Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

28-02-2015

Uno studio pubblicato sull'European Heart Journal afferma che rimuovere tonsille e appendice prima dei 20 anni aumenta il rischio di attacchi di cuore. L'effetto non si ha se le operazioni sono eseguite dopo questa età. Lo studio ha esaminato i registri svedesi per le persone nate tra il 1955 e il 1970, isolando 54 mila tonsillectomie e 27 mila appendiciti. I soggetti sono stati seguiti per i 23 anni successivi e il loro tasso di attacchi cardiaci è stato confrontato con persone che non avevano subito le operazioni. Risultato: per l'asportazione delle tonsille il rischio aumentava del 44%, mentre per l'altro intervento del 33%.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2011/06/110601075128.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2011-06/esoc-sro053011.php

http://eurheartj.oxfordjournals.org/content/32/18/2290

Martedì, 24 Febbraio 2015 09:57

LA SINDROME DEL TOUCHSCREEN.

24-02-2015

Sono sempre più diffusi smartphone e tablet, ma anche computer, che utilizzano tastiere touchscreen (o touch-screen). Di conseguenza, sono sempre più le persone che digitano – spesso tutto il giorno – su questi apparecchi. Le tastiere virtuali retroilluminate, però, hanno il loro lato oscuro: oltre ai possibili danni alla vista, possono causare seri e cronici problemi alla spalla. I danni alla salute della spalla sono stati evidenziati da un piccolo studio pubblicato su Applied Ergonomics, in cui il dott. Jeong Ho Kim e colleghi della Northern Illinois University di DeKalb, hanno confrontato l’impatto muscolo-scheletrico di tre tipi di tastiere. I risultati hanno rivelato che la tastiera virtuale, o touchscreen, ha un impatto maggiormente negativo. Uno dei motivi, a detta dei ricercatori, è che questo tipo di tastiere mancano di un meccanismo di feedback che indica quando un tasto è stato premuto. Questo richiede meno forza nella battitura e meno attività muscolare delle dita rispetto alle tastiere tradizionali. In più, gli utilizzatori di smartphone e tablet devono prestare maggiore attenzione a dove e cosa premono durante la digitazione, per evitare di “tappare” (dal gergo “tap”) su un tasto sbagliato. Tutto questo può portare a una situazione di carico statico prolungato nelle spalle, che è una forma di sforzo muscolare causato dal non muovere la spalla, che ha un impatto piuttosto negativo.
Per arrivare a scoprire se le tastiere touchscreen fanno male alle spalle i ricercatori hanno reclutato 19 utilizzatori di tastiere virtuali, di cui dieci uomini e nove donne, con un’età media di 25 anni. I partecipanti sono stati invitati a tipizzare dei passaggi tratti dalle fiabe dei fratelli Grimm in una serie di test della durata di cinque minuti ciascuno. Le tastiere erano di tre tipi diversi: tastiere touch-screen e tastiere tradizionali di computer desktop e notebook. I diversi test sono stati eseguiti due volte su ogni tastiera, mentre una piastra posta al di sotto misurava la forza della pressione. Durante le prove è stata anche registrata l’attività muscolare per mezzo di elettrodi posti negli avambracci e nelle spalle. I risultati delle misurazioni nelle diverse prove hanno mostrato che la velocità di battitura media sulle tastiere desktop e notebook era di 63 parole al minuto, rispetto alle 25 parole sul touchscreen. Anche la precisione di battitura è stata superiore sulle tastiere convenzionali, rispetto alle touch-screen. Come previsto, l’attività muscolare negli avambracci era più bassa quando i soggetti digitavano su una tastiera virtuale. Per contro, era più alta nei muscoli trapezio che sostengono le spalle e le braccia, e si trovano nella parte superiore della schiena. Secondo i ricercatori, questo fenomeno può essere dovuto alla posizione di mano e avambraccio che restano “sospesi” durante la digitazione. Sebbene le differenze misurate nell’attività del trapezio fossero piccole, questo potrebbero fare invece la differenza quando si accumulino nel tempo. Il risultato può dunque essere una cronicizzazione di problemi alla spalla che si possono mostrare con rigidità, indolenzimento, dolore e così via.

 

http://www.niutoday.info/2014/10/30/niu-researcher-prolonged-tablet-typing-may-lead-to-shoulder-problems/

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2848190/Study-finds-type-tablet-computers-face-muscle-problems-shoulder-strain.html

24-02-2015

Banane, zafferano e ginseng mix afrodisiaco perfetto. Da sempre gli afrodisiaci interessano gli umani, ecco le sostanze e i cibi più efficaci soprattutto perché l’abbassamento del desiderio in genere si considera sempre come qualcosa di non buono. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Guelph dell'Ontario ha pensato bene di stilare la classifica degli alimenti e delle piante che hanno il più altro potere afrodisiaco. Il risultato della ricerca è stato poi pubblicato sulla rivista Food Research. Sulla base di questa classifica Tra i più potenti afrodisiaci che la natura ci offre ci sono il Ginseng e lo zafferano. Seppure i primi in classifica abbiano un sapore esotico se non si vuole orientarsi verso questo genere di alimento basta avere a disposizione delle banane, dei fichi e questa è la stagione, e gli asparagi. Lo studio comparativo metteva a confronto le molte ricerche condotte sugli afrodisiaci naturali. Se ginseng, zafferano e banane sono sul podio della ricerca canadese, esistono anche molti altri alimenti che svolgono la loro funzione sulla libido e sulla forza fisica, come tartufo, cioccolato, caviale e ostriche.

 

http://www.telegraph.co.uk/news/science/8411227/Saffron-and-ginseng-shown-to-boost-sexual-desire.html

http://www.sciencedaily.com/releases/2011/03/110328092423.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2011-03/uog-uy032511.php

24-02-2015

Mangiare carne bianca e pesce riduce il rischio di sviluppare un tumore al fegato e la percentuale di riduzione è di tutto rispetto. Per carni come quelle del pollame si arriva al 31% in meno di rischio mentre un buon consumo di pesce fa scendere le probabilità di sviluppare un tumore epatico al 22%.
Altra notizia confortante per i non vegetariani è che il consumo di carne rossa non aumenta il rischio di sviluppare questa particolare e temibile forma di cancro. Queste considerazioni sono frutto di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Zhejiang Cancer Hospital di Hangzhou, in Cina, e pubblicato su Alimentary Pharmacology and Therapeutics.
L’analisi cinese ha messo a confronto 17 studi precedenti sui fattori di rischio del tumore al fegato e ha chiarito in particolare l’associazione fra consumo di carne e sviluppo del tumore al fegato, dimostrando che consumare la carne non comporta il rischio di ammalarsi. Anzi il nuovo studio ha, addirittura, confermato i benefici di alcuni tipi di carne, come il pesce o la carne bianca, nel ridurre in modo significativo il rischio che si sviluppi questo tipo di tumore. Dunque una dieta che includa questo tipo di nutrienti può essere una strada per prevenire il carcinoma epatocellulare.

 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/apt.12678/abstract

Martedì, 24 Febbraio 2015 09:54

E ADESSO CHI LO DICE AI VEGETARIANI?

24-02-2015

Le piante possono effettivamente avere sentimenti! Questa è stata la conclusione di Cleve Backster nel 1960. Cleve, è un ex specialista degli interrogatori della CIA, che collegò sensori poligrafi alle piante e scoprì che danneggiando le piante, ad esempio tagliando le foglie, queste ultime reagiscono anche a pensieri nocivi degli esseri umani in prossimità di esse. Backster decise impulsivamente di attaccare i suoi elettrodi poligrafo all‘ormai celebre dracaena nel suo ufficio, poi di innaffiare la pianta e vedere se le foglie rispondessero. Scoprendo che la pianta aveva reagito a questo evento, decise di vedere cosa sarebbe successo se l'avesse minacciata, e formò nella sua mente l’idea di accendere un fiammifero sulla foglia dove erano stati attaccati gli elettrodi. E fu allora che accadde qualcosa che cambiò per sempre la vita di Backster e la nostra. La pianta non aspettò che lui accendesse il suo fiammifero, la pianta rispose ai suoi pensieri! Attraverso ulteriori ricerche, Backster ha scoperto che era la sua intenzione, e non il solo pensiero stesso, che ha portato a questa reazione. Inoltre egli scoprì che le piante erano a conoscenza le une delle altre, che piangevano la morte di qualsiasi cosa (anche dei batteri uccisi quando si versa l’acqua bollente nello scarico), provando forte antipatia per le persone che uccidono le piante senza cura anche durante le ricerche scientifiche, e ricordando con affetto ed estendendo la loro energia alle persone che le hanno cresciute e hanno avuto cura di loro, anche quando i loro amici erano lontani nel tempo e nello spazio. Infatti, egli scoprì, che le piante reagiscono al momento di eventi che accadono a migliaia di chilometri di distanza. Esse non sono solo telepatiche, sono anche premonitrici, anticipano eventi positivi e negativi, incluso il clima atmosferico. Una delle cose più importanti che Backster scoprì fu che le piante quando si trovano in presenza di un pericolo travolgente diventano catatoniche! Questo fenomeno mise fine ai problemi di quei ricercatori che, a differenza di Backster, non rispettano la sensibilità dei loro soggetti. Sotto tali circostanze le piante che stanno studiando non mostrano alcuna reazione, esse sono semplicemente spente. Nel video seguente vengono effettuati due esperimenti che tolgono ogni dubbio sul fatto che le piante possano “sentire” e addirittura “riconoscere”…ma non vi dico di più. Guardate questo video e ne resterete stupefatti.

 

http://www.youtube.com/watch?v=bYm_YWN8JSo

24-02-2015

Nausea, ipotensione, cefalea, vampate di calore: ai già conosciuti effetti collaterali indesiderati procurati dal Viagra e da altri farmaci contro l'impotenza come il Cialis e il Levitra, ora se ne aggiunge uno nuovo: cioè la perdita dell'udito. Solo in Inghilterra, sono stati individuati 47 casi sospetti, mentre 223 arrivano dagli Stati Uniti e molti altri da Asia e Australia. Una coincidenza che ha spinto alcuni medici britannici ad indagare, come riportato dalla rivista The Laryngoscope, testando un centinaio di pazienti utilizzatori abituali della pillola blu. Ebbene, la maggioranza degli uomini esaminati ha confermato di avere iniziato a soffrire di problemi legati all'udito proprio dopo l'uso di tali farmaci.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-1388497/Can-Viagra-make-deaf-Hundreds-hearing-loss-cases-reported.html

http://www.huffingtonpost.com/2011/05/19/viagra-could-make-you-dea_n_864419.html

24-02-2015

Il cellulare può creare qualche danno alle ossa dell'anca, se viene tenuto alla cintura. In particolare, può indurre una diminuzione della densità ossea della spina iliaca (l'estremità superiore del bacino). Così sostengono - sul Journal of Craniofacial Surgery - i ricercatori dell'Università Suleyman Demirel di Isparta (Turchia), dopo aver esaminato 150 uomini (età media: 32 anni), che avevano l'abitudine di portare il cellulare alla cintura per 15 ore al giorno, in media, da 6 anni. Va detto che il calo della densità ossea è apparso comunque molto minore rispetto a quello indotto dall'osteoporosi.

 

http://consumer.healthday.com/bone-and-joint-information-4/bone-joint-and-tendon-news-72/cell-phone-may-reduce-bone-density-in-hips-632400.html

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19816295

24-02-2015

Dovete chiedere un favore a qualcuno? Fatelo parlando vicino al suo orecchio destro (e trascurando quello sinistro): così avrete maggiore probabilità di ottenere una risposta positiva. L'hanno dimostrato i ricercatori dell'Università di Chieti, eseguendo alcuni test su 176 persone. I suoni che arrivano all'orecchio destro - spiegano gli studiosi sulla rivista tedesca Naturwissenschaften - vengono decodificati e gestiti soprattutto dall'emisfero sinistro del cervello, che è maggiormente specializzato nelle funzioni logiche e linguistiche. La richiesta viene elaborata e percepita meglio ed è più facile che ottenga una risposta positiva.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2009/06/090623090705.htm

24-02-2015

Per migliorare la memoria a lungo termine bastano 20 minuti di sollevamento pesi. A stabilirlo è uno studio pubblicato su Acta Psychologica da un gruppo di ricercatori del Georgia Institute of Technology guidato da Lisa Weinberg, secondo cui per sfruttare i benefici dell'attività fisica in termini di capacità mnemoniche, già evidenziati da studi passati, non è necessario essere atleti in grado di correre per lunghe distanze: anche esercizi di resistenza, dal sollevamento pesi al piegamenti sulle ginocchia, possono permettere di ottenere buoni risultati.
In particolare, questo nuovo studio ha rilevato un miglioramento del 10% della memoria a lungo termine dei partecipanti che dopo essersi impegnati a memorizzare delle immagini si sono allenati su una macchina per il sollevamento di pesi con le gambe. Non solo, analizzando campioni di saliva forniti da ogni partecipante è stato rilevato un aumento dei livelli di alfa-amilasi, un marcatore della presenza di una molecola nota per il suo legame con lo stress, la noradrenalina. Ciò suggerisce, come altri studi condotti in passato, che gli stress acuti possano contribuire a migliorare la memoria.
Minoru Shinohara, coautore dello studio, ha commentato i risultati sottolineando che ora che è stato scoperto che l'attività fisica di resistenza è associata al miglioramento della memoria a lungo termine nei giovani adulti in buone condizioni di salute è possibile “cercare di determinare la sua applicabilità ad altri tipi di memoria e il tipo e la quantità ottimale di esercizio di resistenza in diverse popolazioni. Queste – precisa il ricercatore – includono gli anziani e le persone con disturbi della memoria”.

 

http://www.news.gatech.edu/2014/09/30/lift-weights-improve-your-memory

http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-2777160/Need-study-big-test-Hit-gym-Researchers-say-20-minutes-weightlifting-enhance-memory-10.html

24-02-2015

Buone prospettive per il trattamento dell’autismo arrivano da delle semplici piante appartenenti alla famiglia delle crucifere. Un piccolo studio condotto dai ricercatori del Mass General Hospital for Children (MGHfC) e la Johns Hopkins University School of Medicine ha infatti provato che il trattamento giornaliero con il sulforafano – la molecola attiva che si trova nelle verdure come broccoli, cavolfiori e cavoli – può migliorare alcuni dei sintomi dei disturbi dello spettro autistico. Nel rapporto sullo studio, pubblicato online su PNAS Early Edition, i ricercatori descrivono come i partecipanti hanno mostrato un miglioramento sia nelle valutazioni comportamentali che di comunicazione, in appena quattro settimane di trattamento con una dose giornaliera di sulforafano. «Nel corso degli anni ci sono stati diversi resoconti aneddotici sul fatto che i bambini con autismo possono avere miglioramenti nell’interazione sociale e, talvolta, nelle competenze linguistiche quando hanno la febbre – spiega il dott. Andrew Zimmerman, coautore e corrispondente del report –. Abbiamo studiato quello che potrebbe esserci dietro a livello cellulare e ipotizzato cosa risulterebbe dall’attivazione della febbre da risposta allo stress cellulare, in cui i meccanismi cellulari di protezione che di solito sono tenuti in riserva sono attivati attraverso l’attivazione della trascrizione genica».
Per questo studio sono stati arruolati 40 giovani di età compresa tra i 13 e i 27 anni. A tutti erano stato diagnosticato da moderato a grave disturbo dello spettro autistico. I partecipanti sono poi stati assegnati a ricevere in modo casuale o una dose giornaliera sulforafano – estratto da germogli di broccoli – o un placebo. Il tutto in doppio cieco, dove né gli investigatori, i partecipanti e né i loro caregivers sapevano chi stesse ricevendo il sulforafano o il placebo. I partecipanti sono poi stati valutati – sia dai caregivers che dai ricercatori – usando misure standardizzate di comportamento e di interazione sociale in via preliminare allo studio e poi a 4, 10 e 18 settimane dopo che il trattamento era iniziato. Il trattamento è stato interrotto dopo 18 settimane, e valutazioni supplementari sono state compiute dopo 4 settimane, ossia a 22 settimane. Secondo l’autore principale dello studio, dott. Kanwaljit Singh del MGHfC, Lurie Center e UMass, tra i 40 partecipanti che sono tornati per ottenere almeno una valutazione, i punteggi medi per ciascuna delle valutazioni erano significativamente migliori in 26 dei partecipanti che avevano ricevuto il sulforafano rispetto a 14 che hanno ricevuto il placebo. Anche alla visita dopo 4 settimane, alcuni caregivers hanno riportato un miglioramento comportamentale evidente. Mentre alla fine del periodo di studio, sia il personale di studio che i familiari hanno correttamente indovinato le assegnazioni di molti partecipanti. Complessivamente, 17 dei 26 partecipanti che hanno ricevuto il sulforafano sono stati giudicati positivamente dai loro caregivers con miglioramenti nel comportamento, nell’interazione sociale e nella calma durante il trattamento attivo. Anche i punteggi medi su due valutazioni quali la Lista di Controllo sul Comportamento Aberrante (ABC) e la Scala di Reattività Sociale (SRS) sono migliorati in modo significativo dopo 18 settimane di studio. Nei partecipanti che hanno ricevuto il sulforafano i punteggi erano diminuiti rispettivamente del 34% e 17% per cento. Il che si traduce in un miglioramento di fattori quali irritabilità, letargia, movimenti ripetitivi, iperattività e poi nella comunicazione, la motivazione e nell’imitazione dei modelli. Le valutazioni che invece utilizzano la scala Clinical Global Impression hanno indicato che il 46% di coloro che hanno ricevuto il sulforafano mostravano un notevole miglioramento nell’interazione sociale; il 54% nei comportamenti aberranti, e il 42% nella comunicazione verbale. Infine, la maggior parte, ma non tutti i miglioramenti, erano scomparsi dalla 22ma settimana di rivalutazione (quando i partecipanti non ricevevano più il trattamento con il sulforafano), supportando la probabilità che a cambiare le cose era stata l’interruzione del trattamento con sulforafano.
«Quando abbiamo rotto il codice che ha rivelato chi stava ricevendo il sulforafano e chi il placebo, i risultati non sono stati sorprendenti per noi, dal momento che i miglioramenti erano così evidenti – sottolinea il dott. Zimmerman, professore di Neurologia Pediatrica presso UMass –. I miglioramenti osservati sulla Scala di Reattività Sociale erano particolarmente notevoli, e mi è stato detto che questa è la prima volta che un miglioramento statisticamente significativo sulla SRS si è visto per uno studio sul farmaco nel disturbo dello spettro autistico». «Ma è importante notare – aggiunge Zimmerman – che i miglioramenti non hanno interessato tutti (circa un terzo non ha avuto alcun miglioramento) e lo studio deve essere ripetuto in un gruppo più ampio di adulti e bambini, qualcosa che speriamo di organizzare presto. In definitiva, abbiamo bisogno di ottenere dalla biologia di base gli effetti che abbiamo osservato e studiarli a livello cellulare. Penso che ciò sarà fatto, e spero che ci insegnerà molto su questa malattia ancora poco conosciuta».

 

http://www.pnas.org/content/111/43/15550.abstract

http://www.sciencedaily.com/releases/2014/10/141013152608.htm

http://www.hopkinsmedicine.org/news/media/releases/chemical_derived_from_broccoli_sprouts_shows_promise_in_treating_autism

 

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