisce i capelli e li rende più elastici. Schiacciate una banana e stendetela sui capelli e lasciatela in posa circa un’oretta, per poi risciacquare con acqua tiepida. Facendo questa operazione una volta la settimana, avrete dei buoni risultati. In alternativa, potete pure provare a fare una maschera unendo la polpa della banana con un cucchiaio di olio di mandorle e due cucchiai di miele. Tenetela in posa per una mezz'oretta e poi risciacquate. Renderà i vostri capelli lisci e lucenti.
MIELE
È un altro rimedio efficace per i capelli secchi che si trova facilmente in dispensa. Il miele ha la capacità di intrappolare il sebo all’interno del capello così da renderlo più morbido, lucido e ben nutrito. Applicate il miele sui capelli umidi e appena lavati, massaggiando delicatamente il cuoio capelluto. Lasciate in posa per una trentina di minuti e poi risciacquate con acqua tiepida. In alternativa, unite quattro cucchiai di olio di oliva, due cucchiai di glicerina e due cucchiai di miele, e usate questa mistura come balsamo dopo lo shampoo ogni qual volta riscontriate una secchezza eccessiva.
OLIO DI SESAMO
Ricco di sostanze nutritive e emollienti, l’olio di sesamo combatte la secchezza dei capelli, proteggendoli e riparandone lo strato esterno danneggiato. Inoltre, grazie alle sue proprietà antibatteriche, antivirali e antinfiammatorie si rivela un ottimo alleato per prevenire la perdita dei capelli. Mescolate due o tre cucchiai di olio di sesamo con un pò di zenzero in polvere e massaggiate il cuoio capelluto per circa dieci minuti. Lasciate poi in posa altri quindici minuti e infine fate lo shampoo.
LA PILLOLA ANTICONCEZIONALE CAUSA DEPRESSIONE.
31-10-2016
Le giovani donne che assumono la pillola contraccettiva vedono aumentare il rischio di insorgenza della depressione addirittura dell'80 per cento. È la conclusione cui giunge uno studio dell'Università di Copenhagen pubblicato su Jama Psychiatry. L'aumento dell'80 per cento del rischio è relativo alla fascia d'età 15-19 anni, mentre nelle donne fra i 20 e i 34 anni l'incremento sarebbe del 23 per cento in caso di assunzione di una pillola combinata di estrogeni e progesterone. Nel caso della pillola a sola base progestinica, il rischio si alza del 34 per cento. I ricercatori danesi, guidati dal prof. Øjvind Lidegaard, hanno analizzato le cartelle cliniche di 1 milione di donne fra i 15 e i 34 anni per un periodo totale di 13 anni. Ad oltre 133mila donne erano stati prescritti anche farmaci antidepressivi, e in 23mila casi era stata diagnosticata la malattia. Prima di assumere la pillola contraccettiva, nessuna donna del campione era stata vittima di depressione. «Pochi studi hanno quantificato l'effetto della contraccezione ormonale sul rischio di depressione, anche perché una modifica del tono dell'umore è una causa nota per la sospensione del contraccettivo», spiega Lidegaard. «Nel periodo di studio il 55% del campione oggetto di analisi ha utilizzato la contraccezione ormonale», ricorda Lidegaard. Il rischio di utilizzo di un antidepressivo per la prima volta era del 23 per cento maggiore in chi assumeva anche contraccettivi orali estro-progestinici, e del 34 per cento in caso di pillole progestiniche. «Simili o di poco inferiori le probabilità di ricevere una diagnosi di depressione», aggiunge Lidegaard. «Servono comunque ulteriori studi per verificare se la depressione possa essere un potenziale effetto negativo della contraccezione ormonale, e se questi risultati siano ripetibili in altre popolazioni», conclude lo scienziato danese.
LA MELA HA PROPRIETA’ ANTITUMORALI.
31-10-2016
Da piccoli chi non ha sentito la nonna affermare “una mela al giorno toglie il medico di torno”? Magari volevano solo convincervi a fare un sano spuntino pomeridiano a base di frutta. Mai come per la mela, la saggezza popolare non sbaglia. Recenti studi infatti hanno confermato che può aiutare il vostro organismo a proteggersi da cinque diversi tipi di cancro: allo stomaco, all’esofago, alla mammella, al polmone e al colon. A dirlo i ricercatori dell’Università di Perugia, che hanno pubblicato l’esito delle loro ricerche sulla rivista Public Health Nutrition. Hanno analizzato ben 41 studi clinici precedenti per verificare se ci fosse una correlazione tra l’assunzione regolare di mele e l’incidenza del cancro. Dallo studio emerge che coloro che avevano mangiato almeno una mela al giorno avevano un rischio più basso del:
• 50% per il cancro gastrico e all’esofago;
• 25% per il cancro al polmone;
• 34% per il tumore al colon;
• 21% per il cancro al seno.
In particolare, i ricercatori affermano che il risultato più interessante a cui sono giunti è scoprire l’effetto protettivo che le mele hanno sul polmone. Senza contare la riduzione fino alla metà del rischio di contrarre tumori che interessano il tratto digestivo. Il merito di tale capacità preventiva starebbe nell’alto contenuto di polifenoli, ovvero di veri e propri antiossidanti naturali in grado di contrastare gli effetti dei radicali liberi e rallentare l’invecchiamento cellulare. Non sono pochi gli studi che dimostrano quanto un’alimentazione sana e corretta sia fondamentale nella prevenzione del cancro. I ricercatori hanno preferito concentrarsi sulla mela, perché è il frutto più consumato nei paesi europei. Essa è anche ricca di acqua, fibre, minerali (come calcio, sodio, ferro, magnesio), vitamine (A, B, C, E e K), diversi aminoacidi. Contiene inoltre beta-carotene, criptoxantina, luteina e zeaxantina che sono tutti potenti antiossidanti.
Come mangiate la mela? Se avete l’abitudine di sbucciarla, sappiate che è proprio nella buccia che si concentrano la maggior parte dei nutrienti. Pensate che una mela con la buccia contiene in media 4,4 grammi di fibra, mentre senza appena 2,1 grammi. Stesso discorso per le vitamine, in particolare per A e C. Senza contare che la buccia contiene la quercetina, un potente antiossidante che sembra favorire il rigeneramento dei tessuti cerebrali. È anche vero però che la buccia assorbe anche i pesticidi di cui spesso si fa abuso durante la coltivazione, così come denunciato anche da Greenpeace e dall’associazione francese dei consumatori. Preferite perciò mele di agricoltura biologica così da beneficiare a pieno dei benefici di questo sorprendente frutto.
UN COMPOSTO DEL CACAO MIGLIORA I BIOMARKERS CARDIOVASCOLARI.
31-10-2016
Una serie di recenti studi che hanno impiegato vari metodi di ricerca, hanno suggerito che alcuni composti presenti nel cacao, chiamati flavanoli, potrebbero beneficiare la salute cardiovascolare. Ora una revisione sistematica e una meta-analisi di 19 studi randomizzati e controllati (RCT) sul consumo di cacao, ha rivelato ulteriori elementi di prova. La meta-analisi, pubblicata nel Journal of Nutrition, una valutazione degli elementi di prova estrapolati da tutti i 19 RCT, ha cercato di verificare se il consumo dei prodotti a base di cacao ricco di flavanoli è associato a un miglioramento di specifici biomarcatori circolanti per la salute cardiometabolica, rispetto al consumo di placebo con cacao a basso contenuto di flavanoli. Lo studio ha coinvolto 1.139 volontari. “La nostra meta-analisi ha indagato come i flavanoli del cacao influiscono sui biomarcatori cardiometabolici al fine di fornire una guida nella progettazione di grandi studi per la prevenzione del diabete e malattie cardiovascolari in futuro”, ha detto l’autore Dr. Simin Liu, Professore e Direttore del Center for Global Cardiometabolic Health at Brown University che ha collaborato con Xiaochen Lin, autore principale della ricerca. “Abbiamo scoperto che l’assunzione di cacao ricco di flavanoli può ridurre la dislipidemia (aumento dei trigliceridi), la resistenza all’insulina e l’infiammazione sistemica, che sono i principali fattori di rischio per le malattie subcliniche cardiometaboliche“.
Liu ha notato alcune limitazioni negli studi. Tutti gli studi erano piccoli e di breve durata, e non tutti i biomarcatori monitorati in questi studi sono migliorati e gli studi non sono stati progettati per verificare direttamente se il consumo di cacao ricco di flavanoli porta a ridurre i casi di attacchi di cuore o diabete di tipo 2. Ma tenendo conto di alcune di queste eterogeneità tra gli studi, la meta-analisi dei dati che il team ha sintetizzato, ha trovato potenziali effetti benefici del cacao ricco di flavanoli sulla salute cardiometabolica. C’erano piccoli e modesti, ma statisticamente significativi, miglioramenti tra coloro che avevano consumato prodotti a base di cacao ricco di flavanoli, rispetto ai partecipanti allo studio che avevano consumato cacao a basso contenuto di flavonoli o che non avevano consumato il cacao. I maggiori effetti sono stati osservati tra i volontari che hanno assunto tra i 200 e i 600 milligrammi di flavanoli al giorno (in base al loro consumo di cacao). Hanno osservato cali significativi di glucosio nel sangue e di insulina, così come di un altro indicatore di resistenza all’insulina chiamato HOMA-IR. In questi partecipanti è anche aumentato il colesterolo HDL, o colesterolo “buono”. I benefici erano inoltre, proporzionali al consumo di cacao. I partecipanti che hanno consumato cacao con basso contenuto di flavonoli hanno avuto solo un significativo beneficio sul colesterolo HDL. “La sperimentazione si è basata principalmente sull’uso di cioccolato fondente e bevande a base di cacao”, ha detto Lin. “Pertanto, i risultati di questo studio non dovrebbero essere generalizzati per i differenti tipi di cioccolato, caramelle o cioccolatini con contenuto di zuccheri e additivi alimentari”. Gli autori hanno quindi concluso: “Il nostro studio mette in evidenza la necessità urgente di grandi studi randomizzati a lungo termine che migliorano la nostra comprensione dei benefici a breve termine dell’assunzione di cacao ricco di flavanoli sui biomarcatori cardiometabolici e che possono essere tradotti in risultati clinici”.
https://news.brown.edu/articles/2016/10/cocoa
http://jn.nutrition.org/content/early/2016/09/28/jn.116.237644.abstract
GLI ALIMENTI CHE COMBATTONO LA STANCHEZZA ESTIVA E INVERNALE.
31-10-2016
Diversi fattori, come stile di vita, condizioni mediche o problemi psicologici, possono causare affaticamento e stanchezza. Alcuni dei fattori di stile di vita che contribuiscono a questo problema, includono l’uso eccessivo di alcol, eccessiva assunzione di caffeina, eccessiva attività fisica, inattività, poco sonno e cattive abitudini alimentari. Si può anche sentirsi stanchi a causa di problemi di salute mentale come l’ansia, la depressione, il dolore e lo stress. Anche alcune condizioni mediche possono creare affaticamento e stanchezza, come l’insufficienza epatica, l’anemia, il cancro, le malattie renali, le malattie cardiache, i disturbi della tiroide, l’obesità, l’apnea del sonno e il diabete. I sintomi principali della fatica e della stanchezza, includono dolori muscolari, mancanza di motivazione, difficoltà di concentrazione, vertigini, mal di testa, irritabilità, perdita di appetito, sbalzi d’umore e mancanza di energia. Sia che la fatica sia dovuta a sforzi fisici, mentali o emotivi, si può combatterla con alcuni alimenti facilmente disponibili che forniscono al vostro corpo nutrienti essenziali, come proteine, grassi e carboidrati complessi, così come vitamine e minerali. Di seguito, 10 super cibi che combattono la stanchezza:
1. BANANE
Le banane contengono una buona quantità di potassio di cui il corpo ha bisogno per convertire lo zucchero in energia. Inoltre, le banane sono ricche di importanti sostanze nutritive, quali le vitamine B, la vitamina C, acidi grassi omega-3, acidi grassi omega-6, fibre e carboidrati, che contribuiscono a combattere la stanchezza, la disidratazione e altri sintomi dell’affaticamento. Inoltre, gli zuccheri naturali come saccarosio, fruttosio e glucosio presenti nella banana, sono essenziali per una rapida carica di energia.
- Mangiare da 1 a 2 banane al giorno.
2. TE’ VERDE
Una tazza di tè verde può anche combattere la stanchezza, in particolare lo stress e la fatica legata al lavoro. Il tè verde contiene polifenoli che aiutano a ridurre lo stress, aumentano l’energia e migliorano la concentrazione mentale. Inoltre, il tè verde ha componenti che hanno dimostrato di aumentare il metabolismo e proteggere contro molti effetti dell’affaticamento.
- Bere da 1 a 3 tazze di tè con miele al giorno.
3. SEMI DI ZUCCA
I semi di zucca sono uno snack ideale per combattere la stanchezza. Sono ricchi di proteine di alta qualità, acidi grassi omega-3 e vitamine B1, B2, B5 e B6, così come minerali come manganese, magnesio, fosforo, ferro e rame. Tutti questi nutrienti lavorano insieme per rafforzare il sistema immunitario, fornire energia e combattere i sintomi della stanchezza. Inoltre, il triptofano che si trova nei semi di zucca aiuta a combattere la stanchezza emotiva e favorisce un sonno migliore, riducendo i sintomi della stanchezza fisica.
- Solo una manciata di semi di zucca vi darà energia immediata e vi farà sentire meno affaticati. È possibile consumare snack di semi di zucca tostati.
4. FARINA D’AVENA
Un alimento perfetto per combattere la stanchezza è la farina d’avena. Contiene carboidrati di alta qualità che vengono immagazzinati nel corpo come glicogeno e forniscono energia al cervello e muscoli per tutta la giornata. Inoltre, la farina d’avena ha molte sostanze nutrienti importanti come magnesio, fosforo e vitamina B1 che aiutano a incrementare i livelli di energia. Questo alimento è considerato un superfood per la salute dell’apparato digerente grazie al suo alto contenuto di fibre. Anche le persone con diabete possono mangiare farina d’avena in quanto contribuisce a mantenere normali i livelli di zucchero nel sangue.
- Una ciotola di farina d’avena è ottima per la colazione.
5. YOGURT
L’elevata quantità di proteine, carboidrati e probiotici intestinali presenti nello yogurt, possono essere di grande aiuto per combattere i sintomi della stanchezza. Infatti lo yogurt è una grande fonte di energia rapida, quando se ne ha bisogno. I probiotici presenti nello yogurt possono anche aiutare ad alleviare i sintomi della sindrome da stanchezza cronica. Essi svolgono un ruolo fondamentale nel migliorare la salute del tratto digestivo.
- Si può mangiare lo yogurt in qualsiasi momento della giornata. Consumare almeno 1 tazza di yogurt magro al giorno.
6. COCOMERO
Se vi sentite affaticati in una giornata calda o dopo un allenamento a causa della disidratazione, è possibile consumare una fetta di cocomero. L’anguria è ricca di acqua ed elettroliti che tengono a bada la disidratazione e limitano i sintomi dell’affaticamento. Inoltre, è ricco di sostanze nutritive come il potassio, la vitamina C, il licopene, il beta-carotene e il ferro che combattono la stanchezza. Quando vi sentite stanchi e avete bisogno di energia immediata, consumate una fetta di anguria.
- È possibile preparare una bevanda sana con un pò di anguria, un pò di succo di limone e miele, e acqua. Bere il succo dopo un allenamento per prevenire i segni della stanchezza.
7. NOCI
Un altro popolare cibo contro la fatica, sono le noci. Sono ricche di acidi grassi omega-3 che possono facilmente contrastare i sintomi dell’affaticamento e possono anche contribuire ad alleviare i sintomi della depressione lieve. Inoltre, le noci contengono sia proteine che fibre che aiutano a stimolare l’energia dopo un allenamento. Questi frutti hanno anche una discreta quantità di manganese, magnesio, fosforo, ferro, rame e vitamine.
- Includere 1/4 di tazza di noci sgusciate alla vostra dieta quotidiana. Si possono consumare noci tostate a metà mattina o metà pomeriggio per uno spuntino. Inoltre, si possono aggiungere pezzi di noce ai cereali, frullati, zuppe e insalate.
8. FAGIOLI
I fagioli sono un alimento miracoloso per molte buone ragioni. Hanno numerosi benefici per la salute e possono aiutare a combattere la stanchezza. Sono ricchi di fibre, contengono un buon rapporto di carboidrati complessi e proteine e una serie di minerali tra cui potassio, magnesio, fosforo, rame e ferro. Questa composizione nutrizionale unica, fornisce energia a lunga durata e riduce la sensazione di stanchezza. Hanno un basso indice glicemico e si possono consumare senza preoccuparsi di improvvisi picchi di zucchero nel sangue e successivi cali di energia.
9. PEPERONE ROSSO
E’ una delle migliori fonti di vitamina C. Questo antiossidante non solo dà una spinta al sistema immunitario, ma aiuta anche a ridurre l’ormone dello stress e il cortisolo, che contribuisce alla fatica. In realtà, la vitamina C è essenziale per un sistema surrenale sano che aiuta a prevenire l’affaticamento da stress fisico o emotivo. E’ stato anche scoperto che una carenza di vitamina C può far sentire più stanchi. I peperoni rossi sono anche ricchi di vitamine A, B6, acido folico e fibre.
- Una sola tazza di peperoni rossi al giorno sarà più che sufficiente per mantenere un buon livello di energia e il metabolismo alto.
10. SPINACI
Gli spinaci sono un altro ottimo cibo che combatte la fatica. Sono gli alimenti più ricchi di ferro che aiuta il sangue a fornire ossigeno alle cellule del corpo. Questo a sua volta, aiuta a produrre energia e combattere i sintomi dell’affaticamento. Inoltre, gli spinaci sono ricchi di magnesio, potassio e vitamine C e B che aumentano l’energia e il metabolismo.
- Un bicchiere di succo di spinaci è un’opzione facile per combattere la stanchezza.
MONTAGNIER SHOCK: “I VACCINI CAUSANO L’AUTISMO”.
30-10-2016
Vaccini ancora sotto accusa. Stavolta addirittura a parlare è Luc Montagnier, noto per le sue ricerche sull'Hiv. Purtroppo le sue affermazioni non sono supportate da nessuna ricerca ma possono causare un nuova caccia alle streghe vista la notorietà del personaggio. «Le vaccinazioni, se somministrate contemporaneamente ad antinfiammatori, potrebbero avere effetti deleteri sul cervello del lattante» asserisce il dott. Montagnier. Tutti i medici sanno che non bisogna somministrare i vaccini in caso di febbre, per poter monitorare la temperature. «Molti genitori non hanno più fiducia nelle vaccinazioni perché talvolta c'è una correlazione temporale tra il vaccino e i sintomi legati all'autismo. Questo non significa una correlazione di causa-effetto ma i vaccini, insieme ad altri elementi, possono essere fattori scatenanti di situazioni pre-esistenti legate all'autismo», ha spiegato Montagnier durante una lectio magistralis tenuta a Bologna in occasione del 42esimo congresso dell'Associazione nazionale dei medici delle direzioni ospedaliere.
PROPRIETA' CURATIVE DEL RISO.
30-10-2016
Il riso è soprannominato “pane dell’Asia”. La maggioranza del raccolto mondiale di riso, circa 500 milioni di tonnellate all’anno, è prodotta nelle regioni tropicali dell’Asia orientale: Cina, India e Indonesia. In questi paesi il riso si consuma ogni giorno ed è presente in ogni piatto. I Greci e i Romani lo conoscevano e usavano pochissimo; furono infatti gli Arabi a introdurlo in Europa, attraverso la penisola iberica. Nel XVII secolo, gli Olandesi portarono il riso in Nordamerica e poi in Africa. Oggi è il cereale più coltivato nel mondo. Nonostante il sapore intenso e squisito di tantissimi piatti, il riso, specialmente quello raffinato, è il cereale più povero di principi nutritivi.
- Proteine: il suo è il contenuto più basso di tutti i cereali. Nessuna varietà di riso supera il 7%, una quantità molto bassa rispetto al 17% dell’avena o al 14% del grano. Bisogna però ricordare che il riso non contiene gliadina, la proteina che costituisce il glutine del grano, ed è quindi adatto per chi soffre di celiachia. Le proteine del riso non contengono lisina e triptofano, due aminoacidi essenziali. Si consiglia quindi di prenderlo insieme a legumi, che contengono questi due aminoacidi in eccesso. Combinando il riso con le lenticchie, per esempio, il nostro organismo ricava gli aminoacidi necessari per produrre una proteina completa.
- Grassi: il riso raffinato è praticamente privo di grassi, che si trovano per la maggior parte nella crusca e nel germe del chicco. Il riso integrale contiene solo il 3% di grassi, cioè assai meno dell’avena (7%) o del granturco (4,5%), ma bisogna ricordare che i suoi acidi grassi sono insaturi e di grande valore biologico.
- Carboidrati: costituiscono quasi l’80% del peso del chicco di riso e sono quasi completamente formati da amido.
- Vitamine: come gli altri cereali, è povero di vitamine A e C. il contenuto di vitamine B1 ed E è abbastanza notevole nel riso integrale, ma molto scarso in quello raffinato. Se il riso raffinato costituisce l’alimento quasi esclusivo di una dieta, può provocare una grave carenza di vitamina B1, chiamata anche beriberi. Se la dieta è invece più variata e il riso raffinato si mangia insieme ad altri alimenti ricchi di vitamina B1, come la frutta secca oleaginosa o i legumi, i rischi di soffrire di carenza di questa vitamina diminuiscono. La cosa migliore è consumare riso integrale che contiene una quantità maggiore di vitamina B1, B2, B6 e niacina.
- Minerali: il riso è uno degli alimenti più poveri di sodio, perciò è particolarmente consigliato in caso di ipertensione e di malattie cardiache. Sia il riso integrale che quello raffinato contengono altri minerali, come potassio, calcio, magnesio e ferro, ma in quantità relativamente ridotte.
Riassumendo, dal punto di vista nutritivo il riso è un alimento leggero, facilmente digeribile, che dà sazietà; tuttavia, raffinato, può causare carenze di vitamine e minerali, e non deve costituire la base esclusiva di un’alimentazione. In qualsiasi caso, integrale o raffinato, il riso deve essere combinato con altri alimenti, come legumi e verdure, per aumentarne il valore nutritivo. Il riso è particolarmente indicato nei seguenti casi:
- DIARREA DI QUALSIASI TIPO: il riso bollito con un pò d’olio e di sale, insieme alla mela e allo yogurt, è uno dei primi alimenti solidi da prendersi dopo qualsiasi tipo di diarrea. La sua ottima digeribilità, insieme alla blanda azione astringente, fanno del riso un alimento altamente consigliato per tonificare la mucosa intestinale dopo una colite o una gastroenterite.
- DIARREA INFANTILE: in caso di diarrea, l’acqua di riso è un liquido ideale per la reidratazione orale, specialmente nei bambini. Si può prendere come unica bevanda, aggiungendo a discrezione alcune gocce di succo di limone. Oltre a reidratare l’organismo, l’acqua di riso apporta sali minerali, specialmente potassio, e carboidrati polimerizzati (amido), che arrestano la diarrea. In uno studio compiuto nell’Università del Costa Rica, si sono confrontate la terapia classica di reidratazione orale a base di soluzione fisiologica, con quella a base di acqua di riso, e si è potuto osservare che i neonati afflitti da diarrea acuta e disidratazione guarivano molto prima quando si somministrava acqua di riso, che non con la somministrazione di soluzione fisiologica glucosata.
- IPERTENSIONE ARTERIOSA: il riso è uno degli alimenti più poveri di sodio, perciò è molto indicato in caso di ipertensione arteriosa. Il sodio è un minerale che trattiene molta acqua (come accade con il sale comune). Un consumo eccessivo di sodio aumenta la ritenzione di liquidi, favorendo la formazione di edemi, e aumenta il volume del sangue in circolazione; di conseguenza aumenta la pressione arteriosa e, più sodio si consuma, maggiore è il rischio di soffrire di ipertensione.
- MALATTIE CARDIACHE: quando il cuore non funziona bene (insufficienza cardiaca), nei tessuti si accumulano liquidi e i reni non eliminano orina in quantità sufficiente. Questa situazione può peggiorare se si prendono alimenti ricchi di sodio, che trattengono più acqua e possono aggravare gli edemi. In caso di insufficienza cardiaca, si consiglia di seguire una dieta povera di sodio, perciò il riso è molto indicato, anche perché è praticamente privo di grassi.
- AUMENTO DEL COLESTEROLO: il riso integrale è ricco di fibre vegetali, che impediscono l’assorbimento degli acidi biliari nell’intestino. Questi acidi sono le materie prime a partire dalle quali il fegato sintetizza il colesterolo. Poiché il riso integrale non contiene praticamente grassi (quindi è privo di colesterolo), esercita un effetto benefico, perché riduce sensibilmente il livello di colesterolo nel sangue.
- ECCESSO DI ACIDO URICO: a causa del suo scarso contenuto di proteine e del suo effetto alcalinizzante, il riso è molto indicato contro l’eccesso di acido urico (che provoca gotta e artritismo).
FRUTTA E VERDURA FISICAMENTE ASSOMIGLIANO AGLI ORGANI CHE BENEFICIANO.
30-10-2016
La Dottrina delle firme è un'antica filosofia erborista attribuita a Paracelso (1491-1541) e più tardi al popolare calzolaio tedesco Jakob Bohme (1575-1624). Essa afferma che tutta la frutta e la verdura condividono proprietà estetiche o “firme” con l’organo che beneficiano. Mentre la medicina allopatica ha tentato di cancellare la Dottrina della Firme come superstizione, gli studi hanno ripetutamente dimostrato che i suoi principi fondamentali sono vere. Il fagiolo, per esempio, assomiglia non solo a un rene in forma e colore, ma aiuta anche a mantenere il funzionamento del rene quando regolarmente consumato.
Diamo uno sguardo ad alcuni altri esempi:
NOCI - CERVELLO
Con i suoi due emisferi, e pieghe annodate, la noce comune appare come il cervello umano a molti livelli - e il cervello è esattamente l’organo che beneficia. Le noci sono l’unico frutto a guscio che contiene grandi quantità di acidi grassi omega-3, che aiutano a prevenire il declino cognitivo.
UVA POLMONI
I grappoli di uva assomigliano ai rami degli alveoli che compongono i nostri polmoni e che consentono all’ossigeno di passare dai polmoni al circolo sanguigno. Le uve hanno dimostrato di ridurre il rischio di cancro ai polmoni e le proantocianidine - presenti nei semi d’uva - può ridurre al minimo il rischio di asma allergica correlata.
POMODORI - CUORE
Come il cuore umano, i pomodori sono rossi e di solito contengono quattro camere al taglio. Essi sono una fonte impareggiabile di licopene che aiuta a prevenire la malattia coronarica e che neutralizza gli effetti nocivi del colesterolo LDL. Inoltre, i pomodori sono ricchi di acido folico, che aiuta il trasporto di ossigeno dei globuli rossi.
CAROTE - OCCHI
Una carota affettata assomiglia fortemente all’occhio umano, anche fino al complesso schema dell’iride. Le carote sono estremamente ricche di beta-carotene che riduce al minimo le probabilità di contrarre la cataratta e sviluppare la degenerazione maculare legata all’età (una condizione comune degli occhi che colpisce circa il 25 per cento delle persone di età superiore ai 65).
AVOCADO - UTERO
L'avocado ha la forma di un utero e occorrono circa nove mesi per far crescere dal fiore, il frutto maturo che contiene un numero insolitamente elevato di semi nel suo centro. Mangiare avocado aiuta a stabilizzare gli ormoni femminili e prevenire il cancro del collo dell’utero.
FICHI - TESTICOLI
Se l’avocado è stato progettato dalla natura per la salute femminile, i fichi che hanno la forma di un testicolo sono stati sicuramente progettati per la salute maschile. Questi dolci frutti appesi a coppie, sono protetti da una pelle delicata e se tagliati a fette, rivelano migliaia di semi bianchi filamentosi. I fichi sono noti per aumentare il numero e la mobilità degli spermatozoi e possono aiutare gli uomini a superare la sterilità.
ALTRI ESEMPI
FUNGHI - Un fungo affettato ricorda molto l’orecchio umano. Tra l’altro, sono anche una delle poche verdure che contengono vitamina D, che aiuta a prevenire l’acufene e perdita dell’udito.
SEDANO - Gambi di sedano contengono quantità identiche di sodio (23 per cento) alle ossa a cui assomigliano. Come il calcio – che il sedano contiene anche in elevate quantità - il sodio è essenziale per la salute delle ossa.
ZENZERO - Un pezzo di zenzero assomiglia molto allo stomaco.
PATATE DOLCI - Le patate dolci assomigliano al pancreas umano e contribuiscono a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue dei diabetici.
RIMEDI NATURALI PER LA CURA DELLE UNGHIE GIALLE.
30-10-2016
Capita di notare di avere le unghie gialle e ci si domanda come risolvere questo fastidioso e antiestetico problema, perchè mani e unghie sono sempre in primo piano e di certo non è piacevole quando gli altri si accorgono delle vostre unghie ingiallite. Non preoccupatevi, è possibile combattere ed eliminare l’ingiallimento delle unghie con rimedi naturali semplici ed efficaci, seguendo con costanza alcuni trattamenti fai da te potrete finalmente ritrovare il colorito naturale delle vostre unghie e rinforzarle al massimo. Per chi fuma non c’è molto da fare: i trattamenti fai da te possono essere di aiuto in una minima parte, ma la soluzione del problema sarebbe eliminare le sigarette e smettere di fumare definitivamente, questo è di aiuto anche per prevenire e combattere le rughe. Se invece il problema sono gli smalti colorati è possibile risolvere la situazione in breve tempo: l’importante è essere costanti e affidarsi ai rimedi proposti: gli ingredienti chiave nella risoluzione del problema sono il bicarbonato e il limone.
FASE 1: Mettete due cucchiai di bicarbonato in una ciotola, aggiungete 5 gocce di olio essenziale di limone e versate un cucchiaio di olio extravergine di oliva nella ciotola, mescolate per bene e massaggiate con cura le mani e le unghie con questo composto, insistendo sulle unghie più gialle, lasciate agire per pochi minuti e sciacquate con acqua tiepida. Il bicarbonato è un ottimo sbiancante naturale, e lo stesso vale per l’olio essenziale di limone, che potenzia il lavoro sbiancante del bicarbonato, l’olio di oliva aiuta a nutrire la pelle e le unghie allo stesso tempo.
FASE 2: spremete il succo di un limone in una ciotola e mettete a bagno le unghie per almeno 5 minuti: questo sarà di grandissimo aiuto per sbiancare le unghie e rinforzarle, il limone ha infatti un’azione davvero miracolosa per eliminare il giallastro dalle unghie.
FASE 3: preparate un mix composto da 5 cucchiai di olio d’oliva e 15 gocce di olio essenziale di limone, potete metterlo in una bottiglietta di vetro con contagocce o in un botticino vuoto di smalto pulito e lavato con cura.
Dopo lo scrub e il bagno nel succo di limone applicate questo mix sulle unghie e lasciate agire per diversi minuti, poi massaggiate le unghie con cura. Anche una volta risolto il problema è consigliabile continuare a seguire questo trattamento di bellezza: è miracoloso per le unghie fragili e la pelle delle mani ne beneficia in contemporanea.
TROPPA MEDICINA.
30-10-2016
Troppa medicina fa male: quello che dieci anni fa era un sospetto oggi è una certezza. Siamo di fronte a un eccesso di diagnosi che porta a trattamenti inutili e spesso dannosi; accade cioè che, inseguendo la salute, paradossalmente si rendono malate le persone. Le evidenze sono ormai tali da indurre una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, il British Medical Journal (BMJ), a impegnarsi in una vera e propria «chiamata alle armi», una campagna lanciata ufficialmente nel 2013 allo scopo di sensibilizzare e informare utenti e operatori sanitari sulla medicalizzazione ormai esasperata di pressoché tutti gli aspetti e le fasi della vita umana. «La situazione è realmente allarmante perché l’eccesso di diagnosi potrebbe diventare la norma» si leggeva sul BMJ nell’editoriale di febbraio 2013. Basti pensare, tanto per fare qualche esempio, che a una donna su cinque viene diagnosticato, con gli attuali screening, un cancro al seno che non le avrebbe mai procurato alcun problema nel corso della vita. E ancora: il DSM-V, la quinta edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders, rischia di portare a sistematici eccessi di diagnosi con un utilizzo abnorme e pericoloso di farmaci a causa del moltiplicarsi delle definizioni di disturbi mentali. Si esagera pericolosamente anche con il cancro alla prostata e alla tiroide, con l’asma, le malattie renali croniche e il disordine da iperattività e deficit dell’attenzione, solo per citarne alcuni. Se si darà un taglio ai test e trattamenti non necessari e alle diagnosi inutili, allora si potrà evitare di fare danni e garantire un futuro di salute più sostenibile per tutti, hanno spiegato lo stesso direttore del BMJ, Fiona Godlee, e il professor Ray Moynihan dell’australiana Bond University. Siamo ormai letteralmente bombardati da slogan che snocciolano statistiche superlative e che ci lasciano intuire che più screening ed esami si fanno, più vite si salvano. Ma purtroppo si scopre che non sempre ci sono i vantaggi sperati. Ecco dove questo risulta più evidente:
- SCREENING PER IL CANCRO AL SENO. La domanda che si sono posti i ricercatori dell’Indipendent Uk panel on breast cancer screening è: quanto sono ampi i benefici degli screening in termini di riduzione della mortalità per cancro al seno e quanto pesa il danno in termini di eccesso di diagnosi, che si ha quando a una donna viene diagnosticato un tumore che nella sua vita non avrebbe dato segni clinici? Ebbene, se si facesse oggi una stima, su 10 mila donne britanniche di 50 anni chiamate per i controlli nei prossimi 20 anni, si potrebbero prevenire 43 morti per cancro al seno a fronte però di 129 casi di eccesso di diagnosi, ossia una morte prevenuta per ogni tre casi diagnosticati e trattati impropriamente.
- MANUALE DIAGNOSTICO E STATISTICO DEI DISTURBI MENTALI. La quinta edizione del DSM, è stata duramente criticata e una delle voci più autorevoli che ne hanno sottolineato la pericolosità è stata quella di Allen J. Frances, psichiatra americano che già aveva fatto parte della commissione che si era occupata della quarta edizione del manuale. «Avremo un’enormità di diagnosi sbagliate» ha detto «e le nuove diagnosi psichiatriche sono più pericolose dei nuovi farmaci perché da esse dipende la decisione di somministrare, o meno, quei farmaci a milioni di persone». Frances elenca poi alcune modifiche introdotte nella nuova edizione che ritiene particolarmente pericolose:
a) Il temperamento stizzoso viene trasformato in disturbo da disregolazione distruttiva dell’umore, con il rischio di esacerbare l’uso già inappropriato ed eccessivo di psicofarmaci sui giovanissimi;
b) il normale dolore da lutto diventa disturbo depressivo maggiore;
c) la caratteristica degli anziani di dimenticarsi di piccole cose nel quotidiano prende il nome di disturbo neurocognitivo minore, creando così moltissimi falsi positivi che non sono a rischio di demenza;
d) si amplia a dismisura la fascia del disordine da deficit dell’attenzione nell’adulto, così da incentivare ulteriormente un già florido mercato di psicofarmaci;
e) mangiare troppo per 12 volte in 3 mesi vi trasformerà da golosi in malati di disturbo da fame compulsiva;
f) chi assume droghe per la prima volta finirà nella medesima categoria dei tossicodipendenti incalliti;
g) viene introdotto il concetto di dipendenza comportamentale, un enorme buco nero dove finiranno tutti coloro cui piace particolarmente fare qualcosa;
h) si rende ancora più nebbioso il concetto di disturbo d’ansia generalizzato, con il rischio di creare milioni di nuovi malati;
i) viene ampliato oltremodo il già esistente disturbo post-traumatico da stress utilizzabile dagli esperti forensi.
- CHECK UP E RAGGI X. Nove organizzazioni americane di medici hanno individuato cinque test o procedure di cui si abusa. Ecco quali sono:
1. i pazienti colpiti da sincope probabilmente non necessitano di tomografia computerizzata o risonanza magnetica, giacché l’attesa di miglioramento è scarsa;
2. gli adulti sani senza sintomi cardiaci non necessitano di test da sforzo durante i check up;
3. non sono necessari tomografia o antibiotici per la sinusite acuta, poiché la maggior parte dei casi si risolve senza trattamenti in due settimane e può essere diagnosticata clinicamente;
4. i pazienti in dialisi con aspettativa di vita limitata e senza segni o sintomi del cancro non dovrebbero essere sottoposti agli screening antitumorali di routine, poiché non servono a migliorare la sopravvivenza e possono dare falsi risultati positivi;
5. le donne sotto i 65 anni e gli uomini sotto i 70 non dovrebbero essere sottoposti a Dexa (assorbimetria dei raggi X a doppia energia) per l’osteoporosi.
- EMBOLI POLMONARI. Uno studio pubblicato nel luglio 2013 mostra come l’avvento e la diffusione dell’angiografia polmonare ad alta risoluzione abbiano portato ad identificare, in un numero molto maggiore di casi, piccoli emboli polmonari isolati che non avrebbero mai causato problemi al paziente e non sarebbero mai stati rilevati in altro modo. Di conseguenza, dopo l’introduzione di questo esame, l’incidenza di embolia polmonare è aumentata in maniera significativa, eppure la mortalità ha subìto solo lievissime variazioni malgrado le campagne che raccomandano la tromboprofilassi. Gli autori dello studio affermano che i rischi dell’eccesso di diagnosi includono danni prodotti dal test stesso, legati all’esposizione non necessaria a sostanze di contrasto nefrotossiche e radiazioni cancerogene, e rischi di emorragia dovuti alla somministrazione di Warfarin; questi rischi sono molto maggiori rispetto ai rischi di tromboembolia ricorrente in pazienti con piccoli emboli polmonari isolati.
- OSTEOPOROSI. L’osteoporosi è una condizione assai controversa. Come ben spiegato da un team di ricercatori spagnoli, canadesi e australiani, esiste una sorta di «cartello» globale costituito da aziende farmaceutiche, medici e gruppi di pressione che promuove l’osteoporosi come un’epidemia silente ma mortale che minaccia decine di milioni di donne in menopausa. Per molti altri, meno legati all’industria del farmaco, tale visione rappresenta il classico caso di disease mongering; ossia le campagne di marketing delle case farmaceutiche e delle lobby introducono nuovi quadri clinici a scopi commerciali. Si è persino cominciato a trattare la pre-osteoporosi, una condizione in cui le donne sono «a rischio di essere a rischio».
- MALATTIE RENALI CRONICHE. La definizione è stata talmente ampliata da farci rientrare anche chi non è realmente malato. Applicandola, si ha che più di 1 adulto su 8 (circa il 14%) negli Stati Uniti presenta malattia renale cronica; prima che venisse formulata la nuova definizione, la percentuale di malati era pari all’1,7%. Un consorzio sanitario della California del Sud, ha modificato i criteri adattandoli all’età e ha visto scendere la percentuale dei malati al 3%. Insomma, anche in questo caso i pazienti possono essere etichettati con diagnosi sbagliate e ricevere trattamenti non necessari.
- SOPRAVVIVENZA A 5 ANNI NEL CANCRO. In questo caso non si è di fronte a un diretto utilizzo improprio di test, quanto a una strategia di marketing ben riuscita. Avrete sentito innumerevoli volte ripetere che l’aumento della sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di cancro significa che si stanno facendo progressi nello sconfiggere la malattia. Eppure la mortalità per cancro negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è rimasta pressoché la stessa.
Perché? Per due motivi, come spiegano Gerd Gigerenzer e Odette Wegwarth del Max Planck Institute. Primo, l’individuazione precoce implica che il momento della diagnosi sia precoce; già di per sé questo fa aumentare la sopravvivenza a 5 anni anche quando il paziente non vive, complessivamente, più a lungo. Secondo, lo screening consente di individuare anche anomalie che rispondono alla definizione patologica di cancro, ma che non sarebbero mai progredite causando sintomi o morte. Maggiori sono gli eccessi di diagnosi, più alta è la percentuale di sopravvivenza a 5 anni.
Poi ci sono l’ipertensione, il diabete, il colesterolo alto, l’obesità, il deficit cognitivo: tutti casi in cui è stata cambiata la definizione della malattia, generando un aumento esponenziale di malati. Attualmente, come ha sottolineato ancora Fiona Godlee, non esistono standard condivisi per la costituzione dei panel che revisionano o alterano le definizioni delle malattie, né criteri per determinare chi debbano rappresentare gli esperti o quali siano i metodi per gestire i conflitti di interesse. Chi ci «guadagna»? Inutile dire che il massiccio ricorso ai test e l’aumento del consumo di farmaci crea un giro d’affari di tutto rispetto per le aziende; colossi farmaceutici e del biomedicale fanno i conti su fatturati miliardari e naturalmente hanno tutto l’interesse a far sì che il business non si riduca. «I risultati delle ricerche mediche vengono spesso distorti o nascosti per scopi commerciali e il sistema che controlla la condotta dei medici attraverso le erogazioni di denaro sfocia proprio in eccesso di diagnosi e di trattamenti» si legge sul BMJ in un editoriale dal titolo «Un appello per sfidare i venditori di malattie». Ma c’è dell’altro, come spiegano Leonard Leibovici e Michel Lièvre, il primo, docente di medicina all’israeliano Rabin Medical Center, il secondo, professore all’Unità di clinica farmacologica dell’università di Lione. «La medicalizzazione di tutti gli ambiti della vita umana dà all’establishment medico potere e controllo» sostengono. «Si appropriano della gravidanza e della nascita, così come della morte». Dando a un individuo l’etichetta di «personalità di tipo A, la medicina ridefinisce il comportamento maschile», o incarcerando gli altri per pazzia, li controlla e si impone su di loro. Oppure ancora, accade che i medici agiscano sulla base di condizionamenti esterni, divenendo meri esecutori di forzature che non fanno il bene del paziente. I due docenti forniscono esempi chiarificatori. Per una donna di 92 anni ricoverata in ospedale perché rifiutava di bere e di mangiare e si nascondeva sotto le coperte, il figlio parlava di depressione o tumore al cervello, il medico semplicemente di vecchiaia. Ma poiché il figlio insisteva, il medico ha prescritto una serie di test. Un anziano ha tentato il suicidio assumendo un farmaco; lo psichiatra non ha trovato nulla che non andava nella sua psiche, ma i familiari e il loro legale sono stati concordi nel richiedere che venisse legato al letto e il medico ha messo l’ordine per iscritto. Quando l’uomo si è ripreso è stato staccato dalle macchine e ha spiegato le ragioni del suo gesto: era solo, malato e triste. La moglie era morta e non andava d’accordo con la figlia: voleva morire. Allora il medico, per evitare dissidi con i parenti, ha rinnovato la restrizione. La famiglia di un sessantenne con cancro metastatico terminale rifiutava di riprendersi a casa il malato, perché, dicevano i parenti, «non riusciamo a concepire l’idea che muoia a casa». Così, l’incombenza di confortare e gestire questa persona è rimasta ai medici, che lo conoscevano da meno di una settimana. È complicato; e se siamo arrivati fin qui è probabilmente perché non esiste un solo colpevole e perché ci sono più corresponsabilità e connivenze, seppure di grado diverso.
«Lasciamo che la rivoluzione dei pazienti abbia inizio» si legge in un editoriale del BMJ che prova a indicare la strada per uscire da questo empasse. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti la mobilitazione è cominciata; anche in Italia sarebbe utile aprire un ampio dibattito. «Clinici e pazienti devono lavorare insieme collaborando se vogliamo migliorare la sanità e sfidare pratiche e comportamenti radicati» dice la Godlee. «Alcuni pazienti potranno continuare a preferire che sia il loro medico ad avere il ruolo di leader nelle decisioni, ma i buoni esempi indicheranno la strada». E uno dei buoni esempi è senza dubbio l’alleanza Choosing Wisely, che negli Stati Uniti permette a pazienti e medici di lavorare insieme per individuare e ridurre l’utilizzo di interventi non necessari e inefficaci. Sempre in Usa è attivo anche il Patient centered outcomes research institute e in Gran Bretagna la James Lind Alliance, che stanno facendo luce sullo sfasamento tra le domande per le quali pazienti e medici cercano risposte e le questioni sulle quali invece si soffermano a lavorare i ricercatori. Il confronto ha permesso di costituire un database di tutti i trattamenti sui quali ci sono incertezze. Ma come dice la Godlee «è anche necessario un cambiamento profondo delle strutture di potere del sistema sanitario e una revisione della missione e degli obiettivi del sistema stesso». È realistico pensare alla salute come alla definizione, assoluta e statica, che ne dà l’Oms? L’Oms afferma che la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in assenza di malattia». L’essere umano non è perfetto e nel corso della sua vita cambia, invecchia, deve trovare la capacità di adattarsi alle sfide fisiche, emotive, sociali cui la vita lo espone di continuo. Ed è questo «che ci spinge a funzionare al meglio e con un senso di benessere anche in presenza di malattie croniche o disabilità». Allora, forse, inseguire un ideale perfetto e assoluto di salute non potrebbe esporci (o condannarci) a una vita intera di non-salute?
POSSIBILI FALSE DIAGNOSI: I SEGNALI D’ALLARME
• L’incidenza della malattia aumenta, ma la mortalità resta la stessa.
• I fattori di rischio o i biomarcatori appaiono molto simili alla malattia.
• Vengono introdotte modifiche nelle definizioni diagnostiche o nei valori limite che definiscono la normalità, senza che vi sia chiara evidenza che i benefici siano maggiori dei danni. Si pensi, per esempio, ai continui ritocchi alle soglie che definiscono patologicamente elevato il colesterolo.
COSA SIGNIFICA DISEASE MONGERING?
• Disease mongering: letteralmente «mercificazione della malattia».
• Trasformare le persone in malati o far credere che siano malate o che saranno malate o potrebbero diventarlo, nella mente e nel corpo, per vendere prodotti ed espandere i mercati.
• Ampliare i limiti diagnostici per avere più diagnosi di malattia, sempre per far crescere il mercato.
• Dipingere problemi lievi come malattie gravi e incoraggiare accertamenti sempre più costosi ed estesi anziché ricorrere alla valutazione clinica e al buon senso.
• Corrompere la ricerca medica e influenzare le pubblicazioni allo scopo di aumentare le vendite dei farmaci o il numero degli accertamenti.
• Medicalizzare la normale vita delle persone in modo che la gente non si senta mai bene ma sempre a rischio.
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(12)61611-0/abstract
https://www.jci.org/articles/view/57171
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http://www.bmj.com/content/336/7636/126
http://www.bmj.com/content/347/bmj.f4298
http://www.bmj.com/content/346/bmj.f548
http://www.bmj.com/content/347/bmj.f4247
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1122819/
http://www.bmj.com/content/346/bmj.f2614