Angelo Ortisi
IL PANE BIANCO CONTIENE 109 ADDITIVI CHIMICI.
30-08-2019
Sapevate che la farina panificabile che arriva nelle panetterie comuni può contenere fino a 109 additivi diversi? La farina biologica, invece, non contiene assolutamente alcun additivo. Questo articolo riguarda non solo il pane, ma tutti i prodotti fatti con la farina bianca, ovvero dolci, pizze, ecc. La porcheria che si consuma sotto il sinonimo di pane, è una combinazione di sostanze chimiche che sono utili solo per chi vende il pane ma che danneggiano chi lo consuma. Tutti abbiamo sentito dire che anticamente si sopravviveva a volte con solo pane e cipolla, ma chi pretende di fare una cosa simile oggi, sarebbe un suicida. Il pane che oggi ingeriamo, è una pasta di amido che non nutre, anzi, sovraccarica di calorie vuote e porta all’obesità e alla perdita di minerali. Chi non sa che il pane bianco produce stitichezza? Quello che non tutti sanno è che produce molte altre malattie tra le quali:
• Obesità.
• Cancro al colon.
• Mancanza di minerali (osteoporosi, artrosi ecc.).
• Emorroidi.
• Colesterolo.
• Diverticoli.
Gli additivi che per legge sono aggiunti alle farine sono l’acido ascorbico (E300), la L-cisteina (E920) e l’acido fosforico e i suoi fosfati (E338 – E452). Inoltre nell’estratto di malto contenuto ci sono additivi con effetto conservativo (E270, 280) e additivi antiossidanti (E325, 326, 327). Questi additivi aumentano la forza della farina o la diminuiscono, e sono usati come agenti lievitanti e per panificare. Nei pani speciali ve ne sono molti di più perchè vengono aggiunti al latte in polvere. allo strutto, agli oli, ecc. per la conservazione, per il colore, per l’emulsione ecc.
I mulini industriali usano prodotti chimici differenti per lo sbiancamento come: l’ossido di azoto, diossido di cloro e nitrosyl e perossido di benzoile miscelato con sali chimici vari. Un agente sbiancante, il diossido di cloro, combinato con le proteine qualunque siano, ancora rimaste nella farina, produce allossana. L’allossana è velenosa, ed è stata utilizzata per produrre il diabete in animali da laboratorio. Il diossido di cloro serve anche ad allungare la durata di conservazione della farina, ma non è propriamente salutare, infatti può uccidere la flora intestinale ed è usato anche nei detergenti. Il pane bianco e i falsi pani integrali (fatti con farina bianca e un pò di crusca, lievito artificiale e prodotti chimici, e non ha importanza che la marca sia famosa), contengono molte delle seguenti sostanze chimiche:
• gesso bianco;
• monogliceridi e digliceridi;
• stearoil-2-lactilato di sodio;
• acido tartarico;
• diacetile;
• glicole propilenico;
• muschio d’Irlanda;
• soia in polvere (residui di estratti di olio);
• diossido di cloro;
• farina di pesce;
• farina di ossa;
• fosfato di ammonio;
• bromato di calcio;
• polisorbato 60.
Credete che tutto questo è aggiunto per il bene della vostra salute? Il gesso bianco, detto solfato di calcio, non è aggiunto per togliere le crepe dal vostro stomaco, ma perché è più facile impastare la massa da infornare pari a 250 kg in macchine gigantesche. Inoltre, nel processo di raffinazione che porta alla farina bianca, vengono persi all’incirca:
• la metà dei preziosi acidi grassi polinsaturi (si perdono nel processo di fresatura);
• quasi tutte le vitamine;
• il 98% del magnesio;
• l’80% del ferro;
• il 75% del manganese;
• il 70% del fosforo;
• il 50% del calcio;
• il 50% del potassio.
Come risultato, il resto della farina del pane bianco che si acquista, contiene solo proteine di scarsa qualità (9-13%) e amido modificato. L’osservazione di questi dati ci dice che consumare alimenti prodotti con farina integrale (meglio da agricoltura biologica) come la pasta ed il pane integrali, è una forma di alimentazione a più elevato valore nutritivo e meno dannosa all’organismo di una dieta ricca di cibi prodotti con farine raffinate. Per gli alimenti composti da farina bianca si parla opportunamente di “calorie vuote” in quanto assumendo troppi carboidrati semplici si giunge a:
• aumento del glucosio nel sangue (ha lo stesso indice glicemico dello zucchero);
• produzione di insulina (essenzialmente ormone dell’accumulo e immagazzinamento del grasso);
• impedimento al riutilizzo del grasso;
• soppressione del glucagone (ormone che favorisce il consumo dei grassi e degli zuccheri);
• soppressione dell’ormone della crescita (che è quello che favorisce l’aumento della massa muscolare a scapito di quella grassa);
• aumento della sensazione di fame (per il calo del livello zuccherino nel sangue conseguente al picco di insulina).
Infatti la farina bianca veniva usata, sciolta in acqua, per attaccare i manifesti o per rilegare i testi antichi. E’ proprio questa proprietà che, soprattutto nell’ultima parte dell’intestino, il colon, crea degli strati collosi che, col tempo possono diventare incrostazioni molto spesse e restringere il passaggio intestinale. Secondo il professor Arnold Ehret, metà delle persone hanno un accumulo nell’intestino di parecchi chili di scorie mai eliminate. Anche il Dr. Jensen, sottolinea come tutto questo materiale determina un cattivo funzionamento dell’intestino, e provoca una contrazione eccessiva o insufficiente con possibile alterazione della flora batterica intestinale. Si possono verificare delle infiammazioni delle pareti intestinali con perdita dell’impermeabilità delle stesse a sostanze tossiche, parassiti o particelle di cibo non ben digerite che entrano così in circolo nel nostro corpo tramite il sangue o altri liquidi organici. Le conseguenze possono essere: emicranie croniche, allergie, acne, psoriasi ed altre malattie della pelle, disturbi alla prostata, diverticoli, gravi costipazioni, prolassi intestinali, artriti, reumatismi, disturbi cardiaci, asma, problemi respiratori, noduli al seno, perdita di vitalità, stanchezza, depressione, mancanza di concentrazione, aggressività, attacchi di panico, infezioni, infiammazioni, poliartrite, problemi ai capelli, parassitosi intestinale che porta a digrignare i denti nella notte e diverse altre ancora. Una dieta basata sul pane bianco fatto con farina bianca che non mantiene vivi né gli insetti né gli animali da laboratorio, non può evidentemente mantenere in salute i nostri figli. L’alternativa è il pane biologico integrale (ancora meglio se la farina utilizzata è quella di farro o di altri cereali biologici).
AMIANTO: DAL CARCIOFO UN AIUTO NATURALE CONTRO IL MESOTELIOMA.
30-08-2019
Dal carciofo un aiuto per combattere il tumore causato dall’amianto. A sostenerlo uno studio sperimentale presentato da due ricercatori italiani, il Dr. Giovanni Blandino, responsabile del laboratorio di oncogenomica traslazionale dell’Istituto Tumori Regina Elena di Roma, e la Dr.ssa Paola Muti della McMaster University di Hamilton. Impiegato nello studio un estratto del carciofo ottenuto in laboratorio, i cui risultati sembrano essere promettenti e che a breve verranno testati sull’uomo. Circa trenta pazienti saranno coinvolti nella fase di ricerca, tutti soggetti vittima di esposizione all’amianto e quindi a rischio mesotelioma. Come ha riferito il Dr. Blandino: “Ogni anno il mesotelioma colpisce oltre duemila persone in Italia, ma la sua incidenza è in continua crescita, tanto che si attende un picco nel 2020. Nel nostro studio sperimentiamo, primi al mondo, la chemioprevenzione con una sostanza naturale e dal costo contenuto per una patologia tumorale per cui, al momento, non esistono terapie davvero efficaci”.
Un progetto tutto italiano, come ha sottolineato la Dr.ssa Muti parlando anche delle possibili applicazioni in chiave di chemioprevenzione: “Un progetto ‘Made in Italy’ perché il composto è stato messo completamente a punto da un’azienda italiana, che analizzerà per un anno su persone con fattori di rischio, come le placche polmonari da asbesto, l’efficacia dell’estratto di foglie di carciofo nella prevenzione del mesotelioma”. La chemioprevenzione è un’idea nata negli Stati Uniti che in Italia ha trovato terreno fertile. Si può attuare tutti i giorni attraverso una corretta l’alimentazione.
ECCO PERCHE’ LA FRUTTA SECCA FA BENE AL CUORE.
30-08-2019
Una caratteristica interessante dei semi oleosi è che contengono una serie di sostanze che contribuiscono a mantenere pulite le arterie e a far circolare bene il sangue. L’effetto cardioprotettivo della frutta oleosa è stato scoperto per caso dai ricercatori della Loma Linda University, che hanno chiesto ai 26.000 seguaci della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, una comunità molto attenta ai problemi della salute, di indicare la frequenza con cui consumavano 65 tipi di alimenti. Per combinazione gli avventisti amano molto i semi oleosi e il 24% degli intervistati ha dichiarato che ne mangiava almeno cinque volte alla settimana, mentre solo il 5% della popolazione generale ne fa un uso altrettanto frequente. In seguito gli esperti sono giunti alla conclusione che a questa abitudine andava attribuita l’enorme differenza nel rischio cardiaco tra avventisti e popolazione generale. Mangiando frutta oleosa da una a quattro volte la settimana il rischio di morire di malattie cardiache derivanti da arteriopatia ostruttiva scendeva del 25%, mentre per coloro che ne mangiavano cinque o più volte la settimana era addirittura dimezzato.
I ricercatori non sanno esattamente perché questa differenza sia dovuta proprio alla frutta oleosa. Le varietà più comuni erano arachidi, mandorle e noci. (A rigore le arachidi sono legumi, ma dal punto di vista nutrizionale sono molto simili ai semi oleosi e, non a caso, vengono chiamate anche noccioline americane). Che cos’hanno i frutti oleosi, così carichi di olio, per riuscire a “sgrassare” in maniera tanto efficace le arterie? Tranne poche eccezioni, la frutta oleosa ha un elevato contenuto di grassi monoinsaturi e polinsaturi che quando sostituiscono i grassi saturi nella dieta di una persona, possono favorire un abbassamento del colesterolo totale e soprattutto del pericoloso colesterolo LDL. Al tempo stesso i semi oleosi non influiscono sul livello di colesterolo HDL, quello che fa bene al cuore. Un altro fattore che rende la frutta oleosa particolarmente indicata per il cuore è un aminoacido, l’arginina, che l’organismo trasforma in parte in monossido di azoto (NO), sostanza che favorisce la dilatazione dei vasi sanguigni con un effetto molto simile alla nitroglicerina, un farmaco che viene utilizzato nei casi in cui è necessario dilatare rapidamente le arterie e permettere un maggior afflusso di sangue al cuore. Sembra che il monossido di azoto impedisca l’aggregazione piastrinica, il che diminuirebbe ulteriormente il rischio cardiaco.
La frutta oleosa contiene anche abbondante vitamina E, che impedisce l’ossidazione del colesterolo LDL. L’ossidazione è il fenomeno in seguito al quale il colesterolo aderisce più facilmente alle pareti arteriose e ostacola la circolazione sanguigna. La frutta oleosa contiene più vitamina E di qualsiasi altro alimento, ad eccezione degli oli. Mandorle e noci sono tra le varietà più raccomandabili da questo punto di vista. Un terzo di tazza di mandorle o noci ne contiene circa 12 UI (Unità Internazionali), pari al 40% del fabbisogno giornaliero. I semi oleosi contengono infine quantità notevoli di rame e magnesio, minerali benefici per il cuore. Il magnesio regola il tasso di colesterolo, la pressione arteriosa e il ritmo cardiaco, mentre il rame contribuisce ad abbassare il colesterolo.
VITAMINE: UN’ASSICURAZIONE CONTRO L’ULCERA.
27-08-2019
Alcuni ricercatori hanno scoperto che sottoponendo i ratti a una situazione stressante, quelli che ricevono un supplemento di vitamina E in forti dosi sviluppano ulcere molto meno numerose e gravi in confronto agli animali che sono tenuti semplicemente a una “buona” dieta senza integrazioni vitaminiche. In un articolo pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, Jon Kangas, Michael Schmidt e George Solomon, riferiscono di aver diviso i ratti in due gruppi di 12: al primo gruppo venivano somministrati due volte al giorno 50 mg di vitamina E in soluzione, al secondo una soluzione molto simile, ma senza vitamina. Erano state preparate delle gabbie speciali con al centro un divisorio di plastica trasparente che impediva all’animale di raggiungere il cibo e l’acqua, permettendogli però di vederlo continuamente senza poterlo toccare (solo una volta al giorno gli era consentito avvicinarsi al cibo). Così come la tensione continua di un’attività frenetica produce l’ulcera nell’uomo d’affari così la vista continua del cibo e dell’acqua irraggiungibili produceva ulcere nei ratti dell’esperimento. Dopo 12 giorni di questo trattamento, gli animali venivano sottoposti ad autopsia. Tre patologi, incaricati di valutare indipendentemente la gravità delle ulcere, indicando un punteggio numerico su una scala a quattro punti, hanno concluso che i ratti del gruppo di controllo (senza supplementi di vitamina E) presentavano una situazione di estrema gravità, con un punteggio medio di 3,42, mentre agli animali trattati con vitamina E veniva assegnato un punteggio medio di 1,92. In altre parole, i ratti che non avevano ricevuto l’integrazione vitaminica avevano sviluppato un 78% di ulcere in più. “Era chiaramente dimostrato – scrivono gli autori – che la vitamina E in forti dosi, somministrata fin dall’inizio e per tutto il periodo dello stress ha ritardato la formazione di ulcere”. E aggiungono: “È possibile che, avendo significative proprietà profilattiche in rapporto alla formazione di ulcere, la vitamina E possa anche facilitare il trattamento delle ulcere una volta formate. C’è l’indicazione per approfondire la ricerca in questa direzione”. C’è anche un’altra prospettiva dietetica interessante ai fini della prevenzione e terapia dell’ulcera, ma prima di considerarla è opportuno soffermarci un momento sull’ulcera come malattia e su alcune delle “cure” che vengono comunemente prescritte.
Fondamentalmente esistono tre tipi di ulcera: peptica, gastrica e duodenale. La prima è un’erosione del rivestimento interno dello stomaco o di quella parte del duodeno che è più vicina allo stomaco; l’ulcera gastrica è la corrosione e degenerazione degli organi gastrici; l’ulcera duodenale infine è una degenerazione del duodeno, quel tratto di 20-25 cm di tubo digerente che segue allo stomaco. I sintomi di ulcera sono molto vari: alle cefalee a sensazioni di soffocamento, a dolori e pruriti lombari. Quando il dolore si fa sentire nello stomaco, spesso viene attribuito a qualche episodico eccesso alimentare. Infine, il dolore diventa così intenso che non si può riconoscerlo per quello che è. Benchè da lunghissimo tempo note alla scienza medica, le ulcere rimangono un enigma. Nessuno si sente di affermare con sicurezza come cominciano. Sono stati chiamati in causa problemi emotivi, anche se l’ulcera colpisce persone con personalità di ogni tipo possibile e immaginabile: grassi e magri, alti e bassi, miti e aggressivi, tutti possono avere l’ulcera. Quando poi si viene al discorso delle cure, le variazioni sono non meno ampie. Dapprima si credeva che il bisturi potesse “guarire” l’ulcera, poi sono venuti i trattamenti farmacologici. La terapia più tradizionale è la dieta in bianco, che però ultimamente è caduta in disgrazia: lo stesso latte, da lungo tempo di rigore per gli ulcerosi, è risultato efficace più o meno come cercare di spegnere un incendio con il contagocce. In un articolo comparso sull’American Journal of Clinical Nutrition, il dottor Douglas W. Piper scrive che la ricerca ha dimostrato che il paziente dovrebbe bere quasi un litro di latte ogni quarto d’ora per neutralizzare i succhi gastrici che aggravano l’ulcera (forse si riferisce alle ricerche sovvenzionate dalle multinazionali del latte?). Fortunatamente, le vitamine possono fare qualcosa di più per l’integrità delle pareti dello stomaco. I tre autori della ricerca sulla vitamina E di cui si è parlato prima hanno avanzato l’ipotesi che l’efficacia protettiva di quella sostanza sia dovuta alle sue proprietà antiossidanti, cioè alla sua capacità di impedire che le sostanze presenti nell’organismo si combinino chimicamente con l’ossigeno, degradandosi. Ma oltre alla protezione generale che assicura ai tessuti del sistema gastrointestinale, la vitamina E ha un’altra proprietà antiulcera molto specifica, in collegamento con la vitamina A. in effetti, se i tre studiosi californiani avessero introdotto nell’esperimento un terzo gruppo di animali trattati con supplementi combinati di vitamina E ed A, avrebbero forse osservato un’azione profilattica ancora più efficace.
Le prove di ciò sono già patrimonio acquisito della letteratura scientifica. L’effetto sinergico della vitamina E con la vitamina A era stato osservato già nel 1946, quando J.L. Jensen pubblicò su Science il rapporto di una sperimentazione su ratti sottoposti a carenza di vitamina A, da cui risultava che la formazione di ulcere gastriche era evitata con la somministrazione di alfa-tocoferolo, o vitamina E. Nel 1947 comparve sui Proceedings of the Society for Experimental Biology and Medicine, una specie di continuazione di questo esperimento, ad opera di T.L. Harris e dei suoi collaboratori. Stavolta, si cercava di scoprire che cosa avveniva somministrando vitamina A in forti dosi e variando l’apporto di vitamina E. 40 giovani ratti maschi vennero anzitutto sottoposti a una dieta carente di vitamina A ed E, causa riconosciuta dell’ulcera. Dopo due settimane, a tutti gli animali si cominciò a somministrare una dose quotidiana di 300 UI di vitamina A, ma solo per metà del gruppo questa era integrata anche a una dose di vitamina E. Al termine di sette settimane di trattamento, si procedette all’autopsia, per esaminare le lesioni gastriche. Il 50% dei ratti trattati solo con vitamina A presentava una o più ulcere nel tratto iniziale dello stomaco, mentre nel gruppo cui era stata somministrata anche vitamina E non c’era nemmeno un caso di ulcera. Per quanto notevole sia questo risultato, non è certo una sorpresa per chiunque abbia un pò di familiarità con i meccanismi fondamentali di azione fisiologica delle vitamine A ed E.
La vitamina A è decisiva per lo stato di salute delle mucose che tappezzano le cavità del corpo: gola, fosse nasali, orecchio medio, polmoni, cistifellea, vescica urinaria. Quando c’è un apporto adeguato di vitamina A, queste membrane secernono continuamente muco, un liquido che ricopre le cellule proteggendole da batteri, acidi e altre aggressioni ambientali. La vitamina E, preservando le scorte di vitamina A, garantisce una sufficiente irrorazione di muco protettivo alle cellule epiteliali. In realtà il rapporto fra queste due vitamine è un pò più complicato di così. Al termine di ulteriori sperimentazioni sulle due sostanze in questione, Harris e i suoi collaboratori sono giunti alla conclusione che la carenza di vitamina A di per sé non produce ulcera. Nè peraltro la vitamina A, sia pure in dosi massicce, può prevenire la formazione di ulcere in animali sotto stress: da questa constatazione, gli autori hanno tratto la conclusione che “l’azione del tocoferolo non si spiega semplicemente col risparmio di vitamina A nel tratto gastrointestinale”. In altre parole, la vitamina E in se stessa assicura un tipo importante di protezione, come risulta dalla più recente ricerca californiana. Altri studi su soggetti umani, tuttavia, indicano che anche la vitamina A, da sola, è in grado di combattere il processo di ulcerazione. Il dottor Neil Hutcher, del Medical College of Virginia, riferisce in un articolo per Medical World News che la vitamina A si è rivelata efficace per la cicatrizzazione delle ulcere prodotte in pazienti sottoposti a trattamento con steroidi.
Si pensa che gli steroidi (ACTH e corticosteroidi) contribuiscano all’insorgenza di ulcere abbassando l’efficienza dei meccanismi di difesa a livello gastrico. Ciò significa che le cellule epiteliali della superficie non si rinnovano con la dovuta rapidità. Quindi, secondo il dottor Hutcher, la produzione di muco rallenta. Questo autore e i suoi collaboratori ritengono che la vitamina A ritardi la formazione di ulcere stimolando direttamente le cellule epiteliali a riprodursi normalmente, col risultato ultimo di aumentare la produzione di muco. Per lo più si pensa all’ulcera come a una lesione che si sviluppa lentamente attraverso gli anni. Ma l’ulcera può essere anche l’effetto di un traumatismo improvviso e violento. In questi casi, la vitamina A può veramente salvare la vita. Il dottor Merrill S. Chernov e due suoi collaboratori riferiscono sull’American Journal of Surgery di aver misurato il livello ematico della vitamina A in pazienti ricoverati per ustioni gravi o altri grossi traumi, osservando in 29 casi su un totale di 35 un vistoso abbassamento dei valori. Il dottor Chernov sapeva dalla sua esperienza clinica che questi pazienti sviluppano spesso gravi ulcere e questa scoperta circa il tasso di vitamina A in circolo indusse lui e la sua èquipe a condurre un esperimento.
Su un gruppo di 36 traumatizzati gravi, 14 furono trattati con una speciale preparazione idrosolubile di vitamina A in dosi di 10.000-400.000 UI al giorno. L’ulcera comparve in due soli casi, mentre negli altri 22 pazienti, trattati con tutte le normali risorse della medicina moderna, ben 15 svilupparono ulcere da stress acuto (in 14 casi con gravi emorragie del tratto gastrointestinale superiore). Mettendo insieme tutti questi risultati, la conclusione è ovvia: la vitamina A e la vitamina E, sia prese ciascuna singolarmente, ma soprattutto insieme, offrono una protezione contro l’ulcera nettamente superiore a qualunque altro metodo noto alla scienza medica. L’efficacia protettiva di questo “tandem” non si limita all’ulcera. Gli esperimenti condotti nei famosi laboratori del Battelle-Northwest Research Institute indicano che queste due vitamine proteggono anche i polmoni dai danni dell’inquinamento atmosferico. Le cellule che tappezzano i polmoni sono naturalmente diverse da quelle che costituiscono il rivestimento dello stomaco, ma in entrambi i casi si tratta di cellule epiteliali che richiedono la produzione di muco per essere protette dai loro nemici, siano questi l’acido solforico spesso presente nello smog, oppure gli acidi digestivi in eccesso nello stomaco. Ciò non significa che le vitamine E ed A si debbano considerare un surrogato accettabile di una radicale pulizia ambientale, ma è rassicurante sapere che fintantoché questa non sarà realizzata abbiamo a disposizione un utile presidio.
COME RASSODARE E AUMENTARE IL VOLUME DEL SENO IN MODO NATURALE.
27-08-2019
È il desiderio di tutte le donne quello di avere un seno sodo e tonico. Tantissime sognano di poterne aumentare un pò il volume senza ricorrere a interventi estetici invasivi. Vediamo, dunque, quali sono i rimedi naturali che portano reali benefici al decolleté, gli errori da evitare e gli accorgimenti da seguire. Una parola campeggia fra tutte e fa la differenza: costanza.
Gli errori più comuni e dannosi sono:
• brusche perdite di peso;
• aria viziata, rumori, suoni elettronici, luci elettriche e al neon;
• fumo, caffè, tè, alcolici, aspirine, farmaci e vaccini.
Un aiuto importantissimo deriva da un'alimentazione controllata. I cibi contenenti estrogeni naturali (fitoestrogeni) ci aiutano a contrastare gli effetti del testosterone (l'ormone maschile che limita l'effetto degli estrogeni) e possono regalare al seno fino a una taglia in più, rendendolo visibilmente più pieno e sodo. Ecco gli alimenti che contengono una maggiore quantità di estrogeni e che andrebbero inseriti nella vostra dieta quotidiana (se la vostra costituzione genetico-sanguigna lo consente):
• semi di finocchio (1 cucchiaio al giorno);
• liquirizia pura;
• luppolo (o birra, anche analcolica, un bicchiere al giorno) e lievito di birra;
• semi di alfalfa ridotti in farina (2 cucchiaini al giorno da soli o mischiati con zuppe o cereali);
• tisana di galega (20 gr. in infusione in un litro d'acqua) lontano dai pasti;
• fieno greco (1 cucchiaio al giorno).
Inoltre una serie di alimenti più comuni ma ugualmente ricchi di estrogeni: semi di lino, zucca e girasole; tofu; spezie ed erbe (zenzero, chiodi di garofano, timo, salvia, curcuma, origano, peperoncino, pepe); legumi (fagioli, piselli e ceci); cereali (avena, riso integrale, riso nero, farro, mais, miglio, orzo, grano saraceno); frutta e verdura (carote, olive, zucca, patate, cetrioli, mele, melograno, papaia); grassi salutari (frutta secca, sesamo, olio di oliva).
Ecco degli altri importanti accorgimenti quotidiani: bere acqua dilazionata nel corso della giornata e dormire un numero adeguato di ore, mantenendo orari regolari; effettuare spugnature fredde direttamente sul seno (oppure movimenti circolari con un cubetto di ghiaccio per 5 minuti); indossare sempre un buon reggiseno (in fibre e tessuti naturali, adatto alle vostre esigenze); mantenere una postura eretta con spalle in fuori; dedicare 10 minuti a massaggi circolari con oli essenziali (4 cucchiai di olio di mandorle, 4 gocce di essenza di menta, 4 gocce di essenza di salvia).
Altro elemento essenziale, da non sottovalutare, è lo stimolo sessuale. Le pulsioni e le manipolazioni erotiche, accompagnate da un reale coinvolgimento ormonale e sensuale, ricoprono un ruolo decisamente primario nel ripristino estetico e funzionale del seno, trattandosi di un organo appartenente al sistema riproduttivo della donna. Infine, non meno importanti sono gli esercizi specifici per il seno, che tonificano la muscolatura del petto facendovi ottenere un seno più alto.
IL MENU' DELL’OSPEDALE: OVVERO COSA CI TOCCA MANGIARE IN CASO DI RICOVERO.
27-08-2019
La maggior parte dei ricoverati è scontenta di come si mangia negli ospedali italiani: le lamentele riguardano gli orari dei pasti (stabiliti per la comodità del personale senza tener conto delle esigenze dei pazienti e dei visitatori), il gusto e la varietà del cibo servito, e il servizio stesso. Un’inchiesta pubblicata qualche anno fa da La Nazione riportava il commento di un anziano degente, che si domandava come mai fosse impossibile avere un pasto caldo in corsia, cosa invece normale nelle trincee della prima guerra mondiale. Il problema del cibo in ospedale non è trascurabile, poiché il paziente da esso ricerca conforto e una continuità con la vita domestica da cui è separato (perché oggi curarsi vuol dire venire strappati e avulsi dal proprio contesto affettivo), e giustamente protesta se incappa in un disservizio. Ma lo stesso paziente, se conoscesse il ruolo che il cibo esercita sulla malattia e la guarigione, sarebbe mille volte più arrabbiato!
Il mondo della medicina è scisso: da un lato vi sono le ricerche, gli studi, i congressi medici in cui si sancisce l’importanza di una dieta con meno sale, zucchero, proteine e grassi animali e con più verdure, legumi e cereali integrali. E poi vi è la pratica ospedaliera, il dietista che prepara un menù che in certi casi sembra quello della tavola calda sotto casa. Un esempio: a una anziana signora, ricoverata in agosto per problemi di pressione alta, veniva servita la finocchiona (una varietà di salume). E che dire del brodo di pollo e del conseguentemente inevitabile pollo lesso? Secondo Muramoto (medico giapponese) il pollo (come le uova) ha la proprietà di innalzare la temperatura del corpo: ideale quindi per chi ha la febbre o un’infezione! Ma il menù dell’ospedale può essere sempre meno criticato, se lo si paragona con quella che sta diventando l’alimentazione standard nelle famiglie italiane, e al cui confronto è molto più ricco di buonsenso! Se le persone potessero curarsi a casa, sapendo che cibi usare, nella maggiore percentuale dei casi guarirebbero meglio, prima e con molto meno farmaci e spese per la collettività. Ma non sarà proprio questo che si vuole evitare?
ALIMENTI POCO CURATIVI PRESENTI NEL MENU’ STANDARD DEGLI OSPEDALI ITALIANI
COLAZIONE
- TÈ: eccitante quanto il caffè, con un effetto più prolungato e graduale. È un alimento particolarmente nocivo per i pazienti costretti all’immobilità o ansiosi e irrequieti.
- LATTE: qualsiasi problema di salute col latte peggiora. Le ricerche hanno dimostrato che è un alimento tossico per l’intero organismo.
- FETTE BISCOTTATE O BISCOTTI INDUSTRIALI: gli effetti nocivi sono quelli dovuti allo zucchero, al latte, al burro, alle uova e agli additivi chimici. Inoltre sono alimenti astringenti. Sono dannosi per i pazienti ricoverati con febbre, dolori, infezioni, stitichezza, tempi di cicatrizzazione delle ferite più lunghi, allergie e problemi immunitari, malattie degenerative (cancro).
PRANZO E CENA
- PASTA COL POMODORO: aumenta l’acidità nel sangue. È sconsigliato nei pazienti con febbre, infezioni, dolori, allergie e problemi immunitari, artrite, osteoporosi, cicatrizzazioni difficili e calcoli.
- FORMAGGIO: aumenta l’acidità nell’organismo. Con questo alimento qualsiasi problema peggiora.
- PROSCIUTTO: causa pressione alta, ritenzione di liquidi e acidità del sangue. Non è adatto a chi è ricoverato per problemi circolatori, di fegato, febbre, infezioni, problemi di reni, vescica, prostata e ginecologici.
- BRODO DI POLLO O POLLO LESSO O ARROSTO: aumenta la temperatura corporea e l’acidità del sangue. Da evitare nei pazienti ricoverati con febbre, infezioni, allergie, problemi di fegato e del sistema linfatico, problemi ginecologici, alla prostata, milza e pancreas.
UN BICCHIERE DI QUESTO SUCCO PURIFICA IL CORPO DALLE TOSSINE.
27-08-2019
Abbiamo visto molte volte come, per rimanere in salute e consentire agli organi di lavorare al meglio, è necessario disintossicare il nostro corpo dalle sostanze nocive. Sono diversi i segnali che ci permettono di capire se il quantitativo di tossine presenti nel nostro organismo è eccessivo, come ad esempio: disturbi del sonno, alito cattivo, stanchezza persistente. Disturbi che possono comunque compromettere la nostra salute.
MELA VERDE
Ecco allora che purificare l’organismo diventa un passo importante per stare bene. Oggi vedremo come creare un succo, da bere la mattina a digiuno, per liberarci delle tossine in eccesso. Si tratta di un succo che unisce in sé il potere della mela verde, dello zenzero e del limone. Iniziamo col dire che la mela verde è un frutto adatto a ogni stagione: è rinfrescante, dissetante e ricco di proprietà. La qualità più comune di mela verde è la Granny Smith. Queste mele hanno un contenuto calorico inferiore rispetto alle altre e possono essere consumate anche da chi ha problemi di diabete. Oltre a essere ricche di sali minerali come potassio, magnesio, fosforo e calcio, hanno un buon contenuto di vitamine C e di composti antiossidanti. Ciò che ci interessa più da vicino, però, è il loro contenuto di pectina e fibre, che favoriscono il transito intestinale, facilitando l’eliminazione delle sostanze tossiche. La pectina, una volta ingerita, si trasforma in un gel che promuove lo sviluppo della flora batterica buona neutralizzando eventuali batteri patogeni. Un’altra proprietà molto importante è la sua azione di prevenzione del cancro al colon: le fibre, esercitando la loro azione depurativa dalle scorie, aiutano a prevenire molti disturbi infiammatori. Polifenoli e flavonoidi, poi, contrastano il danneggiamento delle cellule e dei tessuti.
LIMONE
Il limone, oltre a essere un ottimo battericida e fungicida, pulisce in profondità aiutando nella riparazione, rigenerazione e guarigione di tutto l’organismo. Abbiamo visto come, ad esempio, bere un bicchiere di acqua tiepida al mattino, a digiuno, con una spruzzata di limone, aiuti a depurare l’organismo.
ZENZERO
Lo zenzero stimola la secrezione biliare e l’attività degli enzimi digestivi, oltre ad accelerare il metabolismo, producendo una digestione più veloce degli alimenti. Un recente studio ha dimostrato che l’aggiunta di estratto di zenzero alla dieta dei diabetici ha ridotto la loro glicemia, colesterolo e trigliceridi. Non solo: lo zenzero fresco contiene una sostanza chiamata gingerolo, un ottimo antibatterico che consente di mantenere sane le cellule del tratto gastrointestinale.
RICETTA
Veniamo adesso alla ricetta vera e propria del nostro succo disintossicante. Gli ingredienti che vi servono sono:
• 4 mele verdi intere.
• La buccia grattugiata di 1 limone.
• Un pezzettino di radice di zenzero fresco.
Inserite tutto in un frullatore ad alta potenza. La vostra bevanda è pronta e va consumata subito. Preparatela al mattino presto, perché è meglio consumarla a stomaco vuoto. Servirà ad eliminare le tossine e purificare il corpo da altre sostanze nocive. In più, questo succo vi darà l’energia necessaria per affrontare la giornata e accelerare il processo digestivo.
LA FLORA BATTERICA INTESTINALE OFFRE UNA NUOVA SPERANZA PER I MALATI DI CELIACHIA.
27-08-2019
Probiotici e/o prebiotici possono contribuire ad alleviare la severità della malattia celiaca. Secondo uno studio di ricerca, i batteri intestinali dei pazienti celiaci hanno potuto influenzare l’infiammazione in vario modo. Ciò significa che ottimizzare la flora intestinale potrebbe migliorare la qualità di vita dei pazienti celiaci ed anche dei pazienti con malattie come il diabete di tipo 1 e altri disordini autoimmuni. Secondo Eurekalert: “per simulare l’ambiente intestinale della malattia celiaca, alcune colture cellulari sono state esposte a batteri gram-negativi isolati da pazienti celiaci e bifidobatteri. I bifidobatteri hanno regolato la produzione di citochine antinfiammatorie”.
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2010-04/foas-gbo042910.php
JOHNSON & JOHNSON SOTTO ACCUSA PER AVER NASCOSTO STUDI FARMACEUTICI CHE MOSTRANO COME IL RISPERDAL CAUSI DIABETE.
25-08-2019
Fletch Trammell, avvocato di un ex utente Risperdal, afferma che i ricercatori dell’unità di Janssen sapevano fin dal 1999 che uno studio aveva provato che il Risperdal - un potente antipsicotico con numerosi effetti collaterali - aveva causato diabete con un tasso più elevato di un farmaco concorrente, ma ha insabbiato gli studi per un vantaggio competitivo. La causa di Gary Skala il cui diabete fu causato dagli oltre 14 anni di uso di questo psicofarmaco, è cominciata due settimane dopo che la J & J ha accettato di pagare 158 milioni di dollari per risolvere le accuse dei funzionari del Texas per aver fraudolentemente commercializzato il farmaco. La J & J aveva già affrontato le accuse di quattro degli Stati per aver ingannato i medici sui rischi di diabete del Risperdal, ma il caso di Skala è il primo portato in tribunale da un singolo paziente. Un giudice della Carolina del sud, rivedendo le accuse sulle campagne di marketing della società per Risperdal, concluse l'anno scorso che gli agenti della J & J avevano permesso che la mentalità del profitto a tutti i costi avesse appannato il loro giudizio circa la gestione del farmaco. Gli avvocati di Skala affermano che l'allora 56enne residente in Nebraska ha iniziato a prendere l'antipsicotico nel 1996 dopo aver tentato il suicidio prendendo un'overdose di farmaci anti-ansia. L'uomo ha costantemente guadagnato peso mentre prendeva il farmaco e gli è stato diagnosticato il diabete nel 2002. Skala non era obeso, quando ha iniziato a prendere Risperdal e non aveva precedenti della malattia in famiglia. "Lui è andato da loro per ricevere aiuto e loro gli hanno dato il diabete," dicono gli avvocati riferendosi alla J & J.
La J & J successivamente ha affrontato ulteriori contenziosi su Risperdal: lo stato dell'Arkansas ha portato in tribunale la casa farmaceutica con l'accusa di aver indotto in errore medici e autorità sui rischi per la salute legati al farmaco. Nel 2010, l'azienda ha perso un caso su Risperdal in Louisiana, dove oltre ad un risarcimento di 257.7 milioni di dollari il giudice ha ordinato alla società di pagare 73,3 milioni di dollari in tasse e spese legali. Un anno dopo, un giudice della Carolina del Sud ha ordinato a J & J di pagare 327 milioni di dollari di danni dopo che la giuria aveva riscontrato che le sue pratiche di marketing del Risperdal avevano violato le leggi sulla protezione dei consumatori e contro la frode. J & J ha anche accettato di pagare più di 1 miliardo di dollari agli Stati Uniti e ad alcuni Stati per risarcire un'accusa civile sulle pratiche irregolari di marketing del Risperdal.
7 METODI NATURALI PER STURARE SCARICHI E LAVANDINI.
25-08-2019
Come sturare gli scarichi e i lavandini senza ricorrere ai prodotti convenzionali? I rimedi che vi consiglio saranno degli efficaci sostituti delle soluzioni che di solito si utilizzano per sgorgare gli scarichi domestici, come la candeggina o i prodotti pensati appositamente che si trovano in vendita in qualsiasi supermercato, ma che purtroppo il più delle volte possono risultare inquinanti. Ecco alcuni rimedi alternativi per sgorgare scarichi e lavandini a cui potrete ricorrere la prossima volta che il problema si presenterà. Con un pò di fortuna, eviterete di chiamare l’idraulico, sbloccherete l’ingorgo in poco tempo e risparmierete.
1. SALE E BICARBONATO
Ecco uno dei rimedi più semplici a cui ricorrere in caso di scarichi domestici ingorgati. Per risolvere il problema, versate sopra lo scarico 4 cucchiai di sale grosso e 4 cucchiai di bicarbonato di sodio e fate seguire da una pentola di acqua bollente o comunque molto calda.
2. ACQUA CALDA
Se non avete in casa nessun ingrediente che potrebbe aiutarvi a sgorgare gli scarichi, non dimenticate il vecchio stura lavandini. Si tratta di uno dei mezzi più utilizzati anche dagli idraulici per risolvere gli ingorghi meno problematici. Insistete facendo pressione con lo stura lavandini e provate a versare a poco a poco dell’acqua molto calda, per smuovere l’ingorgo. Per riuscire a sbloccare l’ingorgo nello scarico di un lavandino, potrebbe esservi utile ricorrere ad un bastoncino metallico (gli idraulici usano, ad esempio, spirali metalliche). Provate con del fil di ferro o con un ferro per il lavoro a maglia.
3. BICARBONATO E ACETO
Il bicarbonato e l’aceto, quando vengono abbinati, creano una reazione chimica che può favorire lo sblocco degli ingorghi nelle tubature. Se il problema fatica a risolversi ai primi tentativi, versate senza problemi anche un intero bicchiere di bicarbonato e almeno mezzo litro di aceto nello scarico. Fate seguire il tutto da un litro di acqua molto calda e attendete. Se il problema non dovesse risolversi subito, riprovate dopo un pò, magari aiutandovi anche con mezzi meccanici.
4. DETERSIVO PER I PIATTI
Si tratta di un rimedio valido soprattutto per lo scarico del lavello della cucina. Le tubature infatti possono intasarsi facilmente a causa di residui di cibo, grasso e sporco provenienti dal lavaggio dei piatti. Il detersivo potrebbe dunque essere utile per sbloccare la situazione. Utilizzando un detersivo per piatti ecologico, limiterete l’inquinamento. Versatene mezzo bicchiere nello scarico e lasciate agire il più possibile in modo che l’ingorgo possa smuoversi o sciogliersi. Poi provate a versare dell’acqua calda a poco a poco per facilitare l’operazione.
5. SHAMPOO E BAGNOSCHIUMA
Se invece il problema degli scarichi bloccati dovesse riguardare il bagno, provate a servirvi di ciò che avrete a portata di mano più facilmente, cioè shampoo e bagnoschiuma. Se sarete fuori casa tutto il giorno, o se il problema si verifica durante la notte, provate a versare mezzo bicchiere di shampoo o bagnoschiuma negli scarichi e a lasciare agire il più possibile. Al ritorno, completate versando acqua bollente per verificare l’efficacia del rimedio. Nel caso di alcuni ingorghi, la soluzione migliore è l’attesa, che potrebbe anche essere breve.
6. BIBITE GASSATE
Le bibite gassate non sono di certo salutari, ma possono essere utili per sgorgare gli scarichi domestici, soprattutto nel caso del WC, in assenza di altri rimedi e se non avete tempo di attendere a lungo. Le più comuni bibite gassate sono così potenti da riuscire a liberare anche gli scarichi intasati dagli ingorghi più difficili in pochi minuti. Provate per credere, versandole negli scarichi in caso di emergenza.
7. ACQUA CALDA, SALE E ACETO
Ecco un’altra soluzione che prevede ingredienti sempre presenti in cucina. Vi occorreranno 500 millilitri di aceto di vino bianco, 1 litro d’acqua e 5 cucchiai di sale grosso. Riscaldate l’aceto in un pentolino e l’acqua in una pentola a parte. Versate il sale grosso nell’acqua e mescolate. Poi occupatevi degli scarichi utilizzando prima l’aceto e poi l’acqua bollente salata e attendete.