Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

17-09-2019

Secondo nuovi risultati, il magnesio può ridurre la pressione sanguigna negli individui con la pressione alta. Lo studio si aggiunge ai dati di studi epidemiologici che hanno segnalato che più magnesio, potassio e calcio possono ridurre il rischio di ipertensione. I ricercatori hanno utilizzato 155 persone per uno studio a doppio cieco, controllato con placebo e randomizzato. I soggetti sono stati assegnati a caso per ricevere giornalmente sia una supplementazione di ossido di magnesio sia un placebo, per 12 settimane. Alla conclusione dello studio, non c’erano differenze significative osservate inizialmente. Tuttavia, quando i ricercatori hanno analizzato specificamente i soggetti ipertesi, si sono trovate diminuzioni significative sia nella pressione sanguigna sistolica che diastolica nel gruppo del magnesio.

 

http://www.nutraingredients.com/Research/Magnesium-may-benefit-blood-pressure-in-hypertensives

17-09-2019

Vi ricordate tutti i rimproveri e le raccomandazioni avute da piccoli, inerenti a quanto fosse importante lavarsi i denti dopo mangiato? E la questione del lavarsi le mani? Ora potreste anche dimenticare tutto. Sembra infatti che alcuni eccessi di zelo nell'igiene personale possano far male alla salute invece di migliorarla. Ecco i sei esempi, che distruggeranno tutto quello in cui avete creduto fino ad ora:

• Nick Lowe, consulente dermatologo alla Cranley Clinic di Londra ha affermato: "La maggior parte delle persone si lava troppo. Utilizzare acqua bollente in combinazione con saponi duri - ha continuato - può privare la pelle dei suoi oli con conseguente secchezza, screpolature e persino infezioni. Per la maggior parte di noi non c'è bisogno di lavarsi accuratamente ogni giorno. Quindi, o si dice basta alle docce giornaliere, o passiamo a gel doccia con bassa percentuale di sapone, che forse è la decisione più saggia.

• Per Phil Stemmer del Fresh Breath Centre di Londra, lavarsi i denti dopo mangiato sarebbe una cattiva abitudine. Ecco le dichiarazioni al riguardo: "Errore da non fare è bagnare lo spazzolino prima dell'uso. Questo può infatti diluire l'effetto del dentifricio. C'è tanta umidità in bocca senza aggiungerla con acqua in eccesso. Infine, qualsiasi cosa si debba fare è assolutamente vietato lavarsi i denti subito dopo aver mangiato. Aspetta almeno mezz'ora - ha continuato l'esperto - perché gli acidi e gli zuccheri alimentari indeboliscono temporaneamente lo smalto protettivo dei denti. Se si puliscono troppo presto in realtà si sta spazzolando via dello smalto prima che si indurisca nuovamente. La migliore abitudine è quella di lavarsi i denti prima dei pasti e poi rinfrescarseli dopo il pasto con un collutorio senza alcol".

Queste sono le due abitudini legate all'igiene, che farebbero male alla salute. Stando ai grandi esperti, ci sarebbero però ben altri gesti quotidiani da cui guardarci bene:

• Anche lo stare seduti sul gabinetto sembrerebbe nuocere alla salute, come rivela uno studio israeliano, pubblicato sulla rivista Digestive Disease and Sciences. L'ideale sarebbe stare accovacciati, perché richiede meno sforzo e riduce il rischio di soffrire di problemi intestinali come emorroidi.

• Respirare utilizzando il petto invece che la pancia, sarebbe la cosa errata e non viceversa. Neil Shah, psicoterapeuta e direttore della Stress Management Society ha dichiarato in merito: "Da bambini tutti abbiamo respirato dalle nostre pance, un tipo di respirazione che utilizza tutte le capacità polmonari. Ma quando si invecchia si torna allo stile più inefficiente di respirazione toracica. Questo significa che l'aria viziata indugia nel fondo dei nostri polmoni e, visto che i nostri polmoni hanno una capacità limitata, l'aria fresca non raggiunge mai la parte inferiore''.

• Restare in panciolle sul divano a guardare la televisione, è una cosa a dir poco letale per il nostro organismo. Claire MacEvilly, nutrizionista del laboratorio Human Nutrition Research alla Cambridge University ha dichiarato: "Se sei inattivo la sera è probabile che il corpo trasformi in grasso il cibo. È invece consigliabile spostare l'assunzione di calorie al mattino. In questo modo infatti si bruciano più calorie mentre si svolgono le normali attività quotidiane. Oppure si può fare una bella camminata veloce di 20 minuti dopo cena".

• Stando a ciò che afferma Jim Horne dello Sleep Research Centre della Loughborough University, non sono le otto ore di sonno a far bene alla salute. "Ci siamo evoluti - ha spiegato l'esperto - per avere modelli di sonno molto flessibili e frammentati, tra cui anche il sonnellino diurno". Non esisterebbe quindi un solo modello giusto da seguire. "Un breve pisolino di 15 minuti - ha detto l'esperto - può essere efficace come un'ora in più di sonno a notte. Centinaia di anni fa il sonno veniva diviso nell'arco della giornata. Ci si svegliava addirittura nel pieno della notte".

Martedì, 17 Settembre 2019 18:12

ANEMIA: L’UVA PASSA PUO’ SOSTITUIRE LA CARNE.

17-09-2019

Quando si pensa ad alimenti ricchi di ferro, le prime cose che vengono in mente sono carne rossa e fegato, ma in ultima analisi l’uvetta potrebbe essere una fonte migliore, soprattutto per coloro che mangiano poca o niente carne. Se mi chiedessero che cos’altro consiglio, a parte la carne rossa o le lenticchie, per alzare il tasso di ferro, direi l’uvetta. A differenza della carne, l’uvetta contiene un tipo di ferro che si chiama non-eme, più difficile da assorbire. Tuttavia mangiando l’uvetta insieme con alimenti ricchi di vitamina C l’assimilazione del ferro non-eme diventa più facile. Quando avete voglia di uno spuntino, e volete integrare questo minerale, mangiate un frutto o bevete un succo di frutta (preferibilmente fatto in casa) insieme a un pò di uvetta. Oppure spargete l’uvetta su un’insalata di verdura a foglia verde.

Mercoledì, 11 Settembre 2019 10:33

SINGHIOZZO: 7 RIMEDI NATURALI PER LIBERARSENE.

12-09-2019

Alzi la mano chi non ha mai avuto almeno una volta nella vita il singhiozzo! Il singhiozzo è un disturbo causato da una contrazione involontaria del diaframma, che si verifica quando il nervo frenico riceve uno stimolo che a sua volta viene trasmesso al muscolo. Le contrazioni si ripetono in modo insistente, in genere per breve tempo. Le cause più comuni che provocano il singhiozzo sono:

• pasti troppo abbondanti;
• consumo di bevande alcoliche;
• consumo di bevande gassate;
• bruschi sbalzi di temperatura;
• eccitazione o stress.

Come dicevo, è una condizione molto comune, che si protrae per breve tempo e difficilmente è sintomo di patologie (cosa che non va esclusa comunque). Esistono diversi rimedi naturali che possono aiutarci a far passare il singhiozzo. Tra quelli più conosciuti:

• trattenere il respiro;
• bere a piccoli sorsi;
• prendersi un bello spavento.

Ecco una raccolta di altri rimedi utili a far passare il singhiozzo. Alcuni possono essere più o meno efficaci, comunque, tentar non nuoce!

ANETO

L’aneto sembra essere efficace per eliminare il singhiozzo, anche quello più persistente. Basta mettere in infusione 2 grammi di semi, a cui aggiungere il succo di mezzo limone. Bevete a piccoli sorsi.

RESPIRARE IN UN SACCHETTO DI CARTA

Sembra che respirare in un sacchetto di carta, come ad esempio quello per il pane, aiuti a placare il singhiozzo, grazie all’accumulo di anidride carbonica che, respirata, distrae il cervello dal nervo vago.

BERE PICCOLI SORSI DI ACQUA

È uno dei rimedi più conosciuti. Farlo, dovrebbe aiutare a interrompere il ciclo di singhiozzo e a sedare i nervi.

OTTURARSI LE ORECCHIE

Otturarsi le orecchie per 10 secondi, o afferrare delicatamente i lobi tra indice e pollice, dovrebbe aiutare a stimolare le terminazioni nervose coinvolte nel singhiozzo e farlo cessare.

SOLLETICARE IL PALATO

Si pensa che solleticare la parte molle del palato con le setole di uno spazzolino morbido aiuti a fermare le contrazioni improvvise del diaframma.

TISANE CALMANTI

Tisane a base di camomilla, valeriana, lavanda aiutano a rilassare la muscolatura del diaframma.

INGERIRE ACETO O LIMONE

Sembra che il sapore aspro di aceto e limone “distragga” le terminazioni nervose, placando il singhiozzo.

12-09-2019

L’emicrania severa, vale a dire quella accompagnata dai disturbi visivi, espone al rischio di infarto e ictus chi ne soffre. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista “Stroke” dell’American Heart Association e condotto dai ricercatori del Baltimore Veterans Affairs Medical Center di Baltimora. Gli esperti hanno analizzato un campione di 386 donne, tra i 15 e i 49 anni, che avevano già subìto una prima forma di ictus ischemico, e le hanno messe a confronto con altre 614 donne della stessa età ma che non hanno mai avuto un ictus. Sono stati formati tre gruppi: donne senza emicrania, donne con probabile emicrania ma senza aura (emicrania con disturbi visivi) e donne con emicrania e aura. Steven Kittner, autore e responsabile dello studio, ha constatato che il rischio di avere un ictus è 1,5 volte maggiore per le donne che soffrono di emicrania rispetto alle altre. Il mal di testa e l’ictus hanno fattori di rischio in comune, come la pressione alta. La combinazione di più fattori (aver sofferto di recente di emicrania, il fumo e i contraccettivi orali), può aumentare il rischio di ictus dovuto a emicrania di circa sette volte. “Tuttavia”, ha spiegato Kittner, “le giovani donne che soffrono di aura possono ridurre il pericolo di avere un ictus correggendo i cattivi stili di vita”.

 

https://ahajournals.org/doi/10.1161/strokeaha.107.488395

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17690308

Mercoledì, 11 Settembre 2019 10:31

TATUAGGI: SI O NO? ECCO IL PARERE DEGLI ESPERTI.

12-09-2019

Ormai è da un pò di anni che la moda di farsi tatuare braccia, gambe e collo è in continuo aumento: si comincia da ancora minorenni a persone più adulte, senza contare che farsi tatuare non costa pochissimo. Secondo recenti studi effettuati analizzando l'inchiostro utilizzato per tatuare, sembrerebbe accertata l'ipotesi che possano causare gravi rischi per la salute, dato che in questi inchiostri è stata riconosciuta la presenza di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene. Gli inchiostri utilizzati negli studi specializzati infatti, conterebbero numerosi idrocarburi, metalli e ftalati, ritenuti cancerogeni e molto pericolosi per il sistema endocrino. Inoltre, gli inchiostri impiegati contengono numerosi metalli come piombo, cromo, cadmio, nichel e titanio in grado di provocare allergie o provocare patologie nei soggetti predisposti. Le allergie più comuni sono il granuloma con gonfiore nelle zone trattate (le cellule riconoscono l’inchiostro come un corpo estraneo e danno una risposta immunitaria) e reazioni eczematose, ossia la presenza di un'eruzione cutanea sul tatuaggio.
Karin Lehner, dell’Università di Regensburg in Germania ha condotto uno studio e spiega: "Con un metodo di laboratorio molto sensibile – la gascromatografia – che può scovare i composti chimici anche quando sono presenti solo in tracce, abbiamo analizzato 14 pigmenti di colore nero normalmente disponibili in commercio. Si tratta di composti prevalentemente da derivati del carbone e del nerofumo, alcuni dei quali identificati da nomi pittoreschi come Black Magico Diabolo Genesis". Paolo Broganelli, specialista in Dermatologia e Venereologia dell’ospedale universitario San Lazzaro di Torino, allo stesso tempo rassicura gli amanti dei tatuaggi: "Gli autori hanno valutato il rischio di malattie della pelle indotte dall'inchiostro nero, poiché è considerato quello a più alta concentrazione di sostanze nocive, e hanno riscontrato una frequenza di reazioni di poco superiore al 7%. Ma si tratta di reazioni allergiche, aumentata sensibilità alla luce, proliferazioni cellulari locali e benigne. Niente a che vedere col cancro, tuttavia se è vero che il pericolo non si può escludere, non esistono a tutt’oggi le prove che i tumori della pelle insorgano più spesso su aree o in persone tatuate. La pratica clinica di tutti i giorni e i dati della letteratura tranquillizzano dunque sul potenziale rischio oncologico, che a mio parere è appunto trascurabile. D’altra parte, se questo rischio esistesse realmente, le sue conseguenze non passerebbero inosservate per frequenza, considerando che, soltanto negli Stati Uniti, si stima che più di 80 milioni di persone hanno almeno un tatuaggio. Rimane comunque utile verificare ciò che si inietta, anche perché è destinato a restare nel derma per tutta la vita".
Michi Shinohara, docente di dermatologia all’University of Washington di Seattle afferma: "La composizione dei tatuaggi è cambiata, gli inchiostri moderni contengono coloranti azoici, gli stessi usati nell'industria tessile, della stampa e nelle vernici delle automobili e pigmenti derivati della plastica. Questi composti si trovano nei colori rossi brillanti, corallo e gialli. Questi inchiostri interagiscono con la pelle e provocano complicanze anche sconosciute, incluse infezioni microbatteriche atipiche. Le reazioni della pelle possono anche essere confuse con il carcinoma squamocellulare oppure nascondere il melanoma che viene così diagnosticato in ritardo. I tatuaggi possono provocare infezioni come epatiti B e C e abbiamo avuto anche casi di sifilide trasmessa con aghi non sterili".
Negli Stati Uniti il 36% degli ragazzi dai 18 ai 25 anni di età ha un tatuaggio, secondo l'American Academy of Dermatology, in Italia invece il 6,6% dei ragazzi fra i 12 e i 18 anni ha almeno un tatuaggio. Antonio Cristaudo, responsabile di dermatologia infiammatoria e allergologica al San Gallicano, Roma, autore di una ricerca sul rischio tossicologico dei metalli e nanoparticelle contenute nei liquidi per i tatuaggi, dichiara: "La Commissione europea, con la risoluzione Resap/2008 ha riconosciuto i composti azoici come tossici e sensibilizzanti raccomandando di non usarli, ma in Italia si usano ampiamente. Nel nostro studio abbiamo trovato non solo tali ingredienti, ma anche un’elevata quantità di metalli pesanti come nichel, cromo e cobalto, oltre a nanoparticelle della dimensione inferiore ai 100 micron che penetrano nella pelle e la cui sicurezza è ignota". Insomma: prima di fare un qualsiasi tatuaggio, è sempre meglio accertarci che le sostanze che vengono immesse sulla nostra pelle non siano nocive.

12-09-2019

La sesamina è un lignano che si trova nei semi di sesamo. Il sesamo fa parte dell’alimentazione e dei rimedi della medicina tradizionale fin dai tempi antichi. In Asia e in Medio Oriente era utilizzata per trattare una vasta gamma di malattie, dal raffreddore, all’asma fino all’itterizia. La ricerca mostra che i semi di sesamo e i loro lignani, in particolare la sesamina, esercitano vari effetti benefici sulla salute:

- Agiscono sul metabolismo del tocoferolo, un elemento della vitamina E, probabilmente inibendo un enzima responsabile della loro diminuzione. In altri termini, se si fanno assumere semi di sesamo agli animali i livelli di tocoferolo, un potente antiossidante che protegge i lipidi, aumentano. Questa integrazione diminuisce anche la perossidazione dei lipidi.

- Migliorano il profilo dei lipidi. Uno studio giapponese indica che un’integrazione con semi di sesamo diminuisce il colesterolo totale.

- Degli studi condotti su animali e sull’uomo indicano che i semi di sesamo e la sesamina riducono la pressione sanguigna.

- La sesamina diminuisce i livelli di leucotrieni e prostaglandine infiammatorie, degli elementi del sistema immunitario che si trovano in caso di malattie infiammatorie.

- Proteggendoli dall’ossidazione, i lignani del sesamo rinforzano gli effetti benefici degli oli di pesce.

- La sesamina rinforza l’azione del CLA (acido linoleico coniugato) sulla riduzione del tessuto adiposo.

- La sesamina è un precursore dell’enterolattone, un lignano prodotto naturalmente dalla microflora del colon dell’essere umano e dell’animale a partire da precursori apportati dall’alimentazione.

Mercoledì, 11 Settembre 2019 10:26

QUELLO CHE DOVETE SAPERE SULLA DEPRESSIONE.

12-09-2019

Senso di mancanza di speranza, apatia cronica e scarsi livelli energetici, sono alcuni dei sintomi principali della depressione.

DEPRESSIONE E AMINOACIDI

Gli aminoacidi possono disturbare diversi meccanismi di controllo del Sistema Nervoso come la soglia del dolore, l’umore e il sonno. Uno scarso livello di tirosina e fenilalanina può provocare una carente produzione di alcuni neurotrasmettitori regolatori come la dopamina e le catecolamine. Uno scarso livello di tiroxina inoltre è in grado di ridurre la funzionalità dell’ormone tiroideo. Esistono delle pubblicazioni che hanno dimostrato che anche una blanda riduzione di attività dell’ormone tiroideo può provocare una depressione persino resistente ai farmaci. L’attività delle catecolamine, dipende dalla S-adenosil-metionina (SAMe). Un livello ridotto di SAMe è stato riscontrato in vari casi di depressione. È dunque importante valutare il livello dell’aminoacido metionina, precursore della SAMe, nei malati di depressione. L’aminoacido triptofano è il precursore principale del potente neurotrasmettitore serotonina che, oltre al sonno, è necessario per regolare l’umore. Una carenza di triptofano può scatenare uno stato depressivo.

DEPRESSIONE E FUNZIONE TIROIDEA

Circa il 10-15% dei malati affetti da depressione, presentano una carenza di ormone tiroideo. D’altro canto, la maggior parte dei pazienti malati di ipotiroidismo mostrano chiari segni clinici di depressione resistenti alle terapie. In questi casi gli squilibri della tiroxina (T4) e dell’ormone tiroido-stimolante (TSH) sono evidenti. Meno evidenti, da un punto di vista tradizionale quei pazienti affetti da “Sindrome eutiroidea da T3 scarso”. In questi individui la funzione tiroidea è normale con un valore di T3 inferiore o ai limiti inferiori della norma. La triiodotironina è l’ormone tiroideo più attivo. Molti pazienti non hanno ben funzionante l’enzima necessario per tramutare il T4 in T3: l’attività della ghiandola è normale ma l’attività ormonale è ridotta esattamente come per l’ipotiroideo. Scarsi livelli di T3 sono stati correlati a una riduzione dei periodi fra una recidiva e l’altra. La tiroidite post-partum è una patologia che si verifica in una donna su dieci dopo il travaglio. Questa condizione può scatenare i sintomi depressivi associati sia ad iper che ipotiroidismo. La metà delle donne che presentano un valore elevato degli auto-anticorpi tiroidei nel primo trimestre della gravidanza sviluppano (e quindi sono a rischio) la depressione post-partum.

DEPRESSIONE E ALLERGIE

Numerosi studi evidenziano un’incidenza elevata di allergie negli individui affetti da depressione. Ricercatori della Harvard Medical School of Psychiatry affermano che il 70% dei pazienti con diagnosi di depressione hanno dei livelli elevati di anticorpi IgE e una storia di allergie specie per lieviti e bianco d’uovo. Uno studio durato cinque anni su pazienti con sintomatologia neuropsichiatrica di origine allergica, ha evidenziato un’incidenza dell’87% per sintomi legati a disturbi dell’umore. Una rivisitazione della letteratura ha dimostrato che certi alimenti contengono gli allergeni principali responsabili per attivare reazioni a livello del Sistema Nervoso Centrale.

DEPRESSIONE E MELATONINA

La melatonina coordina un gran numero di funzioni fisiologiche legate al ritmo sonno-veglia. Anomalie del ritmo fisiologico della melatonina sono strettamente legate ad una varietà di cambiamenti caratteriali e a disturbi dell’umore. In linea di massima, le ricerche hanno riportato che i pazienti sofferenti per depressione presentano un livello notturno di melatonina ridotto. A prescindere dal livello, anche uno squilibrio della secrezione circadiana della melatonina può incidere sull’umore e favorire la depressione.

DEPRESSIONE E ORMONI SURRENALICI

La secrezione da parte delle ghiandole surrenali di ormoni quali il cortisolo e il DHEA è legata direttamente allo stress e ad altri fattori emozionali. Vari studi hanno correlato strettamente le caratteristiche secretive del cortisolo con cambiamenti dell’umore sia in individui normali che depressi. Spesso i depressi mostrano una disfunzione del loro ritmo circadiano del cortisolo. Un asse Ipotalamo-Ipofisi-Surreni iperfunzionante che comporta dei livelli salivari di cortisolo significativamente elevati al mattino e a mezzanotte può essere un fattore peggiorativo. L’ipersecrezione di cortisolo è stata evidenziata sia nei bambini che negli adolescenti sofferenti per depressione. Un eccesso cronico di cortisolo è stato messo in relazione ad una varietà di disturbi dell’umore che includono ansia, depressione e crisi di panico; 7 pazienti sofferenti di depressione su 10 presentano un’ipertrofia delle ghiandole surrenali di circa 1,7 volte rispetto ai controlli. Il DHEA, un ormone surrenalico che regola alcuni degli effetti del cortisolo, può avere un significato terapeutico nel migliorare l’umore. Uno studio preliminare ha riportato evidenti miglioramenti nell’umore legati proprio all’aumento dei livelli circolanti del DHEA stesso.

DEPRESSIONE E FUNZIONE DIGESTIVA

La funzione gastro-intestinale è connessa specificamente con la depressione e i cambiamenti di umore attraverso una varietà di meccanismi differenti. Il malassorbimento, ad esempio, è responsabile per l’aumento di incidenza della depressione nelle patologie digestive croniche come il morbo celiaco. Spesso, i bambini affetti da IBD o malattia infiammatoria del colon vengono diagnosticati e trattati per depressione prima che la loro vera problematica sia accuratamente diagnosticata. L’ipocloridria, una condizione di carenza cronica di acido cloridrico nello stomaco, è associata comunemente ad indigestione, meteorismo e flatulenza. Una scarsa acidità può portare ad un’iperproduzione di batteri nell’intestino tenue, che interferisce con la digestione proteica e riduce la disponibilità di alcuni aminoacidi fondamentali che potrebbe scatenare disfunzioni biochimiche direttamente legate alla depressione. Esiste una letteratura importante che mette in relazione il lievito intestinale Candida Albicans alla depressione in quanto promuove la produzione di etanolo, sostanza conosciuta per la sua attività depressivante sul Sistema Nervoso Centrale. I cambiamenti di carattere sono associati anche alla tossina prodotta direttamente dalla Candida (canditossina) e alla tendenza del lievito a competere con l’organismo per nutrienti dietetici essenziali.

DEPRESSIONE E TOSSINE/NUTRIENTI

Eccessi o carenze di molti minerali tissutali possono attivare i sintomi depressivi. Scarsi livelli di zinco, ad esempio, sono associati a depressioni resistenti ai farmaci. Una carenza di magnesio può provocare un’ampia gamma di sintomi psichiatrici connessi a depressione, apatia o psicosi. Lavori effettuati su pazienti maniacali, hanno rivelato un livello elevato di vanadio nei capelli rispetto a controlli normali. Ripetute esposizioni ad inquinanti alimentari e ambientali possono provocare un accumulo di metalli tossici come mercurio, piombo e alluminio ben noti per la loro azione neurotossica. Una fonte di intossicazione da mercurio sono le amalgame dentarie. Uno studio norvegese ha scoperto che il 47% dei pazienti con amalgame dentarie soffre di depressione rispetto al 14% del gruppo di controllo senza amalgame.

DEPRESSIONE E GLUCOSIO/INSULINA

Il cervello è uno dei pochi organi che richiede un certo livello di glucosio ematico per la sua normale attività. Quindi, l’alterazione dei parametri del metabolismo glucidico possono interferire notevolmente con queste funzioni e giocare un ruolo importante nelle sintomatologie a carattere nervoso. Alcuni ricercatori hanno dimostrato che, nei diabetici, un miglior controllo glicemico è legato ad un miglioramento e stabilità dell’umore, una diminuzione della depressione, tensione e stanchezza. Spesso la depressione è anche legata ad una resistenza insulinica. L’evidenza suggerisce che l’insulina è in grado di superare la barriera emato-encefalica influenzando la funzione cerebrale legandosi ai recettori dei neuroni. L’insulina può anche incrementare il trasporto dell’aminoacido triptofano aumentando così la produzione di serotonina.

DEPRESSIONE E ACIDI GRASSI

Uno studio effettuato negli USA al Laboratory of Membrane Biophysics and Biochemistry suggerisce che le carenze di certi acidi grassi possono contribuire a sviluppare sintomi depressivi nell’alcolismo, sclerosi multipla e depressione post-partum. Lo studio afferma che un livello adeguato specialmente di acido docosaesaenoico (DHA) è in grado di ridurre lo sviluppo di depressione. Gli acidi grassi omega-3 sono coinvolti sia nell’attività cerebrale sia cardiaca. E ciò spiega il legame fra depressione e malattie cardiovascolari. In una recente lettera agli Archives of General Psychiatry, i dottori W. Emanuel Severus e B. Ahrens, della Freie University in Berlino, e Andrew Stoll di Boston, suggeriscono che la carenza di acidi grassi omega-3 sia il punto di connessione che può spiegare perché pazienti affetti da depressione maggiore siano molto più a rischio di sviluppo e morte per patologie cardiache.

DEPRESSIONE E ORMONI FEMMINILI

La donna sviluppa la depressione unipolare il doppio rispetto all’uomo. Questo è il motivo per cui si è focalizzata molto l’attenzione su come l’apparato riproduttivo femminile interagisca con l’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surreni) che regola la risposta dell’organismo allo stress. Attraverso questo asse, lo stress influenza notevolmente gli ormoni femminili. Ciò può drammaticamente interrompere i meccanismi dell’ovulazione provocando, nei casi estremi, amenorrea e infertilità. Tuttavia, a causa di numerosi meccanismi feedback, le fluttuazioni di ormoni sessuali come l’estradiolo ed il progesterone sono in grado di influenzare la secrezione di importanti ormoni dello stress. Depressione, disturbi dell’alimentazione, alcolismo e altre dipendenze spesso si sviluppano a causa del disequilibrio apportato all’asse HPA da parte degli estrogeni. Un’iperattività dei sistemi legati allo stress è associata a melanconia (ansietà, insonnia, perdita della libido), mentre una riduzione di attività è più legata alla depressione tipica (stanchezza, letargia, indifferenza).

05-09-2019

I kahunas, guaritori polinesiani, utilizzano il noni da più di 2000 anni per guarire una serie di malattie. Tradizionalmente, gli si attribuisce la virtù di stimolare il sistema immunitario e, perciò, di aiutare a combattere le infezioni e, anche, di prevenire il cancro e la proliferazione dei tumori. Viene anche impiegato per alleviare i dolori dell’infiammazione. Da diversi anni, degli studi scientifici hanno confermato la fondatezza del suo utilizzo tradizionale. La morindina attiva degli enzimi “dormienti” dell’intestino tenue di cui l’organismo ha bisogno per avere una digestione efficace, calmare i nervi e aumentare l’energia intellettuale e fisica. La xeronina protegge e conserva la forma e la flessibilità di proteine specifiche che devono attraversare le pareti cellulari ed essere utilizzate per formare dei tessuti sani. Degli studi scientifici in vitro e in vivo indicano che il succo o l’estratto di noni:

- stimola il sistema immunitario (la produzione delle cellule T): somministrato ad alcuni topi ai quali erano state iniettate delle cellule di carcinoma dei polmoni, prolunga la sopravvivenza degli animali probabilmente agendo sui macrofagi e/o sui linfociti;

- ha delle proprietà antiossidanti che contribuiscono all’azione anticancerogena;

- ha un’attività antitumorale e inibisce la crescita di tumori cancerogeni. L’effetto citotossico su diverse colture di cellule cancerogene si è dimostrato dipendente dalle dosi;

- inibisce la produzione del TNF-alfa (fattore necrotizzante dei tumori), un promotore endogeno dai tumori; sembra anche esercitare un’azione preventiva nello stadio di iniziazione della cancerogenesi;

- rinforza l’efficacia di certi farmaci anticancerogeni come il prednisolone, pertanto il suo utilizzo potrebbe permettere di diminuire le dosi di farmaci e ridurre così gli effetti tossici del trattamento;

- ha un effetto analgesico e antinfiammatorio: in alcuni ratti Wistar, riduce l’infiammazione della mucosa orale e ha un effetto analgesico dose-dipendente;

- ha degli effetti inibitori sulla via metabolica dell’acido arachidonico (blocca l’attività degli enzimi COX-2 e 5-LOX);

- in alcuni topi con un diabete indotto tramite streptozotocina, riduce significativamente i livelli di zucchero nel sangue e accelera la guarigione delle ferite;

- mostra un’attività antifungina e antimicrobica significativa contro diverse tipologie di funghi e di batteri. Potrebbe soprattutto bloccare le candidosi e aspergillosi.

Mercoledì, 04 Settembre 2019 09:14

IL JET LAG SI COMBATTE DIGIUNANDO 16 ORE.

05-09-2019

La soluzione al tipico scombussolamento che deriva dal cambio di fuso orario arriva da un gruppo di ricercatori del Centro medico Beth Israel di Boston (Usa), in uno studio pubblicato sulla rivista "Science". Secondo gli esperti, fare in modo di non mangiare per 16 ore consecutive aiuta i viaggiatori ad adattarsi meglio. Oltre all’orologio "primario", quello che regola i ritmi dell’organismo in risposta alla luce e all’oscurità, esiste infatti un altro orologio interno situato in un’area precisa del cervello, che adatta le risposte del corpo in funzione dell’avere o meno cibo nello stomaco. È l’orologio alimentare, che assume il comando della risposta interna dell’organismo in assenza di pasti. Se una persona fa un viaggio di molte ore deve regolare il suo organismo a una differenza di orario molto alta: poiché l’orologio biologico principale del corpo umano assimila solo una piccola quantità di questo cambiamento, all’individuo ci vuole in media una settimana per adattarsi al nuovo fuso orario. Ma attraverso l’orologio alimentare, il viaggiatore potrebbe adattarsi più facilmente e rapidamente: basta non mangiare per almeno 16 ore. Ovvero, evitare di mangiare a bordo e magari spizzicare qualcosa una volta atterrati.

 

https://www.livescience.com/2562-beat-jet-lag-eat.html

https://www.telegraph.co.uk/news/earth/earthnews/3342795/Airline-food-linked-to-misery-of-jet-lag.html

Bonus William Hill
Bonus Ladbrokes

Copyright © 2014-2024 Naturopata Angelo Ortisi - Tutti i diritti riservati.

Powered by Warp Theme Framework
Premium Templates