Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Giovedì, 02 Febbraio 2017 07:47

LE NUMEROSE VIRTU' DEL TARASSACO.

02-02-2017

Il tarassaco, conosciuto anche come “dente di leone”, è una pianta erbacea perenne largamente diffusa. La parte utilizzata, la radice, è una vera miniera di principi attivi. Contiene, infatti, alcoli triterpenici (tarasserolo, tarassacina), glucosidi (inulina, tannini, fruttosani), sali di potassio, vitamine A, B, C e D. Alle radici di questa pianta sono attribuite numerose attività: amaro-tonica, digestiva, colagoga, coleretica, stimolatrice delle funzioni epatiche, depurativa, diuretica, ipocolesterolemizzante, lassativa e anticellulitica. Studi su modelli animali hanno mostrato attività antinfiammatoria, colagoga e ipoglicemica. In vitro sono state evidenziate attività antitumorali, antiossidanti e anticoagulanti. Sempre in vitro, sono stati dimostrati effetti antimicrobici e battericidi. Il tarassaco è utilizzato per il trattamento di disturbi epatici quali prevenzione dei calcoli biliari, colecistopatia e insufficienza epatica. Trova impiego anche nel trattamento di reumatismi, gotta, eczema cronico (come depurativo), sovrappeso e disturbi digestivi. Come lassativo favorisce l’evacuazione delle feci e rappresenta un lenitivo in caso di infiammazioni emorroidali.

EPATOPATIE, INSUFFICIENZA EPATICA E BILIARE

Il tarassaco stimola la secrezione biliare fino a triplicarne il flusso normale; l’azione colagoga è intensa e si accompagna a quella coleretica, agendo nel contempo sulle cellule epatiche. Stimolando la funzione biliare, regola anche le funzioni intestinali e contrasta la stipsi. Il tarassaco induce notevoli modificazioni nel secreto biliare, aumentandone la fluidità e il contenuto di acidi e sali biliari. Tale meccanismo comporta un aumento dell’eliminazione del colesterolo tramite l’espulsione della bile. L’azione epatoprotettrice è dovuta alla stabilizzazione della membrana cellulare degli epatociti, all’incremento della produzione di bile e alle modificazioni della sua composizione. Come drenante e depurativo epatorenale è indicato nei disturbi della cistifellea e nella litiasi biliare, in caso di malattie del fegato e della colecisti, nell’insufficienza epatica, nella steatosi epatica, nell’insufficienza epatica e biliare. Affezioni cutanee causate da epatopatie quali acne, foruncolosi ed eczemi, possono migliorare grazie all’azione epatoprotettrice della droga.

AZIONE DIURETICA

L’eliminazione dei liquidi porta un miglioramento delle situazioni edemiche e in tutti i casi di ritenzione idrica, compresa la cellulite. Il suo impiego prolungato in modelli animali ha mostrato una diminuzione del peso corporeo. L’aumentata diuresi può rappresentare un rimedio coadiuvante nelle diete dimagranti, poiché favorisce la perdita del peso legato alla ritenzione idrica. L’eliminazione dei liquidi può provocare una riduzione della pressione arteriosa, pertanto l’uso di tale pianta potrebbe contribuire al controllo dell’ipertensione.

AZIONE DETOSSICANTE

La radice di tarassaco è presente in tutti i rimedi erboristici atti a eliminare dall’organismo i prodotti di rifiuto. Agisce sia sul fegato e sulla cistifellea promuovendo la secrezione biliare, sia sull’apparato urinario promuovendo la diuresi. L’eliminazione delle tossine contribuisce a mantenere il benessere generale dell’organismo, contrastando le aggressioni degli inquinanti e degli agenti nocivi.

AFFEZIONI REUMATICHE

La radice di tarassaco trova impiego nelle affezioni reumatiche grazie alle attività analgesica e antinfiammatoria, quest’ultima svolta in particolare a livello dei tessuti connettivi. Viene attribuita alla pianta anche un trofismo connettivale, testimoniato dalla sua azione nei confronti dell’artrosi. Indicata in caso di gotta, disturbi articolari e reumatici.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16950583

02-02-2017

Da quando ho iniziato la professione naturopatica il mio obiettivo è stato sin dall'inizio quello di trattare più casi possibili e immaginabili. In tutta modestia e rispetto, preferivo trattare casi difficili, laddove la medicina allopatica presentasse dei limiti per alleviare le sofferenze dei pazienti. Non nascondo che a Siracusa non è stato così difficile, perchè sono stati più i casi abbastanza delicati da trattare che quelli più semplici. Pazienti affetti da malattie autoimmuni, cardiocircolatori, tumori, malattie psichiatriche e neurologiche, erano i più frequenti. Ma tra centinaia di casi, presto o tardi arriva sempre un caso mai trattato, la cosiddetta "prima volta". E questo fu il caso di Marzia. Ogni volta che lo racconto, avverto sempre un'emozione particolare. Premetto che questa esperienza fu la conseguenza di tanti altri casi simili che mi permisero di acquisire una certa esperienza in merito. Erano quattro anni che Marzia e il marito Giovanni cercavano di avere un bambino. Dopo una serie di visite infruttuose da vari specialisti, stavano prendendo in considerazione l'ipotesi di sottoporsi a una cura con un farmaco sperimentale per la fertilità, quando decisero di venire a consultare anche me.
Durante la visita risultò che Marzia, per quanto fondamentalmente sana, aveva le mestruazioni irregolari da quando aveva smesso di prendere la pillola anticoncezionale. Ho constatato che molte donne hanno questo problema dopo la pillola. Invece di concentrarmi sul problema dell'infertilità, decisi di cominciare con il ristabilire un ciclo normale. La pillola blocca la secrezione da parte dell'ipofisi degli ormoni che stimolano le ovaie. In alcune ricerche è stato notato che in molte donne l'ipofisi stenta a ricominciare a funzionare dopo essere stata inibita dalla pillola per anni. Prescrissi a Marzia un integratore specifico, che conteneva delle erbe usate fin dall'antichità per ristabilire l'equilibrio ormonale femminile, presumibilmente attraverso la stimolazione dell'ipofisi. Essendo di gruppo sanguigno 0, gli consigliai di iniziare immediatamente, e in maniera rigida, il programma nutrizionale. Tre mesi dopo, le mestruazioni si erano regolarizzate e al quarto mese rimase incinta. Vi risparmio l'emozione e la gioia che provai quando vennero da me con le analisi del sangue ad annunciarmi questa meravigliosa notizia. Ebbi una reazione tranquilla e impassibile, forse come segno di forza professionale, ma non nascondo che quando uscirono dal mio studio, le lacrime non si potevano contare!

01-02-2017

I Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) raccomandano i vaccini coniugati per meningococco (nomi di marca Menactra e Menveo) per tutti i bambini di 11-12 anni di età con una dose di richiamo a 16. Menactra e Menveo (MCV4) contengono quattro ceppi di meningococco (A, C, W-35, Y) e hanno lo scopo di aiutare a prevenire la malattia meningococcica invasiva, che è un’infezione batterica causata dalla Neisseria meningitidis o meningococco, quando il batterio entra nel flusso sanguigno. I meningococchi sono naturalmente presenti nella gola e vie nasali degli esseri umani e la maggior parte dei bambini sviluppa anticorpi contro i batteri senza avere alcun sintomo.
C’è una bassa incidenza di malattia meningococcica negli Stati Uniti e anche in Italia, ma, raramente, gli individui che sono geneticamente o biologicamente suscettibili a sviluppare la malattia meningococcica invasiva sono a rischio di gravi lesioni e la morte, tra cui la perdita degli arti. Un significativo aumento di rischio di paralisi di Bell (paralisi o debolezza dei muscoli facciali) è stato trovato dando il vaccino meningococcico insieme ad altra vaccinazione. Il rischio di paralisi di Bell è aumentata 2,9 volte nelle 12 settimane dopo la vaccinazione. Tale paralisi era stata notata in precedenza come complicazione di epatite B, vaiolo e vaccinazione contro l’influenza (stagionale e H1N1).

 

http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1514866

01-02-2017

Sapere quali sono gli ingredienti con le quali vengono fatte le patatine fritte, uno dei cibi più comprati al McDonald's, è davvero disgustoso. Ovunque vengono fatte con soli due ingredienti: olio e patate. Il McDonald's utilizza ben diciassette ingredienti. Le patate vengono lavate e sbucciate in Canada, per l'esattezza a New Brunswick. Successivamente vengono “scottate” per rimuoverne gli zuccheri naturali che potrebbero variarne l'aspetto. Poi imbevute di destrosio per dar loro un colore omogeneo. Poi aggiunto un altro ingrediente serve a prevenirne l'ingrigimento. Gli ingredienti sono: patate, olio di colza, olio di soia idrogenato, olio di cartamo, aroma naturale, destrosio, sodio pirofosfato acido (serve a mantenere il colore), acido citrico, dimetilpolisilossano (antischiuma), olio di mais, THBQ, sale silicoalluminato, ioduro di potassio. Secondo True Activist alcuni degli ingredienti utilizzati sarebbero addirittura pericolosi per la salute: “Si va da quelli geneticamente modificati (come gli oli), agli antischiuma, passando per i coloranti artificiali”.

 

http://www.trueactivist.com/mcdonalds-transparency-campaign-revealed-17-ingredients-in-their-french-fries/

01-02-2017

Per contenere il nostro impatto ambientale e limitare lo spazio che determinate sostanze e determinati ritrovati sintetici hanno nella nostra vita di tutti i giorni, vi presento un’idea green piuttosto interessante, che proviene direttamente dagli Stati Uniti: una ricetta per realizzare da soli il proprio deodorante. Una soluzione pratica e fai-da-te per stare bene con se stessi e profumare di pulito in modo naturale, senza trucchi e senza artifici.

INGREDIENTI

- 3 cucchiai di burro di karité.
- 3 cucchiai di bicarbonato di sodio.
- 2 cucchiai di amido di mais.
- 2 cucchiai di burro di cacao.
- 2 capsule di olio di vitamina E.
- Un olio essenziale a scelta.

PROCEDIMENTO

Versate tutti gli ingredienti (ad eccezione degli oli) in un pentolino e scaldateli a fuoco lento e avendo cura di mescolare, fino a quando non si formerà una pasta piuttosto omogenea. Quindi togliete il pentolino dalla fiamma e trasferite il suo contenuto in una ciotola. Aggiungete l’olio contenuto nelle capsule di vitamina E (le capsule, reperibili in farmacia, vanno forate e “spremute”) e qualche goccia di un olio essenziale scelto da voi. Mescolate il tutto fino ad ottenere un composto cremoso e non troppo fluido e trasferitelo in quello che sarà il suo contenitore definitivo, un barattolo o un vasetto munito di coperchio. Infine, chiudete il contenitore e riponetelo in frigorifero per 30-40 minuti, in modo da far compattare il composto: il risultato sarà una pasta modellabile e lievemente granulosa, da spalmare a piccolissime dosi sotto le proprie ascelle per una freschezza naturale e a bassissimo impatto ambientale.

Una versione più semplice, anche se meno duratura, è il deodorante liquido a base di bicarbonato, che può essere utilizzato e vaporizzato “riciclando” i contenitori spray dei deodoranti tradizionali. Per realizzarlo è sufficiente versare due cucchiaini di bicarbonato in un bicchiere di acqua e lasciare riposare la mescola per 24 ore. Quindi bisogna filtrare il fluido ottenuto e unirvi alcune gocce di succo di limone, che contribuirà alla vostra freschezza quotidiana con le sue proprietà antibatteriche.

AVVERTENZA

Il successo del deodorante fatto in casa dipende anche dal pH della pelle di ciascuno: bisogna quindi tenere presente che queste dosi e queste composizioni potrebbero non andare incontro alle esigenze di tutti.

01-02-2017

L'artrite reumatoide è una patologia complessa che colpisce molte persone, circa il 3% degli adulti in Italia. Sembra che sia dovuta inizialmente a un danno alla membrana sinoviale (il tessuto che circonda l'articolazione), seguito da una reazione infiammatoria esagerata che aggrava ulteriormente il danno, finchè il corpo comincia a produrre anticorpi contro i tessuti delle articolazioni, con una conseguente escalation della malattia. Fortunatamente la medicina naturale ha qualche risposta per chi soffre di questa malattia dolorosa e frustrante. Il mio approccio consiste nel rimuovere tutti i fattori notoriamente capaci di danneggiare le articolazioni e nell'attenuare il processo infiammatorio in modo da arrestare questo circolo vizioso. Sembra che tra i più significativi fattori scatenanti dell'artrite reumatoide ci siano le allergie alimentari, probabilmente per via del danno inflitto alle membrane intestinali durante la reazione allergica agli alimenti. In tal caso vi è una liberazione di tossine, immunocomplessi, veleni batterici e altre sostanze nocive, alcune delle quali sono particolarmente dannose per le articolazioni. E' dimostrato che l'eliminazione dalla dieta degli alimenti allergizzanti procura notevole giovamento ad alcuni soggetti che soffrono di artrite reumatoide. Tuttavia il digiuno è risultato ancora più efficace. Con il digiuno a base di sola acqua, oltre a evitare tutti gli allergeni, si permette all'intestino di guarire e alla permeabilità intestinale di ritornare nella norma.
Uno dei motivi per cui i malati di artrite reumatoide sviluppano allergie alimentari è che spesso hanno deficit di acidi gastrici e altri fattori digestivi. L'assunzione della betaina cloridrato ai pasti aiuta molto la digestione (in particolare delle proteine) e una migliore digestione riduce la sensibilità alimentare. Il secondo passo consiste nel controllare attivamente la risposta infiammatoria eccessiva. Il modo più efficace per farlo sembra essere l'integrazione con antiossidanti, oli di pesce e di borragine o di enotera. Ai miei pazienti artritici prescrivo dosi elevate di antiossidanti (vitamine C ed E e selenio) e consiglio di mangiare il più possibile frutta e verdura dai colori vivaci, che è ricca di flavonoidi e carotenoidi antinfiammatori. L'integrazione alimentare con oli di pesce o olio di fegato di merluzzo è molto efficace per ridurre l'infiammazione cronica indotta dall'artrite reumatoide e da altre malattie infiammatorie. In genere, se l'unica terapia è l'olio di pesce, ci vogliono circa quattro mesi per ottenere un miglioramento clinico evidente. La cosa interessante è che, durante la fase di miglioramento, i dosaggi delle varie sostanze infiammatorie hanno evidenziato una diminuzione dal 19% al 54,7% addirittura. Chiaramente gli oli di pesce sono ottimi nutrienti antinfiammatori e per chi soffre di forme leggere l'integrazione non è sempre necessaria, a condizione di mangiare pesce pescato in acque fredde almeno una volta al giorno. Altrettanto efficace è l'integrazione con l'acido grasso gamma-linolenico (GLA) presente nell'olio di enotera, di borragine e di ribes nero, che riduce il dolore e l'infiammazione dell'artrite. Tuttavia in alcune persone questi oli sono meno efficaci di quelli di pesce, perchè per essere convertiti in prostaglandine antinfiammatorie devono passare attraverso un processo enzimatico in più. E' importante sottolineare che l'integrazione con acidi grassi è più efficace quando il consumo totale di grassi, e in particolare di grassi animali, viene ridotto.

31-01-2017

La degenerazione maculare legata all'età è la causa principale di cecità fra gli anziani in Europa. Un quarto degli europei sopra i 65 anni e un terzo di quelli sopra i 75 manifesta segni di degenerazione maculare. Una delle cause principali sembra essere la suscettibilità della retina al danno ossidativo. I raggi ultravioletti creano radicali liberi che danneggiano gli acidi grassi all'interno della retina. Poichè il cristallino concentra la maggior parte della luce che entra nell'occhio sulla macula, non è sorprendente che sia la parte che subisce maggiori danni. Sin dal 1982 è noto che l'integrazione con antiossidanti fa diminuire la produzione di radicali liberi nella retina degli animali. Le ricerche sull'uomo hanno dimostrato che quanto più alti sono i valori di antiossidanti nel sangue, tanto minore è l'incidenza di degenerazione senile. Uno studio recente su 421 individui ha messo in evidenza che coloro che possedevano nel sangue una percentuale elevata di carotenoidi, vitamina C ed E e selenio, avevano un 30% in meno di probabilità di andare incontro a degenerazione maculare. Un'altra ricerca ha dimostrato che l'apporto giornaliero di frutta e verdura ricchi di carotene è inversamente proporzionale all'incidenza della degenerazione maculare. I carotenoidi che danno maggiore protezione sono la luteina e la zeaxantina, presenti in pomodori e verdure a foglie verdi scure, soprattutto spinaci e cavolo comune. L'integrazione con 5 mg al giorno di questo carotenoide fa aumentare in maniera significativa i valori di luteina e zeaxantina nella macula, senza effetti collaterali. 
Va notato, che lo stesso beta-carotene, che si trova nelle verdure di colore rosso-arancione, ha scarso effetto preventivo nei confronti della degenerazione maculare. Anche lo zinco ha effetti benefici sull'occhio. Due enzimi importanti per la retina, la retinolo deidrogenasi e la superossido dismutasi, dipendono dallo zinco. Per vedere se lo zinco è utile a chi soffre di degenerazione maculare, alcuni ricercatori hanno prescritto a un gruppo di 151 pazienti 80 mg di zinco al giorno oppure un placebo; dopo due anni hanno riscontrato che il gruppo a cui era stato somministrato lo zinco aveva un'acutezza visiva del 42% più alta rispetto al gruppo placebo. E' dimostrato che anche il ginkgo biloba è un valido aiuto nella prevenzione della degenerazione maculare, poichè contiene flavonoidi antiossidanti che proteggono la retina dai danni provocati dai radicali liberi, e della retinopatia diabetica, altra causa importante di cecità fra gli anziani.

Martedì, 31 Gennaio 2017 08:26

QUESTE PIANTE MUOIONO VICINO ALLE ONDE WI-FI.

31-01-2017

Un esperimento scientifico danese compiuto da un gruppo di ragazze della scuola secondaria superiore ha suscitato interesse in tutto il mondo e potrebbe farci cambiare idea riguardo la proliferazione dei dispositivi wireless nelle nostre case. Secondo il sito web danese di notizie DR, cinque ragazze della prima classe superiore di Hjallerup hanno avviato l’esperimento dopo avere notato che quando la notte dormivano con il cellulare acceso accanto alla testa, il giorno successivo mostravano difficoltà a concentrarsi. Non essendo in grado di condurre un esperimento sugli effetti dei segnali wireless sull’attività cerebrale, le ragazze hanno quindi deciso di osservare la crescita di piante vicino ai router Wi-Fi - e i risultati hanno un che di sconvolgente. Come riferisce il sito, sei vaschette di semi di crescione dei giardini sono state messe in una stanza senza alcun router Wi-Fi, mentre altre sei vaschette dello stesso tipo sono state collocate in un’altra stanza, accanto a due router Wi-Fi, i quali, stando ai calcoli delle ragazze, emettevano più o meno lo stesso tipo di onde di un comune cellulare. Nel corso dei 12 giorni dell’esperimento, i semi nelle sei vaschette distanti dai router sono cresciuti normalmente, mentre i semi vicino ai router non l’hanno fatto. Anzi, le foto diffuse mostrano che molti dei semi collocati vicino ai router sono diventati marroni e sono morti.
Questo ha scatenato in Danimarca un acceso dibattito in merito ai possibili effetti negativi sulla salute da parte di telefoni cellulari e impianti Wi-Fi, "ha detto alla ABC News Kim Horsevad, insegnante di biologia alla scuola di Hjallerup. La Horsevad ha affermato che parte della discussione sugli effetti negativi dell’esperimento ha riguardato l’ipotesi che i semi di crescione si siano seccati a causa del calore emesso dai router Wi-Fi utilizzati. Ha raccontato che nel corso dell’intero esperimento le studentesse hanno mantenuto sufficientemente idratati entrambi i gruppi di semi di crescione e che le temperature sono state regolate da termostati. Secondo Popular Science uno studio simile è stato condotto tre anni fa in Olanda, quando i ricercatori osservarono che alcuni alberi nelle aree urbane stavano presentando “protuberanze” sulla corteccia. L’esperimento, effettuato dall’Università di Wageningen, ha comportato l’esposizione per tre mesi di 20 alberi di frassino a vari tipi di radiazioni. Gli alberi scelti per verificare la tolleranza a forti segnali Wi-Fi cominciarono a manifestare tipici segni di malattia da radiazione, tra cui un aspetto lucido, simile al piombo, sulle foglie. Riguardo all’attenzione che l’esperimento scientifico delle ragazze sta avendo, la Horsevad ha dichiarato che il professore di neuroscienze Olle Johanssen, insieme all’istituto svedese Karolinska, ha manifestato un grande interesse. “Probabilmente [Johanssen] ripeterà l’esperimento in condizioni scientifiche, in un ambiente controllato e professionale, "ha detto la Horsevad. “Pertanto è ovviamente consigliabile attendere gli esiti dei suoi esperimenti prima di incentrare importanti decisioni sui risultati dell’esperimento delle ragazze”.

COMMENTO

Non è difficile capire il fascino del Wi-Fi. Questa tecnologia rivoluzionaria, che è stata disponibile in commercio a partire dal 1999, elimina il cablaggio per i computer, riduce i costi di utilizzo cellulari e permette di connettersi a Internet da qualsiasi luogo con un segnale. Nonostante questi vantaggi, tuttavia, gli studi continuano a mostrare che la radiazione generata dal router wireless sta influenzando negativamente la nostra salute. In realtà, il sito attivista britannico Stop Smart Meters ha recentemente pubblicato un elenco di 34 studi scientifici che dimostrano gli effetti negativi biologici di esposizione al Wi-Fi, compresi mal di testa, riduzione dello sperma e stress ossidativo.

 

http://www.dr.dk/nyheder/indland/forsoeg-med-karse-i-9-klasse-vaekker-international-opsigt

https://www.youtube.com/watch?v=TAAd-x7dqAo

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22465825

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22112647

http://wifiinschools.org.uk/resources/laptops+and+sperm.pdf

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23479077

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19396408

http://www.icems.eu/papers.htm?f=/c/a/2009/12/15/MNHJ1B49KH.DTL

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23675629

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19637079

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22489926

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22019785

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23145464

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21714138

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23334843

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21360060

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20560769

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14600821

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10544828

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10619445

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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15180806

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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10079935

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23915130

Lunedì, 30 Gennaio 2017 06:27

MANGIARE PEPERONCINO ALLUNGA LA VITA.

30-01-2017

Il consumo di peperoncino aumenta la durata della vita? Sembra proprio così. I ricercatori del Larner College of Medicine presso l’Università del Vermont hanno dimostrato, in un ampio studio prospettico, che il consumo di peperoncino rosso è associato ad una riduzione del 13% della mortalità totale e principalmente dei decessi dovuti a malattie cardiache o ictus. Lo studio è stato recentemente pubblicato in PLoS ONE. Per secoli, peperoncini e spezie sono stati utilizzati per il trattamento di diverse malattie, ma solo un altro studio - condotto in Cina e pubblicato nel 2015 - ha già esaminato il consumo di peperoncino e la sua associazione con la mortalità. Sulla base delle teorie di Ippocrate e Galeno, le spezie potevano contribuire a ripristinare gli squilibri umorali responsabili della malattia. Spezie e cibi piccanti come il peperoncino, aumentano il catabolismo dei lipidi, ossia la degradazione ossidativa dei lipidi, in diversi organi e tessuti, proteggendo dall’ipercolesterolemia e l’obesità, riducendo i rischi di ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari aterosclerotiche. L’attività antimicrobica delle spezie è stata evidenziata da effetti inibitori contro l’Helicobacter pylori e altri batteri e funghi che possono alterare la flora intestinale e influenzare varie malattie metaboliche. Molte spezie possiedono proprietà antiossidanti ed hanno effetti antinfiammatori e potrebbero servire a prevenire e mitigare varie malattie croniche. Le potenziali proprietà antitumorali di alcune spezie sono state supportate da uno studio ecologico degli Stati Uniti e India che ha rivelato una relazione inversa tra la produzione di spezie (e, presumibilmente, i consumi) e l’incidenza del cancro. Un’analisi di coorte prospettica in Cina ha fornito la prova più convincente fino ad oggi esistente, dei benefici clinici delle spezie ed in particolare dei peperoncini: ha mostrato una relazione inversa tra il consumo di peperoncino e la mortalità per tutte le cause come cancro, malattie respiratorie e cardiovascolari. Questo nuovo studio corrobora i risultati dello studio precedente. Utilizzando i dati raccolti dal National Health and Nutritional Examination Survey (NHANES) da più di 16.000 americani che sono stati seguiti per un massimo di 23 anni, lo studente di medicina Mustafa Chopan e il Professore di Medicina Benjamin Littenberg, hanno esaminato le caratteristiche dei partecipanti, in base al loro consumo di peperoncino rosso.
”Abbiamo studiato il National Health and Nutritional Examination Survey (NHANES), un campione rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti. I dati sono stati analizzati da un sottocampione dei partecipanti al sondaggio NHANES III condotto dal 1988 al 1994. Sono stati inclusi tutti i soggetti di almeno 18 anni con i dati completi per il risultato ed i predittori. I partecipanti al NHANES sono stati sottoposti ad ampie interviste e a valutazioni di laboratorio, tra cui analisi del sangue e delle urine e misure di fattori socio-economici, le caratteristiche cliniche e le abitudini personali. Il moderato uso di alimenti e bevande durante il mese precedente lo studio, sono stati valutati con un questionario di frequenza alimentare. In questo ampio studio prospettico, abbiamo osservato una relazione inversa tra il consumo di peperoncino rosso e tutte le cause di mortalità, dopo aggiustamento per i potenziali confondenti. Gli adulti che hanno consumato peperoncino rosso avevano un rischio del 13% più basso di morte, rispetto a coloro che non avevano consumato peperoncino. Questi risultati si aggiungono alla letteratura esistente e corroborano i principali risultati del precedente studio. Essi sono comunque distinti, nel senso che sono tratti da una popolazione diversa e quindi possono sostenere la generalizzabilità degli effetti protettivi del peperoncino rosso”, ha spiegato Littenberg, autore principale dello studio. In seguito, i ricercatori hanno esaminato i dati di un follow-up mediano di 18,9 anni che riportavano 4.946 decessi ed hanno poi analizzato le cause specifiche dei decessi. La mortalità totale dei partecipanti che hanno consumato peperoncino rosso è stata del 21,6% rispetto al 33,6% di coloro che non hanno consumato peperoncino (riduzione del rischio assoluto del 12%; rischio relativo di 0,64). Rettificato per dati demografici, stile di vita e caratteristiche cliniche, il rapporto di rischio è risultato dello 0.87 (p = 0.01; 95% intervallo di confidenza 0,77-0,97). Il consumo di peperoncino rosso è risultato associato ad una riduzione del 13% del rischio di morte. Tendenze simili, ma statisticamente non significative, sono state osservate per le morti da malattie vascolari, ma non da altre cause. In questo ampio studio prospettico basato sulla popolazione, il consumo di peperoncino rosso è stato associato ad una riduzione della mortalità. “Anche se il meccanismo con cui il peperoncino ritarda la mortalità è tutt’altro che certo, i canali Transient Receptor Potential (TRP), che sono i recettori primari degli agenti piccanti come la capsaicina (componente principale del peperoncino), possono essere in parte responsabili dei suoi benefici effetti”, dicono gli autori dello studio. “Ci sono alcune possibili spiegazioni dei benefici per la salute derivanti dal peperoncino”, affermano Chopan e Littenberg. ”E’ possibile che la capsaicina svolga un ruolo nei meccanismi cellulari e molecolari che impediscono l’obesità e modulano il flusso sanguigno coronarico. Inoltre, la capsaicina possiede proprietà antimicrobiche che possono influenzare il microbiota intestinale e indirettamente l’immunità. Poichè il nostro studio aggiunge prove all’evidenza dei benefici del peperoncino per la salute e alle sua capacità di ridurre il rischio di morte per tutte le cause, il suo consumo può diventare una raccomandazione dietetica e fonte di ulteriori ricerche in forma di studi clinici”, conclude Chopan.

 

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0169876

Lunedì, 30 Gennaio 2017 06:25

L'INGANNO DEGLI OMEGA-3 NEI PRODOTTI.

30-01-2017

In tutto il mondo nei negozi e supermercati si trovano prodotti sulle cui etichette è riportata la scritta “con omega-3”. I prodotti in questione sono: yogurt, latte, uova, pane, maionese, margarina, altri prodotti. Questo è solo un modo per attrarre i consumatori! La maggior parte di quei prodotti non contengono alcuna specie utile di omega-3 che possono aiutare il cuore. In effetti le sostanze che hanno un effetto protettivo sul nostro cuore sono: DHA (acido docosaesaenoico) ed EPA (acido eicosapentaenoico), più conosciuti come omega-3 presenti nel grasso dei pesci. Gli omega-3 aggiunti nei prodotti in questione (a buon mercato), non sono altro che ALA (acido alfa linolenico), un tipo di omega-3 ottenuto dai vegetali e non utile per l’organismo umano. Inoltre, nella maggior parte dei casi, questo tipo di omega-3 viene aggiunto in piccole quantità solo per attirare i consumatori con una vistosa scritta sull’etichetta. Ideale per ottenere il massimo beneficio sarebbe consumare pesci abbastanza grassi, ad esempio il salmone che contiene una quantità 100 volte maggiore, rispetto ai prodotti sopradescritti, proprio del tipo DHA ed EPA, che hanno un effetto molto benefico sulla salute dell’organismo e tutti i suoi organi.

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