Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

10-09-2015

Una carenza di grassi “sani”, combinata con un eccesso di carboidrati può essere al centro dell’epidemia di Alzheimer che si sta sviluppando. Un numero crescente di ricerche suggerisce che ci potrebbe essere un forte legame tra gli alimenti che vengono mangiati e il rischio di malattia di Alzheimer e demenza, poiché sono utilizzati percorsi simili a quelli che provocano il diabete di tipo 2. In un recente studio sugli animali, i ricercatori sono stati in grado di indurre la demenza interrompendo il corretto “signaling” di insulina nel cervello. Una precedente ricerca animale ha dimostrato che la restrizione calorica protegge contro l’invecchiamento, lo stress ossidativo e patologie neurodegenerative, e che livelli ridotti di IGF-1 mediano alcuni di questi effetti protettivi. Recenti ricerche hanno anche dimostrato che il digiuno intermittente attiva una serie di cambiamenti ormonali e metabolici positivi per la salute, simili a quelli della restrizione calorica costante, tra cui una riduzione della sclerotizzazione del cervello legata all’età.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4537701/

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20956786

http://www.jneurosci.org/content/25/17/4217.full

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21358044

09-09-2015

Attualmente la curcuma è una delle piante più studiate dai ricercatori. Le sue proprietà medicinali e i componenti (principalmente curcumina) sono stati oggetto di oltre 5.600 studi biomedici pubblicati negli ultimi anni. Infatti, le ricerche su questa pianta negli ultimi cinque anni hanno rivelato più di 600 potenziali applicazioni preventive e terapeutiche, così come 175 effetti fisiologici benefici distinti. Data la vastità di ricerche condotte su questa straordinaria spezia, non c'è da meravigliarsi che un numero crescente di studi hanno concluso che la curcuma ha la stessa efficacia (a volte anche superiore) dei farmaci convenzionali, tra cui:

- Lipitor/Atorvastatina (farmaco per il colesterolo): uno studio del 2008 pubblicato sulla rivista Drugs in R & D ha dimostrato che un prodotto standardizzato di curcuminoidi, confrontato con il farmaco atorvastatina (nome commerciale Lipitor), è risultato più efficace sulla disfunzione endoteliale, la patologia di fondo dei vasi sanguigni che porta all'aterosclerosi, e in associazione con il farmaco ha ridotto l’infiammazione e lo stress ossidativo nei pazienti diabetici tipo 2.

- Corticosteroidi (farmaci steroidei): uno studio del 1999 pubblicato sulla rivista Phytotherapy Research ha dimostrato che il polifenolo primario della curcuma, conosciuto come curcumina, ha dato risultati maggiori rispetto agli steroidi nella gestione dell’uveite anteriore cronica, una malattia infiammatoria dell’occhio. Uno studio del 2008 pubblicato su Critical Care Medicine ha scoperto che la curcumina rispetto al desametasone, farmaco corticosteroide, è risultata più efficace come terapia alternativa per la protezione delle ferite associate al trapianto polmonare su modello animale attraverso la sottoregolazione dei geni infiammatori. Uno studio precedente pubblicato nel 2003 su Cancer Letters ha scoperto che la curcumina, rispetto al desametasone, ha ridotto il danno da ischemia-riperfusione del polmone trapiantato.

- Prozac/Fluoxetina e imipramina (antidepressivi): uno studio del 2011 pubblicato sulla rivista Acta Poloniae Pharmaceutica ha scoperto che la curcumina, rispetto ad entrambi i farmaci, ha ridotto efficacemente i comportamenti depressivi su modello animale.

- Aspirina (fluidificante del sangue): uno studio in vitro ed ex vivo del 1986 pubblicato sulla rivista Arzneimittelforschung ha rilevato che la curcumina, rispetto all’aspirina, ha maggiori effetti antipiastrinici e sulla modulazione delle prostacicline, indicando che può essere molto utile in pazienti a rischio di trombosi vascolare e che richiedono una terapia anti-artrite.

- Farmaci antinfiammatori: uno studio del 2004 pubblicato sulla rivista Oncogene ha scoperto che la curcumina e il resveratrolo sono alternative antinfiammatorie efficaci ai farmaci come aspirina, ibuprofene, sulindac, fenilbutazone, naprossene, indometacina, diclofenac, desametasone, celecoxib e tamoxifene, ed esercitano attività antiproliferativa contro cellule tumorali.

- Oxaliplatino (farmaco chemioterapico): uno studio del 2007 pubblicato sull'International Journal of Cancer ha trovato che la curcumina è superiore all’oxaliplatino come agente antiproliferativo in linee cellulari colorettali.

- Metformina (farmaco per il diabete): uno studio del 2009 pubblicato sulla rivista Biochemistry and Biophysical Research Community ha osservato come la curcumina potrebbe essere utile nel trattamento del diabete, trovando che esso attiva AMPK (una proteinchinasi che aumenta l'assorbimento di glucosio) e sopprime l'espressione dei geni gluconeogenici (che sopprimono la produzione di glucosio nel fegato) in cellule di epatoma. I ricercatori hanno anche scoperto che la curcumina può essere dalle 500 alle 100.000 volte più potente rispetto alla metformina nell’attivare AMPK.

Un altro modo in cui la curcuma e suoi componenti rivelano le loro spiccate proprietà terapeutiche riguarda la multi-farmaco resistenza in oncologia. Personalmente ho trovato non meno di 54 studi che indicano che la curcumina può indurre la morte di cellule tumorali resistenti ai farmaci convenzionali.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18588355

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10404539

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18379247

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18799504

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21928724

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3521617

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15489888

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17330230

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19665995

09-09-2015

Il professor Richard Ablin, docente di Immunologia all'University of Arizona College of Medicine dopo quarant’anni dalla sua scoperta del test del PSA (vale a dire dell’antigene prostatico specifico) fa una clamorosa rivelazione. Attraverso le pagine del New York Times ha dichiarato che nella maggior parte dei casi il test è inutile: “È un costoso disastro nel campo della salute pubblica. Non avrei mai potuto immaginare che la mia scoperta avrebbe portato a un disastro regolato dalla legge del profitto. Il test del PSA non può individuare il cancro e, cosa ben più importante, non è in grado di distinguere tra un tumore che può portare alla morte e uno che non può farlo. Il test semplicemente rivela la presenza e la quantità di un antigene nel sangue”. Poi aggiunge: “Malgrado gli americani abbiano il 16 per cento di probabilità di andare incontro a una diagnosi di cancro con questo test, solo il 3 per cento muore di questa malattia”. 
Gli ultra-sessantacinquenni che sviluppano il tumore della prostata “hanno più probabilità di morire con un carcinoma prostatico che per un carcinoma prostatico”. Un’infezione, l’uso di medicinali a base di ibuprofene o un semplice gonfiore possono portare a un aumento del PSA, “ma l’esito positivo del test conduce invece sovente verso dolorosissime biopsie, o a un intervento chirurgico, oppure a sottoporsi a radiazioni invasive”. Troppi, secondo Ablin, i 3 miliardi di dollari che gli americani spendono ogni anno per sottoporsi a un test dalla dubbia efficacia.
PSA significa «antigene prostatico specifico», un macromolecola capace di reagire con i prodotti del sistema immunitario: presente nel sangue, aumenta in presenza di una malattia della prostata. E’ utilizzato dal 1970 come marcatore per eccellenza. Secondo il professor Ablin il test del PSA è appropriato solo dopo una diagnosi di cancro, per valutare il rischio di recidiva, o come campanello d’allarme nelle persone che hanno una storia familiare di carcinoma prostatico. Ma applicare il test a tutte le persone oltre una certa età sarebbe una semplice perdita di tempo e di denaro: non misura il livello di gravità della malattia. Il ricercatore poi invita gli urologi di tutto il mondo a ridurre il numero di esami e di prescrizioni, meglio il vecchio test, quello rettale.

 

http://www.nytimes.com/2010/03/10/opinion/10Ablin.html

09-09-2015

Misteri della natura. Engadget ci propone un video da Youtube che mostra come un iPhone in chiamata stimoli un gruppo di formiche a girare in senso orario intorno al telefono. Un comportamento strano, specie considerando come le bestioline sciamino senza criterio intorno all’apparecchio quando questo è in stand by. Secondo il professor Nigel Andrew dell’Università del New England tale comportamento dipende dal campo elettromagnetico che influenza il movimento delle formiche: «hanno dei recettori magnetici nelle antenne. Se percorrono lunghe distanze captano il campo magnetico della terra per capire se stanno andando a nord, a sud, a est, a ovest».

 

https://www.youtube.com/watch?v=GFX7mRl7xDs

Martedì, 08 Settembre 2015 12:24

RED BULL: ECCO I SUOI EFFETTI SULL’ORGANISMO.

08-09-2015

Sono spesso utilizzate come aiuto prima di lunghe sessioni di studio o lavoro, anche più dei normali caffè. Ma quale effetto hanno sull’organismo umano gli energy drink? Il quotidiano britannico Daily Mail ha analizzato l’infografica pubblicata da “personalize.co.uk” in cui viene spiegato, passo dopo passo, cosa avviene al nostro corpo dopo aver assunto una lattina di Red Bull.

- Dopo 10 minuti: dopo aver consumato un energy drink ci vogliono circa dieci minuti perché la caffeina entri in circolo. Il battito cardiaco si velocizza e la pressione aumenta.

- 15-45 minuti dopo: è il momento in cui il livello di caffeina nel vostro sangue è più alto. Appena lo stimolante inizia ad avere effetto vi sentite più vigili, assistendo a miglioramento della vostra capacità di concentrazione e della vostra prontezza.

- 30-50 minuti dopo: l’assorbimento della caffeina è concluso, il vostro fegato reagisce assorbendo più zuccheri dal sangue.

- Un’ora dopo: il vostro corpo subisce un crollo del livello degli zuccheri e soffre le conseguenze della fine dell’effetto della caffeina. Iniziate a sentirvi stanchi e ad aver meno energia a disposizione.

- 5-6 ore dopo: è il giro di boa della permanenza nel vostro corpo della caffeina: ci vogliono cioè 5-6 ore per ridurre il livello di caffeina contenuta nel sangue del 50%. Le donne che assumono la pillola anticoncezionale hanno bisogno del doppio del tempo perché il loro corpo smaltisca la stessa quantità di caffeina.

- 12 ore dopo: è il tempo di cui necessita la maggior parte delle persone per smaltire interamente la caffeina contenuta nel sangue. Il tempo necessario per completare questo processo è legato a molti fattori, tra cui l’età e l’attività svolta.

- 12-24 ore dopo: essendo la caffeina una droga, chi la assume regolarmente può accusare sintomi di crisi d’astinenza 12-24 ore dopo l’ultima dose, come ad esempio mal di testa, irritabilità e costipazione.

- 7-12 giorni dopo: gli studi hanno dimostrato che questo è il momento in cui il vostro corpo si abitua ai livelli di caffeina regolarmente assunti. Questo significa che vi state abituando a questi dosaggi e che proverete effetti meno intensi all’assunzione della prossima dose.

 

http://www.dailymail.co.uk/femail/food/article-3196220/What-happens-body-24-hours-drink-Red-Bull.html

Martedì, 08 Settembre 2015 12:23

OLTRE 700 BATTERI NEL LATTE MATERNO.

08-09-2015

Il latte materno contiene oltre 700 tipi di batteri. Sono loro che, molto più numerosi di quanto si immaginasse fino a oggi, potrebbero aiutare il bambino a digerire il latte o a rafforzare il suo sistema immunitario attraverso l'allattamento al seno. Si tratta della straordinaria scoperta di alcuni ricercatori spagnoli dell'Instituto de Agroquímica y Tecnología de Alimentos (IATA-CSIC) e Centro Superior de Investigación en Salud Pública (CSISP-GVA), che per la prima volta hanno tracciato la "mappa del microbioma batterico" contenuto nel latte, utilizzando la tecnica all'avanguardia del sequenziamento massiccio di DNA per identificare il "complesso del patrimonio genetico e le correlate interazioni ambientali di tutti i microrganismi" presenti nella secrezione materna.
I risultati dello studio, che ha esaminato sia il colostro, cioè la prima secrezione delle ghiandole mammarie dopo la nascita, che il latte materno da uno a sei mesi dopo la nascita, sono stati pubblicati nella rivista di settore Journal of Clinical Nutrition. I generi più comuni nei campioni di colostro erano Weissella, Leuconostoc, Staphylococcus, Streptococcus e Lactococcus. Nel fluido sviluppato tra il primo e il sesto mese di allattamento sono stati scoperti anche batteri tipici della cavità orale come Veillonella, Leptotrichia e Prevotella. "Non siamo ancora in grado di determinare se questi batteri colonizzano la bocca del bambino o se dalla sua bocca entrano nel latte materno, cambiandone la composizione", spiegano gli autori, che pensano che la differente composizione delle colonie batteriche nel latte sul lungo periodo possa dipendere dallo stress e dall'influenza ormonale. Ciò sarebbe provato dalle differenze riscontrate in donne normopeso e sovrappeso o nelle neomamme che hanno partorito naturalmente o con taglio cesareo. Ecco perché lo stato ormonale della madre al momento del parto gioca un ruolo importantissimo. Ora ulteriori indagini potrebbero portare a nuove strategie nutrizionali per i bambini che non possono essere allattati al seno, come spiega il team di scienziati: "se i batteri del latte materno scoperti in questo studio sono importanti per lo sviluppo del sistema immunitario, la loro aggiunta al latte artificiale potrebbe diminuire il rischio di allergie, asma e malattie autoimmuni".

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22836031

http://www.livescience.com/25984-breast-milk-bacteria.html

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2013-01/f-sf-bmc010413.php

http://consumer.healthday.com/women-s-health-information-34/breast-feeding-news-82/breast-milk-contains-more-than-700-bacteria-types-study-672247.html

08-09-2015

I nuovi risultati preliminari della ricerca suggeriscono che il consumo eccessivo di sale ha contribuito in tutto il mondo nel 2010 a 2,3 milioni di decessi legati al cuore, il 42 per cento da malattia coronarica e il 41 per cento da ictus. Tuttavia, la ricerca precedente non ha trovato una forte evidenza che il taglio di assunzione di sale riduca il rischio di attacchi cardiaci, ictus o morte. In realtà, una restrizione di sale aumenta il rischio di morte nei pazienti con insufficienza cardiaca. Il sale è un nutriente essenziale richiesto per la regolazione della pressione sanguigna, il trasporto dei nutrienti dentro e fuori le cellule, lo scambio ionico, e la comunicazione cervello-muscoli. Ma tutti i sali non sono uguali, in termini di impatto sulla salute. Il sale industriale danneggia la salute, mentre il sale naturale non trattato non solo è curativo, ma in realtà essenziale per molte funzioni biologiche. Una carenza di potassio è maggiormente connessa all’ipertensione di un eccesso di sodio, e troppo sodio associato a una carenza di potassio incrementa più del doppio il rischio di morte da attacco di cuore, rispetto a usare circa le stesse quantità di entrambe le sostanze nutritive. I nostri antichi antenati consumavano 16 volte più potassio di sodio. Molti esperti credono che un normale rapporto di oggi sia quattro volte più potassio che sodio. Il modo migliore per assicurarsi di ricevere abbastanza potassio non è quello di fare affidamento su l’uso di un integratore, bensì evitare gli alimenti industriali, e aumentare drasticamente l’apporto di verdure. I succhi naturali, sono un ottimo modo per ottenere più verdura nella vostra dieta.

 

http://www.webmd.com/hypertension-high-blood-pressure/news/20130321/most-of-worlds-adults-consume-too-much-salt-study-finds?src=RSS_PUBLIC

http://www.medicinenet.com/script/main/art.asp?articlekey=168669

Martedì, 08 Settembre 2015 12:19

IL PC FA INVECCHIARE.

08-09-2015

Per schiere di impiegati e segretarie è in arrivo una brutta notizia: trascorrere molte ore davanti al PC causa un invecchiamento precoce della pelle del viso, con comparsa di borse, rughe e di un colorito giallastro. Lo afferma Giulio Basoccu chirurgo estetico e docente all'Università La Sapienza di Roma. Quando le ore davanti allo schermo di un calcolatore elettronico passano per motivi di lavoro, il resto del danno estetico lo fa la fatica lavorativa. Secondo lo specialista, oltre alle situazioni stressanti "con un capo poco carino sempre sul collo, il pensiero delle responsabilità e delle scadenze è l'effetto computer a dare una aspetto stanco, occhiaie e colorito giallastro”. Prosegue Basoccu: "Dall'osservazione di un campione di 300 donne tra i 30 e i 40 anni che si sono rivolte al nostro studio abbiamo notato che due su tre passavano ogni giorno dalle cinque alle otto ore fisse davanti a un PC. E tutte lamentavano gli stessi problemi. Profonde occhiaie, rughe più accentuate intorno e tra gli occhi, pelle disidratata, colorito giallastro. Il desiderio comune era quello di dare nuova luce a un viso stanco e opacizzato".
"Trascorrere molte ore davanti a un computer - afferma ancora lo specialista - rappresenta comunque uno stress fisico, anche se si sta seduti. Gli occhi si stancano, c'è bisogno di concentrazione e quindi si assumono involontariamente posizioni di alcune parti del viso che contribuiscono a segnare la pelle. Quando ci concentriamo aggrottiamo la fronte e, senza volerlo, forziamo le rughe tra gli occhi e quelle della fronte stessa. Il fatto di stare a lungo in un luogo chiuso, d'estate con aria condizionata e d'inverno con il riscaldamento, aumenta la disidratazione della pelle". Tutti fattori che contribuiscono ad appesantire il viso.

07-09-2015

Negli anni successivi alla menopausa aumenta il rischio di ipertensione. Nelle donne con segni di pre-ipertensione, o con ipertensione di grado lieve, il primo intervento raccomandato non è di tipo farmacologico, quanto piuttosto di modificazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari. Sebbene la relazione tra livelli di consumo delle antocianine (antiossidanti di natura polifenolica, contenuti nei mirtilli) e la prevenzione cardiovascolare sia ormai confermata da numerose osservazioni epidemiologiche, i dati clinici disponibili a supporto degli effetti antipertensivi e di protezione vascolare dei mirtilli, soprattutto in popolazioni femminili, sono tuttora limitati. Gli Autori di questo studio hanno confrontato gli effetti dell’assunzione quotidiana, per due mesi, di un preparato a base di mirtilli disidratati (in quantità corrispondente a una coppetta di frutti freschi) o di un placebo sui valori pressori e sui parametri di funzionalità endoteliale, in due gruppi di donne in post-menopausa con pressione sistolica/diastolica media di 138/79 mm Hg. Al termine del periodo di supplementazione, sia la pressione sistolica e sia quella diastolica sono diminuite in modo significativo (rispettivamente del 6% e del 4%) nelle donne che avevano assunto il preparato a base di mirtilli rispetto al gruppo che aveva assunto placebo (-1.5% e -1.2%). Il consumo di mirtilli è inoltre risultato associato ad un incremento significativo dei livelli di ossido nitrico (ad azione vasodilatante); nessuna variazione è invece stata registrata per questo parametro nel gruppo di controllo. Questi risultati, per quanto emersi da uno studio di durata relativamente breve, suggeriscono che il consumo regolare e a lungo termine di mirtilli possa svolgere un ruolo importante nel rallentare la progressione dell’ipertensione e nella riduzione del rischio cardiovascolare in donne in menopausa.

07-09-2015

Secondo uno speciale andato in onda sulla londinese BBC durante la trasmissione The Truth about food, le proprietà afrodisiache dell’aglio sarebbero tali da non aver nulla da invidiare ai già collaudati Viagra, Cialis e Levitra. E poco importa se il nostro amato avrà un alito pestilenziale. Il documentario si baserebbe su una ricerca secondo la quale ingerire ben quattro spicchi d’aglio al giorno per tre mesi consecutivi avrebbe effetti terapeutici sull’impotenza maschile soprattutto quando ad esserne affetti sono uomini anziani, con problemi di colesterolo alto. Non è dato però sapere se l’aglio ha realmente il potere di sconfiggere l’impotenza. Quel che è certo, ed è forse questa la vera notizia, è che in seguito alla messa in onda dello speciale, la vendita del bulbo afrodisiaco in Gran Bretagna è aumentata di oltre il 30%. Ma c’è di più. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che, dato il massiccio consumo di aglio sulle nostre tavole (stimato intorno ai 50 milioni di kg all’anno su base nazionale), la ricerca svelerebbe il mistero della (presunta anche questa?) straordinaria prestanza sessuale del maschio latino. Inoltre, non senza una punta d’orgoglio, la Coldiretti ha commentato la notizia sottolineando la pregiatezza delle molteplici varietà di aglio prodotte in Italia ed esportate in tutto il mondo. Sempre dalla Coldiretti giunge la notizia che la rinomata cipolla rossa tropeana conterrebbe ossido nitroso, ovvero il principio attivo della “pillola blu”. Come dire, gli italiani esportano amore. Se i dati della ricerca venissero confermati questo sortirebbe almeno un triplice effetto: l’immissione sul mercato di un ritrovato antimpotenza del tutto privo di effetti collaterali e, quindi, alla portata di tutti, una spiegazione scientifica per la fama mondiale degli amanti latini, e l’aumento vertiginoso della vendita di aglio. A tutto ciò certamente si aggiungerebbe il numero incredibilmente alto di uomini con l’alito cattivo, ma in fin dei conti basta non fiatare.

 

http://www.bbc.co.uk/sn/humanbody/truthaboutfood/healthy/erectiledysfunction.shtml

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