Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

30-03-2015

Svolgere troppe attività nello stesso momento danneggia il cervello riducendone le dimensioni. Secondo i ricercatori dell’University of Sussex una riduzione del volume della materia grigia deriverebbe dal sempre più diffuso ricorso alla pratica del “multitasking“, ovvero lo svolgimento contemporaneo di più azioni. Tale pratica influirebbe non soltanto sui livelli di attenzione, ridotti rispetto a chi non vi fa ricorso, ma anche sul rendimento scolastico e soprattutto nell’ottica di possibili patologie quali ansia e depressione. Un pericolo crescente considerando l’espansione del mercato di prodotti come smartphone, tablet e altri dispositivi tecnologici. Secondo quanto affermato dagli stessi ricercatori: “Utilizzare in maniera simultanea telefoni cellulari, smartphone e altri dispositivi multimediali potrebbe cambiare la struttura stessa del nostro cervello”.
Lo studio ha visto coinvolti 75 partecipanti, sia uomini che donne, ai quali è stato domandato quanto spesso facessero ricorso all’utilizzo contemporaneo di due o più media. Tale pratica comprende ad esempio l’invio di sms durante la visione della televisione o il controllo delle email mentre si ascolta della musica. A risentire dello svolgimento di più attività in contemporanea sarebbe nello specifico la materia grigia situata nella corteccia cingolata anteriore, una riduzione che avverrebbe senza che la singola personalità influisca nel processo. Pubblicati sulla rivista Plos one, tali risultati sono stati così commentati dall’autore principale dello studio, il Dr. Kep Kee Loh: “Il multitasking mediale sta diventando prevalente nelle nostre vite al giorno d’oggi e c’è crescente preoccupazione intorno a come influisca sul nostro benessere cognitivo e socio-emotivo”. Ulteriori indagini saranno tuttavia necessarie, concludono i ricercatori, così da escludere la possibilità che siano i soggetti con un ridotto volume di materia grigia a preferire lo svolgere più attività allo stesso tempo.

 

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0106698

http://www.sussex.ac.uk/broadcast/read/26540

26-03-2015

Secondo una revisione della letteratura scientifica pubblicata, chi sostiene che i latticini a bassa percentuale di grassi o il calcio possono contribuire a far perdere il peso dice il falso. Nè i latticini in generale né il calcio promuovono la perdita del peso. Su 49 prove cliniche, 41 non hanno evidenziato effetti positivi sul peso sia dei latticini che del calcio; due hanno mostrato un aumento nel peso corporeo con un regime a base di latticini ed uno ha mostrato un incremento più lento di guadagno di peso. Soltanto cinque hanno evidenziato una perdita di peso. Un’associazione fra assunzione di calcio o latticini e perdita di peso è stata vista in alcuni studi “d’osservazione”, possibilmente dovuta ad altri fattori quali aumento dell’esercizio fisico, eliminazione di alimenti ipercalorici con poco valore nutritivo, o altri cambiamenti dietetici.

COMMENTO

Pubblicità fuorviante, o persino fraudolenta, per prodotti alimentari industriali ampiamente diffusi, che se così fosse potremmo vivere una vita sana mangiando McDonalds. D’altronde sono più di 30 anni che alla televisione vediamo quello che salta la staccionata perché ha un cuore sano grazie all’olio che assume nonostante la letteratura scientifica sia ricca di lavori che indicano che quell’olio favorisce le malattie cardiocircolatorie!
Ma ritorniamo di nuovo al latte. Non sono sorpreso per nulla che la scienza non sostenga i proclami che i latticini a bassa percentuale di grassi favoriscano la perdita di peso, per il semplice fatto che il peso deriva da sane abitudini alimentari. Purtroppo, tanta gente crede che i latticini pastorizzati a bassa percentuale di grassi siano buona parte di una dieta sana! Niente può essere così lontano dalla verità. Gli allevatori sanno bene che i maiali alimentati con latte scremato guadagnano peso facilmente, mentre i maiali alimentati con latte intero rimangono magri. Uno studio pubblicato nel 2005 negli Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine, ha dimostrato che questo paradosso è valido anche per gli esseri umani. Dopo aver seguito quasi 13.000 bambini (età 9-14 anni) per tre anni, si è visto che l’aumento di peso è stato associato all’assunzione di latte scremato a basso contenuto in grassi. Tuttavia, inoltre le conclusioni del lavoro dicevano che non era il grasso in sé la causa dell’aumento ponderale, ma piuttosto le calorie in eccesso.
Il latte intero da mucche allevate con erba è pieno di sostanze che il corpo umano necessita (buoni batteri, enzimi, grasso grezzo e l’antitumorale acido linoleico coniugato (CLA), mentre il latte pastorizzato è conosciuto come causa di un sacco di problemi di salute, che vanno dalle difficoltà digestive, all’autismo e diabete. Questi problemi, e quello ancora più comune dell’intolleranza al lattosio, non sono dovuti al latte, anche se è un alimento inadeguato per gli esseri umani (dopo tutto le società primitive hanno prosperato con diete a base di latte per un certo tempo) ma piuttosto, l’elaborazione di esso che ha trasformato il latte in qualcosa che il corpo non può usare in modo ottimale. Non è raro che negli individui che ritornano al latte intero spariscano molti dei loro problemi di salute, dalle allergie, alle difficoltà digestive, all’eczema. Tuttavia, le allergie al latte sono una problematica reale per molti, per cui, in questi casi, sarebbe meglio limitare o evitare persino il latte intero. Prima della pastorizzazione, il latte era una medicina! Attualmente non ne sentite parlare per nulla, ma all’inizio del 1900 il latte era realmente usato come medicina. “La cura del latte” del Dott. J.R. Crewe è stata usata alla clinica Mayo per trattare con successo:

• cancro;
• perdita del peso;
• malattie renali;
• allergie;
• problemi cutanei;
• problemi prostatici e dell’apparato urinario;
• affaticamento cronico e una miriade intera di altre circostanze croniche.

Naturalmente, l’unico latte disponibile allora era latte intero grezzo, ricco in grassi, da mucche alimentate al pascolo.

 

http://www.reuters.com/article/2008/05/14/us-dairy-weight-idUSCOL47199520080514

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/06/07/don-t-be-misled-by-dairy-ads.aspx

26-03-2015

Anche solo un bicchiere di vino al giorno potrebbe aumentare il rischio di infarto e ictus. A sostenerlo uno studio condotto in Svezia dai ricercatori del Karolinska Institute e pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology. Stando ai risultati ottenuti dai ricercatori anche un consumo moderato di vino potrebbe generare un fenomeno noto come fibrillazione atriale, uno dei fattori di rischio più elevato per lo sviluppo di patologie quali infarto, ictus e Alzheimer. Si tratta di una particolare forma di aritmia in grado di ridurre l’afflusso di sangue al cervello o favorire le placche nel sangue responsabili dell’insorgere della demenza. Secondo lo studio, condotto su 80.000 cittadini svedesi, anche un consumo moderato di vino o liquori porterebbe a un incremento della possibilità di manifestare la fibrillazione atriale. Un risultato che contraddice quindi alcuni studi precedenti secondo i quali un bicchiere di vino al giorno potrebbe essere considerato benefico.
Alla luce di questi ultimi risultati è opportuno bilanciare con attenzione, sostengono i ricercatori guidati dalla Prof.ssa Susanna Larsson, gli eventuali effetti benefici offerti dal vino con il rischio di sviluppare tale forma di aritmia cardiaca. Un legame tra consumo di vino e fibrillazione atriale che andrà approfondito in maniera ulteriore anche alla luce dei risultati evidenziati dai consumatori di birra. Quest’ultima non ha registrato a differenza dell’altra bevanda alcolica alcuna associazione al disturbo cardiaco. Una possibile risposta potrebbe trovarsi secondo loro nelle abitudini di consumo, che vedono la birra per lo più consumata tra venerdì e sabato mentre il vino a minori dosi più volte durante tutta la settimana.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2014/07/140714182402.htm

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0735109714025133

 

26-03-2015

Le donne sono state informate di smettere immediatamente di utilizzare la polvere di talco intorno ai genitali, perchè una nuova ricerca suggerisce che le particelle di talco possono arrivare alle ovaie ed innescare un processo infiammatorio che favorisce lo sviluppo di cellule tumorali. Gli studi precedenti avevano suscitato inquietudine riguardo al talco, ma gli ultimi risultati suggeriscono che le donne che lo usano hanno un 40% di probabilità in più di sviluppare cancro ovarico. Gli esperti hanno studiato più di 3.000 donne e scoperto che usare il talco soltanto una volta alla settimana aumenta il rischio di cancro ovarico del 36%. Il pericolo aumenta al 41% per quelle che applicano la polvere ogni giorno.

COMMENTO

La polvere di talco è composta da talco, un minerale trisilicato di magnesio che negli anni ‘70 aveva una cattiva reputazione poichè conteneva dell’asbesto (amianto) già noto cancerogeno. Dal 1973, tutti i prodotti di talco compreso la polvere per i bambini, la polvere per il corpo e quelle facciali dovevano per legge essere privi di asbesto, ma ciò non significa che il talco ora sia perfettamente sicuro. Parecchi studi hanno collegato la sua polvere al cancro ovarico e, visto che questo prodotto non è certamente necessario, mi sembra saggio escluderlo del tutto. Oltre a questo studio recente, che ha trovato un aumento del 36% di rischio di cancro ovarico nelle donne che lo usano una volta alla settimana, l’American Cancer Society segnala che:

• Uno studio pubblicato nel 1997 ha scoperto che le donne che usavano la polvere di talco applicata alla loro zona genitale esterna aveva un rischio maggiore del 50-90% di sviluppare cancro ovarico.

• Uno studio del 2000 ha trovato che l’uso di talco aumentava il rischio di un tipo di cancro ovarico, sieroso invasivo, del 40 per cento.

• Una meta-analisi del 2003 ha trovato un aumento del 33% di rischio di cancro ovarico fra gli utenti del talco.

Gravi danni polmonari e cancro sono stati segnalati inoltre fra i lavoratori che hanno respirato polvere di talco per un lungo periodo di tempo. Per questo motivo non si dovrebbe usare il talco sui bambini. Se un bambino inala la polvere di talco può causare serie complicazioni respiratorie, convulsioni e perfino la morte e la polvere può essere anche tossica se ingerita. Il talco è usato ampiamente nei cosmetici come agente anti-agglutinante e ammassante. Il database dell’Environmental Working Group’s Skin Deep segnala che è presente in migliaia di articoli da toeletta che variano dai cosmetici (fondo tinta, rossetto, abbronzanti e polveri per il viso) agli antitraspiranti e ai deodoranti. Il talco è aggiunto anche a molti alimenti come antiagglutinante. A quali tipi di alimenti è stato aggiunto? A più di quelli che potreste pensare (questa è soltanto una lista parziale):

• Cereali da prima colazione.
• Formaggio fuso, frutta e verdure.
• Dolcificanti da tavolo.
• Condimenti (aceto, senape, salse, condimenti).
• Prodotti da panetteria e caramelle.
• Sorbetti.
• Pudding e yogurt.
• Bevande energetiche.
• Prodotti industriali del riso.

Se volete evitare il talco, bisogna diventare esperti lettori delle etichette non soltanto quelle alimentari ma anche quelle della cosmesi. Cercate le parole talco, polvere di talco o H2Mg3(SiO3)4 negli ingredienti elencati.

 

http://cebp.aacrjournals.org/content/17/9/2436.short

http://www.medscape.org/viewarticle/581862

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/10/14/talcum-powder-linked-to-ovarian-cancer.aspx

26-03-2015

L’industria chimica globale produce annualmente circa 6 miliardi di libbre di bisfenolo A (BPA), un componente base di un’ampia serie di prodotti di plastica, che genera almeno 6 miliardi di dollari di vendite annue. Il valore delle merci prodotte con il BPA è probabilmente incalcolabile. Gli studi dell’Environmental Working Group hanno trovato il BPA in più della metà degli alimenti e bevande inscatolati presi a caso nei supermercati degli Stati Uniti. Poco dopo che gli scienziati Frederick Vom Saal e Wade Welshons trovarono la prima pesante evidenza che minuscoli quantitativi di BPA causassero cambiamenti irreversibili nella prostata dei feti di topo, uno scienziato della Dow Chemical Company con dati ottenuti in un laboratorio del Missouri ha confutato i dati e dichiarato, come ricorda Vom Saal, “desideriamo che si sappia come siamo stressati dalla vostra ricerca”. “Non era una minaccia leggera,”dice Vom Saal, “era molto chiara e, concludo col dire, minacciarci non è stata realmente una buona idea”.
Gli scienziati del Missouri hanno intensificato le loro indagini sul BPA. Funzionari dell’industria e scienziati alleati alimentavano la disputa, a volte in dibattiti faccia a faccia nei convegni scientifici, a volte più insidiosamente. “Ho sentito che [i funzionari dell’industria chimica] stavano rilasciando dichiarazioni deliberatamente false circa la nostra ricerca”, dice Welshons. “Studiate per generare il dubbio quando non ce n’era per nulla”. Le smentite sempre più rumorose dell’industria hanno fallito. Dalla fine del millennio, dozzine di scienziati hanno iniziato le loro proprie indagini sul prodotto chimico. Ma l’industria chimica combatte aggressivamente contro le regole. Proprio pochi anni fa, l’industria ha speso centinaia di migliaia di dollari per sconfiggere una proposta legislativa della California per vietare il BPA nell’imballaggio per alimenti. Il Chemistry Council e le aziende e i gruppi alleati con l’industria hanno assunto un esercito di lobbisti. Le tattiche hanno incluso un’e-mail alle industrie alimentari che informava che un divieto sul BPA avrebbe significato la conclusione delle distribuzioni delle merci inscatolate, per i poveri.

COMMENTO

Il BPA, che ha un’azione simile all’ormone sessuale estradiolo, è un mattone base per la costruzione della plastica in policarbonato e le resine epossidiche. La plastica a base di BPA è così dominante da essere presente in molte cose impensabili, come ad esempio nei rivestimenti interni delle lattine dei prodotti in scatola, dove viene rilasciato nell’alimento e bevanda. L’Environmental Working Group (EWG) ha trovato il BPA in più della metà degli alimenti e delle bevande inscatolati testati nei supermercati negli Stati Uniti. Le lattine del latte artificiale per neonati sono quelle più ricche di questa tossina; appena una-due porzioni possono contenere livelli di BPA che hanno causato gravi effetti collaterali nelle prove sugli animali. Stranamente i medici fautori di crociate a favore di vaccini e farmaci inutili e pericolosi non hanno mai sprecato una parola su questo problema così grave e diffuso che mina la salute sin dai primi giorni di vita. Potenza dell’industria! Tengo a ricordare che la Dow Chemical è l’industria che ha provocato il famoso disastro di Bhopal in India, è nata grazie alla produzione dell’agente arancio (diserbante killer usato durante la guerra del Vietnam) e, insieme alla sua “amica” Dupont (detentrice del brevetto di un altro famigerato prodotto, il teflon) attualmente ha preso il mercato della soia ed iniziata una pesante campagna contro latticini e carne per dimostrare che la vera alternativa di salute a questi alimenti è proprio la soia che ormai tutti sanno essere un alimento pericoloso e non adatto all’uomo.
Che l’esposizione a bassi livelli di BPA possa essere pericolosa per la salute è stato stabilito (ma dibattuto e negato dall’industria) da oltre 10 anni. Ora sta finalmente raggiungendo il punto critico. Secondo la scienziata della riproduzione Patricia Hunt dell’Università di Washington State, “esposizione a bassi livelli di BPA, livelli di esposizione umana che pensiamo essere attualmente in atto, può profondamente interessare lo sviluppo sia di uova che sperma”. Ma i feti e i neonati non sono gli unici a rischio. I ricercatori stanno trovando che l’esposizione al BPA può interessare anche gli adulti.
Uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives nel mese di aprile del 2008, ha scoperto che in età adulta il BPA promuove lo sviluppo di cellule Th2 e in età prenatale sia le Th1 che le Th2, riducendo il numero di cellule T regolatrici. Ciò potrebbe avere un effetto profondo sulla vostra salute poichè Th1 e Th2 sono i due “modi di attacco” che usa il sistema immunitario. A seconda del tipo di invasore, il sistema immunitario attiva cellule Th1 o Th2 per eliminare l’agente patogeno. Le Th1 (T Helper 1) attaccano organismi che penetrano all’interno delle cellule, mentre le Th2 (T Helper 2) attacca gli agenti patogeni extracellulari, organismi trovati all’esterno delle cellule nel sangue e altri fluidi corporei. Quando le Th2 sono attivati eccessivamente, il sistema immunitario risponderà eccessivamente alle tossine, agli allergeni, ai batteri normali e ai parassiti e risponderà scarsamente ai virus, lieviti, cancro e batteri intracellulari, perché quando si attiva un sistema, l’altro è bloccato. Pressata da un numero crescente di avvocati, scienziati e legislatori, l’FDA degli Stati Uniti ha deciso che il BPA è sicuro e può rimanere negli imballaggi per alimenti, compresi i contenitori di latte artificiale per bambino, malgrado che più di 100 studi indipendenti hanno collegato il prodotto chimico con gravi problemi negli esseri umani, incluso:

• Cancro della prostata.
• Cancro mammario.
• Diabete.
• Pubertà precoce.
• Obesità.
• Disturbi dell’apprendimento e del comportamento.

 

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/10/11/what-the-chemical-industry-doesn-t-want-you-to-know-about-everyday-products.aspx

26-03-2015

Già da qualche anno due lavori hanno dimostrato che il vaccino antinfluenzale non può essere efficace per impedire problemi di salute nei bambini. Uno studio ha evidenziato come nelle stagioni scorse il vaccino non abbia ridotto le chiamate al medico o il rischio di ospedalizzazione per influenza nei bambini di 5 anni d’età o meno. Un altro ha indicato come l’MRSA, o stafilococco aureo meticillina-resistente (un battere farmaco-resistente a volte mortale che può accompagnare l’influenza), sia il maggior contribuente del numero crescente di decessi nei bambini attribuiti all’influenza. Il primo studio ha suggerito che uno dei motivi per cui il vaccino non ha impedito ai bambini di sviluppare l’influenza era che i ceppi presenti nei vaccini antinfluenzali degli anni passati, hanno creato confusione nella risposta del sistema immunitario. L’MRSA è un superbatterio farmaco-resistente che può sfruttare il virus influenzale e può causare crisi di polmonite mortale. Le infezioni secondarie sono molto più rischiose per provocare decessi dell’influenza stessa.

COMMENTO

Nel 2005, il Federal Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) suggeriva che tutti i bambini dai 6 mesi ai 5 anni ricevessero ogni anno il vaccino antinfluenzale. Ora hanno espanso la loro guida di riferimento per includere i ragazzi fino ai 18 anni. Ciò significa che tutti, tranne gli adulti di età fra i 19-49 anni in buona salute, sono stati invitati a sottoporsi alla vaccinazione. Questo è stato un cambiamento enorme espandendo le inoculazioni a più di 30 milioni di bambini in età scolare (USA). Non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno scoprire che la maggioranza dei membri dell’ACIP che hanno fornito questa guida di riferimento avevano legami finanziari con l’industria dei vaccini. Questa è realmente l’unica spiegazione che abbia un significato per una raccomandazione insana come questa. Ecco quattro ragioni importanti per cui la spinta a vaccinare virtualmente tutti i bambini con un vaccino annuale sia così biasimevole:

1. Il suddetto studio pubblicato sugli Archives of Pediatric & Adolescent Medicine ha dimostrato che vaccinare i bambini in giovane età contro l’influenza è apparso non avere effetto sulle visite mediche o sulle ospedalizzazioni relative all’influenza durante le passate stagioni influenzali. Ad una prima occhiata, i dati hanno suggerito che i bambini di età fra i 6 mesi e i 5 anni hanno sviluppato una certa protezione da vaccino durante questi anni. Ma dopo avere inserito diverse variabili rilevanti, i ricercatori hanno concluso che “un’efficacia significativa del vaccino antinfluenzale non poteva essere dimostrata in nessuna stagione, età, o setting”.

2. La nuova politica ignora una revisione su grande scala e sistematica di 51 studi, pubblicata sul Cochrane Database of Systematic Reviews nel 2006, che non ha trovato prove che il vaccino antinfluenzale fosse più efficace per i bambini rispetto a un placebo. Gli studi hanno coinvolto 260.000 bambini, dai 6 ai 23 mesi.

3. Se il vostro bambino si sottopone al vaccino, può tranquillamente sviluppare l’influenza (o sintomi simili). Ciò perché il vaccino protegge solo da certi ceppi senza considerare quali virus influenzali siano presenti nella vostra zona.

4. Ci sono molti studi che sostengono l’ipotesi dell’igiene, che suggerisce che acquisire infezioni virali nella prima parte della vita non sia una cosa negativa. In realtà ciò aiuta a configurare il sistema immunitario del vostro bambino, riducendo drasticamente il rischio per cardiopatie, allergie e asma più in là nella vita.

Quindi perchè dare al vostro bambino un vaccino ogni anno di cui non si è MAI provata l’efficacia, che può dare la malattia stessa che si cerca di evitare ed ha potenziali effetti secondari di lunga durata che sono ben più gravi dell’influenza stessa?

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18838647

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16437500

http://abcnews.go.com/Health/ColdandFluNews/story?id=5967805

26-03-2015

Se mangiano assieme ad un uomo, le donne scelgono cibi con poche calorie, ma si concedono di più se cenano assieme ad altre donne. Lo rivela uno studio della McMaster University (Stati Uniti), pubblicato sulla rivista “Appetite”. “Una persona sceglie come mangiare a seconda della persona con cui sta mangiando”, ha spiegato Meredith Young, ricercatrice a capo dello studio. “Il sesso dei compagni di cena influenza molto la scelta femminile delle calorie. Le donne, in particolare, sono molto influenzate dalla presenza di uomini: più uomini ci sono in un gruppo di persone che mangiano, più le donne scelgono alimenti con poche calorie”. In un gruppo di sole donne, invece, ci si concede molti più strappi alle diete.

 

http://www.mcmaster.ca/opr/html/opr/media/main/NewsReleases/2009/whatyoueat.htm

http://www.sciencedaily.com/releases/2009/08/090805114616.htm

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2009-08/mu-wye080509.php

26-03-2015

Un farmaco progettato per abbassare i livelli di colesterolo è stato collegato ad un rischio aumentato di cancro. I dati ottenuti da un trial ha dimostrato come “la maggior parte” dei pazienti curati con il farmaco Inegy è morta di cancro. Inegy unisce la simvastatina, statina ampiamente usata, con un nuovo farmaco denominato ezetimibe. L’ezetimibe funziona in modo diverso dalle statine. Le statine bloccano il colesterolo prodotto nel fegato, mentre l’ezetimibe blocca l’assorbimento del colesterolo nell’intestino.

COMMENTO

Già nel 2004, il Government’s National Cholesterol Education Program degli Stati Uniti raccomandava per coloro a rischio di malattie cardiocircolatorie, di ridurre il loro colesterolo (cattivo) LDL a livelli molto bassi. Da allora è stato un disastro per la salute. Prima del 2004, un livello di colesterolo LDL di 130 milligrammi era considerato sano. La guida di riferimento aggiornata, tuttavia, suggeriva livelli minori di 100, o persino minori di 70 per pazienti a rischio molto elevato. Questa guida di riferimento aggiornata ha immediatamente aumentato il mercato dei farmaci ipocolesterolemizzanti. Non sorprendentemente, otto dei nove medici della commissione che ha approvato questa guida di riferimento assurdamente bassa ricevevano soldi dalle aziende produttrici dei farmaci ipocolesterolemizzanti. Ora, per ottenere questi pericolosi bassi livelli solitamente è necessaria una prescrizione multipla, come l’Inegy, che unisce due farmaci ipocolesterolemizzanti in uno.
Le Statine possono realmente aumentare il rischio cardiocircolatorio perché esauriscono le riserve corporee di coenzima Q10 (CoQ10), che può condurre a scompenso cardiaco. Inoltre sono state collegate a:

• stanchezza;
• dolori muscolari;
• aumento del rischio di cancro;
• soppressione del sistema immunitario;
• degenerazione grave del tessuto muscolare (rabdomiolisi);
• aumento potenziale degli enzimi epatici.

Le statine sono collegate ad un rischio aumentato di cancro da più di una decade. Fin dal 2000 ci sono numerose segnalazioni che le statine sono collegate ad un aumento di rischio di sviluppare cancro. Infatti la ricerca aveva indicato che, oltre ad abbassare i livelli di colesterolo nocivo, i farmaci erano in grado anche di promuovere lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi). E, anche se questo effetto può contribuire ad impedire gli attacchi cardiaci e altre forme di malattie cardiocircolatorie, può avere la potenzialità di promuovere il cancro aumentando lo sviluppo dei vasi sanguigni nei tumori. Inoltre, sempre allora, prove su campioni di cellule umane e di coniglio, dimostravano che la simvastatina (Zocor) sembrava attivare una via con cui le cellule comunicano, con un’azione molto simile a quella di un fattore naturale di crescita. Ma il collegamento statine-cancro era stato discusso anche prima. Una rassegna pubblicata sul prestigioso Journal of the American Medical Association nel 1996 dichiarava che: Tutti i tipi delle due classi più popolari di farmaci per ridurre i lipidi (i fibrati e le statine) causano il cancro nei roditori, in alcuni casi a livelli di esposizione per animali simili a quelli prescritti per gli esseri umani.
Le prove cliniche a lungo termine e la sorveglianza post-vendita attenta durante le prossime decadi saranno necessarie per determinare se i farmaci ipocolesterolemizzanti causino il cancro negli esseri umani. Nel frattempo, i risultati degli esperimenti su animali ed esseri umani indicano che i trattamenti con ipocolesterolemizzanti, particolarmente coi fibrati e le statine, dovrebbero essere evitati tranne nei pazienti ad alto rischio a breve termine di malattia coronarica.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-1048233/Cholesterol-pill-taken-thousands-linked-increased-risk-cancer.html

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/09/09/cholesterol-pill-taken-by-thousands-causes-cancer.aspx

26-03-2015

Gli scienziati che hanno speso decadi a ricercare gli effetti della caffeina, hanno dichiarato che un ammasso di bevande energetiche a base di caffeina ora sul mercato, dovrebbero essere munite di etichette esplicative per le dosi di caffeina e avvertire sui potenziali rischi per la salute dei consumatori. Alcune bevande energetiche contengono caffeina equivalente a quella di 14 lattine di Coca-Cola, tuttavia spesso non sono dichiarati i quantitativi e poche etichette contengono avvertimenti circa i rischi potenziali per la salute da intossicazione di caffeina. L’intossicazione da caffeina è contrassegnata da nervosismo, ansia, insonnia, disturbi gastrointestinali, tremiti, battiti cardiaci veloci (tachicardia), agitazione psicomotoria e, in casi rari, morte. Una normale bevanda tipo cola contiene circa 35 milligrammi di caffeina e una tazza di caffè (americano) ne ha 80 – 150 milligrammi. Ma poiché molte bevande energetiche sono vendute come “supplementi dietetici”, non viene applicato il limite che la FDA richiede per le bibite analcoliche. Il contenuto in caffeina delle bevande energetiche varia da 50 a più di 500 milligrammi.

COMMENTO

Se non avete mai sentito parlare di intossicazione da caffeina, non siete gli unici. Non se ne discute spesso, poichè la maggior parte della gente non consuma caffè o bibite in quantità sufficientemente alta per sperimentare una crisi acuta. Però, se considerate che alcune bevande energetiche contengono l’equivalente di quattro o cinque tazze di caffè in una lattina, vi rendete subito conto di come si può arrivare a consumare facilmente l’equivalente di decine di tazze di caffè in un periodo di tempo molto corto. Alcune bevande energetiche sono così ricche in caffeina che sono servite in porzioni molto limitate. Inutile dire che gli effetti del bere una bevanda energetica saranno simili a quelli di bere un buon quantitativo di caffè: una volta passato l’effetto stimolante si inizierà a diventare letargici e probabilmente sentire il desiderio smodato di bere un’altra lattina (o tazzina) per attivare ancora una volta il senso d’energia. Tutto ciò può trasformarsi in un circolo vizioso che non porterà a nulla di buono. Inoltre, un problema specificamente connesso alle bevande energetiche è che nessuno conosce realmente i veri effetti di queste bevande al contrario del caffè. Il caffè contiene certamente caffeina, ma non tutti quegli altri ingredienti artificiali e stimolanti energetici che contengono queste bevande.
Ingerire una combinazione di agenti multipli con un ipotetico effetto sinergico fra loro, può avere effetti notevolmente differenti rispetto a quelli di ogni singolo ingrediente. E la caffeina, da sola, già presenta notevoli svantaggi. Per esempio, bere caffè puro in maniera regolare può aumentare il vostro rischio di malattie mortali come il cancro dello stomaco e la leucemia. E, le donne in gravidanza non dovrebbero consumare per niente caffeina. C’è una notevole quantità di ricerca che dimostra chiaramente che aumenta il rischio di aborto spontaneo. La caffeina inoltre provoca altri problemi ben documentati. Ad esempio, può interferire con la capacità del vostro corpo di mantenere omocisteina e colesterolo nei limiti normali, molto probabilmente inibendo l’azione del folato e delle vitamine B12 e/o B6. Il caffè era già stato associato a un rischio aumentato di ictus e artrite reumatoide. È del tutto ovvio che i bambini non dovrebbero consumare mai questo genere di bevande, ma anche gli adulti dovrebbero farne a meno specialmente se:

• siete in gravidanza o allattamento;
• siete sensibile alla caffeina;
• soffrite da ansia;
• soffrite di ipertensione;
• soffrite di sindrome da fatica cronica;
• avete livelli di stress molto elevati;
• siete predisposti a malattie cardiovascolari;
• avete un qualche genere di disordine di coagulazione ematica.

I ricercatori hanno dichiarato che le bevande energetiche possono essere mortali se unite a stress o a pressione sanguigna elevata, poichè possono alterare la normale funzione dei vasi sanguigni e incrementare il rischio (trombi sanguigni) di ictus.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18809264

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2735818/

26-03-2015

In una incredibile illustrazione sulle potenzialità di alcuni microbi di impedire la malattia, i ricercatori hanno indicato che i topi esposti ai comuni batteri dello stomaco sono protetti dallo sviluppo del diabete di tipo 1. I risultati sostengono “l’ipotesi dell’igiene” ovvero la teoria che una mancanza di esposizione a parassiti, batteri e virus nel mondo sviluppato può condurre a un rischio aumentato di sviluppare malattie come allergie, asma e altri disordini del sistema immunitario. I risultati inoltre indicano che l’esposizione a certe forme di batteri potrebbe realmente contribuire ad impedire lo sviluppo del diabete di tipo 1, che è una malattia autoimmune. Nel diabete di tipo 1, il sistema immunitario del paziente lancia un attacco alle cellule del pancreas che producono l’insulina.

COMMENTO

Molta gente non si rende conto che il diabete di tipo 1 è realmente una grave malattia autoimmune che si sviluppa perché il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule del pancreas che producono insulina. Come altre malattie autoimmuni quali il lupus, la sclerosi a placche e la malattia infiammatoria intestinale, il diabete di tipo 1 si verifica per via di un funzionamento errato del sistema di difesa del corpo, ovvero del sistema immunitario. D’altra parte altri disordini del sistema immunitario come asma, raffreddore da fieno, eczema e le allergie alimentari, sono causati dal sistema immunitario che reagisce a sostanze ordinariamente considerate inoffensive, quali polline o arachidi.
Gli esperti stimano che molte allergie e malattie da sistema immunitario si sono raddoppiate, triplicate o persino quadruplicate nelle ultime decadi. Molti ricercatori sospettano che ci sia qualcosa nelle abitudini della vita moderna che causi tutto ciò perché gli aumenti si sono verificati in gran parte nei paesi fortemente sviluppati dell’Europa e dell’America del Nord. Queste malattie hanno cominciato ad aumentare in altri paesi soltanto quando hanno cominciato a svilupparsi. Il sistema immunitario combatte gli “invasori” usando due tipi di difesa:

• i linfociti Th1, globuli bianchi che dirigono l’assalto sulle cellule infettate;
• i linfociti Th2, globuli bianchi che producono gli anticorpi che provano a bloccare i microbi pericolosi prima dell’invasione delle vostre cellule (i linfociti Th2 sono inoltre le cellule che guidano la risposta allergica contro organismi estranei).

Alla nascita, il sistema immunitario del neonato conta soprattutto sul sistema Th2 per mantenerlo sano. Ma “l’ipotesi dell’igiene” suggerisce che il sistema Th1 può svilupparsi meglio soltanto se viene esposto ad infezioni da combattere o a microbi inoffensivi sicuri. Senza tale stimolo, il sistema Th2 diventa dominante e il sistema immunitario tende a reagire più facilmente con risposte di tipo allergico. Così, se un bambino cresce in un ambiente bombardato con saponi antibatterici e sostanze per l’igiene domestica, se gli vengono somministrati antibiotici che distruggono non solo i batteri patogeni ma anche tutti quelli buoni presenti nell’intestino e se viene mantenuto lontano dalla sporcizia naturale, dai germi, dai virus dell’infanzia, non possono sviluppare la resistenza alle malattie e diventano vulnerabili alle malattie successivamente nella vita.  Similmente, i topi dello studio apparso su Nature sono stati protetti dal diabete di tipo 1 in circostanze di vita normali. Ma quando sono stati fatti crescere in un ambiente esente da germi e batteri favorevoli dell’intestino, hanno sviluppato un diabete grave. Solo dopo aver esposto i topi ai batteri presenti normalmente nell’intestino umano, sono diventati meno predisposti a sviluppare il diabete.
Esiste un’idea sbagliata che un ambiente sano dipenda da una pulizia continua, dal pavimento al soffitto, con disinfettanti. Un ambiente sano è quello che consente la presenza di un pò di normale sporcizia. Altrimenti, quando si lascia l’ambiente sterile della propria sede antibatterica per uscire in pubblico, il sistema immunitario andrebbe “fuori-giri” o non sarebbe neppure in grado di riconoscere che cosa lo ha colpito. Questa è la precisa ragione per cui i bambini che crescono in campagna hanno un rischio ridotto di allergie e asma, mentre quelli eccessivamente igienici sviluppano più frequentemente asma ed eczema.

 

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2008/10/11/friendly-bacteria-protect-against-type-1-diabetes.aspx

http://www.sciencedaily.com/releases/2008/09/080921162048.htm

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