Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

22-12-2016

Uno studio norvegese condotto dall’Università di Bergen, pubblicato sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, mette in allerta le donne dal pericolo della menopausa: potrebbe infatti danneggiare i polmoni con gli stessi effetti del fumo del tabacco prolungato e accanito. Gli studiosi hanno analizzato i dati provenienti da 1.438 donne arruolate nell’European Respiratory Health Survey, una ricerca sulla salute respiratoria. Tra le donne, di età compresa tra i 25 e 48 anni, all’inizio della ricerca nessuna era in menopausa, dopo esser state seguite per un periodo lungo 20 anni moltissime hanno sperimentato questo evento fisiologico, legato al termine del ciclo mestruale e dell’età fertile. Una volta entrate in questa fase della vita, nelle donne è stato riscontrato un accelerato declino nella funzione polmonare, simile a quello che è possibile sperimentare fumando molte sigarette, fino a 20 al giorno per 10 anni. In particolare i parametri presi come riferimento sono stati due: una sorta di misura dei polmoni e quindi della loro possibilità di espansione (la forced vital capacity, FVC) e la quantità di aria che può essere inalata in un secondo (il forced expiratory volume in one second, FVC1). Ne è emerso che il declino della prima di queste due funzioni era paragonabile a fumare 20 sigarette al giorno per 10 anni, quello della seconda equivaleva invece a fumare 20 sigarette al giorno per 2 anni.

 

http://www.atsjournals.org/doi/abs/10.1164/rccm.201605-0968OC

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-12/ats-lfd120116.php

22-12-2016

Che il colore del cibo sa importante è ormai risaputo: a ogni colore corrisponde una proprietà benefica; adesso, secondo uno studio condotto nel Regno Unito, anche il colore della confezione nella quale vengono serviti o venduti i cibi influirebbe sulla percezione che abbiamo di un certo elemento. Lo studio in questione è stato condotto dall’Università di Oxford e pubblicato dalla rivista “Flavour”, e mostra come la nostra percezione del cibo non riguardi soltanto il gusto, come spiegano gli stessi ricercatori: "Il modo in cui percepiamo il cibo è un’esperienza multi-sensoriale che coinvolge non solo il gusto e la consistenza del cibo, ma anche il profumo e la vista. Perciò, anche prima che il cibo arrivi nella nostra bocca, il cervello si e già formato un suo parere". Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di valutare la qualità generale del cibo attraverso diversi esperimenti, ad esempio cercando di capire se l’opinione su quel cibo cambiava se veniva usato un cucchiaio di plastica anziché uno di metallo o di colore diverso. L’esperimento principale è stato condotto facendo mangiare ai volontari dello yogurt greco con posate diverse. Secondo i volontari che hanno partecipato all’indagine, lo yogurt risultava essere più buono e dolce se mangiato con dei cucchiaini di plastica leggeri, mentre pareva più amaro se consumato con un cucchiaio di metallo. Allo stesso modo, secondo i risultati di questa ricerca, cambierebbe la percezione del sapore del cibo a seconda del colore delle posate e dei contenitori nei quali è servito. L’esperimento che ha dimostrato senza ombra di dubbio questa particolarità è quello condotto sulla cioccolata calda. Gli esperti hanno fatto assaggiare ai volontari lo stesso tipo di cioccolata calda servita in tazze di colore bianco, crema, rosso e arancione e, nonostante la cioccolata contenesse gli stessi ingredienti, quella contenuta nelle tazze arancioni e color crema risultava essere più buona e gustosa rispetto a quella servita nei contenitori degli altri colori.

 

https://flavourjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/2044-7248-2-21

22-12-2016

1. UOVA

L’uovo è conosciuto per essere uno degli alimenti più nutrienti. Soprattutto il tuorlo è ricco di vitamine del gruppo B. E’ stato clinicamente dimostrato che queste vitamine possono ridurre i sintomi della depressione, perché sono in grado di valorizzare le funzioni neurali. Le uova possono essere consumate dal sole o possono essere mescolate con altri ingredienti per creare deliziose omelette e altri piatti.

2. PESCE

Il pesce è considerato “cibo per la mente” da riscontri scientifici. In particolare pesci che vivono in acque fredde e profonde, come i salmoni, tonni, sgombri, sardine e hanno abbondanza di acidi grassi omega-3. Questo grasso sano è direttamente legato ad una migliore funzione del cervello perché gli acidi grassi, in particolare il DHA, sono gli elementi della materia grigia del cervello. Inoltre, la carne di questi pesci contengono proteine che stabilizzano lo zucchero nel sangue.

3. NOCI E SEMI

Semi come la zucca e il girasole, noci, anacardi e mandorle sono noti per contenere elevate quantità di magnesio. Questo minerale può migliorare l’umore di una persona in due modi diversi. Migliora la produzione globale di energia e stimola anche la produzione di serotonina, un noto rilassante naturale. Essi contengono anche grassi sani e proteine che possono aumentare la salute dei vostro sistema nervoso e promuovere la stabilità di zucchero nel sangue.

4. TE’ VERDE

Il tè verde è anche legato al miglioramento della salute del sistema nervoso. Il tè verde contiene l’aminoacido L-teanina, che aiuta a stimolare la creazione di onde cerebrali alfa. La stimolazione di queste onde cerebrali è in grado di fornire un effetto calmante, ”migliorando la messa a fuoco”. Inoltre, L-teanina viene facilmente assorbita e i suoi effetti sull’umore sono immediati.

5. "GRANI ANTICHI"

Cereali come miglio, amaranto, orzo e avena sono noti per avere più carboidrati complessi che le loro controparti moderne come grano, mais e riso. Poichè necessitano di più tempo per la digestione, non causano i cali di zucchero nel sangue spesso osservati con il consumo di cereali tradizionali. E con i livelli più stabili di zucchero nel sangue, anche gli stati d’animo tendono ad essere più stabili.

Giovedì, 22 Dicembre 2016 10:01

IL TEA TREE OIL E’ UN POTENTE GERMICIDA.

22-12-2016

La Melaleuca alternifolia è un albero alto 6 metri circa le cui foglie si presentano “alternate”. Cresce in Australia ove esistono anche piantagioni che consentono una notevole produzione di olio essenziale ormai noto per le sue proprietà battericide, germicide e fungicide. Risulta essere particolarmente efficace per l’attività germicida che lo caratterizza a cui associa un odore gradevole ed una mancanza di tossicità ed effetti irritanti sulle mucose. L’indice aromatico (secondo la tecnica di Belaiche) consente di poter includere questa essenza fra le maggiori dell’aromaterapia antinfettiva (Origano di Spagna, Santoreggia, Cannella di Ceylon, Timo, Garofano). L’indice aromatico permette al professionista di stabilire il potere antisettico di un olio essenziale nei confronti di una colonia batterica. Tale indice varia da 0,45 a 1, sia nei confronti di germi Gram-positivi e negativi, sia verso i miceti. Particolarmente interessante si è rivelato il suo uso nel trattamento delle cistiti croniche coli bacillari idiopatiche, nelle infezioni vaginali da Candida albicans, nelle infezioni cutanee. L’ottima tolleranza da parte delle mucose permette una somministrazione prolungata che permette nel caso della Candida albicans, ad esempio, un’eradicazione. Belaiche riferisce che in una sperimentazione effettuata con 28 pazienti utilizzando la prescrizione di ovuli vaginali (2 centigrammi di O.E. per ovulo - un ovulo la sera per 90 giorni), ben 23 presentarono una guarigione clinica con scomparsa dei sintomi (bruciore e leucorrea). Gli esami biologici mostrarono la scomparsa della Candida albicans in 21 pazienti. Le infezioni cutanee maggiormente trattate sono quelle nelle quali sono in causa la Candida, lo Stafilococco, lo Streptococco e i Gram-negativi: rispondono in modo positivo al trattamento con l’olio di tea tree e, anche in questo caso, emerge l’ottima tolleranza cutanea. Scrive Belaiche: “lo abbiamo già largamente segnalato nelle nostre osservazioni, questa eccezionale qualità per un olio essenziale così fortemente germicida permette trattamenti di lunga durata che sono all’origine dei risultati ottenuti”. Altre indicazioni cliniche sono: affezioni rinofaringee, afte, stomatiti, piorrea, gengiviti ecc.

Giovedì, 22 Dicembre 2016 10:00

MIELE CONTRO LA SINUSITE.

22-12-2016

Se le api lo amano e lo proteggono strenuamente c'è una ragione: il miele non è soltanto buono ma anche curativo. Un cucchiaino di miele protegge la gola e calma l'indolenzimento durante la stagione fredda. Sciolto poi nel thè, rallegra la giornata dando una sensazione di benessere. Il miele veniva usato come alimento essenziale già dai tempi biblici ed era conosciuto come valuta durante l'Impero Romano. Una ricerca recente suggerisce che il miele sia di giovamento anche per coloro che soffrono di sinusite, un infiammazione dei seni paranasali scatenata da un misto di batteri, funghi, allergie o infezioni virali-conosciuta anche come rinosinusite. Le scoperte collegate a questa ricerca sono state presentate all’American Academy of Otolaryngology-Head e al meeting annuale della Neck Surgery Foundation. A condurre lo studio è stata l'università canadese di Ottawa, e il suo co-autore dr. Joseph G. Marsan non si è dimostrato affatto sorpreso dalle caratteristiche antibatteriche trovate nel miele. "Il miele è usato nella medicina tradizionale come fasciatura antimicrobica sulle ferite infette da centinaia di anni".
I ricercatori hanno investigato l'attività del miele sulle comunità cariche di batteri note come "biofilms," responsabili di molte infezioni croniche, incluse le sinusiti. Si sa che i biofilm rigettano gli antibiotici prescritti e gran parte dei rimedi più comuni per i sintomi della sinusite. Il dott. Marsan spiega in merito che gli antibiotici comuni vengono bloccati dai batteri raggruppati insieme nei biofilm, e che le ragioni sono ancora sconosciute: "Alcuni batteri hanno trovato un metodo per resistere all’azione degli antimicrobici vivendo in sostanze chiamate biofilm, difficili da penetrare". Marsan e il suo team di ricerca hanno scoperto che solamente alcuni tipi di miele contengono quegli elementi antibatterici necessari per gestire con successo l'infiammazione causata da queste infezioni croniche. "La nostra ricerca ha messo in luce che alcuni tipi di miele, in particolare il Manuka dal New Zealand, posseggono una potente azione distruttiva di quei batteri costituitisi in biofilm superiore ai più potenti antimicrobici usati in medicina oggi. "Sebbene siano stati isolati i tipi diversi di miele dalle proprietà antibatteriche, i ricercatori devono ancora studiarli al di fuori del piattino di Petri e nell'ambito di sperimentazioni cliniche.

 

https://consumer.healthday.com/alternative-medicine-information-3/mis-alternative-medicine-news-19/a-honey-of-a-sinusitis-treatment-619568.html

https://www.sciencedaily.com/releases/2008/09/080923091335.htm

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2008-09/aaoo-hei091508.php

21-12-2016

In diversi articoli ho espressamente dichiarato quanto le proteine siano importanti per la salute, e che la carne, soprattutto quella rossa, è una delle migliori fonti proteiche. La carne rossa infatti contiene ferro, vitamine del gruppo B, fosforo e grassi di altissima qualità. Ed è esattamente il cibo che per secoli ha nutrito l’uomo. Ovviamente la carne non è tutta uguale. E’ importante che ti procuri solo carne di animali allevati a pascolo e nutriti ad erba. (Non credere che sia troppo difficile trovarla, prova a chiedere al tuo macellaio). Inoltre, è bene che consumi solo carne di bovino, vitello e agnello, non carne di maiale, perché è troppo pesante da digerire ed è piena di veleni che derivano dall’alimentazione molto carica a cui sono sottoposti i maiali. Oggi si è sempre un pò preoccupati di consumare carne rossa, perché si teme il rischio di infiammazioni e cancro. Ma l’infiammazione a causa della carne rossa è un pericolo reale o è solo un altro mito? Scopriamolo insieme…

GLI STUDI SULLA CARNE ROSSA

Due studi controllati diversi hanno misurato i marcatori di infiammazione in risposta ad una maggiore assunzione di carne rossa, ed entrambi hanno evidenziato che la carne rossa non innalza in alcun modo il livello di questi marcatori. Il primo studio ha concluso che l’aumento del consumo di carne rossa in sostituzione ai carboidrati nella dieta di soggetti non anemici non aumenta i marcatori di infiammazione. L’altro studio ha dimostrato che, nelle donne anemiche, i marcatori di infiammazione in una dieta ricca di carne rossa non erano significativamente più alti rispetto a quelli in una dieta ricca di pesce azzurro. Questi risultati suggeriscono che la carne rossa non provoca una risposta infiammatoria maggiore rispetto alle altre carni nella maggior parte delle persone, ed è potenzialmente meno infiammatoria dei carboidrati. Ma entriamo più nello specifico, nei meccanismi che hanno reso la carne rossa così temuta e hanno fatto sì che fosse accusata di creare infiammazione.

PRESENZA DI NEU5GC NELLA CARNE ROSSA

Nonostante la mancanza di studi clinici controllati che dimostrano che la carne rossa crea infiammazione, c’è stata una recente preoccupazione per un composto presente nella carne rossa chiamato Neu5Gc. Il Neu5Gc è un monosaccaride che agisce come molecola segnale nelle cellule dei mammiferi, e una delle sue funzioni è aiutare il sistema immunitario a distinguere tra cellule proprie e cellule estranee. Noi esseri umani abbiamo perso la capacità di produrre Neu5Gc milioni di anni fa, a causa di una mutazione genetica, anche se produciamo ancora un composto strettamente correlato a questo, il Neu5Ac. Gli esseri umani sono gli unici ad aver perso questa capacità, perché la maggior parte degli altri mammiferi producono ancora Neu5Gc, ed è per questo che il composto si trova nella carne dei mammiferi. Quando consumiamo carne rossa e prodotti lattiero-caseari, incorporiamo un pò di questo composto nei nostri tessuti, in particolare i tessuti che crescono ad un ritmo veloce, come i feti, i tessuti epiteliali ed endoteliali e i tumori. La preoccupazione deriva dal fatto che la maggior parte di noi ha anche anticorpi anti-Neu5Gc circolanti nel sangue, e alcuni ricercatori hanno suggerito che questi anticorpi reagiscono con il Neu5Gc nei nostri tessuti per creare infiammazione cronica, provocando malattie croniche come il cancro.
Il problema è che i ricercatori sono ancora ben lontani dal dimostrare questa teoria. La ricerca è nelle primissime fasi e, mentre vengono fatte alcune ipotesi interessanti che coinvolgono questa molecola, gli studi necessari per confermare o smentire queste ipotesi sono inesistenti. La maggior parte degli studi condotti sul ruolo della molecola nell’infiammazione cronica, quindi, si fermano alla pura speculazione. In assenza di prove conclusive, in ogni caso, può essere utile ricordare che la carne rossa ha fatto parte della dieta umana per gran parte della nostra storia, e rimane un elemento importante nella dieta di molte culture sane. Ad esempio, la dieta tradizionale della tribù africana dei Masai era composta quasi interamente di carne rossa, sangue e latte - tutti ad alto contenuto di Neu5Gc - eppure a loro erano sconosciute le malattie infiammatorie moderne. Questo dovrebbe farci riflettere! Questo è il motivo principale (non dimostrato e quindi per ora infondato) che ha fatto nascere una vera e propria fobia della carne rossa.

 

http://jn.nutrition.org/content/137/2/363.long

http://journals.cambridge.org/download.php?file=%2FBJN%2FBJN102_04%2FS0007114509220794a.pdf&code=8a22538becdb1cb41d84a553e6b92ef1

http://health.ucsd.edu/news/2003/09_29_Varki.html

http://glycob.oxfordjournals.org/content/18/10/818.full.pdf

http://www.pnas.org/content/100/21/12045.full.pdf

http://www.journeytoforever.org/farm_library/price/price9.html

21-12-2016

Una grande analisi della ricerca attuale dimostra che le persone che mangiano almeno 20 g di noci al giorno hanno un minor rischio di malattie cardiache, cancro e altre malattie. L’analisi di tutti gli studi attuali sul consumo di noci e rischio di malattia ha rivelato che 20 g al giorno - l’equivalente di un pugno - può ridurre il rischio di malattia coronarica di quasi il 30 per cento, il rischio di cancro del 15 per cento e il rischio di morte per qualsiasi causa del 22 per cento. Il consumo di una media di almeno 20 g di noci al giorno è stato anche associato ad un ridotto rischio di morte per malattie respiratorie di circa la metà e di diabete di quasi il 40 per cento, anche se i ricercatori osservano che vi sono meno dati su queste malattie in relazione al consumo di noci. Lo studio, condotto da ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’Università norvegese di Scienza e Tecnologia, è stato pubblicato sulla rivista BMC Medicine. Il gruppo di ricerca ha analizzato 29 studi pubblicati in tutto il mondo che hanno coinvolto fino a 819.000 partecipanti, tra cui più di 12.000 casi di malattie cardiache, 9.000 casi di ictus, 18.000 casi di malattie cardiovascolari e cancro e più di 85.000 morti. Anche se c’era qualche variazione tra le popolazioni osservate, ad esempio tra uomini e donne, tra le persone che vivono in diverse regioni o persone con diversi fattori di rischio, i ricercatori hanno scoperto che il consumo di noci è stato associato ad una riduzione del rischio di malattia nella maggior parte dei partecipanti.
Il co-autore dello studio, Dagfinn Aune della School of Public Health presso l’Imperial ha detto: ”Negli studi nutrizionali, fino ad ora gran parte della ricerca è stata condotta sui grandi killer come le malattie cardiache, ictus e cancro, ma ora stiamo iniziando ad osservare anche i dati relativi ad altre malattie. Abbiamo riscontrato una consistente riduzione, associata al consumo di noci, del rischio di diverse malattie e dimostrato che esiste un vero e proprio rapporto tra il consumo di noci e diversi risultati di salute. E’ un effetto notevole quello che deriva da una piccola quantità di consumo di noci. Lo studio ha incluso tutti i tipi di frutta a guscio, come le nocciole, noci e anche arachidi. I risultati hanno dimostrato che ciò che rende le noci potenzialmente vantaggiose rispetto agli altri frutti a guscio è il loro valore nutrizionale: le noci sono ricche di fibre, magnesio e grassi polinsaturi - nutrienti che sono benefici per la riduzione del rischio di malattia cardiovascolare e per la riduzione dei livelli di colesterolo”, ha detto Aune. “Alcuni frutti a guscio, in particolare le noci pecan, sono anche ricchi di antiossidanti in grado di combattere lo stress ossidativo e, eventualmente, ridurre il rischio di cancro. E’ vero che le noci sono molto ricche di grassi, ma sono anche ricche di fibre e proteine e vi è qualche evidenza che suggerisce che le noci potrebbero effettivamente ridurre il rischio di obesità nel corso del tempo”. Il team sta ora analizzando i dati pubblicati sugli effetti benefici sulla salute di altri gruppi di alimenti tra cui frutta e verdura.

 

http://bmcmedicine.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12916-016-0730-3

21-12-2016

1. COLTIVATE UN PICCOLO ORTO

L’idea migliore per avvicinare i vostri figli alle verdure è mostrare loro come nascono e crescono, magari coltivandone alcuni tipi diversi in casa e facendosi aiutare da loro nella cura delle piante e nella raccolta. State tranquilli, non è necessario avere a disposizione ettari ed ettari di terreno: è sufficiente un piccolo angolo del terrazzo o del giardino di casa. Se invece lo spazio che avete a disposizione è davvero molto ridotto, ci si può accontentare di qualche vaso da tenere sul balcone o di una mini-serra. Il punto è che non è necessario fare le cose in grande: basta cercare di farle bene, mettendoci cura e attenzione e sforzandosi, con i propri gesti, di essere di esempio per i più piccoli.

2. COINVOLGETE I BAMBINI NELLA PREPARAZIONE DEI CIBI

Un secondo accorgimento per avvicinare i vostri figli alle verdure potrebbe essere di coinvolgerli non solo nella loro coltivazione, ma anche nella loro preparazione. Fatevi aiutare mentre le sbucciate, le tagliuzzate, le grigliate, le sbollentate, le condite o le saltate in padella. Magari, guardandovi lavorare e facendovi da assistenti e aiuto-cuochi, i vostri figli finiranno per incuriosirsi e appassionarsi. E perché no, tra uno spizzico e l’altro, potrebbero anche scoprire che le verdure non sono poi così “cattive”.

3. SERVITELE CRUDE

I bambini si divertono a sgranocchiare i cibi. Puntate su questa piccola passione: tagliate diversi tipi di verdure e ortaggi crudi in piccoli pezzi, mettete il tutto in un bel piatto da portata e lasciate che i bambini si servano con le mani, come se fossero di fronte a degli snack o a delle patatine fitte. Vedrete che mangeranno con più gusto e con meno capricci.

4. PREPARATE INSALATE RICCHE, COLORATE E FANTASIOSE

Un’altra possibilità è puntare sull’estro e sul colore, delle qualità che da sempre affascinano e incuriosiscono i bambini. Preparate abbondanti insalate utilizzando verdure e ortaggi diversi e aggiungendo ingredienti insoliti, come pinoli, crostini, agrumi e tutto quanto può rendere più piacevole e gustoso il pasto dei vostri piccoli.

5. PUNTATE SU VERDURE ALLA GRIGLIA E VERDURE IN PASTELLA

I bambini adorano sgranocchiare. Allora, non vi resta che preparare le vostre verdure nel modo più gustoso possibile, grigliandole con un leggerissimo condimento di olio e prezzemolo oppure friggendole in pastella, in modo da servirle dorate e croccanti e che mangiarle, per i vostri figli, possa essere non solo gradevole ma anche molto, molto divertente.

6. SCEGLIETE LA FORMA O IL CONDIMENTO GIUSTO

Le verdure possono diventare gli ingredienti principali di frittate, paste calde o fredde oppure di gustosi pasticci e torte salate, magari insieme a uova o ricotta. O ancora, le verdure possono essere rese più appetitose se abbinate ad un condimento particolare: ad esempio, si possono saltare in padella con del formaggio o della mozzarella, che le renderanno filanti e, quindi, più piacevoli da mangiare per i più piccoli.

7. AGGIUNGETE LE VERDURE IN PICCOLI PEZZI AI PIATTI CHE PREFERISCONO

Se, nonostante tutti i vostri sforzi, i vostri bambini continuano a non volerne sapere, vi toccherà giocare di astuzia e “nascondere” le verdure nei loro piatti preferiti, frullandole o tagliandole in piccoli pezzi e mescolandole ad impasti, sughi e salse.

8. DATE IL BUON ESEMPIO

Infine, non potete pretendere che i vostri bambini mangino le verdure se voi stessi non ne mangiate. Tenete presente che i più piccoli adorano imitare i grandi, e questa regola generale vale anche per le abitudini alimentari: insomma, se vi vedranno gustare con piacere un bel piatto di spinaci, saranno più propensi a provare. E chissà che non gradiscano…

Un’ultima raccomandazione: cercate di scegliere sempre verdure di stagione e, possibilmente, a chilometro zero.

20-12-2016

Basta un pò di tempo libero e tanta costanza per ottenere dei risultati benefici per l'organismo semplicemente posizionando un cubetto di ghiaccio su un punto preciso del collo. Questo punto, chiamato Feng Fu secondo l'agopuntura, è situato alla base del cranio, appena sotto la parte inferiore della calotta nella zona superiore del collo. Se si mette regolarmente del ghiaccio in quel punto, è stato dimostrato che il corpo risulta visibilmente ringiovanito, l'umore migliora e ci si sente più in forze. Come fare: distesi a pancia in giù, posizionare del ghiaccio sul punto Feng Fu e tenerlo per 20 minuti. Ci si può aiutare a tenerlo in posizione con una fasciatura o un foulard. Per ottenere risultati è indispensabile farlo regolarmente, con una distanza di due o tre giorni tra un'applicazione e l'altra. I momenti migliori sono al mattino a stomaco vuoto o la sera prima di dormire. Dopo 30-40 secondi si può sentire un leggero calore arrivare sul punto. Durante i primi giorni si può anche avvertire una sensazione di euforia a causa del rilascio di endorfine. Ed ecco alcuni dei benefici che si possono trarre dalla stimolazione del punto Feng Fu: miglior qualità del sonno e dell'umore, sollievo da mal di testa, mal di denti, raffreddore e problemi digestivi. La terapia può essere utile in caso di malattie respiratorie, cardiovascolari, problemi di tiroide e dolori mestruali.

 

20-12-2016

State attenti se l’insalata in busta che acquistate nei supermercati contiene foglie spezzate, perché potrebbero rilasciare un liquido fortemente batteriologico che, tra l’altro, potrebbe anche favorire lo sviluppo di una salmonellosi. Lo dice un recente studio condotto presso il Dipartimento di Infettivologia dell’Università di Leicester, pubblicato sulla rivista scientifica Applied and Environmental Microbiology. Secondo lo studio in questione, le foglie dell’insalata confezionata in busta, una volta spezzate, potrebbero rilasciare un liquido verdognolo-marrone che, come detto in precedenza, essendo fortemente batteriologico, potrebbe favorire lo sviluppo di varie patologie tra cui anche la salmonellosi. Bisogna quindi fare attenzione quando si acquistano le insalate già confezionate in busta e osservare attentamente il contenuto per verificare l’eventuale presenza di liquidi sospetti. Vero è che, una volta aperta la busta, ci si rende immediatamente conto se il suo contenuto potrebbe essere pericoloso per la salute, sia per il forte e inconfondibile odore che rappresenta il primo segnale che qualcosa in quella busta proprio non va bene, sia per la presenza del liquido che, ovviamente, non dovrebbe essere presente. In tal caso, inutile cercare di salvare una parte del contenuto della busta, non resta che buttarla. Secondo gli esperti autori della ricerca, il rischio di contrarre qualche malattia batterica sale enormemente se non si consuma tutto il contenuto della busta, anche se questo si è presentato integro una volta aperta la confezione, e si conserva l’insalata rimasta in frigo, perché gli eventuali batteri presenti sulle foglie crescerebbero più velocemente alle basse temperature. Inoltre, anche se l’insalata venduta in busta è già lavata dall’azienda che ha provveduto al confezionamento, è sempre buona norma lavarla nuovamente, anche perché in questo modo è più facile notare eventuali foglie spezzate che possono andare più facilmente a male e quindi rilasciare il liquido pericoloso.

 

http://aem.asm.org/content/early/2016/10/26/AEM.02416-16.abstract?cited-by=yes&legid=aem;AEM.02416-16v1

http://www2.leicester.ac.uk/news/blog/2016-archive/november/university-researchers-show-juices-from-damaged-salad-leaves-massively-stimulate-salmonella-growth-and-salad-leaf-colonisation

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