Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

07-05-2015

I cibi che mettiamo ogni giorno sulla tavola sono cambiati rispetto al passato. Ma non è soltanto una questione di gusto. Dai risultati di uno studio pubblicato su Nature, infatti, emerge come l’aumento delle malattie infiammatorie intestinali e della sindrome metabolica possa essere collegato all’uso sempre più frequente di additivi negli alimenti. A lanciare l’ipotesi sono due ricercatori del dipartimento di scienze biomediche della Georgia State University, Benoit Chassaing e Andrew Gewirtz. A dare consistenza al loro lavoro, anche il prestigio della rivista che ha scelto di pubblicarlo. Nel corso della ricerca gli studiosi hanno somministrato per tre mesi a tre campioni di topi due emulsionanti molto utilizzati dall’industria alimentare: il polisorbato 80 (E433) e la carbossimetilcellulosa (E466). Entrambi sono aggiunti a gelati, integratori, piatti pronti e prodotti senza glutine per renderli più appetibili e favorirne una maggiore conservazione. Ma la loro presenza, alla luce dei nuovi riscontri, potrebbe non essere priva di conseguenze. 
I ricercatori hanno fornito le due molecole «a concentrazioni relativamente basse» a tre categorie di topi: geneticamente predisposti a sviluppare le malattie infiammatorie intestinali e non, oltre a un gruppo reso privo della flora batterica intestinale. Osservando gli animali appartenenti al primo campione, è emersa l’alterazione del microbiota intestinale - l’insieme di batteri, virus e parassiti che vivono nel tubo digerente - che si verifica sempre nei pazienti che soffrono di morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa e sindrome metabolica. 
Viste la coerenza della genetica umana e il costante aumento di casi di malattia nell’ultimo secolo, i ricercatori non escludono a questo punto che a favorirne la diffusione siano alcuni fattori ambientali: a partire dalla dieta. A suffragare la loro ipotesi altri due riscontri. Nei ratti non predisposti alle malattie la distribuzione dei due emulsionanti ha innescato il processo infiammatorio e la sindrome metabolica. In quelli privati dei batteri intestinali, invece, l’infiammazione s’è avuta dopo il trapianto di germi: a dimostrazione del ruolo centrale giocato da un’alterazione della flora microbica. «Il suo squilibrio è una delle poche certezze che abbiamo quando si parla delle malattie infiammatorie intestinali - spiega Silvio Danese, responsabile del centro di ricerca e cura per le malattie infiammatorie croniche intestinali dell’istituto Humanitas di Milano -. Le conclusioni della ricerca sono molto interessanti, ma prima di puntare il dito contro gli additivi occorre verificare i dati in uno studio condotto sull’uomo. Le dosi usate in laboratorio sono di norma molto superiori a quelle a cui si risulta normalmente esposti». A detta degli autori della ricerca, però, sarebbe già necessario mettere in discussione l’iter di approvazione degli additivi alimentari, «insufficiente a evidenziare un possibile ruolo nell’insorgenza di malattie a carattere infiammatorio». Al momento per utilizzarne uno occorre dimostrare che l’impiego è necessario per: una migliore conservazione dell’alimento, fornire nutrienti specifici e necessari per la dieta di alcuni consumatori, aumentare la conservabilità di un prodotto e contribuire a una sua migliore riuscita nel corso dell’intera filiera.

 

http://www.nature.com/nature/journal/v519/n7541/abs/nature14232.html

07-05-2015

La tiroide è una ghiandola endocrina, situata nella regione anteriore del collo, alla base della gola. Ricopre un ruolo importante nei processi metabolici del corpo. In particolare, rilascia due ormoni primari: triiodotironina e tiroxina. In passato, abbiamo già visto sia alcuni sintomi che possono indicare la presenza di disturbi alla tiroide, che alcuni alimenti che ne possono migliorare il funzionamento. Oggi parlerò di una serie di sostanze, più o meno comuni nelle nostre case, che possono interferire con l’attività di questa ghiandola. Vediamone alcune.

1. PADELLE ANTIADERENTI

L’acido perfluoroattanico, o Pfoa, è un derivato chimico utilizzato nella fabbricazione del teflon, un materiale molto comune che riveste le padelle antiaderenti. L’Epa ha deciso di eliminare il Pfoa entro il 2015 dai processi di produzione, per limitare l’inquinamento ambientale, ma i problemi legati a questa sostanza non si limiterebbero alla sua sostenibilità. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’University of Exeter e pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, infatti, avrebbe dimostrato la correlazione tra livelli elevati di questa sostanza nel sangue e un pericolo maggiore di sviluppare malattie alla tiroide. Soprattutto nelle donne. Anche se il Pfoa è semplicemente un emulsionante utilizzato nel processo di produzione delle padelle e i più affermino che non è presente nel prodotto finale, si consiglia sempre di non cuocere ad elevate temperature, e di non utilizzare utensili graffiati.

2. RITARDANTI DI FIAMMA

Probabilmente questo nome non vi dice niente, eppure sono sostanze con cui entriamo in contatto tutti i giorni. I ritardanti di fiamma, o PBDE, sono delle sostanze chimiche che hanno il compito di evitare la combustione dei prodotti. Sono presenti in cellulari, computer, televisori, ma anche cuscini, tappeti, macchine da caffè. Secondo i ricercatori dell’Università di Yale, però, ci sarebbe un collegamento tra l’esposizione agli eteri di difenile polibromurato (PBDE) e il cancro alla tiroide. Secondo il dott. Yawei Zhang, professore associato presso il Dipartimento di Scienze della Salute Ambientale della Yale, numerosi studi hanno mostrato che i PBDE creano interferenze nella produzione di ormoni tiroidei essenziali, problemi alle ghiandole endocrine (compresa la tiroide), una diminuzione della fertilità nelle donne, basso peso alla nascita e problemi di sviluppo nei bambini.

3. PLASTICA

Al di là della necessità di ridurre la plastica, per alleggerire l’impatto nocivo sull’ambiente, all’interno di questo materiale potrebbero nascondersi delle sostanze chimiche preoccupanti che interferiscono con le funzioni della tiroide. Le bottiglie di plastica, o i contenitori per alimenti, infatti, causerebbero la migrazione in cibo o bevande di ftalati. Uno studio su larga scala effettuato dall’Università del Michigan avrebbe mostrato una forte relazione tra disturbo della tiroide e il DEHP, uno ftalato molto comune. Ai campioni di urina con un’esposizione al DEHP più alta del 20% è stata associata una diminuzione del 10% di alcuni ormoni tiroidei rispetto ai campioni di urina che avevano un’esposizione al DEHP più bassa del 20%.

4. ACQUA CORRENTE

Il problema non è l’acqua corrente in sé, quanto il perclorato che può contenere. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il corpo umano è molto esposto a questa sostanza. Il Perclorato è un sottoprodotto di fuochi d’artificio e carburante, ma anche della produzione dei cerini. La sua pericolosità deriva dal fatto che inibisce l’assorbimento di iodio. Da uno studio condotto dai CDC, è emersa una connessione tra i livelli di perclorato presenti nel corpo e i livelli di ormoni tiroidei. Questa sua azione lo rende capace di bloccare il recettore dello iodio nella tiroide, causando ipotiroidismo. Per fortuna la sua presenza nell’acqua corrente è in genere sporadica.

5. ANTIBATTERICI

Il triclosan è una sostanza comunemente aggiunta in lozioni, saponi e dentifrici per aumentarne l’azione antibatterica. Ultimamente, alcune ricerche ne hanno sottolineato la pericolosità per la salute, tanto che, ad esempio, il Minnesota ne ha vietato l’uso. Ma non è tutto: sembra infatti che questa sostanza interferisca con il sistema endocrino, agendo come perturbatore sugli ormoni della tiroide e sugli ormoni sessuali.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2866686/

http://ns.umich.edu/new/releases/8473

http://www.cdc.gov/nceh/publications/factsheets/perchlorate.htm

http://toxsci.oxfordjournals.org/content/117/1/45.full?sid=f2806163-8400-43c3-a779-8231687c492b

07-05-2015

Quando Gregor Johann Mendel, un monaco austriaco e botanico, incrociò due diverse varietà di piselli, scoprì come avveniva la trasmissione dei caratteri ereditari. La scoperta dei caratteri trasmessi da una generazione all’altra ha gettato le basi per la genetica moderna. Oggi il 90% dei piselli vengono consumati in tutto il mondo freschi o surgelati. Mentre il 10% vengono essiccati. Ecco alcuni benefici dei piselli per la salute.

RIDUCE IL RISCHIO DI CANCRO

I piselli contengono clorofillina, un pigmento verde simile alla clorofilla, la cui forma molecolare consente di combinarsi con sostanze chimiche cancerogene nel corpo. Secondo Mary Ellen Camire, professoressa nel dipartimento di scienza dell'alimentazione e nutrizione umana presso l'Università del Maine a Orono, "quando si mangiano i piselli, la clorofillina si lega agli agenti cancerogeni e impedisce loro di essere assorbiti".

FIBRA

I piselli sono buone fonti di fibra. L'assunzione di fibra non è importante solo per una buona salute dell'apparato digerente e intestinale, ma riduce anche il rischio di molte malattie croniche. La fibra alimentare solubile contenuta nei piselli aiuta anche a mantenere costante i propri livelli di zucchero nel sangue.

SALUTE CARDIOVASCOLARE

Inoltre, la fibra contenuta nei piselli aiuta a ridurre i livelli di colesterolo nel corpo, che a sua volta riduce il rischio di malattie cardiache. La ricerca ha scoperto che il consumo di piselli possono abbassare i livelli di trigliceridi, offrendo ulteriori vantaggi nella protezione contro le malattie cardiache. Ad esempio, uno studio danese ha scoperto che le persone che hanno aggiunto piselli alla loro dieta per 15 giorni, hanno registrato un 13 per cento in meno nei livelli di trigliceridi totali. I piselli contengono anche buone quantità di acido folico e vitamina B6. Questi nutrienti aiutano il corpo a mantenere sotto controllo i livelli di omocisteina, utile per la salute cardiovascolare, perché livelli elevati di omocisteina sono legati a un alto rischio di malattie cardiache e ictus.

VITAMINA C

Mezza tazza di piselli contiene 11 mg di vitamina C, una vitamina che contribuisce alla salute umana in diversi modi, come nella cura del raffreddore, nella diminuzione del rischio di cancro e nella stimolazione immunitaria.

VITAMINA K

Un'altra vitamina che i piselli forniscono in abbondanza è la vitamina K. Questa vitamina svolge un ruolo importante nella coagulazione del sangue, e nel mantenere le ossa forti.

PROTEINE

I piselli sono una buona fonte di proteine. Secondo gli esperti della Mayo Clinic, una mezza tazza di piselli contengono le stesse proteine di un cucchiaio di burro di arachidi, senza il grasso che quest'ultimo contiene.

MINERALI

I piselli contengono numerosi minerali essenziali come manganese, magnesio, ferro, fosforo e potassio.

Una cosa da non sottovalutare quando si decide di inserire i piselli nella dieta è che mentre i piselli freschi sono una buona fonte di vitamine C, K e caroteni, i piselli secchi in realtà ne contengono molto poco. Inoltre, a causa del loro contenuto inferiore di acqua, i piselli secchi contengono una percentuale maggiore di calorie rispetto a quelli freschi. Quindi, in generale, i piselli freschi sono da considerarsi migliori, da un punto di vista nutrizionale, rispetto a quelli secchi. 
Quando scegliete di acquistare piselli freschi, evitate i baccelli troppo scuri, o con un colorito verde pallido, e quelli punteggiate da macchie di muffa.

 

http://www.naturalnews.com/044967_peas_healthy_vegetables_fiber.html

07-05-2015

Un nuovo studio ha trovato livelli elevati di alluminio nel cervello di un uomo che è morto per morbo di Alzheimer, dopo otto anni di esposizione professionale alla polvere di alluminio. Gli scienziati concludono che questo caso suggerisce che sistema olfattivo e polmoni svolgono un ruolo di primo piano nell’accumulo di alluminio nel cervello. Assumiamo piccole quantità di alluminio attraverso naso, bocca e pelle (tramite vaccini), che possono accumularsi nel tempo, soprattutto nelle ossa e nel cervello. L’alluminio è neurotossico per il sistema nervoso centrale, e può portare a gravi disturbi immunologici e neurodegenerativi. Recenti studi dimostrano che la contaminazione di alluminio negli alimenti, farmaci e prodotti di consumo è molto peggiore di quanto si pensasse e suggerisce che il processo di fabbricazione è di per sé una parte significativa del problema. L’alluminio si trova in un numero impressionante di alimenti e prodotti di consumo, tra cui:

- Alimenti come lievito, farina autolievitante, sale, latte in polvere, crema per caffè, prodotti da forno e alimenti trasformati, coloranti e antiagglomeranti.

- Farmaci come antiacidi, analgesici, antidiarroici e altri; additivi come stearato di magnesio.

- Vaccini: epatite A e B, Hib, DTaP (difterite, tetano, pertosse ), vaccino pneumococcico, Gardasil (HPV) e altri.

- Cosmetici e prodotti per la cura personale come antitraspiranti, deodoranti (compresi cristalli di sale fatti di allume), lozioni, creme solari e shampoo.

- Prodotti in alluminio, tra cui stagnola, lattine, contenitori di succo di frutta, barattoli e bottiglie d’acqua.

 

http://www.jmedicalcasereports.com/content/8/1/41/abstract

http://www.jmedicalcasereports.com/content/8/1/41/abstract

http://www.globalhealingcenter.com/natural-health/concerned-about-aluminum-dangers/

http://www.nvic.org/Downloads/4507NVIC11x17HIRES.aspx

http://www.sciencelab.com/msds.php?msdsId=9922844

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22976072

07-05-2015

Se non vuoi fare spese folli e rimanere col portafoglio a secco, meglio non fare shopping a stomaco vuoto. E’ il consiglio che arriva da una ricerca svolta presso l’University of Minnesota e pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Coordinato da Alison Jing Xu, lo Studio si è basato sia su esperimenti in laboratorio sia “sul campo”, direttamente in un centro commerciale. Già in passato alcune ricerche avevano dimostrato che qualità e quantità dei prodotti messi nel carrello del supermercato sono influenzate dallo stomaco vuoto di chi sta facendo spesa. Ma in questo Studio si è voluto vedere qualcosa di più e cioè se andare a fare shopping affamati condizioni le nostre scelte di acquisto e come. Ebbene in un primo esperimento gli esperti Usa hanno chiesto a un gruppo di persone di scegliere dei prodotti da ufficio. Metà del campione era a stomaco vuoto, agli altri i ricercatori avevano precedentemente offerto degli assaggini di varie torte. E’ emerso che gli affamati si interessavano molto di più ai prodotti da ufficio e ne prendevano di più. Il secondo esperimento è stato svolto direttamente in un centro commerciale: gli esperti hanno sondato il livello di appetito di persone che stavano facendo shopping e poi hanno frugato nei sacchetti dei loro acquisti, vedendo che gli affamati avevano acquistato il 64% in più dei prodotti complessivamente. Insomma a stomaco vuoto si spende di più e probabilmente in modo meno oculato, col rischio di portare a casa anche prodotti superflui.

 

http://www.pnas.org/content/112/9/2688.abstract

http://www.healthline.com/health-news/why-you-should-never-go-shopping-when-hungry-021715#1

http://www.medicaldaily.com/hungry-shoppers-spend-more-money-save-your-wallet-fill-your-stomach-322848

07-05-2015

Se avete voglia di parlare con il feto nel grembo materno, un nuovo studio suggerisce che farlo è necessario. La ricerca rivela infatti che i bambini sviluppano una forte e precisa memoria attorno alle parole che sentono più spesso prima di nascere. "Crediamo che questo dimostra quanto bene il cervello, a questa età, si adatti ai suoni. Si tratta di un segno di apprendimento molto precoce delle lingue e di adattamento ai suoni che si ascoltano”, ha spiegato il co-autore dello studio Minna Huotilainen, docente presso l'Università di Helsinki del Centro finlandese di Eccellenza Interdisciplinare."Un neonato non è una tela vuota, ma ha già imparato chi è sua madre e come parlano gli altri membri della famiglia”. Può sembrare sorprendente che i bambini possano ricordare i suoni che hanno sentito nel grembo materno, soprattutto se si considera che il loro cervello sta ancora sviluppando le connessioni che consentono loro di elaborare i concetti. Eppure, ci sono le evidenze del fatto che i feti, in realtà, ricordano i suoni che ascoltano. "C'è già qualche evidenza che i feti possono imparare e che i bambini possono ricordare brani o passaggi del discorso dal periodo fetale", ha detto Huotilainen. 
I ricercatori hanno testato la memoria dei feti finlandesi esponendoli a una sola parola, "tatata", che non significa nulla in lingua finlandese. “È una cosiddetta pseudo-parola importante per la ricerca. Ha tre sillabe e abbiamo scelto una parola tale da rendere difficile ai piccoli cervelli di trovare le modifiche e dare loro qualcosa di difficile da imparare", ha precisato la ricercatrice. Dalla 29esima settimana di gravidanza fino alla nascita, circa la metà delle 33 donne incinte che hanno contribuito alla ricerca hanno ascoltato le registrazioni della parola ripetuta centinaia di volte. A volte le registrazioni proponevano la parola con una diversa sillaba centrale o, semplicemente, pronunciate in modo diverso. Dopo la nascita, i ricercatori hanno utilizzato le scansioni per verificare l'attività nel cervello di tutti i bambini quando hanno sentito la parola. Coloro che l’avevano sentita prima "hanno mostrato una reazione maggiore a questa parola specifica", ha affermato la Huotilainen. "Sono stati in grado di elaborare la parola in modo migliore e sono stati anche in grado di rilevare i cambiamenti nella parola". Che cosa possono fare i genitori, quindi, con queste informazioni? "Siate consapevoli del fatto che il feto può sentire qualsiasi cosa proveniente dal mondo esterno e imparare da esso", ha chiarito Huotilainen. "Parlate durante la gravidanza. Si può parlare con altre persone o con il vostro feto, se volete". Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences.

 

http://www.pnas.org/content/110/37/15145.abstract

07-05-2015

Un nuovo studio mette ancora una volta in evidenza che l'olio d'oliva è uno dei migliori per la cottura rispetto agli altri oli di semi. I ricercatori hanno basato le loro conclusioni su alcuni fattori diversi, tra cui il contenuto nutrizionale e la capacità degli oli di mantenere la qualità ad alte temperature.
Pubblicato dell’American Chemical Society (ACS) nel Journal of Agricultural and Food Chemistry, gli scienziati hanno osservato le diverse proprietà nutrizionali, fisiche e chimiche degli oli che possono essere degradate dall’elevata temperatura e dall’uso ripetuto. Molti oli da cucina possono alterarsi durante la frittura o il riscaldamento in padella, e il cibo che si sta cuocendo può effettivamente perdere il suo contenuto nutrizionale, rendendo la scelta dell’olio essenziale per la produzione di un piatto sano.
Mohamed Bouazizi, uno degli autori dello studio, e i suoi colleghi, dicono che quando alcuni oli sono riscaldati a determinate temperature possono cambiare forma e creare nuovi composti che sono potenzialmente tossici per il consumo. Questi sottoprodotti contribuiscono alla riduzione del contenuto nutrizionale del cibo. “I ricercatori hanno immerso in una padella pezzi di patata cruda con quattro diversi oli raffinati - oliva, mais, soia e girasole - riutilizzando l'olio per 10 volte. Essi hanno scoperto che l'olio di oliva è l'olio più stabile per friggere a 320-374 gradi, mentre l'olio di semi di girasole è stato il più veloce a degradarsi a temperatura di 356 gradi", ha dichiarato il comunicato stampa ACS. "Essi concludono che per friggere gli alimenti, l'olio d'oliva mantiene le qualità nutritive meglio degli oli di semi.
Il tipo migliore da usare è quello "extravergine biologico", con meno prodotti chimici utilizzati per l'estrazione. Più sostanze chimiche sono coinvolte nell’estrazione dell'olio dalle olive, maggiore sarà la perdita del suo valore nutrizionale, secondo un rapporto pubblicato nel maggio 2014 su Natural News sui benefici dell’olio d’oliva. "L’olio extravergine d’oliva è ricco di antiossidanti, vitamine e minerali. E’ stato usato da secoli per le sue proprietà antinfiammatorie. Perché è derivato direttamente dal frutto della pianta, e aiuta anche la digestione". Ma i benefici per la salute non si fermano qui. L’oleocantale, il fitonutriente presente nell’olio d'oliva, in realtà imita l'effetto dell’ibuprofene in quanto riduce l'infiammazione e il rischio di sviluppare nelle donne il cancro al seno, secondo l’Olive Oil Times. Gli scienziati stanno inoltre studiando altri composti che si trovano nell'olio, tra cui lo squalene e lignani, che potrebbero aiutare a combattere il cancro. 
L'olio d’oliva è in grado di ridurre il rischio di malattie cardiache, in quanto abbassa i livelli di colesterolo totale nel sangue. Gli scienziati affermano anche che il suo consumo regolare può diminuire la pressione sistolica e diastolica. Un famoso cardiologo raccomanda di consumare fino a due cucchiai al giorno per godere appieno dei vari benefici dell’olio, riporta l’Olive Oil Times. "Anche se i motivi non sono ancora completamente chiari, studi recenti hanno dimostrato che le persone con diete contenenti livelli elevati di olio d’oliva hanno meno probabilità di sviluppare l'artrite reumatoide. "Un elevato consumo di olio d'oliva sembra migliorare la mineralizzazione e calcificazione delle ossa. Aiuta l’assorbimento del calcio e quindi svolge un ruolo importante nel prevenire l'insorgenza dell’osteoporosi". Le persone più anziane che consumano tutti i giorni olio d’oliva, hanno meno probabilità di andare incontro a un ictus, secondo un recente studio condotto in Francia e pubblicato sulla rivista Neurology. I consumatori che utilizzano quotidianamente olio d’oliva hanno sperimentato il 41 per cento in meno di ictus rispetto a quelli che ne consumano poco.

 

http://www.acs.org/content/acs/en/pressroom/presspacs/2014/acs-presspac-october-22-2014/olive-oil-more-stable-and-healthful-than-seed-oils-for-frying-food.html

http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/jf503146f

http://www.oliveoiltimes.com/olive-oil-health-benefits

http://www.naturalnews.com/045115_olive_oil_monounsaturated_fatty_acids_inflammation.html

http://www.naturalnews.com/047476_olive_oil_healthy_food_fried_foods.html

07-05-2015

I coltivatori cinesi di cotone sono stati fra i primi coltivatori a piantare cotone resistente al “verme della capsula” geneticamente modificato (OGM). Tuttavia, altri parassiti hanno cominciato ad attaccare il cotone al posto dei “bollworms”, facendo sorgere il dubbio sull’utilità a lungo termine delle piante OGM. Il cotone Bt OGM contiene un gene del Bacillus thuringiensis inserito nei semi. Questo gene fa produrre alle piante tossine mortali per i bollworms. Ma ora altri cosiddetti parassiti secondari, quali i miridi, sono aumentati di numero per prendere il posto dei bollworms. A causa di questo, i coltivatori cinesi ora sono costretti a spruzzare i loro raccolti con antiparassitari fino a 20 volte durante il periodo di crescita.
Inizialmente il cotone Bt era sembrato utile; dopo tre anni, i coltivatori avevano ridotto l’uso di antiparassitari a più del 70 per cento e stavano guadagnando fino al 36 per cento in più rispetto agli altri coltivatori. Dopo sette anni, tuttavia, i coltivatori OGM hanno dovuto spruzzare come i coltivatori convenzionali. Poiché il seme Bt costa tre volte più del seme convenzionale, i coltivatori che hanno usato la pianta OGM hanno ottenuto meno guadagno. Il cotone Bt è usato ampiamente negli Stati Uniti, in Cina, in India, in Argentina, nel Messico ed in Sudafrica. Ancora non si sa se i parassiti secondari si trasformeranno in un problema negli altri paesi.
I raccolti OGM sono letteralmente una scelta per il disastro. Possono rappresentare la maggior minaccia conosciuta per la salute dell’uomo. Se le generazioni future non avranno accesso ad alimenti sani si potrebbe distruggere il futuro della nostra cultura. Il principale imputato in questa storia è la Monsanto che sta comprando aziende produttrici di semi dovunque. Fra poco controlleranno quasi tutti i semi commerciali alimentari nel mondo.
Se pensate che le industrie farmaceutiche sono diaboliche, la Monsanto le fa assomigliare a madre Teresa. La Monsanto ha manipolato il sistema legislativo degli Stati Uniti per brevettare i semi. Ciò è un abuso devastante del sistema legislativo che ha permesso loro di far fallire molti coltivatori in quanto illegale coltivare piantagioni, sebbene contaminate, utilizzando i loro semi OGM non acquistati. Questo fatto fa passare in secondo piano il vero motivo per cui il coltivatore dovrebbe passare alle coltivazioni geneticamente modificate (OGM): Evitare gli antiparassitari. Poiché le coltivazioni OGM sono dannose sia per l’ambiente che per la vostra salute, non esiste alcun motivo per usarle. Poichè i piselli OGM causano danni polmonari nei topi e gli OGM si incrociano con altre piante per cui si formano super infestanti, non è ancora chiaro che questa tecnologia non rappresenta un avanzamento, ma un pericolo grave alla vostra salute?
In USA, circa il 70 per cento degli alimenti trattati industrialmente contiene ingredienti OGM. Ma siccome ormai questi alimenti “sfuggono” un pò dovunque, non sarebbe male cominciare a preoccuparci anche qui e a stare attenti alle seguenti indicazioni durante la spesa:

• Riducete o eliminate gli alimenti industriali. Ci sono molte ragioni per cui gli alimenti industriali non sono ottimali per la vostra salute - per esempio contengono spesso grassi trans, acrilamide e poco valore nutritivo - così evitarli non soltanto vi aiuterà a ridurre il rischio di mangiare alimenti OGM , ma migliorerà inoltre la vostra salute

• Leggete le etichette dei prodotti. La soia e il mais compongono la gran parte dei prodotti geneticamente modificati. Nel guardare un’etichetta, se sono elencati ingredienti quali farina di mais, destrine, amido, salsa di soia, margarina e tofu (per elencarne alcuni), c’è una buona probabilità che il contenuto sia OGM, a meno che non siano prodotti biologici.

• Comprate Prodotti Biologici. Acquistare biologico è attualmente il modo migliore per non incappare in alimenti geneticamente modificati. Per definizione e legge, l’alimento certificato come biologico deve essere esente da tutti gli organismi OGM, prodotto senza antiparassitari e fertilizzanti artificiali e, per gli animali, allevati senza uso sistematico di antibiotici, ormoni o altri farmaci.

 

http://www.news.cornell.edu/stories/2006/07/bt-cotton-china-fails-reap-profit-after-seven-years

http://www.biologynews.net/archives/2006/07/25/bt_cotton_in_china_fails_to_reap_profit_after_seven_years.html

07-05-2015

E' noto a tutti che la stretta di mano è considerata fondamentale per le relazioni sociali e professionali. Ma a confermarlo a livello scientifico è uno studio condotto dal Beckman Institute pubblicato sul Journal of Cognitive Neuroscience, il quale dimostra che la stretta di mano è davvero decisiva per la prima impressione tra due persone che si incontrano per la prima volta. "Grazie ai nostri risultati - ha spiegato Sanda Dolcos, una delle autrici della ricerca - ora le persone possono prendere consapevolezza del potere che ha una semplice stretta di mano perché abbiamo visto che non solo rafforza l'impatto positivo dell'approccio tra due persone che non si conoscono, ma diminuisce anche quello negativo". Secondo la ricercatrice, inoltre, anche quando le nostre interazioni sociali falliscono per varie ragioni, una semplice stretta di mano può darci una spinta ed attenuare l'impatto negativo di eventuali incomprensioni.
La ricerca ha coinvolto 18 volontari di entrambi i sessi, ai quali è stato chiesto di guardare e votare alcuni video non verbali, che mostravano delle scene ambientate in ambito lavorativo. Gli studiosi hanno così analizzato i risultati della risonanza magnetica funzionale, osservando anche la conducibilità della pelle - per esempio, quando la mano è sudata - e le reazioni nel comportamento. Ebbene, secondo i risultati, la maggior parte dei partecipanti ha dato una valutazione positiva della stretta di mano. E' stata riscontrata, infatti, una maggiore tendenza all'approccio attivo rispetto alla propensione ad evitare i contatti nell'amigdala - l'area del cervello che controlla le emozioni - e del solco temporale superiore. Inoltre, durante le scene in cui veniva mostrata la stretta di mano, è stata evidenziata una maggiore attività del nucleo accumbens - piccola regione del cervello ricca di dopamina - che svolge un ruolo fondamentale nel comportamento emotivo, per esempio nella risata e nell'elaborazione delle sensazioni di piacere e paura.
Diversi sono i modi di stringere la mano: esiste la stretta del "pesce morto", quella "tritaossa", "olandese" o quella "della chiave". "Il tipo di stretta di mano che diamo dipende dal rapporto che ciascuno di noi ha con l'altro - spiega a la Repubblica Davide Algeri, psicologo di Milano specialista in Terapia Breve Strategica Sistemica -. C'è chi ha il ruolo dominante e chi, invece, è un tipo sottomesso. Solitamente, chi tende a dominare ha una stretta da "schiaccianoci", cioè forte, decisa e in alcuni casi appoggia anche l'altro braccio sulla spalla di chi saluta. "In questi casi - continua il dott. Algeri - per mettersi sullo stesso piano e comunicare all'altro che non si vuole essere sopraffatti, bisogna provare a dare lo stesso tipo di stretta".
Le persone insicure, invece, tendono a dare una stretta di mano fiacca, che indica una debolezza caratteriale. «Queste persone porgono solo la punta delle dita - prosegue lo psicologo - perché hanno una scarsa fiducia nell'altro e tendono a sfuggire». L'esperto sottolinea che, comunque, molto dipende anche dalla persona cui si stringe la mano. E la stretta di mano migliore? "Quella decisa che denota sicurezza, ma se la mano viene stretta eccessivamente è sintomo di aggressività e un pò di esibizionismo", conclude l'esperto. Dunque, al di là del nostro carattere, se vogliamo dare una buona impressione a chi abbiamo di fronte, un pò di forza e sicurezza nella stretta di mano possono esserci d'aiuto.

 

https://www.cogneurosociety.org/handshake/

http://www.united-academics.org/magazine/mind-brain/the-power-of-a-handshake-research/

http://www.mitpressjournals.org/doi/abs/10.1162/jocn_a_00295#.VUtPXUhmyis

07-05-2015

Ormai non riusciamo più a vivere senza i nostri dispositivi digitali. Smatphone e tablet sono praticamente una seconda pelle per molte persone. Molti li usano anche per lavorare, ma per un gran numero di persone si tratta di una dipendenza di tipo psicologico. Finora si è parlato di antisocialità, percezione alterata della realtà oltre che di problemi del sonno, di peso e di postura, come contro dell’abuso di queste tecnologie. Un recente studio di un gruppo di dermatologi della London Clinic potrebbe veramente convincere, almeno le signore, a disintossicarsi da tutto questo.
Secondo quanto sostengono i ricercatori, la posizione del collo che si assume ogni volta che si controlla il proprio dispositivo (nei casi più “gravi” di chi ha fino a 3 dispositivi si arriva anche alle 150 volte al giorno) porta ad un rilassamento dei tessuti. Quando la pelle invecchia perde naturalmente i glicani e i fosfolipidi che servono a stimolare le cellule della pelle a produrre più collagene, elastina e acido ialuronico, in grado di rendere elastica la pelle e di proteggerla dagli stress ambientali. È quindi necessario usare delle buone creme idratanti, e da una certa età in poi anche antirughe. Non solo per il viso, ma anche per il collo, che spesso viene trascurato e questo pure nella protezione dai raggi ultravioletti.
Se si aggiungono ai non corretti trattamenti di protezione anche le continue flessioni della testa verso il basso per controllare se per caso è arrivato un messaggio o una mail, si arriva a quello che è stato denominato “tech-neck”. Un fenomeno che è aumentato proprio negli ultimi 10 anni, quando la tecnologia è diventata parte integrante di ogni minuto della nostra vita, e soprattutto in donne tra i 18 e i 39 anni. Secondo quanto ha confermato il Dr. Christopher Rowland Payne, consulente dermatologo presso la London Clinic: “Il problema delle rughe e dei cedimenti delle guance e del collo di solito iniziano nella tarda mezza età, ma negli ultimi 10 anni, a causa della “tech-neck”, è diventato un problema per la generazione di donne giovani”. Ai segni sul collo, il più importante dei quali sarebbe visibile al di sopra della clavicola, si assocerebbe anche una perdita di tono delle guance. La zona critica per le rughe non sarebbe più quindi quella cosiddetta “a T”, ma diventerebbe quella “ad Y”, perché interessa la parte inferiore del viso, il collo e la parte superiore del torace. Se si vuole rimanere giovani e belle bisognerà quindi innanzitutto prendersi cura della propria pelle in modo adeguato, e poi ripensare al modo di rapportarsi a tablet e smatphone, oppure, se la dipendenza è troppo grave, provare almeno a cambiare posizione.

 

http://www.telegraph.co.uk/news/science/science-news/11338225/Smartphones-and-tablets-cause-skin-wrinkling-condition-dubbed-tech-neck.html

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