Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

26-03-2015

Il bisfenolo S, utilizzato come componente delle plastiche in sostituzione del BPA, è altrettanto rischioso per la salute. Ad affermarlo è un recente studio condotto da un’équipe di ricercatori della University of Texas Medical Branch di Galveston, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Health Perspectives. Il bisfenolo S è ampiamente utilizzato per oggetti in plastica di uso comune, inclusi i contenitori per alimenti, da quando si è scoperta la tossicità del bisfenolo A. Qualche anno fa, infatti, gli scienziati scoprirono un legame pericoloso tra l’esposizione, anche minima, al BPA e l’insorgenza di diabete, asma, cancro alla prostata e disturbi neurologici. Oggi molti dei contenitori in plastica sono BPA-free ma non per questo sicuri, dal momento che il BPS ha purtroppo effetti deleteri sulla salute molto simili. Il BPS, infatti, interferisce con l’attività ormonale dell’organismo, alterando il rilascio di ormoni e incidendo sui processi di crescita e morte cellulare. Dato ancora più allarmante è che, proprio come avviene con il BPA, l’impatto dannoso del BPS è visibile anche con livelli molto bassi di esposizione al composto.
Il professor Cheryl Watson, prima firma dello studio, e il dottor René Viñas, hanno scoperto che il BPS interferisce con i recettori degli estrogeni, accelerando e riducendo a pochi secondi processi cellulari che normalmente richiedono ore e giorni. Inoltre il bisfenolo S è capace di attivare delle proteine chiamate caspasi legate anche alla morte cellulare. I ricercatori hanno notato, infine, che il BPS promuove il rilascio di prolattina, un ormone che stimola la lattazione e influenza molte altre funzioni cruciali dell’organismo. Gli autori spiegano che saranno necessari ulteriori studi per approfondire i rischi del BPS. Tuttavia gli esperti specificano che quanto appurato in questa ricerca è già di per sé molto preoccupante perché dimostra quanto anche il BPS, considerato un sostituto innocuo del BPA, sia in realtà ugualmente pericoloso.

 

http://ehp.niehs.nih.gov/1205826/

26-03-2015

Pensare positivo alcuni minuti al giorno aiuta in maniera naturale ad alleviare il dolore. Questo è quanto affermano i ricercatori dell’University of Reading all’interno di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Pain. A 34 partecipanti allo studio è stata indotta, oltre alla sintomatologia dolorosa già presente e causata da un mal di schiena cronico, una seconda algesia provocata dal contatto con acque termali. In abbinamento metà di loro sono stati sottoposti a sedute per insegnare a controllare i pensieri negativi relativi al dolore e ridurne così l’intensità. Un progetto che puntava a dimostrare l’efficacia delle mente sul corpo tramite una Cognitive Behavioral Therapy (CBT) e che avrebbe fornito, secondo quanto ha affermato il Dr. Tim Salomons, autore principale dello studio, i seguenti risultati: “Dei 34 partecipanti a cui è stata somministrata un’analgesia secondaria, metà sono stati allenati a tenere sotto controllo i pensieri negativi collegati al dolore, gli altri invece allenati verso stimoli non collegati al dolore.
Quando abbiamo esaminato i gruppi il risultato è stato che coloro che erano stati addestrati al controllo dei pensieri negativi con riferimento al dolore percepivano una riduzione del 38% dell’iperalgesia secondaria, mentre gli altri al contrario un incremento dell’8%”. Lo stesso Dr. Salomons conclude poi come malgrado i dati registrati, ancora poco chiaro risulti il procedimento che porta a tali conclusioni: “Sappiamo che il dolore viene percepito come più debilitante quando segnala uno stato di malattia o di infortunio rispetto a quando l’attività collegata viene percepita come benefica, in quel caso superiamo la barriera del dolore. Ad ogni modo non sappiamo in che modo la semplice convinzione abbia cambiato la risposta emozionale al dolore o se la mente di fatto abbia alterato la sensazione che proveniva dal corpo”.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2697452/POSITIVE-THINKING-HELPS-MANAGE-PAIN.html

26-03-2015

L’influenza non segue i modelli previsti per le malattie contagiose. Infatti, ci sono parecchi enigmi connessi con le epidemie influenzali, come:

1. Perchè l’influenza è sia stagionale che ubiquitaria, e dove sta il virus fra un’epidemia e l’altra?
2. Perchè le epidemie influenzali sono così esplosive?
3. Perchè le epidemie si concludono così bruscamente?
4. Cosa spiega il frequente coincidente sincronismo delle epidemie in paesi con latitudini simili?
5. Perché in passato le epidemie si sono sparse così velocemente, malgrado la mancanza di trasporto moderno?

Una teoria che guadagna importanza nella comunità scientifica spiega le epidemie di influenza come conseguenza di una malattia dormiente, che diventa attiva in risposta ad una mancanza di vitamina D. Questa teoria risponde a molte delle suddette domande. Una malattia che rimane dormiente fino a quando si riduce l’esposizione alla luce solare che produce vitamina D durante la stagione invernale o una stagione piovosa spiegherebbe una malattia stagionale diffusa con un inizio e declino rapido.
Esiste una prova epidemiologica sempre maggiore che indica che la mancanza di vitamina D è proprio “uno stimolo stagionale”. Prove recenti confermano che le infezioni delle basse vie respiratorie sono a volte drammaticamente più frequenti, nei periodi con bassi livelli di vitamina D. Alcuni ricercatori inoltre hanno trovato che 2.000 UI di vitamina D al giorno hanno abolito il carattere stagionale dell’influenza e ne hanno ridotto drammaticamente la relativa incidenza.

COMMENTO

Con la stagione influenzale in arrivo, bisogna essere informati sul fatto che i livelli di vitamina D svolgono un ruolo diretto rispetto al rischio di sviluppare l’influenza stessa. I livelli di vitamina D ematici si riducono al loro punto più basso durante la stagione influenzale, che coincide generalmente con le stagioni con scarsa luce solare. I livelli sub-ottimali di vitamina D alterano significativamente la risposta immunitaria e rendono molto più suscettibili a sviluppare raffreddore, influenza e altre infezioni respiratorie.
Il Dott. John Cannell e colleghi, con uno studio chiamato Epidemic Influenza and Vitamin D, pubblicato qualche anno fa sul giornale Epidemiology and Infection, ha introdotto l’ipotesi che l’influenza sia soltanto un sintomo da carenza di vitamina D, che aggiunge ancor più peso a questo ultima ricerca pubblicata sul Journal of Virology. Purtroppo, la risposta della medicina convenzionale per impedire l’influenza non è quella di aumentare i livelli di vitamina D, ma piuttosto consigliare, o persino spingere a vaccinarsi. Ciò che non dicono è che il vaccino, nella migliore delle ipotesi non funziona e, nella peggiore, può creare problemi di salute.
Uno studio recente pubblicato su Archives of Pediatric & Adolescent Medicine ha dimostrato che vaccinare i bambini in giovane età contro l’influenza non ha avuto alcun effetto sulle ospedalizzazioni o sugli interventi medici relativi all’influenza durante le due recenti stagioni influenzali. Inoltre, nessuno studio ha dimostrato in modo conclusivo che il vaccino impedisca i decessi da influenza fra gli anziani, sebbene questo sia uno dei gruppi chiave verso cui si spinge la vaccinazione. Tuttavia, malgrado questi risultati, la maggior parte dei medici insistono che i benefici del vaccino superano i rischi per la maggior parte della gente. Non sono per nulla d’accordo. Se realmente si valutassero i benefici trovati da questi studi (nessun beneficio apparente) contro i rischi segnalati (febbre, malessere, influenza da vaccino, reazioni allergiche e sindrome di Guillain-Barré, solo per citarne alcuni), giungereste alla mia stessa conclusione.
Nell’articolo apparso su CBC News descritto sopra, un uomo che ha contratto la sindrome di Guillain-Barré, ed è rimasto paralizzato per quasi cinque mesi dopo la vaccinazione, avverte la gente dei rischi inerenti a questo vaccino ampiamente spinto. La sindrome di Guillain-Barré è una malattia autoimmune che attacca il sistema nervoso, simile alla sclerosi multipla. Il Center for Disease Control stima che le probabilità di sviluppare questa particolare malattia da vaccino influenzale sia di uno su un milione. Tuttavia, in caso di malattia, le conseguenze possono essere gravi. La ricerca dimostra che livelli ottimali di vitamina D proteggono dall’influenza naturalmente.
Negli Stati Uniti, il livello medio di vitamina D in inverno è solo di circa 15-18 ng/ml, che è considerata una condizione carenziale molto seria. Si valuta che oltre il 95 % degli anziani e l’85 % degli individui americani possono esserne carenti. Nessuna meraviglia dunque se l’influenza si ripresenta ogni anno epidemicamente. I ricercatori hanno trovato che 2.000 UI di vitamina D al giorno aboliscono il carattere stagionale dell’influenza!
Bisogna notare che questa dose è ben superiore a quella giornaliera suggerita (RDA) da associazioni come l’American Academy of Pediatrics, che ha annunciato di aver raddoppiato l’RDA della vitamina D per i bambini a 400 UI. Questo livello è ben al di sotto di quello necessario per mantenere i bambini in buona salute, particolarmente durante la stagione influenzale. Per impedire l’influenza, i bambini hanno bisogno di 2.000 UI di vitamina D al giorno, mentre gli adulti necessitano fra le 4.000 - 5.000 UI al giorno.

 

http://www.virologyj.com/content/5/1/29

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18298852

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2279112/

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/11/13/what-is-the-real-cause-of-influenza-epidemics.aspx

26-03-2015

Mangiare cibo spazzatura senza aumentare di peso. Un sogno per molti, che potrebbe tradursi in realtà secondo alcuni ricercatori svedesi della Lund University. Secondo gli scienziati sfruttando l’azione garantita da una specie di bacche simili ai mirtilli rossi, il lingonberry o cowberry (nome scientifico Vaccinium vitis-idaea), l’organismo riuscirebbe in sostanza ad azzerare gli effetti negativi di una dieta ricca di grassi. L’azione offerta dai lingonberry contribuisce a detta dei ricercatori a regolare l’assunzione di grassi, oltre ad intervenire nella regolazione del livello glicemico nel sangue e ridurre il colesterolo cattivo. Proprio come avviene per le bacche di goji. Durante lo studio, condotto su topi da laboratorio, le cavie sono state suddivise in differenti gruppi a seconda dell’alimentazione seguita: povera di grassi o ad alto contenuto di grassi, ma integrata con varie tipologie di frutti di bosco tra i quali mirtilli rossi, lingonberries, bacche di açai, mirtilli neri e lamponi.
Al termine dello studio dai risultati delle analisi è emerso, spiegano i ricercatori, come i valori del sangue (colesterolo, glicemia ecc.) e il peso corporeo dei topi che si erano alimentati con una dieta ad alto contenuto di grassi arricchita con lingonberries, erano simili a quelli delle cavie sottoposte a regime dietetico povero di grassi. Dati che non si tradurrebbero necessariamente in un analogo meccanismo di difesa dal cibo spazzatura nell’uomo secondo la Dr.ssa Lovisa Heyman, dottoranda in Scienze Mediche Sperimentali. Un avvertimento in particolare lo rivolge a chi potrebbe vedere nei risultati della ricerca una scusante per comportamenti alimentari poco salutari: “Mentre i risultati sui topi sono entusiasmanti, ciò non dovrebbe essere assolutamente interpretato come un via libera per un’alimentazione poco salutare purché integrata con lingonberries. Speriamo tuttavia di investigare sulla possibilità di inserire queste bacche come integrazione di una dieta che prevenga l’obesità umana”.

 

http://www.med.lu.se/english/news_archive/140127_lingonberries

http://www.hindawi.com/journals/jnme/2014/403041/

26-03-2015

I vaccini antinfluenzali funzionano? Sono sicuri? E sono davvero necessari? Esistono molte alternative naturali per potenziare il sistema immunitario, ma gli unici metodi proposti dalla sanità pubblica sono le vaccinazioni. Secondo questo articolo i vaccini non solo sono inefficaci, ma contengono anche sostanze pericolose per la salute. Molti esperti della salute ora sono d’accordo sul fatto che è più importante proteggere te stesso e la tua famiglia dal vaccino antinfluenzale che dall’influenza stessa. Scopriamo insieme i motivi:

1. Non ci sono prove che i bambini traggano benefici dai vaccini. Una rassegna di 51 studi che hanno coinvolto 260.000 bambini di età tra i 6 e i 23 mesi non è riuscita a dimostrare che il vaccino è più efficace di un placebo. Inoltre i vaccini proteggono solo da un particolare ceppo di virus, quindi se entri in contatto con un ceppo diverso, continuerai comunque a prendere l’influenza.

2. Riviste mediche hanno pubblicato migliaia di articoli che rivelano che iniettare vaccini può causare gravi problemi di salute, incluse pericolose risposte immunitarie e una serie di altre infezioni. Questo accresce ulteriormente la sensibilità del corpo alle malattie da cui si supponeva il vaccino dovesse proteggere.

3. Hai mai notato che i bambini vaccinati in pochi giorni o settimane cominciano ad avere nasi gocciolanti, pneumonia, infezioni delle orecchie e bronchioliti? E’ il virus dell’influenza introdotto nel loro corpo a dare questi sintomi. Questo indica anche che l’immunosoppressione abbassa le difese. Il vaccino in realtà non immunizza, ma rende il corpo più sensibile al virus.

4. E’ cosa nota che il vaccino per l’influenza contiene ceppi del virus, oltre agli altri ingredienti. Ora, pensa all’impatto che un vaccino può avere su una persona con un sistema immunitario debole. Se hai una malattia che già ti sta indebolendo e sta riducendo le capacità del tuo corpo di combattere un virus, prendere il vaccino per l’influenza metterà il tuo corpo in pericolo, predisponendoti a contrarre tutti gli effetti dell’influenza e rendendoti più sensibile a pneumonia e altre malattie contagiose.

5. Il vaccino per l’influenza contiene mercurio, un metallo pesante noto per la sua pericolosità per l’uomo. La quantità di mercurio contenuta in un vaccino multidose è più alta del massimo limite giornaliero consentito. La tossicità del mercurio può provocare perdita di memoria, depressione, Sindrome da deficit di attenzione, problemi di salute orale, squilibri digestivi, problemi respiratori, malattie cardiovascolari e molti altri seri disturbi.

E gli anziani? Il vaccino può aiutarli?

6. Ci sono prove che il vaccino possa provocare l’Alzheimer. Un report mostra che le persone che ricevono il vaccino per l’influenza ogni anno per 3-5 anni hanno probabilità 10 volte più alte di avere l’Alzheimer di chi non prende il vaccino. Inoltre con l’età le difese immunitarie si indeboliscono, e si abbassa la capacità di combattere le infezioni. Introdurre il virus dell’influenza nel corpo di un anziano può avere conseguenze molto pericolose.

Dobbiamo fidarci delle autorità che promuovono la vasta diffusione dei vaccini?

7. Il Center for Disease Control nomina una Commissione, Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) di 15 membri. Questa commissione decide chi deve essere vaccinato ogni anno. Quasi tutte le ACIP hanno interessi economici nelle vaccinazioni. E’ tutta una questione di soldi e ha poco a che fare con la tua salute e sullo stare bene. Le persone che promuovono i vaccini sono quelle che faranno milioni di dollari.

Questo non fa venire i dubbi sull’efficacia dei vaccini antinfluenzali?

8. Ricerche mostrano che il sovraddosaggio di vaccini e medicine come Tamiflu e Relenza possono in realtà alterare il virus dell’influenza e mutarlo in un ceppo mortale. Unisci questo a un ceppo resistente alle medicine e otterrai virtualmente zero benefici con alti rischi.

9. Ci sono abbastanza prove del fatto che gli ingredienti presenti nei vaccini antinfluenzali possono provocare malattie neurologiche. Nel 1976, con lo scoppio della suina, molte delle persone che hanno preso il vaccino hanno avuto danni nervosi permanenti.

I vaccini per l’influenza possono contenere ingredienti pericolosi come detergenti, mercurio, formaldeide e ceppi di virus vivo. Davvero vuoi che queste cose entrino nel tuo corpo?

10. Cercare di capire di volta in volta contro quale ceppo stagionale vaccinarsi è come tentare la sorte. Questo si è visto soprattutto negli ultimi anni con il ceppo H1N1. Prendere multidosi sarà ancora più pericoloso, a causa dei diversi ceppi di virus e delle altre sostanze nocive introdotte nel tuo corpo.

I vaccini antinfluenzali sono in realtà molto più pericolosi di quanto pensi, ed è molto meglio affidarsi ai metodi naturali per proteggersi dall’influenza che farti vaccinare. Non è interessante che i principali funzionari della sanità pubblica non promuovano modi per prevenire l’influenza se non la vaccinazione? Perché non si spendono un pò dei miliardi di dollari di pubblicità per parlarci dei modi naturali per rinforzare il nostro sistema immunitario ed evitare l’influenza, senza vaccinazioni dannose e talvolta mortali?

 

http://www.royalrife.com/flu_shots.html

http://worldtruth.tv/10-reasons-why-flu-shots-are-more-dangerous-than-a-flu/

26-03-2015

Se il dibattito scientifico sulla relazione tra cellulari e tumori è ancora lontano da una facile risoluzione, sul fronte delle allergie cutanee i danni dei telefonini sono ben visibili e documentabili. A dimostrarlo è un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Pediatric Allergy, Immunology and Pulmonology, curato da un team di ricercatori danesi e americani. Secondo quanto appurato dagli studiosi, le allergie da nichel e cromo causate dall’utilizzo dei cellulari sono in aumento. Nichel e cromo sono metalli pesanti contenuti nei pulsanti e in altre componenti dei cellulari, come le custodie, che possono suscitare nei soggetti sensibili delle reazioni avverse. I sintomi rivelati dagli esperti coinvolgono un numero sempre maggiore di persone e vanno dalla comparsa di eruzioni cutanee tanto dolorose quanto antiestetiche, all’insorgenza di vesciche e pustole dolorose sulle guance, sul mento e sulle orecchie. A peggiorare il quadro di quelli che sono i sintomi di una vera e propria dermatite da contatto, l’incidenza delle allergie particolarmente alta anche tra i bambini, che ormai fanno un uso quotidiano e spesso eccessivo di cellulari e smartphone. Solitamente questi sintomi compaiono a causa di gioielli di bigiotteria di scarsa qualità, cinturini, fibbie e cinture scadenti e spesso non coinvolgono i più piccoli, che raramente indossano orecchini e altri monili.
Negli ultimi anni, con la diffusione e l’uso sempre più massiccio dei device tecnologici, è cresciuto in modo allarmante anche il numero dei casi di dermatiti da contatto. Tra il 2000 e il 2010 si è registrato un incremento del 1.250% nelle segnalazioni di problemi alla pelle. Quasi la metà dei casi riguardava persone di età inferiore ai 18 anni. Un aumento che non può certo passare inosservato e che spinge gli esperti a chiedersi se le aziende di telefonia stiano davvero facendo il possibile per rispettare i valori fissati dalle autorità sanitarie per non incorrere in rischi per la salute. Secondo una delle autrici dello studio, la dottoressa Clare Richardson della Loma Linda University School of Medicine in California, tantissimi modelli di cellulare in commercio rilascerebbero una quantità di allergeni sufficienti a scatenare reazioni avverse anche gravi, come la dermatite da contatto acuta. Reazioni causate sia da cellulari a basso costo sia dai modelli più cari e, dato ancora più preoccupante, anche dai telefoni che rispettano la normativa sul nichel dell’Unione Europea.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4062107/

Giovedì, 26 Marzo 2015 13:43

TUTTA LA VERITA’ SULLE STATINE.

26-03-2015

Finalmente “l’ultimo e più grande studio” sui benefici delle statine, denominato JUPITER, è stato considerato persino dai media tradizionali ingannevole e pervaso da conflitti di interesse. Con almeno 12 milioni di Americani che prendono statine, e con “gli esperti” che suggeriscono che altri 23 milioni debbano cominciare a prenderle, è molto importante informare su cosa può succedere utilizzando questi farmaci. Le statine sono già una delle classi di farmaci più ampiamente prescritte e le ingannevoli conclusioni dello studio JUPITER sui benefici del Crestor sono potenzialmente in grado di spingere al loro uso sebbene già portato a livelli oltre ogni necessità. Il vero ”beneficio” di usare il Crestor è questo: se 100 persone sono curate con Crestor per un anno, solo UNO sarà risparmiato da un possibile evento cardiovascolare. Esporre 100 persone ai possibili effetti secondari potenzialmente mortali del Crestor, o qualunque altra statina, per preservare una persona da un evento cardiovascolare che potrebbe essere evitato con cambiamenti di stile di vita, non si può chiamare buona medicina.
Lo studio JUPITER ha coinvolto 17.800 persone con livelli elevati di proteina C reattiva (PCR), che è un buon indicatore di infiammazione e quindi di rischio di malattia cardiaca, anche in quelle persone considerate sane. Le statine ora si prescrivono frequentemente anche in individui che hanno livelli normali di colesterolo e se hanno livelli elevati di PCR, per combattere l’infiammazione e presumibilmente ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiache. In questo caso assumere una statina non risolverà il problema sottostante causa dell’aumento dell’infiammazione! Un livello elevato di PCR è dovuto a un danneggiamento cronico delle arterie, che conduce ad infiammazione che è il modo con cui il corpo risponde a qualcosa di dannoso; è la risposta naturale ed utile del corpo per guarire. Il vero problema è capire cosa sta causando i danni, come ad esempio un cronico aumento dello zucchero ematico. La molecola dello zucchero, infatti, causa molti più danni di qualunque altra molecola. Se decidete di assumere farmaci ipocolesterolemizzanti invece di cercare di scoprire il motivo per cui lo zucchero è in eccesso nella vostra circolazione sanguigna, non soltanto bloccate il processo di guarigione naturale del vostro corpo, ma vi esponete a farmaci che sono ricchi di effetti secondari e possono deteriorare la vostra salute ancora di più.
È importante sapere che ci sono differenti formati di particelle di colesterolo LDL ed è la dimensione delle particelle LDL che è rilevante, poichè le particelle più piccole rimangono incastrate facilmente nelle pareti vasali e causano maggior infiammazione. Naturalmente, le industrie farmaceutiche non desiderano che si conoscano queste cose. Le statine non modulano la dimensione delle particelle LDL. L’unico modo per assicurarsi che le particelle LDL siano abbastanza grandi da non rimanere incastrate e causare infiammazione e danni è la scelta dietetica. Infatti, è una delle cose principali per gestire l’insulina. Così piuttosto che assumere una statina, per ridurre l’infiammazione nel vostro corpo, bisogna migliorare le abitudini alimentari eliminando:

• colesterolo ossidato (ovvero il colesterolo irrancidito, come quello dalle uova cotte troppo e fritte);

• l’uso di zucchero e cereali;

• alimenti cucinati ad alte temperature;

• Consumo di grassi trans.

Eccovi alcune raccomandazioni che possono avere un effetto profondo sulla riduzione dell’infiammazione e del rischio di malattie cardiocircolatorie.

1. Uno dei punti più importanti per ridurre il rischio di malattie cardiache è di assumere un prodotto a base di grassi omega-3 di alta qualità.

2. Assicurarsi di mangiare alimenti in armonia con la tipologia genetico-sanguigna.

3. Assicurarsi che i livelli di vitamina D siano ideali. La maggior parte della gente non è informata che la vitamina D può avere un effetto fondamentale sulla normalizzazione della pressione sanguigna e sul ridurre il rischio di malattia cardiaca.

4. Assumere un buon integratore di magnesio, un minerale di cui il 90% della popolazione mondiale è carente senza saperlo. Questo minerale è fondamentale per il benessere cardiovascolare.

5. Esercizio fisico. Non smetterò mai di ripetere che fa bene (senza esagerare) a tutte le età, non solo al cuore, ma anche all’apparato osteoarticolare.

 

http://health.usnews.com/health-news/family-health/heart/articles/2008/11/11/6-ways-to-reduce-inflammation--without-a-statin-or-a-heart-test

19-03-2015

Sappiamo da tempo che fumare è pericoloso per la salute del fumatore, così come che il fumo passivo nuoce a chi lo respira suo malgrado. Da oggi, grazie a una nuova ricerca condotta presso il Lawrence Berkeley National Laboratory, sappiamo anche che il fumo che si attacca su mobili e pareti di casa è addirittura più pericoloso del fumo passivo. Stando ai risultati di questa ricerca, presentata dal dottor Bo Hang al meeting annuale della American Chemical Society, i neogenitori fumatori farebbero meglio a evitare di fumare in casa. Il cosiddetto fumo di terza mano infatti fa male soprattutto ai bambini più piccoli. Questo perché i bambini giocano sul pavimento, si appoggiano ai muri di casa, toccano con le mani i mobili e spesso portano alla bocca giocattoli e altri oggetti impregnati di fumo.
I neonati portano alla bocca gli oggetti più disparati, è il loro modo di conoscere il mondo. Un’abitudine che potrebbe costare loro cara se le stanze della casa sono impregnate di fumo. I residui tossici sprigionati dal fumo vanno infatti a unirsi ad altre sostanze inquinanti presenti nell’aria di casa, come l’acido nitroso e l’ozono, esponendo il DNA a mutazioni pericolose. Da questo mix tossico vengono generati dei nuovi composti potenzialmente cancerogeni, specie per i bambini che appaiono maggiormente esposti alla contaminazione per via di un sistema immunitario ancora troppo debole e non completamente formato. Anche se in molti Paesi occidentali oggi è vietato fumare nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto pubblico e in tanti parchi, le persone continuano a fumare in casa, impregnando i muri e i mobili di sostanze che non vanno via semplicemente spalancando la finestra dopo aver fumato. Non fumare in presenza dei bambini dunque non basta a proteggerli dal rischio di cancro e dalle malattie respiratorie provocate dal fumo di terza mano. Purtroppo non è possibile vietare alle persone di fumare in casa propria, ma il consiglio degli esperti è di ridurre i danni, lavando e cambiando spesso le tende, passando l’aspirapolvere, indossando vestiti puliti dopo aver fumato e in caso di forte contaminazione ricorrere addirittura alla sostituzione dei mobili per decontaminare l’ambiente domestico dal fumo di terza mano.

 

http://www.acs.org/content/acs/en/pressroom/newsreleases/2014/march/major-third-hand-smoke-compound-causes-dna-damage-and-potentially-cancer.html

19-03-2015

La maggior parte della gente pensa che i farmaci siano controllati dal governo e quindi sicuri specie se presi sotto consiglio di medici competenti. Tuttavia, ammesso e non concesso tutto ciò, bisogna chiedersi se quella sicurezza possa cambiare assumendo più di un farmaco contemporaneamente. Per assicurare la sicurezza, dovrebbero essere effettuate prove adeguate per ogni combinazione possibile di farmaci. Se si prende Prozac e Tylenol, per esempio, bisognerebbe conoscere tutti i benefici e le conseguenze possibili prima di permettere che queste due sostanze estranee si mescolino con le sostanze chimiche che il corpo genera già di per sè. La stessa cosa per combinazioni come Plasil e Viagra o Interferone e Lipitor.
La lista dei possibili problemi è mostruosamente lunga, perché c’è un numero enorme di combinazioni possibili. Ciò nonostante, ci sono stati relativamente pochi studi che hanno esaminato le associazioni farmacologiche. Così se si assumono due farmaci, le probabilità che la sicurezza della loro combinazione sia stata studiata adeguatamente è ridicola nel migliore dei casi. In caso di assunzione di tre o più farmaci le possibilità di rischi si moltiplicano ancor più velocemente. In caso di assunzione di 3 farmaci una prova di sicurezza sufficiente delle varie combinazioni richiede 7 test separati. In caso di 4 farmaci le combinazioni richiedono 25 test separati. In caso di 5 farmaci i test salgono a 121. Se si assumono 10 farmaci il numero di verifica di sicurezza richiede un totale di 362.881 test. La conclusione dovrebbe quindi essere evidente. Fino all’assunzione contemporanea di tre farmaci c’è un’ipotetica possibilità che ci siano sufficienti test di sicurezza. Oltre questo quantitativo entriamo nella territorio del “non si ha idea di cosa possano fare queste combinazioni”.

COMMENTO

Assumete due, tre, quattro o più prodotti chimici sintetici (farmaci), mandateli giù con un bicchiere di acqua e che cosa ottenete? Chi lo sa! I test di sicurezza che esaminano le combinazioni farmacologiche sono molto scarsi o inesistenti nella letteratura scientifica, per cui, cosa possano fare per la salute combinazioni multiple farmacologiche sono solo congetture. E’ spaventoso pensare a tutto questo ma la cosa ancor più grave è che nessuno sembra interessato a far qualcosa. L’assunzione di farmaci multipli interessa particolarmente gli anziani. L’anziano medio sopra i 65 anni segue quasi 29 prescrizioni ogni anno. Nel 2007, un’indagine dell’AARP ha trovato che:

• il 45 per cento di individui con 65 anni o più assumono da tre a sei farmaci differenti in maniera regolare;

• il 12 per cento da sette a nove;

• il 10 per cento 10 o più.

Tutto ciò non considera i farmaci da banco che non richiedono ricetta medica o i supplementi che possono essere sommati alle prescrizioni base. Naturalmente, più farmaci si assumono, più grande è il rischio di interazioni farmacologiche. “Statisticamente, se prendete sei farmaci differenti, avete una probabilità almeno dell’80 per cento di un’interazione fra farmaci. Con otto, la probabilità è del 100 per cento”, dice Wayne K. Anderson, decano della School of Pharmacy and Pharmaceutical Sciences at the State University of New York at Buffalo. La polifarmacia, che si riferisce al cocktail chimico tossico di farmaci che molta gente sta prendendo, è una preoccupazione di salute in aumento non solo per gli anziani, ma per tutti. Il Dott. Michael Stern, un esperto di medicina geriatrica di emergenza al New York Presbyterian Hospital/Weill Cornell Medical Center, ha detto al New York Times: “la Polifarmacia è responsabile del 28 per cento dei ricoveri ospedalieri e, se fosse classificata come tale, sarebbe la quinta causa principale di morte negli Stati Uniti”. Eccovi soltanto una breve numero di esempi di interazioni farmacologiche pericolose:

• l’Ibuprofene può causare ulcere sanguinanti quando assunto con gli antidolorifici di prescrizione.

• Unendo ginkgo biloba a farmaci antiaggreganti come l’aspirina o il warfarin può condurre a grave sanguinamento.

• L’ antibiotico eritromicina può condurre a una reazione tossica quando combinato con certi farmaci ipocolesterolemizzanti, principalmente ad insufficienza renale.

Purtroppo, la maggior parte delle interazioni fra farmaci sono scoperte in ritardo e proprio per via degli effetti collaterali già verificatisi. Se state prendendo medicamenti multipli, il minimo che dovreste fare è controllare per vedere se esistono potenziali interazioni interrogando direttamente il vostro medico e il farmacista riguardo ai rischi. Poiché facilmente le interazioni verranno negate, si può anche usare online il sito http://www.drugs.com/drug_interactions.html.

 

http://www.webmd.com/healthy-aging/features/how-many-drugs-are-you-taking

http://leifgrunseth.com/the-hidden-dangers-of-taking-more-than-one-medication-at-once/

19-03-2015

Germi di qualunque tipo. Batteri provenienti da secrezioni respiratorie (tosse e starnuti), flora batterica tipica dell’epidermide, batteri fecali, addirittura flora batterica vaginale e lieviti. È ciò che è stato riscontrato al termine di un’analisi approfondita su alcuni capi di abbigliamento (maglieria intima, pantaloni, maglioni) acquistati presso tre frequentatissime catene commerciali Usa dallo staff della Division of Microbiology and Immunology della New York University coordinato da Philip Tierno. La carica batterica individuata nei capi di abbigliamento si è rivelata notevolmente superiore alla media degli oggetti di uso quotidiano (tranne gli alimenti).

 

http://ministryhealth.org/hc/home/fall2010/thehiddenhazardsofshopping.nws

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