Angelo Ortisi
I FUNGHI CHAMPIGNON RIDUCONO IL FABBISOGNO DI INSULINA.
27-01-2017
Gli champignon sono i funghi più ricercati, per il buon sapore e l’inconfondibile colore biancastro. Si cominciò a usarli in cucina solo all’inizio del XX secolo, a Parigi. Contengono circa un 2,1% di proteine (abbastanza complete), quasi quanto la patata, e hanno un contenuto calorico pari a 25 kcal/100 g (un terzo di quello della patata). Se si friggono, il contenuto calorico degli champignon aumenta notevolmente. Sono abbastanza ricchi di vitamina B1, niacina e folati, ma anche dei minerali potassio, fosforo, ferro e di oligoelementi. Sono invece poveri di vitamina C e di calcio e sono praticamente carenti di provitamina A e di vitamina E. Come tutti i funghi, a causa del loro contenuto di chitina e delle caratteristiche delle loro proteine, ricche di acidi nucleici, appesantiscono e rallentano la digestione. Si sconsigliano a chi soffre di gotta. Nelle diete, gli champignon sono particolarmente utili per la loro azione antidiabetica, perché contengono pochi carboidrati (3,45%) e sono abbastanza ricchi di proteine e di vitamine del gruppo B. E’ stato dimostrato su cavie diabetiche che il consumo di champignon riesce ad abbassare il fabbisogno di insulina, che serve a regolare il livello di glucosio nel sangue. Sono indicati anche per gli obesi, perché danno sensazione di sazietà e apportano poche calorie (purchè non siano fritti o cotti con olio).
PREPARAZIONE E USO
- Crudi: si possono mangiare crudi, quando sono molto teneri, tagliati a fettine sottili e puliti dalla terra. Alcune ricerche dimostrano che gli champignon crudi possono esercitare un effetto anticancerogeno per il loro contenuto di agaritina, ma altre ricerche smentiscono questo risultato. Per precauzione, si consiglia di non mangiarli crudi.
- Cotti: arrostiti, fritti o in tanti altri modi. Richiedono solo pochi minuti di cottura.
- Conserve: congelati, in scatola e soprattutto essiccati, conservano bene il loro aroma e il loro sapore.
INDUMENTI: ECCO QUELLI CHE FANNO MALE ALLA SALUTE.
27-01-2017
Alcuni indumenti fanno male alla salute. Molti non lo sanno, e quotidianamente si accingono ad indossare indumenti che, per quanto utili e necessari per apparire “belli”, fanno male alla salute per motivi differenti. Di quali indumenti stiamo parlando? Eccoli di seguito.
Per quel che concerne le donne, di sicuro il reggiseno è un indumento che mette a rischio la salute. Per quale motivo? L’eccessiva pressione sulla pelle sarebbe l’elemento incriminato. A dimostrarlo è una ricerca effettuata nel 1999 da un gruppo di scienziati giapponesi, presso il Dipartimento di Salute Ambientale dell’Università di Nara. Durante lo studio è stato chiesto a 10 donne sane di indossare una cintura ed un reggiseno per un paio di notti. Intanto gli studiosi provvedevano ad analizzare campioni della loro saliva, delle urine e della temperatura rettale. E’ così emersa una diminuzione dei livelli di melatonina nella saliva delle donne esaminate, sostanza importantissima nella regolazione del sonno, del sistema immunitario e del ciclo mestruale. Cattive notizie anche per gli uomini: la cravatta, se indossata troppo stretta e per lungo tempo, può portare al glaucoma, una malattia degli occhi. Lo dimostra uno studio effettuato presso l‘Eye and Ear Infirmary di New York. L’utilizzo della cravatta stretta aumenta infatti la pressione all’interno dell’occhio. Infine, sotto accusa tra gli indumenti che fanno male alla salute ci sono i jeans. Stiamo parlando dei jeans “skinny”, che se indossati troppo frequentemente, provocano una pressione eccessiva che può danneggiare i nervi portando alla meralgia parestesica: il nervo femorale laterale cutaneo, che scorre lungo la coscia, viene pressato eccessivamente portando a formicolio e intorpidimento degli arti.
UN’ALTRA RICERCA LO CONFERMA: LO ZUCCHERO E’ UN KILLER.
26-01-2017
Consumare tanti zuccheri accorcia la vita. La conferma arriva da uno studio condotto dagli scienziati dell’University College di Londra. Secondo la ricerca infatti, una dieta ad alto contenuto di zuccheri accorcia l'aspettativa di vita. È quello che è accaduto alle mosche durante l'esperimento. Agli insetti è stato somministrato un alto contenuto di zuccheri fin dai primi anni di vita. Lo studio ha scoperto che ciò aveva provocato l'inibizione di un gene chiamato FOXO, legato alla longevità di una grande varietà di specie, tra cui lieviti, mosche, vermi e anche gli esseri umani. Il team, che ha coinvolto i ricercatori dell’University College di Londra e della Monash University (Australia), ha confrontato la durata della vita delle mosche femmine che avevano seguito una dieta sana contenente il 5% di zucchero con quelle che invece avevano assunto una percentuale di zuccheri 8 volte maggiore. Tutte le mosche, che vivono in media circa 90 giorni, dopo 3 settimane erano passate alla dieta sana. Quello che ha sorpreso i ricercatori è che le mosche che avevano assunto più zuccheri, anche se successivamente erano passate a un regime alimentare equilibrato, morivano comunque prima delle altre. In sostanza, il danno era ormai fatto e esse presentavano una durata della vita più breve del 7%. Tutto ciò è dovuto a un mutamento nella programmazione della fisiologia delle mosche causato dalla dieta ricca di zuccheri consumati nella prima età adulta. “La storia alimentare ha un effetto di lunga durata sulla salute, e ora sappiamo qual è il meccanismo alla base. Pensiamo che la riprogrammazione dei geni delle mosche causata dalla dieta ad alto contenuto di zucchero possa verificarsi in altri animali. Non sappiamo se accade negli esseri umani, ma i segni suggeriscono che potrebbe farlo”, ha detto il primo autore dello studio, il dottor Adam Dobson, dell'UCL Institute of Healthy Ageing. Tutti avvisati!
https://www.ucl.ac.uk/news/news-articles/0117/100117-high-sugar-diet-in-flies
MELOGRANO NELLA PROTEZIONE CONTRO IL CANCRO DEL SENO.
26-01-2017
Molte ricerche del passato avevano dimostrato che il succo di melograno ha alte proprietà antiossidanti ed è un ottimo strumento terapeutico nel trattamento di molte malattie pericolose. Gli scienziati hanno associato queste proprietà del melograno all’alta presenza in esso di polifenoli. Nuove ricerche condotte presso il Beckman Research Institute della città di Hope (USA) hanno dimostrato che i composti ottenuti dal melograno sono in grado di prevenire la formazione di estrogeni e inibire in maniera significativa la crescita delle cellule tumorali. Il melograno è ricco di numerosi composti noti come ellagitannini. In particolare l’acido ellagico del melograno inibisce l’attività degli enzimi aromatasi, che convertono gli androgeni in estrogeni. Gli enzimi aromatasi svolgono un ruolo chiave nella carcinogenesi della mammella, di conseguenza, l’acido ellagico blocca lo sviluppo del cancro al seno.
Shiuan Chen, Direttore del Department of Tumor Cell Biology (divisione di biologia delle cellule tumorali), uno dei ricercatori leader del Programma di Studi del cancro al seno, ha affermato che la scoperta è stata una grande sorpresa. In precedenza era stato scoperto che l’uva inibisce l’aromatasi ma non con la stessa efficacia. Le ricerche, comunque, continueranno per scoprire nuove sostanze antiossidanti naturali. Alla luce delle recenti scoperte, quindi, è consigliabile a tutti di consumare melograno, uva e/o loro succhi, per proteggersi contro il cancro della mammella e in altri tessuti e organi. Gli scienziati affermano, anche, che il melograno e il suo succo è molto utile per la prevenzione e cura dell’endometriosi (presenza anomala del tessuto della parete interna dell’utero).
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20051378
http://www.reuters.com/article/us-pomegranates-idUSTRE6045JT20100105
STUDI CLINICI: COSA CI NASCONDONO?
26-01-2017
Per circa un terzo degli studi clinici condotti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna i dati restano impubblicati a cinque anni dalla conclusione: lo sostiene un gruppo di scienziati sul British Medical Journal. Sono 250.000 le persone che vi hanno preso parte e che sono state esposte a tutti i rischi connessi alla ricerca clinica senza che la comunità abbia mai potuto beneficiare dei risultati, spiegano. Dunque, stando agli autori, le aziende farmaceutiche e le altre organizzazioni che portano avanti studi clinici stanno violando i doveri etici che hanno nei confronti della gente. Si sa bene come le aziende farmaceutiche siano sempre state riluttanti a pubblicare risultati che attestino fallimenti e che quindi vanno contro gli interessi economici delle stesse aziende; ma anche tra gli accademici si diffonde la mancata pubblicazione. Si deve forse pensare che tutti gli studi non pubblicati abbiano avuto esiti negativi che non ci vogliono far conoscere e che i ricercatori accademici non pubblichino laddove i finanziatori non vogliono? Cresce dunque la pressione affinchè venga pubblicato tutto, anche perché questo è l’unico modo per sapere se la salute delle persone è a rischio oppure no.
http://www.bmj.com/content/347/bmj.f6104
https://www.theguardian.com/science/2013/oct/29/scientists-fears-over-unpublished-drug-trials
LA POTENTE TISANA CHE COMBATTE FIBROMIALGIA, LUPUS, ARTRITE E STANCHEZZA CRONICA.
26-01-2017
La tisana è di solito consumata in inverno per riscaldare il nostro corpo. I benefici di berla vanno molto più in là di una semplice fase di riscaldamento. Questa tisana differente può aiutare a diversi problemi di salute. Questo articolo vi illustrerà la potente tisana che combatte fibromialgia, vertigini, lupus, artrite, stanchezza cronica e molto altro ancora. Il timo è una spezia utilizzata nella maggior parte dei casi, per insaporire i nostri piatti. Il timo è una pianta con diverse utilità, e contiene centinaia di benefici. Si può usare per insaporire i pasti, applicarla come una crema o preparare un infuso potente per combattere l’artrite e molte altre condizioni di salute. Si può far crescere in casa il timo in vaso, o comprare alcuni ramoscelli di questa potente spezia in qualsiasi negozio o supermercato vicino a casa tua. Ecco come preparare questo potente infuso di timo per combattere artrite, lupus e molti altri disturbi.
INGREDIENTI:
- Una manciata di timo fresco o secco.
- Una tazza di acqua.
PROCEDIMENTO:
1. Far bollire l’acqua.
2. Posizionare il timo in una tazza.
3. Quando l’acqua bolle, versare nella tazza.
4. Lasciate riposare per 5 minuti.
5. Filtrare.
6. Bere la tisana ogni mattina prima di fare la colazione.
7. Se la trovate troppo amara, si può dolcificare con un pò di miele.
BENEFICI DEL TIMO PER LA SALUTE
- Grazie al suo elevato contenuto di potassio, calcio e ferro, il timo è eccellente nella regolazione della pressione sanguigna.
- Contribuisce notevolmente alla formazione dei globuli rossi.
- Esso è un potente antiossidante naturale.
- E’ ricco di vitamine A, B e C.
- E’ ricco di flavonoidi, che lo rende molto buono per combattere i radicali liberi.
- E’ ricco di timolo, l’olio essenziale agisce come disinfettante e possiede proprietà antifungine.
- Aiuta a combattere l’artrite reumatoide, il lupus, la fibromialgia, le vertigini, la sclerosi multipla, la stanchezza cronica e la tiroidite di Hashimoto.
- E’ ottimo per combattere i reumatismi.
- Si tratta di un potente antivirale naturale.
- E’ un potente espettorante con proprietà antispasmodiche che aiutano a combattere l’influenza, tosse, bronchite, asma, mal di gola e malattie respiratorie.
Vi assicuro che se prenderete questa potente tisana di timo ogni mattina, dopo una settimana, inizierete a notare grandi risultati nel vostro corpo.
ALZHEIMER: UN COMPOSTO CHIMICO PRESENTE NELLA CICORIA POTREBBE RIDURRE LA PERDITA DI MEMORIA.
25-01-2017
La perdita di memoria è una caratteristica fondamentale della malattia di Alzheimer che è una condizione che colpisce più di 5,4 milioni di persone negli Stati Uniti. In un nuovo studio, i ricercatori riferiscono che un composto chiamato acido cicorico, naturalmente presente nella cicoria, può essere efficace nel ridurre la perdita di memoria correlata all’Alzheimer. Lo studio, recentemente pubblicato in The FASEB Journal, rivela che i topi trattati con l’acido cicorico hanno dimostrato di avere una migliore memoria nei test comportamentali, rispetto ai topi che non hanno ricevuto il composto. Anche se sono necessarie ulteriori ricerche, il co-autore dello studio Xuebo Liu del Collegio di Scienze degli Alimenti e Ingegneria presso la Northwest A&F University in Cina e colleghi, affermano che è possibile che l’acido cicorico possa aiutare a conservare la memoria nei pazienti con morbo di Alzheimer e altre malattie neurodegenerative. La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e rappresenta circa il 60-80% di tutti i casi. Si stima che ogni 66 secondi, una persona negli Stati Uniti sviluppa la malattia di Alzheimer che è attualmente la sesta principale causa di morte nel paese. Uno dei primi segni della malattia di Alzheimer è la perdita di memoria. È spesso mite nei primi stadi della malattia durante i quali gli individui con problemi ricordano ad esempio, gli eventi recenti. Nelle fasi successive, una persona può non riconoscere i volti familiari, ricordare i nomi dei propri cari o riconoscere un ambiente un tempo familiare. Non vi è attualmente alcun modo per fermare la perdita di memoria Alzheimer-correlata anche se ci sono farmaci che possono aiutare a ridurre la gravità per un tempo limitato. Ad esempio, gli inibitori della colinesterasi ritardano la perdita di memoria e altri sintomi cognitivi per circa 6-12 mesi nel 50 per cento dei pazienti che li utilizzano. Ora, Liu e colleghi suggeriscono che l’acido cicorico ha il potenziale per offrire una strategia più naturale per ridurre i disturbi della memoria.
L’acido cicorico è un composto chimico presente in almeno 63 tipi di piante e ortaggi, tra cui cicoria, lattuga e basilico. Precedenti studi hanno dimostrato che l’acido cicorico ha proprietà antiossidanti, il che significa che può ridurre o addirittura prevenire alcuni tipi di danno cellulare causati dallo stress ossidativo. Per lo studio, Liu ed il suo team hanno cercato di verificare se l’acido cicorico può proteggere da disturbi della memoria indotta da lipopolisaccaridi (LPS). Si tratta di molecole che sono state collegate a danni alle cellule cerebrali attraverso lo stress ossidativo e neuroinfiammazione. Il team ha utilizzato tre gruppi di topi: un gruppo è stato trattato con LPS, un altro è stato trattato sia con LPS che con acido cicorico e un altro gruppo era di controllo. Le capacità di memoria e di apprendimento di tutti i gruppi sono state testate utilizzando due test comportamentali: il labirinto Y che valuta la volontà dei topi di esplorare nuovi ambienti e il labirinto d’acqua di Morris che mette alla prova la capacità dei roditori di ricordare e spostarsi nei dintorni del labirinto.
I ricercatori hanno scoperto che i topi trattati con LPS hanno impiegato più tempo per completare i labirinti rispetto ai topi trattati sia con LPS che con acido cicorico, suggerendo che l’acido cicorico può ridurre il deficit della memoria LPS-indotto. Lo studio ha anche rivelato che l’acido cicorico ha diminuito l’accumulo di proteine beta-amiloide indotto dal trattamento con LPS. Le proteine beta-amiloide sono note per formare “placche” nelle cellule del cervello dei pazienti con Alzheimer e sono considerate un precursore della malattia. Inoltre, il team ha scoperto che l’acido cicorico ha ridotto la neuroinfiammazione innescata dal trattamento con LPS nei cervelli di topo. Secondo i ricercatori, questi risultati suggeriscono che l’acido cicorico potrebbe essere un “intervento terapeutico possibile per le malattie correlate alla neuroinfiammazione come il morbo di Alzheimer”. Anche se i risultati attuali sono promettenti, sono necessarie ulteriori ricerche per determinare gli effetti che l’acido cicorico può avere sulla compromissione della memoria nei pazienti con il morbo di Alzheimer. “Questi risultati sono provocatori, ma la possibilità che l’acido cicorico potrebbe rivelarsi un nutraceutico umano benefico per l’acutezza complessiva della memoria, rimane”, dice Thoru Pederson, redattore capo del The FASEB Journal.
http://www.fasebj.org/content/early/2016/12/22/fj.201601071R.abstract
EFFETTI BENEFICI DELL’ANANAS SULL’ORGANISMO.
25-01-2017
Quando Cristoforo Colombo giunse nel 1493 nell’isola di Guadalupe, nelle Antille, i nativi gli offrirono l’ananas. Colombo pensò che fosse una varietà del carciofo e assaggiata la polpa dolce lo portò in Spagna, da dove si è poi diffuso nelle zone tropicali di Asia e Africa. Nel XIX secolo si è cominciato a coltivarlo nelle isole Hawaii, che oggi sono uno dei maggiori produttori mondiali. A differenza della banana, l’ananas matura bene solo sulla pianta. Il suo contenuto di zuccheri e di principi attivi raddoppia nelle ultime settimane di maturazione. I frutti colti troppo presto sono infatti acidi e poveri di sostanze nutritive, perciò è meglio mangiare ananas maturati completamente sulla pianta. Quando è perfettamente maturo, l’ananas contiene circa l’11% di carboidrati, per la maggior parte zuccheri. Contiene invece pochissimi grassi e proteine. Le vitamine più abbondanti nell’ananas sono la C, la B1 e la B6. L’ananas è anche una buona fonte di folati. Tra i minerali, spicca una buona percentuale di manganese seguito da rame, potassio magnesio e ferro. I componenti non nutrienti dell’ananas sono quelli più importanti dal punto di vista dietoterapico:
- ACIDI CITRICO E MALICO: conferiscono al frutto il sapore acido e, come per gli agrumi, potenziano l’azione della vitamina C. nonostante la sua ricchezza di acidi, dal punto di vista metabolico l’ananas è alcalino, cioè si comporta come un antiacido (è il caso anche del limone e di altri agrumi).
- BROMELINA (CHIAMATA ANCHE BROMELAINA): è un enzima dall’azione proteolitica, cioè capace di rompere le molecole delle proteine, liberando gli aminoacidi che le formano. Per questo la bromelina dell’ananas si usa fin dall’antichità per rendere la carne più morbida. La bromelina agisce nel tubo digerente, sciogliendo le proteine e favorendone la digestione, proprio come la pepsina, un enzima prodotto nello stomaco, che forma parte del succo gastrico.
L’ananas è un frutto molto succulento, saporito e ricco di vitamine e minerali. Molti lo considerano il dessert ideale per facilitare la digestione degli altri alimenti, altri invece preferiscono prenderlo come aperitivo, prima dei pasti, specialmente quando lo stomaco è disturbato o delicato. L’ananas è particolarmente indicato contro le seguenti malattie:
- IPOCLORIDRIA (MANCANZA DI SUCCHI): si manifesta con digestione lenta e pesantezza di stomaco.
- PTOSI GASTRICA (ABBASSAMENTO DELLO STOMACO): causata dall’incapacità dello stomaco di svuotare il suo contenuto (atonia gastrica). Sia in caso di ipocloridria che di ptosi gastrica, l’ananas deve essere mangiato fresco (non conservato) e ben maturo, prima o dopo i pasti.
- OBESITA’: l’ananas o il suo succo fresco presi prima dei pasti riducono l’appetito (effetto saziante) e sono un ottimo complemento nelle diete dimagranti. Inoltre è leggermente diuretico (favorisce l’eliminazione dell’urina).
- STERILITA’: questo frutto tropicale è uno degli alimenti più ricchi di manganese, oligoelemento che interviene attivamente nella formazione delle cellule riproduttrici, sia maschili sia femminili. E’ dunque particolarmente consigliato a chi soffre di sterilità dovuta a scarsa produzione di cellule germinali (spermatozoi nell’uomo e ovuli nella donna).
- CANCRO DELLO STOMACO: è stato dimostrato che l’ananas è un potente inibitore della formazione di nitrosamine, sostanze dalla forte attività cancerogena, che si formano nello stomaco a seguito di una reazione chimica tra i nitrati e alcune proteine contenute negli alimenti. Le nitrosamine sono una delle più importanti cause conosciute di cancro dello stomaco. La vitamina C da sola impedisce la formazione di nitrosamine, ma l’ananas (intero o il succo fresco) è molto più efficace. Si consiglia dunque per prevenire il cancro dello stomaco, a chi è particolarmente esposto a questo rischio, ma anche a chi ne ha già sofferto e vuole evitare recidive.
L’ananas è sconsigliato durante la fase acuta dell’ulcera gastroduodenale, perché potrebbe aumentare la produzione di succhi gastrici. Si consiglia di consumarlo fresco, perché quello in scatola, sciroppato o meno, non contiene bromelina.
MANI SCREPOLATE E SPACCATE: RIMEDI NATURALI CHE FUNZIONANO DAVVERO.
24-01-2017
Durante la stagione invernale spesso ci si trova alle prese con il problema della mani screpolate e spaccate. Anche in questo caso possiamo servirci di efficaci rimedi naturali per risolvere i fastidi in fretta e senza utilizzare sostanze aggressive. Se nei giorni freddi non si ha cura di coprire bene le estremità del corpo: mani, viso, labbra ecc., è facile che queste si secchino e possano in poco tempo screpolarsi fino addirittura ad arrivare a spaccarsi creando taglietti che possono iniziare anche a sanguinare o bruciare. Una situazione non grave ma fastidiosa che si può indubbiamente evitare utilizzando alcune accortezze: non adoperare saponi e creme aggressive, lavare i piatti con i guanti, coprire la mani quando si esce e c’è freddo o vento ecc. Scopriamo però adesso 10 efficaci rimedi naturali per mani secche e screpolate che potete subito sperimentare:
1. BURRO DI KARITE’
Il burro di karité è 100% naturale e data la sua consistenza vanta proprietà emollienti, nutrienti e antiossidanti. Perfetto quindi da utilizzare al posto della crema idratante sulle mani screpolate più volte al giorno ma anche sul resto del corpo dopo il bagno o la doccia. Non solo nutre ma è in grado anche di proteggere la pelle da agenti atmosferici come vento e sole. Con questo burro si possono fare degli impacchi notturni spalmandolo sulle mani la sera prima di andare a dormire e indossando poi dei guanti di cotone da levare solo al mattino.
2. OLIO DI COCCO
Una valida alternativa se avete in casa l’olio di cocco è utilizzarne una piccola quantità sulle mani screpolate. Anche questo prodotto naturale è idratante e lenitivo e in poco tempo migliorerà molto la situazione di secchezza delle vostre mani. Gli impacchi notturni con i guanti si possono fare anche con olio di cocco.
3. OLIO DI MANDORLE DOLCI
Un'altra sostanza grassa perfetta per idratare la pelle screpolata delle mani ma anche del resto del corpo è l’olio di mandorle dolci. Questo prodotto, per ottenere il massimo della resa, va utilizzato sulla pelle leggermente umida, quindi subito dopo aver lavato le mani e averle delicatamente tamponate con un asciugamano.
4. OLIO D’OLIVA
Un efficace e sempre valido rimedio della nonna che tutti noi abbiamo a disposizione è l’olio d’oliva perfetto per rendere la pelle morbida. Al posto dei burri sopraindicati potete utilizzare questo condimento ricco di proprietà per fare degli impacchi sulle mani screpolate da tenere in posa per tutta la notte con l’aiuto di un paio di guanti.
5. GEL D’ALOE VERA
Se sulle mani sono comparsi degli spacchetti e sono dunque tagliate e graffiate, un buon rimedio può essere il gel d’aloe vera che aiuterà la pelle a rimarginarsi più in fretta. Inoltre contribuisce anche a disinfettare la mani.
6. AVOCADO
Per risolvere il problema delle mani screpolate ci viene in aiuto anche il frutto di avocado. La sua polpa ha infatti grandi proprietà idratanti ed emollienti, si può quindi utilizzare una piccola quantità di frutto schiacciato precedentemente con una forchetta o frullato con un goccio d’acqua per fare impacchi da tenere in posa sulle mani per circa 10-15 minuti.
7. IMPACCHI DI CAMOMILLA
Per le mani screpolate potete provare anche ad utilizzare degli impacchi utilizzando acqua calda e bustine o fiori freschi di camomilla. Dopo aver preparato l’infuso filtratelo, lasciatelo raffreddare e poi immergete le mani all’interno per almeno 10 minuti poi asciugatele bene ma delicatamente e utilizzate un burro di quelli indicati o un olio vegetale per idratarle.
8. TUORLO D’UOVO
Un rimedio della nonna per combattere la pelle screpolata è quello a base di tuorlo d’uovo. In questo caso bisogna fare un impacco sulle mani dopo aver sbattuto un tuorlo lasciandolo agire per circa 15-20 minuti. Dopo lavate le mani, asciugate delicatamente e idratate. L’operazione va ripetuta più volte a settimana e si può usare anche in prevenzione per evitare screpolamenti.
9. MASCHERA AL MIELE
Un altro ingrediente naturale che può tornare utile in caso di pelle secca è il miele da mescolare con un olio vegetale (mandorle, oliva, jojoba ecc.) in pari quantità e poi lasciare agire come un impacco sulle mani.
10. AMIDO DI RISO
Un rimedio dolce e naturale per ammorbidire la pelle è utilizzare amido di riso da sciogliere nell’acqua del bagno oppure direttamente per fare una manicure (basta un cucchiaio per ogni bacinella d’acqua). Anche in questo caso subito dopo bisogna asciugare delicatamente le mani e poi idratarle utilizzando un altro rimedio naturale.
ALTRI RIMEDI
Tenete presente che esistono anche altri possibili rimedi naturali per le mani screpolate: vanno bene praticamente tutti gli oli vegetali (jojoba, avocado, argan, rosa mosqueta) ma alcuni, vista la loro preziosità, sarebbero forse un pò "sprecati" da utilizzare a questo scopo. Ottimi anche gli oleoliti come quello di calendula. Se l'avete disponibile in casa potete utilizzare anche la glicerina vegetale: spargetela sulle zone screpolate la sera e indossate poi i guanti fino al mattino dopo.
PARACETAMOLO: IN GRAVIDANZA PUO' INFLUIRE SULLO SVILUPPO DEL BAMBINO.
24-01-2017
Può capitare anche durante la gravidanza di dover ricorrere a farmaci che contengono paracetamolo, che sia per eventuali dolori, febbre o altro. Tuttavia, se proprio non se ne può fare a meno, sarebbe meglio evitare di assumerlo per diverse volte o tempo perché, secondo un nuovo studio, c’è il rischio di influire in negativo sullo sviluppo del bambino. E’ uno studio norvegese ad aver indagato sugli effetti del paracetamolo, assunto durante la gravidanza, sullo sviluppo psicomotorio, il comportamento e il temperamento dei bambini a 3 anni di età. Utilizzando i dati raccolti dal “Norwegian Mother and Child Cohort Study” i ricercatori hanno coinvolto circa 3.000 coppie di fratelli che erano stati, in un caso o meno, esposti al paracetamolo durante il periodo di gestazione. I ricercatori hanno confrontato soltanto i fratelli dello stesso sesso che presentavano questa caratteristica, ossia che solo uno dei due fosse stato esposto al paracetamolo durante la gravidanza della madre. Altri fattori analizzati sono stati quelli genetici, ambientali, l’aver contratto infezioni, la febbre, l’assunzione di alcol e il vizio del fumo, l’uso di altri tipi di farmaci. Una controprova è stata fatta esaminando gli effetti di un altro tipo di analgesico, l’ibuprofene, che ha un diverso meccanismo d’azione. I risultati dello studio, pubblicati sull’International Journal of Epidemiology, mostrano che i bambini che erano stati esposti al paracetamolo per più di 28 giorni durante la gravidanza hanno riportato peggiori risultati nelle prove di abilità motoria, scarse capacità di comunicazione e maggiori problemi comportamentali rispetto ai fratelli non esposti al farmaco. La stessa tendenza è stata osservata nel caso di un’assunzione di paracetamolo per meno di 28 giorni, sebbene l’effetto negativo fosse più debole. Attenzione dunque all’uso di paracetamolo durante la gravidanza.
http://ije.oxfordjournals.org/content/early/2013/10/24/ije.dyt183.short?rss=1