Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

05-05-2015

L’FDA ha recentemente invertito la sua posizione sull’assunzione di aspirina ogni giorno, senza precedente attacco cardiaco, concludendo che i rischi superano i benefici. Gli studi scientifici non sono riusciti a dimostrare che basse dosi di aspirina, offrano una protezione sicura ed efficace nei confronti delle malattie cardiovascolari. L’aspirina può portare a gravi problemi medici come sanguinamenti gastrointestinali e intracranici, ulcere, insufficienza renale, cecità, e molti altri. Un approccio più sicuro e più efficace per la salute del cuore consiste nel ridurre l’infiammazione cronica attraverso l’alimentazione, esercizio fisico ed esposizione al sole.

 

http://time.com/89681/do-not-take-daily-aspirin-if-you-havent-had-a-heart-attack-says-fda/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+time%2Ftopstories+%28TIME%3A+Top+Stories%29

http://www.fda.gov/ForConsumers/ConsumerUpdates/ucm390539.htm

http://www.bloomberg.com/news/articles/2014-05-05/limit-use-of-aspirin-to-prevent-heart-attack-fda-says

05-05-2015

Se di martedì e venerdì, secondo un noto detto, è vietato sposarsi e partire, di mercoledì ci si pesa. A rivelarlo è stato uno studio condotto in Finlandia dai ricercatori della Tampere University of Technology. Gli scienziati hanno scoperto che mercoledì mattina è il momento migliore per pesarsi, perché in questo giorno il peso è meno soggetto a oscillazioni, dando una lettura reale e rendendo più facile fare u confronti da una settimana all'altra. In genere, le persone si pesano più spesso nei fine settimana e poi gradualmente bruciano (o almeno ci provano!) i chili di troppo durante la settimana, secondo i ricercatori finlandesi. Pesarsi durante il week end è sbagliato perché si va più spesso a cena fuori. Il team ha esaminato 40 adulti in sovrappeso e ha analizzato 2.838 diverse letture del loro peso corporeo nel corso di un anno. Ha così scoperto che il giorno in cui gli individui si pesavano era direttamente correlato al peso che erano riusciti a perdere. Inoltre, coloro che avevano cercato di dimagrire ma avevano lasciato passare più di una settimana senza pesarsi tendevano a ingrassare. Questo perché il controllo regolare li aveva aiutati ad attenersi ad un regime alimentare ipocalorico. “Se vi peserete più spesso, perderete più peso” ha detto la dott. Elina Helander, a capo dello studio. Un'altra recente ricerca ha invece confermato che annotare su un diario alimentare quello che si mangia permette di aumentare la consapevolezza dei cibi assunti e di comprendere quali e quanti alimenti ad elevato contenuto calorico si ingeriscono. Lo studio è stato pubblicato su Plos One.

 

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0113164

05-05-2015

L'abuso di paracetamolo è legato a un aumento significativo del rischio di ictus e infarto. Lo dice uno studio del Leeds Institute for Rheumatic and Musculoskeletal Medecine che sarà pubblicato a breve e annunciato dal quotidiano Daily Mail. Il paracetamolo - uno degli antidolorifici e antipiretici da banco più utilizzati al mondo - aumenta del 68 per cento il rischio di eventi cardiocircolatori gravi se assunto tutti i giorni con un alto dosaggio. Il farmaco agisce inibendo l'azione delle prostaglandine - mediatori dei processi infiammatori - e aumenta anche il rischio di ulcere ed emorragie. I ricercatori britannici hanno realizzato una metanalisi su un campione totale di 666 mila pazienti che hanno costituito l'oggetto di studio di 8 ricerche. I soggetti hanno assunto quotidianamente paracetamolo fino a un massimo di 14 anni a causa dei dolori artritici o per lenire il mal di schiena. Intanto un gruppo di ricercatori dell'Università di Liverpool ha messo a punto un nuovo test in grado di stabilire il tipo di danni riportati dal fegato in caso di intossicazione da paracetamolo. Il test si basa su alcune proteine e su un tipo di Rna individuati nel sangue del paziente. “I medici lavorano duramente per trattate le overdose da paracetamolo il più velocemente possibile, ma è molto difficile dosare il trattamento senza un test che predica il rischio di sviluppare danni al fegato", spiegano gli autori in un comunicato. Il paracetamolo è uno dei farmaci più utilizzati al mondo per il trattamento di febbre, raffreddore e dolori articolari, ma mostra comunque una certa dose di rischio nell'assunzione esagerata. Per questo motivo, ormai 15 anni fa in Gran Bretagna una normativa introdusse un limite alle dimensioni della confezione dei farmaci contenenti paracetamolo. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford ha fatto un bilancio degli effetti prodotti dalla legge, fra cui la messa al bando di mega-confezioni con centinaia di compresse che, se avevano il pregio di abbattere i costi del farmaco, spingevano anche le persone al sovradosaggio.
La ricerca, coordinata dal dott. Keith Hawton e pubblicata sul British Medical Journal, si è dedicata allo studio delle overdose di paracetamolo verificatesi fra la fine del 1998 e la fine del 2009, confrontando il numero dei morti con quello del periodo precedente l'introduzione della normativa. I numeri dicono che la nuova legge ha ridotto del 43 per cento i decessi causati dal sovradosaggio del farmaco. Nello specifico, si tratta di 17 morti in meno per trimestre, pari a 765 vite salvate negli 11 anni presi in considerazione dall'analisi. L'effetto è stato verificato sia riguardo l'assunzione volontaria sia per i casi di morte accidentale. Inoltre, va considerata anche una riduzione del 61 per cento delle richieste di trapianto dovute a intossicazione del fegato e compromissione irrimediabile dell'organo. Spiega il dott. Hawton: “la normativa che ha portato alla riduzione delle dimensioni delle confezioni di paracetamolo è stata seguita da una riduzione significativa nel numero di decessi dovuti a overdose di questo principio attivo, ma non basta: il bilancio attuale fa pensare che siano necessari altri e più drastici provvedimenti per ridurre le morti da sovradosaggio”. Il sovradosaggio da paracetamolo costituisce infatti la causa principale di insufficienza epatica acuta in Occidente e la prima causa di trapianto di fegato negli Stati Uniti. A rivelarlo è un altro studio presentato a Boston nel corso del congresso dell'Associazione americana per lo studio delle malattie epatiche (American Association for the Study of Liver Diseases - AASLD).
Lo studio ha coinvolto 249 pazienti appena dimessi da un ospedale di Chicago o clienti di una farmacia di Atlanta. Per 4 giorni i volontari hanno registrato ogni singolo farmaco assunto. Nel 10,8 per cento dei casi, i pazienti hanno riferito l'assunzione di più medicinali contenenti paracetamolo, nella maggior parte dei casi in associazione con degli analgesici. Anche un'altra ricerca dell'Università di Edimburgo pubblicata sulla rivista British Journal of Clinical Pharmacology sottolinea il pericolo di un uso eccessivo del farmaco e le possibili conseguenze sul lungo periodo. Un uso prolungato del medicinale può provocare insufficienza epatica acuta, secondo i ricercatori inglesi, preoccupati quindi non soltanto per l'eventualità di un'assunzione eccessiva una tantum. Nel caso in cui il consumo dell'antidolorifico avvenisse con regolarità sarebbe anche più difficile identificare il problema. Chi assume il farmaco regolarmente e in dosi eccessive, magari per contrastare un dolore cronico, mostrerà livelli della molecola nel fegato più o meno nella norma, a fronte di danni epatici evidenti prodotti dall'uso continuo. Al contrario un'overdose vera e propria mostrerà immediatamente un livello di paracetamolo assolutamente incompatibile con una condizione clinica ideale. Chi va in questa sorta di overdose prolungata ha un rischio di morire maggiore del 30 per cento circa, oltre a una probabilità più alta di problemi al fegato e al cervello. I ricercatori si sono basati su un campione di 663 pazienti ricoverati presso il Royal Infirmary di Edimburgo a causa di danni epatici, scoprendo che almeno un quarto dei pazienti era andato in overdose per aver preso due o più dosi di paracetamolo ignorando le avvertenze del bugiardino, che raccomanda di attendere otto ore fra una dose e l'altra. Se in un terzo dei casi la dose eccessiva era assunta coscientemente per suicidarsi, più della metà lo aveva fatto invece per alleviare dolori ritenuti insopportabili.

 

http://ard.bmj.com/content/early/2015/02/09/annrheumdis-2014-206914.abstract?sid=112ebf94-8828-47c4-8965-c62b4e4466dd

05-05-2015

L’ex direttore di una compagnia farmaceutica, Helen Ratajczak, ha creato una tempesta sul problema vaccino-autismo quando ha pubblicato la sua revisione globale della ricerca sull’autismo. Si tratta di un importante e massiccio studio, per più di un motivo. Un elemento messo in luce, che era riuscito a rimanere nascosto, è l’uso di cellule embrionali da aborti nella produzione dei vaccini.
CBS News ha riportato: ”Ratajczak afferma che nello stesso tempo in cui i produttori di vaccini hanno ridotto l’uso di thimerosal nella maggioranza dei vaccini (con l’eccezione dei vaccini contro l’influenza usati in USA che ancora ampiamente contengono thimerosal), hanno cominciato a produrre alcuni vaccini utilizzando tessuti umani. La Ratajczak dice che attualmente i tessuti umani sono utilizzati in 23 vaccini. Si discute l’aumento di incidenza dell’autismo in corrispondenza dell’introduzione di DNA umano nel vaccino MMR, e suggerisce che le due cose potrebbero essere collegate“.

 

http://www.cbsnews.com/news/vaccines-and-autism-a-new-scientific-review/

https://www.lifesitenews.com/news/study-confirms-autism-boom-correlates-with-aborted-fetal-dna-in-vaccines

http://www.rescuepost.com/files/theoretical-aspects-of-autism-causes-a-review1-1.pdf

http://www.all.org/pdf/McDonaldPaul2010.pdf

https://www.lifesitenews.com/news/abortion-tainted-new-flu-vaccine-from-vaxin-uses-aborted-fetal-cell-lines

05-05-2015

Protagonisti delle festività natalizie, i datteri andrebbero mangiati tutto l'anno e il perché è presto detto: sua eccellenza il dattero sarebbe in grado di stimolare il sistema immunitario, tenere a bada la pressione arteriosa e mantenere alla larga i tumori. Tipici dell'Africa mediterranea e dei Paesi dell'Asia occidentale, ricchi di ferro, vitamine e Sali minerali, i datteri sono al centro di una review di ricerche pubblicate negli ultimi anni effettuata dalla Qassim University, in Arabia Saudita, e pubblicata sull'International Journal of clinical and experimental medicine. La revisione ha trovato che i datteri contengono alti livelli di antiossidanti, che impediscono ai radicali liberi di danneggiare le cellule, processo che potrebbe provocare lo sviluppo di un cancro. In più, questi frutti conferiscono un buon apporto di polifenoli, altri tipi di antiossidanti che riducono il tasso di prevalenza e mortalità per cancro, e dei cosiddetti betaglucani, sostanze in grado di ridurre la crescita dei tumori. E, se non basta, i datteri contengono moltissimo potassio, magnesio, fosforo, calcio, sodio e selenio, tutti utili a stimolare il sistema immunitario. Presenti, inoltre, anche le vitamine del gruppo B, la vitamina A, K e J e diversi aminoacidi (lisina, arginina, alanina, glicina, leucina, lisina, ecc.), in grado di dare al nostro organismo anche un certo quantitativo di proteine. In ogni caso, ricordatevi che oltre il 60% dei datteri secchi è composto da zuccheri (destrosio, fruttosio, maltosio e saccarosio), per cui moderatene il consumo. Anche perché i datteri, soprattutto quelli secchi, forniscono molte calorie (circa 280 per ogni 100 grammi di frutto). Ma, secondo gli studiosi, la combinazione di minerali tipica dei datteri aiuta a metabolizzare proprio gli alti contenuti di zuccheri in modo da non trasformarli in grassi. Mangiatene quindi, ogni giorno, la giusta quantità: freschi o essiccati anche i datteri sono un toccasana!

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2894962/Have-date-just-help-cancer-bay-Christmas-favourite-eaten-year-round-say-scientists.html

Martedì, 05 Maggio 2015 12:31

L’ALCOL E’ LA PRINCIPALE CAUSA DI ICTUS.

05-05-2015

Consumare due drink alcolici al giorno nella fascia d'età fra i 50 e i 75 anni comporta un aumento del rischio di ictus addirittura maggiore rispetto a ipertensione e diabete. A dirlo è una ricerca pubblicata su Stroke da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma guidato da Nancy Pedersen, che spiega: “nonostante l'alcol sia da tempo noto per il suo possibile ruolo nell'ictus restano notevoli lacune su questo argomento, e gli studi finora svolti non hanno ancora permesso di stabilire un modello di rischio basato sul consumo di alcool per fasce di età”.
I ricercatori hanno analizzato un campione costituito da 11.644 gemelli svedesi seguiti per 43 anni e sottoposti a una serie di controlli medici e a dei questionari. “All'ingresso nello studio tutti i partecipanti avevano meno di 60 anni”, spiega Pedersen. L'obiettivo dello studio era di verificare la presenza di un effetto variabile esercitato dall'alcol in funzione dell'età, oltre a stabilire il ruolo di fattori genetici presenti all'inizio della vita. Dai dati si evince che le probabilità di subire un ictus in chi beve due drink al giorno sale del 34 per cento rispetto a chi beve soltanto mezzo drink. “Un drink corrisponde a una lattina di birra da 330 ml, a un bicchiere di vino da 125 ml oppure a un bicchierino di superalcolico da 40 ml”, ricorda l'autrice. “Questi risultati implicano che il consumo di alcol dovrebbe essere considerato un fattore di rischio età-dipendente per l'ictus”, conclude Pedersen.

 

http://newsroom.heart.org/news/heavy-drinking-in-middle-age-may-increase-stroke-risk-more-than-traditional-factors

05-05-2015

Nell’opinione comune sono elemento di attrazione (specie se riguardano gli uomini) o saggezza. Nella realtà scientifica, nient’altro che un segno di stress e cattiva cura del proprio corpo. I capelli grigi sono il risultato di un accumulo di radicali liberi nei follicoli. E più li stressiamo con lavaggi e asciugature, dieta sbagliata e molto altro, più facilmente la chioma diventerà brizzolata. Lo dimostra uno studio in laboratorio su follicoli umani diretto da Karin Schallreuter dell’University of Bradford (Usa) e pubblicato sul FASEB Journal, la rivista della Federation of the American Societies for Experimental Biology. Gli esperti hanno infatti dimostrato che i capelli si ingrigiscono quando nei follicoli si accumula un radicale libero, il perossido di idrogeno (la comune acqua ossigenata). Questo blocca l’enzima che produce la melanina, che dà colore ai capelli. Purtroppo il processo è irreversibile perché nel cuoio capelluto viene a mancare un altro enzima, la catalasi, che avrebbe il compito di “digerire” il perossido ed eliminarlo. Lo studio suggerisce dunque anche una via enzimatica per contrastare la perdita di colore della chioma, combattendo dall’interno i radicali liberi.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2013-05/foas-gha050313.php

http://www.dailymail.co.uk/news/article-2320019/Scientists-soon-able-reverse-gray-hair-intrusive-surgery-temporary-dyes.html

05-05-2015

Colesterolo, un indicatore importante della nostra salute da non sottovalutare. Spesso per abbassarlo si fa uso di farmaci di sintesi o naturali ma, in alcuni casi, potrebbe essere sufficiente agire a livello alimentare utilizzando cibi in grado di ridurre gli accumuli di grasso a livello del sangue o di far assorbire meno queste sostanze a livello intestinale. Tra i cibi che dovremmo mettere più spesso in tavola ci sono orzo e avena. Questi due cereali, dai più dimenticati e consumati in maniera davvero sporadica magari all’interno di qualche zuppa di legumi o verdure, sono stati al centro di una nuova ricerca che ha dimostrato come la presenza in essi dei beta-glucani (fibre solubili) possa essere di grande aiuto nella riduzione del colesterolo. E non servirebbero neppure alte dosi di queste sostanze: sono sufficienti 3 grammi di fibra al giorno il corrispettivo più o meno di un piatto di cereali (85 grammi circa), anche se a seconda della varietà di orzo e avena si possono trovare una minore o maggiore quantità di beta-glucani.
La ricerca apparsa sull'American Journal of Clinical Nutrition, si è basata sulla revisione di 28 studi precedenti sull’argomento, in cui era stato fatto il confronto fra diversi tipi di diete, alcune con almeno 3 grammi di beta-glucani ogni giorno e altre povere di queste sostanze. Si è potuto notare così che quelle in cui era ricca la presenza di fibre solubili contribuivano a ridurre il colesterolo cattivo (LDL) di 9.6 mg/dL e agivano in particolare proprio sulle persone che ne avevano più bisogno, ovvero coloro in cui si riscontravano livelli di grasso più elevati nel sangue. Dato che i beta-glucani si trovano anche all’interno dei chicchi dei cereali e non solo nella parte esterna (che comunque ne contiene la maggior parte) secondo gli esperti non sarebbe neppure necessario consumarli nella versione integrale: via libera dunque anche a orzo perlato e farina di avena. Inoltre, non c’è bisogno di mangiarli in quantità maggiori perché i benefici rimangono comunque gli stessi rispetto ad una singola porzione giornaliera.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Anne+Whitehead%2C+Eleanor+J+Beck%2C

05-05-2015

Se il cattivo umore porta spesso a vedere tutto nero, in realtà chi è cupo e pessimista ha una memoria migliore, soprattutto per i dettagli. Un team di ricercatori australiani ha analizzato la capacità di un gruppo di persone di ricordare i particolari di alcuni oggetti in condizioni atmosferiche di sole o di freddo, pioggia e vento. Il capo del team dell´università di New South Wales, Joseph Forgas, ha riferito che coloro che sono stati “costretti” al cattivo umore da condizioni atmosferiche sfavorevoli e fastidiose sono riusciti a ricordare una quantità di dettagli tre volte superiore alle persone rilassate, sorridenti e di buon umore, in una bella giornata di sole.

 

http://www.reuters.com/article/2009/11/02/us-mood-memory-idUSTRE5A10ZP20091102

05-05-2015

La terapia ormonale sostitutiva, usata per alleviare i sintomi della menopausa, aumenta il rischio di cancro alle ovaie. E’ quanto rileva la revisione di 52 diversi studi, compiuta dall’università di Oxford e pubblicata sulla rivista Lancet, che ha riscontrato un aumento dei casi anche a breve termine, per circa una ogni mille donne che assumono questi farmaci, per 5 anni, dopo i 50 anni d’eta’. ”Dire che non vi sia rischio a breve termine – commenta Richard Peto, coordinatore dello studio – dalla terapia ormonale sostitutiva non è vero”. Questi farmaci, su cui è stato documentato l’aumento di rischio di cancro al seno, sono tuttavia utili nel ridurre le probabilità di osteoporosi e tumore all’intestino. L’impatto sulle ovaie è stato a lungo dibattuto, soprattutto nel caso di donne che assumano la terapia per meno di cinque anni. Ma secondo quest’ultima revisione, che ha analizzato i dati su oltre 21mila donne, c’è un collegamento. In particolare, secondo Peto, potrebbe esserci un aumento dei casi di tumore per una donna su mille che assume la terapia, e di morte per una donna ogni 1.700.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-02/tl-tls021115.php

http://www.telegraph.co.uk/news/health/news/11408912/HRT-nearly-doubles-the-risk-of-ovarian-cancer-experts-warn.html

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