Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

27-05-2018

Un team di ricercatori della Zhengzhou University, in Cina, ha condotto uno studio in cui si dimostra come il resveratrolo, un polifenolo presente nella buccia d’uva e nel vino rosso, svolga un’azione protettiva a livello neurologico, con effetti benefici in modelli di diverse malattie quali la demenza vascolare, la malattia di Huntington, la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer e anche l’ischemia cerebrale. Il dottor Boai Zhang e colleghi hanno eseguito una serie di esperimenti su modello animale, trovando che il resveratrolo migliorava le capacità di apprendimento e la memoria in un gruppo di topi affetti da demenza vascolare. Oltre a questo, il polifenolo ha mostrato di diminuire i livelli di malondialdeide (o malonildialdeide, MDA), promuovere una maggiore attività della superossido dismutasi e livelli di glutatione nell’ippocampo e nella corteccia cerebrale. I risultati completi dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neural Regeneration Research, e supportano l’idea che il resveratrolo possa migliorare non solo le capacità di apprendimento e la memoria, ma abbia un ruolo nella riduzione dello stress ossidativo, tra le cause della demenza vascolare. I ricercatori ritengono che questi risultati siano importanti e forniscano una base sperimentale – oltre alla prova teorica – per l’uso clinico del resveratrolo nel trattamento della demenza vascolare.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Neural+Regeneration+Research++Boai+Zhang

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4146064/

11-06-2015

In uno studio pubblicato su PLoS One, la combinazione di glucosamina e condroitina ha mostrato la capacità di ridurre l’infiammazione, configurandosi come potenziale agente antinfiammatorio. Glucosamina e condroitina sono sostanze presenti naturalmente nelle cartilagini ossee umane, dove svolgono un ruolo strutturale fondamentale. Questi composti, da soli o in associazione, hanno mostrato efficacia di vario grado nel trattamento di disturbi osteoarticolari e infiammatori, favorendo la diminuzione del dolore, del gonfiore e della rigidità articolare, migliorando i processi riparativi e la funzionalità a livello muscolo-scheletrico. In questo nuovo studio i ricercatori hanno osservato che l’assunzione di glucosamina e condroitina ha ridotto i livelli della proteina C reattiva (PCR), un marker importante di infiammazione. Questi risultati potrebbero essere una spiegazione dell’azione benefica già osservata in passato. A 18 soggetti in sovrappeso sono stati somministrati giornalmente 1.500 mg di glucosamina e 1.200 mg di condroitina o placebo per 28 giorni. Nel gruppo che aveva assunto la combinazione dei due composti è stata registrata la riduzione del 23% dei livelli di PCR rispetto il placebo, confermando gli effetti antinfiammatori già sperimentati in precedenti studi. Gli Autori, visti gli esiti incoraggianti, sottolineano l’importanza di ulteriori ricerche che possano confermare il potenziale antinfiammatorio dei due composti.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4342228/

27-05-2015

Il rischio di perdere l'udito a causa di un forte rumore può essere scongiurato grazie ad un integratore. A renderlo noto sarebbero stati i membri della Weill Cornell Medical College di New York, che attraverso una nuova ricerca condotta sui topi, sembra siano riusciti ad identificare un modo per ridurre il rischio di perdita di udito. Tale disturbo è associato infatti alle sinapsi danneggiate che collegano i nervi e le cellule ciliate della coclea, la parte dell'orecchio interno, ma il problema può essere arginato semplicemente grazie ad un composto che protegge i nervi che stimolano la coclea. Gli autori della ricerca, pubblicata su Cell Metabolism, spiegano infatti che quando una persona è esposta a rumori molto forti, le sinapsi che collegano i nervi cocleari e le cellule ciliate possono danneggiarsi, con conseguente e ovvia perdita dell'udito. Per arginare il problema, il team di ricerca avrebbe dunque utilizzato la nicotinamide riboside (NR) – ovvero un precursore della vitamina B3 - per proteggere i nervi della coclea.
Ai topi sarebbe stata somministrata un’integrazione di NR prima o dopo l'esposizione a rumori forti, e stando a quanto osservato, sembra che tale integrazione abbia impedito il rischio di danni alle connessioni sinaptiche, evitando quindi la perdita di udito sia a lungo che a breve termine. L’integrazione sembra sia stata efficace indipendentemente dal fatto che sia stata somministrata prima o dopo l’esposizione ai rumori. Nonostante questo nuovo studio abbia chiaramente delle importanti implicazioni per quando concerne la perdita dell'udito, i ricercatori sottolineano anche che la nuova ricerca potrebbe aprire le porte a nuovi trattamenti, per condizioni collegate all’invecchiamento, come ad esempio la sindrome metabolica, l'obesità, l'ipertensione polmonare e anche il diabete. La chiave di tutto si troverebbe nella Sirtuin 3 (SIRT3), una proteina coinvolta nelle funzioni dei mitocondri. Il team avrebbe infatti constatato che la nicotinamide riboside e la nicotinammide adenina di nucleotide (NADH) proteggono le cellule nervose, prevengono la perdita dell'udito, ed aumentano anche l'attività di SIRT3, proteina che tende a diminuire con l’età.

 

http://www.medicalnewstoday.com/articles/286408.php

Lunedì, 21 Maggio 2018 11:36

OMEGA-3: 61 BENEFICI PER LA SALUTE.

25-05-2018

1. C'è una forte evidenza che gli acidi grassi omega-3 hanno un effetto benefico nel disturbo bipolare.

2. La supplementazione di omega-3 è associata a ridotta mania e depressione nel disturbo bipolare giovanile.

3. Studi clinici hanno riportato che la supplementazione di olio di pesce per via orale ha effetti benefici nell'artrite reumatoide e tra alcuni asmatici.

4. L'olio di pesce migliora la disfunzione tubulare, il profilo lipidico e lo stress ossidativo nei pazienti con nefropatia IgA (malattia di Berger).

5. La supplementazione dietetica con olio di semi di lino abbassa la pressione sanguigna nei pazienti dislipidemici.

6. Gli acidi grassi Omega-3 migliorano il profilo di rischio cardiovascolare in soggetti con sindrome metabolica, compresi i marcatori di infiammazione e autoimmunità.

7. Gli omega-3 in dosi modeste riduce le morti cardiache, e in dosi elevate riduce gli eventi cardiovascolari non fatali.

8. La supplementazione dietetica con gli acidi grassi omega-3 riduce l'incidenza di morte cardiaca improvvisa nei pazienti con infarto miocardico.

9. Gli acidi grassi omega-3 riducono la mortalità totale e la morte improvvisa nei pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra.

10. L'aumento dei livelli ematici di omega-3 può essere 8 volte più efficace della distribuzione di defibrillatori automatici esterni (DAE), e 2 volte più efficace dei defibrillatori cardioverter impiantabili (ICD) nel prevenire la morte improvvisa.

11. La supplementazione di acidi grassi omega-3 riduce la mortalità totale e la morte improvvisa nei pazienti che hanno già avuto un attacco di cuore.

12. Il consumo di piccole quantità di pesce è associato ad una riduzione della malattia coronarica.

13. La supplementazione con acidi grassi omega-3 e vitamina D ha diminuito i punteggi di calcio coronarico e rallentato la crescita della placca.

14. Gli acidi grassi omega-3 prevengono la fibrillazione atriale dopo bypass aorto-coronarico.

15. Supplementazione di omega-3 acidi grassi ha un effetto terapeutico nei bambini con ADHD.

16. Una combinazione di acidi grassi omega-3 e omega-6, così come magnesio e zinco, forniscono un effetto benefico sui problemi emotivi e comportamentali dei bambini e degli adolescenti.

17. La supplementazione di olio di pesce ha un significativo effetto terapeutico sui bambini con autismo.

18. Gli acidi grassi omega-3 sembrano essere un trattamento efficace per i bambini con autismo.

19. Il consumo di acidi grassi omega-3 diminuisce i livelli di omocisteina nei pazienti diabetici.

20. Gli acidi grassi omega-3 migliorano la funzione macro e microvascolare nei soggetti con diabete di tipo 2.

21. Nei pazienti con malattia coronarica stabile, esiste un'associazione inversa e indipendente tra i livelli di acidi grassi omega-3 e biomarcatori infiammatori.

22. Gli acidi grassi omega-3 migliorano la funzione endoteliale nella malattia arteriosa periferica.

23. L'olio di pesce ha un effetto benefico sulla viscosità del sangue nella malattia vascolare periferica.

24. La supplementazione di olio di pesce migliora i movimenti delle gambe nella malattia arteriosa periferica.

25. L'acido docosapentaenoico (DHA) riduce il rischio di malattia arteriosa periferica associata al fumo.

26. Un trattamento di 8 mesi con acidi grassi omega-3 (EPA e DHA) ha effetti positivi nel diminuire l'infiammazione, in pazienti affetti da fibrosi cistica.

27. Gli acidi grassi omega-3 possono avere un effetto protettivo contro il muco prodotto causato dalla colonizzazione batterica polmonare nella fibrosi cistica.

28. La supplementazione di acidi grassi omega-3 riduce i biomarker dell’infiammazione, la velocità di sedimentazione eritrocitaria, e la concentrazione di interleuchina-8 nei pazienti affetti da fibrosi cistica.

29. La supplementazione di DHA aumenta la resistenza alle infezioni da Pseudomonas aeruginosa.

30. La supplementazione di EPA ha valore terapeutico nel trattamento dei pazienti con epatite C cronica.

31. EPA e DHA hanno valore terapeutico nel trattamento del lupus eritematoso sistemico (LES).

32. L’olio di pesce riduce la gravità dei sintomi in pazienti con lupus eritematoso sistemico.

33. Gli omega-3 contenuti nel pesce riducono il rischio di malattia coronarica e di mortalità nelle donne diabetiche.

34. Concentrazioni plasmatiche più elevate di EPA e DHA sono associati a un minor rischio di infarto miocardico non fatale tra le donne.

35. Il consumo di acidi grassi omega-3 è inversamente associato con l’incidenza di ipertensione.

36. L'olio di pesce, ma non l'olio di semi di lino, diminuisce l'infiammazione e previene la disfunzione cardiaca indotta dalla pressione.

37. Il consumo di pesce riduce il rischio di ictus ischemico nei soggetti anziani.

38. Una moderata assunzione di EPA e DHA diminuisce il declino cognitivo negli uomini anziani.

39. Gli acidi grassi omega-3 possono avere un effetto terapeutico sulla depressione post-partum.

40. Gli acidi grassi omega-3 possono avere valore terapeutico nel trattamento della sindrome dell'occhio secco.

41. La supplementazione di acidi grassi omega-3 ha valore terapeutico nel trattamento di bambini con deficit di attenzione/iperattività (ADHD).

42. Il consumo di pesce riduce il rischio di ictus ischemico negli uomini.

43. Gli acidi grassi omega-3 prevengono la resistenza all'insulina.

44. Gli acidi grassi omega-3 prevengono la formazione di calcio nelle urine e la formazione di calcoli di ossalato.

45. Gli acidi grassi omega-3 sono benefici per i bambini con asma bronchiale.

46. La supplementazione di acidi grassi omega-3 può contribuire alla prevenzione di nascite pre-termine nelle gravidanze a basso e ad alto rischio.

47. Il consumo di pesce è associato ad una riduzione del 63% della mortalità dovuta a cancro prostatico.

48. Gli acidi grassi omega-3 riducono la gravità dei disturbi autoimmuni.

49. L’acido eicosapentaenoico (EPA) può avere un ruolo terapeutico nell'attenuare l’ipertensione polmonare.

50. Gli acidi grassi omega-3 migliorano il peso dei cani colpiti da osteoartrite.

51. Pazienti affetti da glaucoma primario ad angolo aperto avevano una riduzione dei livelli ematici di DHA ed EPA.

52. Gli acidi grassi omega-3 alleviano la resistenza all'insulina e la steatosi epatica nei topi obesi.

53. L'assunzione di EPA e DHA dal pesce può essere associata a una riduzione della rinite allergica.

54. L’olio di fegato di merluzzo riduce la necessità dei farmaci FANS nei pazienti con artrite reumatoide.

55. Gli acidi grassi omega-3 hanno significativi benefici terapeutici nel trattamento dell'artrite reumatoide.

56. Diete contenenti EPA e DHA hanno un effetto inibitorio sulla crescita del cancro al seno e metastasi.

57. Gli acidi grassi omega-3 possono proteggere i fumatori contro la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

58. Gli acidi grassi omega-3 hanno dimostrato di essere più efficaci del placebo per la depressione in adulti e bambini in piccoli studi controllati e in uno studio aperto di depressione bipolare.

59. L'acido grasso omega-3 EPA è efficace quanto la fluoxetina (Prozac) nel trattamento del disturbo depressivo maggiore.

60. Una dieta povera di grassi trans-insaturi e ricco di acidi grassi omega-3 e olio d'oliva può ridurre il rischio di degenerazione maculare legata all'età.

61. Maggiore assunzione di acidi grassi omega-3 può ridurre il rischio di polmonite.

 

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22-05-2018

Mentre la battaglia contro i batteri resistenti ai farmaci antibiotici continua, i ricercatori hanno scoperto (ma lo si sapeva già da secoli) che gli oli essenziali derivati dalle piante sono superiori alla clorexidina e all’etanolo nell’inibire i batteri resistenti agli antibiotici. I ricercatori - provenienti dall’Australia's Royal Brisbane and Women's Hospital - hanno testato una serie di estratti derivati dalle piante, tra cui l'olio essenziale di Tea Tree, di citronella, e di eucalipto - contro alcuni dei superbatteri più letali resistenti agli antibiotici. Tra questi la Klebsiella pneumoniae, MRSA (Stafilococco aureus meticillino-resistente), VRE (Enterococco resistente alla vancomicina), Pseudomonas aeruginosa resistente ad alcuni antibiotici, ed Escherichia coli produttrici di ESBL (β-lattamasi a largo spettro). Le prove sono state effettuate in un laboratorio.
I ricercatori hanno anche testato gli stessi ceppi di batteri contro i due prodotti antisettici più popolari utilizzati per disinfettare le mani, attrezzature ospedaliere e comodini, la clorexidina e l’etanolo (alcol). I ricercatori hanno anche testato l'olio d'oliva - che viene utilizzato in alcune occasioni per eliminare i batteri. Attraverso l’antibiogramma hanno misurato quello che viene definito zona (o area) di inibizione. Questo permette di misurare la distanza tra la sostanza testata e i batteri. Una grande area (distanza) di inibizione si riferisce ad un agente antisettico molto forte ed efficace. I ricercatori hanno scoperto che i tre oli vegetali più attivi - citronella, eucalipto e Tea tree - provocavano significativamente ampie zone di inibizione. Questi erano superiori a quelli ottenuti dall'applicazione della clorexidina e dell’etanolo, o dell'olio d'oliva. Infatti, la clorexidina e l’etanolo hanno mostrato "notevolmente una più bassa o nessuna efficacia per quanto riguarda l'inibizione della crescita di ceppi batterici" secondo i ricercatori. In particolare, la ricerca ha scoperto che l'olio di citronella inibisce significativamente i batteri gram-positivi, mentre il Tea Tree ha inibito significativamente i batteri gram-negativi. La Klebsiella pneumoniae e il Pseudomonas aeruginosa sono batteri gram-negativi, mentre lo Stafilococco aureus e l’Enterococco sono specie gram-positivi. I ricercatori hanno concluso dicendo: "Come dimostrato in vitro, gli oli di origine vegetale possono rappresentare agenti antisettici promettenti e convenienti per supportare il trattamento chirurgico contro le infezioni multiresistenti ai vari farmaci antibiotici".

TEA TREE OIL: UN TRATTAMENTO ABORIGENO ANTICO.

L’olio essenziale di Tea tree (Melaleuca o Albero del tè) è stato utilizzato per secoli dai popoli aborigeni dell'Australia. L'olio è stato utilizzato come antisettico topico per una varietà di ferite e problemi della pelle. Numerosi studi hanno dimostrato che l'olio di Tea tree è un potente antibiotico e antifungineo. Altre ricerche hanno osservato che il Tea tree è molto efficace contro i batteri MRSA e altri batteri resistenti agli antibiotici. Gli studi hanno scoperto che è in grado di rimuovere le infezioni della regione nasale provocati dai batteri MRSA, con un’efficacia pari al farmaco mupirocina. Altre ricerche hanno scoperto che il Tea tree è efficace contro il fungo dell'unghia del piede (onicomicosi), piede d’atleta (tinea pedis), e candida albicans (interna ed esterna).

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23199627

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1360273/

http://www.greenmedinfo.com/blog/herbal-antiseptic-oils-beats-chemical-inhibiting-superbug-infections

Mercoledì, 16 Maggio 2018 12:02

IL MANGANESE E L'EPILESSIA.

14-09-2015

Il manganese è un minerale la cui importanza spesso è stata sottovalutata dalla medicina ufficiale, ma in realtà diversi sono stati gli studi che hanno dimostrato la sua importanza nello sviluppo organico e nel metabolismo. Esso è presente principalmente nei legumi, cereali integrali e frutta secca. Già a partire dagli anni Settanta in poi sono stati diversi gli studi che hanno legato la carenza di manganese alla comparsa dell’epilessia. Infatti nei pazienti epilettici sono stati riscontrati livelli di manganese molto più bassi rispetto alla norma. Risale al 2005 uno studio che relazionava una carenza di manganese alla comparsa di convulsioni epilettiche, in bambini tra i 7 e i 12 anni.
Il manganese può avere un ruolo importante nella stabilizzazione dell’eccitabilità delle membrane nervose, tuttavia nel 2008 diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che il manganese influenza lo sviluppo nella vita intrauterina, delle membrane nervose, in particolare proteggendo le loro strutture e preservandole dalle specie reattive, che potrebbero danneggiarle. Questo studio è stato effettuato sui ratti, nei quali sono stati iniettati livelli crescenti di arginasi, per aumentare i livelli di NO (ossido nitrico), un fattore neurotossico. Si è dimostrato che il trattamento delle cavie con il manganese unito alla curcumina, un estratto della curcuma, aveva delle proprietà neuroprotettive, nei confronti delle membrane, contro l’azione dell’NO. L’aumento della somministrazione di questo minerale, potenziato da elementi quali la vitamina C, la curcumina, la vitamina B, è terapeutico nella terapia delle epilessie ma anche nelle paralisi da ictus.

 

http://umm.edu/health/medical/altmed/supplement/manganese

Mercoledì, 16 Maggio 2018 11:40

TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE SULLA VITAMINA D.

21-05-2018

Da una quindicina di anni, numerosi studi clinici dimostrano che il consumo di dosi adeguate di vitamina D può avere effetti benefici molto più importanti di ciò che pensavamo, e che va ben oltre il suo coinvolgimento nella salute delle ossa. Un accumulo di dati provenienti da studi epidemiologici e studi clinici suggeriscono che un aumento dei livelli di vitamina D riduce il rischio di vari tipi di cancro. Altre informazioni indicano che la vitamina D aiuta a mantenere la forza fisica di persone anziane e fornisce loro una protezione contro le cadute. Sarebbe anche in grado di ridurre la prevalenza di sindrome metabolica.
La vitamina D è una vitamina liposolubile che si trova negli alimenti, ma che può anche essere prodotta dall'organismo in seguito all'esposizione ai raggi ultravioletti del sole. Infatti, le radiazioni solari innescano la sintesi della vitamina D in una regione profonda della pelle, a partire dal deidrocolesterolo, il precursore immediato del colesterolo. La vitamina D è presente in una decina di varianti che si distinguono per un indice numerico. Le vitamine D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo) sono le più attive nell'organismo. Esistono anche numerosi derivati; tre di loro, gli steroidi, svolgono un ruolo particolarmente importante: si tratta di 25(OH)D o calcidiolo, 1,25(OH)2D o calcitriolo e 24,25(OH)D. 
La vitamina D proveniente dagli alimenti viene assorbita con i grassi nell'intestino tenue; entra a far parte della circolazione generale. La vitamina D prodotta in seguito all'esposizione della pelle ai raggi solari passa direttamente nel sangue. Nel fegato, la vitamina D2 e la vitamina D3 vengono convertite in 25-idrossi-vitamina D, la principale forma circolante di vitamina D. La conversione nella sua forma attiva, cioè 1,25-diidrossi-vitamina D, si verifica nei reni. Negli integratori alimentari, la vitamina D si trova in entrambe le forme D2 e D3. Rispetto alla vitamina D3, la vitamina D2 sembra avere solo il 20-40% dell'efficacia di mantenimento della concentrazione sierica di 25-idrossi vitamina D perché si degrada più rapidamente nell'organismo.

VITAMINA D3 E LA SALUTE DELLE OSSA

Uno dei più noti effetti benefici della vitamina D3 è la sua capacità di migliorare la salute del sistema muscolare e del sistema scheletrico. Uno dei suoi principali ruoli biologici è quello di mantenere le normali concentrazioni ematiche di calcio e fosforo. Favorendo l'assorbimento del calcio, la vitamina D aiuta a formare e mantenere le ossa forti. Essa collabora anche con un certo numero di altre vitamine e minerali, nonché ormoni, per promuovere la mineralizzazione dell'osso. 
Carenze di vitamina D3 sono responsabili di osteopenia, acuisce problemi di osteoporosi, provoca una dolorosa malattia delle ossa conosciuta con il nome di osteomalacia, aumenta la debolezza muscolare, aumenta il rischio di cadute e fratture. Una carenza di vitamina D3 può alterare il meccanismo di regolazione dell'ormone paratiroideo e causare iperparatiroidismo secondario, aumentando il rischio di osteoporosi e fratture. In un articolo sulle donne con osteoporosi ricoverate in ospedale per frattura dell'anca, si evidenzia che il 50% di esse era affetto da segni di carenza di vitamina D.

PROTEZIONE CONTRO IL CANCRO

Nell'anno 1940 un ricercatore notò per la prima volta una connessione tra la vitamina D3 e la prevenzione del cancro. Constatò che le persone che vivono a basse latitudini avevano un minor tasso di mortalità per cancro. Suggerì che l'esposizione al sole potrebbe fornire una relativa immunità contro il cancro. Nel corso degli ultimi 60 anni, i ricercatori hanno osservato una relazione inversa tra l'esposizione al sole e la mortalità per cancro. Un gran numero di studi ha inoltre suggerito che la carenza di vitamina D3 è stata associata a un aumentato rischio di vari tipi di cancro, compresi quello al seno, alle ovaie, alla prostata o al colon. La relazione inversa tra bassi livelli ematici di vitamina D e un minor rischio di cancro è maggiormente documentato per i tumori del colon-retto. L'aspetto protettivo della vitamina D è documentato in uno studio eseguito su 3.000 adulti (96% maschi) sottoposti a colonscopia tra il 1994 e il 1997, alla ricerca di lesioni o polipi nel colon. Nel 10% di loro è stata riscontrata una lesione neoplastica avanzata. Il rischio di lesioni cancerose era significativamente più basso tra i soggetti che assumevano maggiori quantità di vitamina D.
I ricercatori hanno diviso chirurgicamente dei polipi adenomatosi (potenzialmente precancerosi) di 19 pazienti, rimuovendone circa il 50%. Hanno segnato i restanti polipi nell'intestino in modo che essi potessero essere ulteriormente identificati e studiati in base alla loro proliferazione cellulare nei tessuti, prima e dopo sei mesi di trattamento con 400 IU di vitamina D3 e carbonato di calcio (1.500 mg tre volte al giorno) o placebo. La proliferazione cellulare e altri segni di alterazioni cancerose sono stati significativamente ridotti nei pazienti che hanno ricevuto il trattamento, mentre non sono state osservate variazioni nei soggetti che hanno ricevuto il placebo. 
In un altro studio, i ricercatori hanno studiato 1.179 donne in menopausa e in buona salute (tutte di età compresa tra 55 anni o più, non affette da cancro da almeno dieci anni precedenti l'inizio dello studio) che hanno assunto una notevole quantità di vitamina D3 e calcio. Esse sono state divise in gruppi casuali per assumere ogni giorno 1.400-1.500 mg di calcio, 1.400 o 1.500 mg di calcio e 1.000 UI di vitamina D3 o un placebo. Nei quattro anni di durata dello studio, le donne nel gruppo calcio/vitamina D3 hanno visto il loro rischio di cancro ridotto del 60% rispetto alle donne degli altri gruppi. Dato che esisteva il rischio che alcune donne potessero avere un cancro non diagnosticato all'inizio dello studio, i ricercatori hanno rimosso i risultati del primo anno e analizzato quelli degli ultimi tre dello studio. Gli ultimi tre anni hanno mostrato risultati ancora più marcati, con una riduzione del 77% del rischio di cancro nel gruppo che ha assunto calcio e vitamina D3. 
Due meta-analisi che combinano dati provenienti da più report hanno mostrato che la vitamina D può aiutare a prevenire la metà dei casi di cancro al seno e due terzi dei casi di cancro al colon negli Stati Uniti. Il primo, sul cancro al seno, ha indicato che le persone con i più alti livelli ematici di 25-idrossi vitamina D, o 25 (OH) D, hanno avuto il più basso rischio di cancro al seno. I ricercatori hanno diviso i risultati relativi alle persone dei due studi in cinque gruppi uguali, dalla concentrazione più bassa di 25 (OH) D (meno di 13 nanogrammi per millilitro, 13 ng/ml) alla più alta (circa 52 ng / ml). I dati hanno anche tenuto conto se il soggetto ha sviluppato un cancro o meno. Cedric Garland, coautore degli studi, ha dichiarato: "I dati sono stati molto chiari e hanno dimostrato che il gruppo di persone con livelli ematici di vitamina D più bassi avevano tassi di cancro al seno più elevati, e che questi sono scesi all’aumento dei livelli ematici di 25 (OH) D. Le concentrazioni sieriche associate a una riduzione del 50% del rischio, potrebbero essere mantenute grazie all'assunzione giornaliera di 2.000 UI di vitamina D3 associata e, tempo permettendo, all'esposizione al sole per 10-15 minuti". 
Lo studio sul cancro del colon-retto è un meta-analisi di cinque studi che ha valutato l'associazione tra i livelli ematici di 25 (OH) D e il rischio di cancro al colon. Tutti questi studi hanno raccolto dei campioni di sangue da volontari sani per misurare la concentrazione di 25 (OH) D. I soggetti sono stati seguiti per 25 anni per vedere se hanno sviluppato il cancro del colon-retto o meno. Come nel precedente studio, i dati riguardanti un totale di 1.448 individui sono stati selezionati in funzione delle concentrazioni sieriche di 25 (OH)D e poi divisi in cinque gruppi, dal basso al più alto. 
Edward D. Gorham, uno dei coautori dello studio, ha commentato i risultati: "Questa meta-analisi ha mostrato che l'aumento delle concentrazioni sieriche di 25 (OH) D fino a 34 ng/ml potrebbe dimezzare l'incidenza di cancro del colon-retto. Ci aspettiamo una riduzione di due terzi dell'incidenza con concentrazioni sieriche di 46 ng/ml, che corrispondono all'assunzione giornaliera di 2000 UI di vitamina D3. Il modo migliore per ottenerlo è quello di associare alla dieta degli integratori alimentari e 10-15 minuti al giorno di esposizione al sole". 
Queste due meta-analisi sono state eseguite da Cedric F. Garland, specialista nella prevenzione del cancro, e i suoi colleghi presso il Moores Cancer Center dell'Università della California a San Diego. Hanno poi combinato i dati provenienti da diversi studi condotti in 15 Paesi tra il 1966 e il 2004 sulle concentrazioni sieriche di vitamina D durante l'inverno. In questi 15 Paesi sono stati misurati il livello di esposizione al sole e la copertura nuvolosa. Hanno poi applicato questi dati a 177 Paesi per valutare le concentrazioni ematiche medie dei metaboliti della vitamina D nei loro abitanti. Si stima che in tutto il mondo 250.000 casi di cancro al colon e 350.000 casi di cancro al seno potrebbero essere evitati ogni anno aumentando l'assunzione di vitamina D3, in particolare nei paesi a nord dell'equatore 8.. Due studi precedenti hanno dimostrato un effetto protettivo a partire da concentrazioni sieriche comprese tra 24-32 ng/ml di 25 (OH)D.
Recenti studi clinici suggeriscono che la vitamina D e suoi analoghi possono rappresentare dei trattamenti importanti per il cancro alla prostata. Dati sperimentali indicano che la forma attiva della vitamina D favorisce la differenziazione cellulare, mentre inibisce la proliferazione, invasione e metastasi delle cellule tumorali della prostata. Gli scienziati hanno esaminato la relazione esistente tra l'esposizione al sole e il cancro alla prostata. Essi hanno confrontato 450 uomini con un cancro avanzato alla prostata con altrettanti sani. Essi hanno constatato che i soggetti con livelli più alti di esposizione al sole avevano un rischio di cancro alla prostata ridotto del 50% rispetto a quelli con bassi livelli di esposizione solare. Pensano che l'esposizione al sole protegge gli uomini dal cancro alla prostata, promuovendo la sintesi della vitamina D. Tuttavia, alla luce della relazione tra esposizione al sole e determinati tumori della pelle, ritengono preferibile aumentare l'apporto di vitamina D tramite integratori alimentari e dieta.
Un altro studio ha dimostrato che la vitamina D può avere un ruolo terapeutico nel caso di cancro alla prostata. Sedici uomini trattati per un cancro alla prostata hanno ricevuto integrazione con 2.000 UI di vitamina D al giorno. Gli sperimentatori hanno poi monitorato per due anni i loro livelli di antigene specifico della prostata (PSA, un marker di recidiva o progressione del cancro alla prostata). In nove pazienti, i livelli di PSA sono diminuiti o sono rimasti stabili dopo aver iniziato l'integrazione con vitamina D. Nei pazienti i cui livelli hanno continuato ad aumentare, l'integrazione ha rallentato significativamente (del 75%) il raddoppio di tali valori. (Il tasso di aumento o raddoppio del PSA è correlato alla prognosi della malattia: più è lungo il tempo di raddoppio, migliori sono i risultati). Questi risultati indicano che la vitamina D può aiutare a prevenire o rallentare la recidiva o la progressione della malattia nei pazienti che sono stati trattati per il cancro alla prostata.

LE CARENZE PROVOCANO PROBLEMI AL SISTEMA IMMUNITARIO

I ricercatori hanno associato diversi aspetti della salute del sistema immunitario a carenze di vitamina D3. Il sistema immunitario regola i linfociti T che sono importanti per il corretto funzionamento di un sistema immunitario forte. La vitamina D3 agisce come un modulatore del sistema immunitario, prevenendo l'eccessiva espressione delle citochine infiammatorie e aumentando l'efficacia distruttiva dei macrofagi. Inoltre, stimola fortemente l'espressione di potenti peptidi antimicrobici presenti nelle cellule del sistema immunitario, come i neutrofili, i monociti, le cellule natural killer e le cellule che rivestono il sistema respiratorio. Questi peptidi stimolati dalla vitamina D3 svolgono un ruolo importante nella protezione dei polmoni contro le infezioni. Inoltre, carenze di vitamina D3 influiscono sullo sviluppo e sulla progressione di varie malattie autoimmuni. 
Un recente articolo scientifico ha presentato prove evidenti circa il fatto che le infezioni stagionali, come l'influenza, possono in realtà derivare da una diminuzione della concentrazione di vitamina D durante il periodo invernale, e non da un aumento dell'attività virale come tradizionalmente pensiamo da molto tempo. Recettori della vitamina D sono presenti in numerose cellule del sistema immunitario responsabili della distruzione di virus e batteri. La vitamina D, che è meno disponibile in inverno a causa delle condizioni ambientali, sembra essere indispensabile per la corretta attivazione di queste cellule.

BENEFICI IN CASO DI INSUFFICIENZA CARDIACA

L'insufficienza cardiaca, o incapacità del cuore di pompare sangue a sufficienza per rispondere ai bisogni dell'organismo, è una delle principali cause di decesso nei paesi industrializzati. Gli scienziati ritengono che concentrazioni elevate di citochine proinfiammatorie potrebbero contribuire all'insufficienza cardiaca e che la vitamina D potrebbe fornire una benefica protezione bloccando questi mediatori infiammatori. In uno studio in doppio cieco, 123 pazienti con insufficienza cardiaca congestizia hanno ricevuto giornalmente e in modo casuale 2.000 UI di vitamina D e 500 mg di calcio o placebo e 500 mg di calcio per 9 mesi. I pazienti che hanno ricevuto l'integrazione hanno visto aumentare significativamente la concentrazione della citochina antinfiammatoria interleuchina 10, e diminuire quella della citochina proinfiammatoria fattore necrotizzante dei tumori. Gli scienziati ritengono che riducendo l'ambiente infiammatorio dei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, la vitamina D costituisce un trattamento promettente.

PREVENZIONE DEL DIABETE

La vitamina D riduce la predisposizione al diabete di tipo II rallentando la perdita di sensibilità all'insulina nei soggetti che presentano i primi segni di questa malattia. I ricercatori hanno studiato 314 adulti senza diabete ai quali hanno somministrato giornalmente e per tre anni, 700 UI di vitamina D e 500 mg di calcio. Tra quelli che all'inizio dello studio avevano livelli leggermente elevati di glicemia a digiuno, l'integrazione ha rallentato la sua ascesa e frenato l'aumento della resistenza all'insulina rispetto ai soggetti di controllo. I ricercatori hanno concluso che somministrare l'integrazione negli anziani con squilibri di concentrazioni glicemiche nel sangue può aiutare a evitare la sindrome metabolica e il diabete.

PREVENIRE LE CADUTE NEGLI ANZIANI

Negli anziani, le cadute sono frequenti e associate a significativa morbilità e mortalità. Alcuni studi suggeriscono che la vitamina D può aiutare a prevenirle. Studi incrociati hanno dimostrato che le persone anziane con concentrazioni sieriche di vitamina D più elevate cadono meno spesso. Una meta-analisi ha osservato che l'integrazione con vitamina D ha aiutato a ridurre il rischio di cadute del 22%. Uno studio randomizzato controllato ha dimostrato che un'integrazione giornaliera con 1.200 mg di calcio e 800 UI di vitamina D3 per tre mesi riduce del 49% il rischio di caduta di persone anziane nelle case di riposo.

SICUREZZA DELLA VITAMINA D

La vitamina D è generalmente ben tollerata dagli adulti, a dosi giornaliere che possono arrivare fino a 2.000 UI. Diversi studi indicano che potrebbe essere utilizzata in modo sicuro e senza effetti collaterali anche fino a 10.000 UI al giorno, mentre le autorità sanitarie hanno stabilito la dose sicura a 1.000 UI/giorno. Ciò è stato stabilito da un team di ricercatori dopo aver esaminato 21 studi e trial clinici ben definiti e realizzati sull'uomo con dosi molto superiori a quelle raccomandate dalle autorità sanitarie. In Francia, l'Agenzia per la sicurezza alimentare francese (AFSSA) stima che sono sufficienti 200 UI di vitamina D per un adulto per restare in buona salute (da 400 a 600 UI per gli anziani), mentre gli scienziati sono convinti che i fabbisogni sono prossimi a 1000 UI al giorno.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17604580

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10227320

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11920550

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14665657

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17556697

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17368188

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17296473

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16353199

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15958597

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15749627

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16959053

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16600924

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17277040

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15113819

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12568412

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17209171

Mercoledì, 16 Maggio 2018 11:37

ADDIO AL GRASSO CON IL RESVERATROLO.

20-04-2016

Un nuovo studio condotto da ricercatori della Washington State University indica che il resveratrolo, un polifenolo presente nel vino rosso, nelle bacche e nei chicchi dell’uva, può aiutare a perdere il peso. Lo studio, pubblicato su International Journal of Obesity, riporta l’effetto della somministrazione ad animali da laboratorio di una quantità di resveratrolo equivalente a circa 330 g di frutta al giorno. È stato osservato che gli animali nutriti con resveratrolo avevano perso il 40% del peso in più rispetto agli animali cui non era stato aggiunto resveratrolo nella dieta.
I ricercatori ritengono che l’effetto sia dovuto alla capacità del resveratrolo di trasformare il grasso cattivo “bianco”, che funge da deposito per le kcal assunte in eccesso, in grasso buono “bruno” che brucia il grasso trasformandolo in calore, favorendo la perdita di peso. Secondo il prof. Min Du, autore della ricerca “i polifenoli della frutta, tra cui il resveratrolo, aumentano l’espressione genica che promuove l’ossidazione dei grassi introdotti con la dieta, in modo tale da impedirne l’accumulo nell’organismo”. In questo studio il resveratrolo è stato preso come modello di tutti i polifenoli contenuti nella frutta, ai quali è attribuita questa attività peculiare. Continua il prof. Du: “Il vino rosso contiene resveratrolo ma in quantità molto ridotte, in quanto il resveratrolo viene filtrato durante i processi di produzione del vino”. Il resveratrolo è un potente antiossidante conosciuto per gli effetti benefici svolti a livello cardiovascolare e mostra riduzione dei livelli di trigliceridi, colesterolo cattivo e glicemia. Vanta, inoltre proprietà antinvecchiamento e antivirale.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25761413

Mercoledì, 16 Maggio 2018 11:26

PERCHE’ L’OLIO DI PESCE E’ SALUTARE?

20-05-2018

Si sa che l’olio di pesce svolge un ruolo nel prevenire il morbo di Alzheimer, e i ricercatori della UCLA hanno scoperto il perchè. L’acido docosaesanoico (DHA), un acido grasso omega-3 trovato nei pesci, aumenta la produzione di LR11, una proteina che distrugge quella che forma “le placche” connesse col morbo di Alzheimer. L’LR11 inoltre, è carente nei pazienti con Alzheimer e poiché questa proteina contribuisce ad impedire le placche tossiche nocive per i neuroni cerebrali, si pensa che ciò sia un fattore nel causare la malattia. I ricercatori hanno esaminato sia l’olio di pesce nella dieta sia il DHA somministrato direttamente a neuroni sviluppati in laboratorio. Anche basse dosi di DHA hanno aumentato l’LR11 nei neuroni dei ratti, l’olio di pesce dietetico ha aumentato l’LR11 nel cervello di ratti geneticamente alterati per sviluppare il morbo di Alzheimer. Il DHA ha avuto inoltre un effetto favorevole su coltura di cellule neuronali umane. I ricercatori hanno concluso che livelli elevati di DHA conducono ad un incremento marcato di LR11, che sembra proteggere dall’Alzheimer. Per contro, bassi livelli di LR11 conducono alla formazione di placche di beta amiloide che sono nocive per il cervello. Ciò che resta da determinare, secondo i ricercatori, è la dose più efficace. Nelle zone dove il DHA dietetico è elevato, una piccola dose può essere sufficiente, mentre negli Stati Uniti, dove c’è una mancanza di DHA, può essere necessaria una dose maggiore.

COMMENTO

I grassi omega-3 come il DHA sono chiamati “acidi grassi essenziali” perché il corpo umano non li fa da sè. Quindi, bisogna acquisirli da fonti esterne. Questo è un grasso che non dovrebbe mai essere carente in quanto gli omega-3 possono:

• Ridurre il rischio di malattia cardiocircolatorie.
• Aiutare a prevenire il cancro.
• Alleviare la depressione.
• Combattere l’infiammazione.
• Rendere i bambini più intelligenti.

Come questo studio menziona, i grassi omega-3 sono ampiamente riconosciuti per la capacità di impedire il morbo di Alzheimer, e ciò non è sorprendente se consideriamo che il DHA è l’acido grasso essenziale più abbondante del cervello.

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2007-12/uoc--wfo122107.php

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2628584/

Mercoledì, 16 Maggio 2018 11:22

ALIMENTI RICCHI DI CALCIO: ECCO QUALI SONO.

10-08-2015

Gli alimenti ricchi di calcio sono fondamentali per la nostra salute. Meglio ancora se si tratta di alimenti ricchi di calcio e magnesio o di alimenti ricchi di calcio e ferro. Gli alimenti ricchi di calcio assimilabile sono essenziali innanzi tutto per mantenere in buona salute denti ed ossa. Il calcio negli alimenti di cui abbiamo bisogno per assicurarci il benessere del nostro organismo è pari a circa a 1.000/1.200 mg al giorno per gli individui adulti. Gli adolescenti necessitano di un pò più di contenuto di calcio negli alimenti. E’ noto che gli alimenti ricchi di calcio contro l’osteoporosi svolgono un ruolo di primaria importanza. In questo senso sono molto utili gli alimenti ricchi di calcio e vitamina D. Ecco quali sono i cibi da non far mancare nella dieta.

LE UOVA

Non bisogna dimenticare che il rosso dell’uovo contiene molto calcio, anche se la maggior parte di esso è concentrata nel guscio, il quale è costituito interamente di calcio. Perché il nostro organismo riesca ad assimilare tutto il calcio del guscio delle uova, si dovrebbe provvedere a tritare e ad assumere il guscio stesso, ma il sapore sarebbe decisamente sgradevole.

IL PESCE E I FRUTTI DI MARE

Alcuni pesci, come le acciughe, gli sgombri, le sardine, sogliole e salmone, ma anche i frutti di mare come le vongole, cozze, ostriche e gamberi sono tutti alimenti contenenti un’elevata concentrazione di calcio. Nonostante ciò, non tutti possono assumere, per patologie o allergie, questi cibi, in particolar modo i frutti di mare.

LA FRUTTA SECCA

La frutta secca è anch’essa molto ricca di calcio. La quantità di calcio contenuta è tale da poter sostituire anche quello fornito dal latte. Ecco perché, fra gli alimenti ricchi di calcio, la frutta secca (mandorle, noci, nocciole e pistacchi) occupa di certo un ruolo non indifferente, specialmente nella prevenzione dell’osteoporosi, che può essere evitata con una dieta specifica. Dobbiamo comunque sempre ricordarci, in termini di benessere, che il calcio è un vero toccasana contro l’osteoporosi, ma senza eccessi.

I LEGUMI

Sono un’ottima fonte di calcio, in particolare ceci, fagioli cannellini, fagioli borlotti e lenticchie.

LA FRUTTA

Anche una buona spremuta d’arancia, oltre a tanta vitamina C, potassio e beta-carotene, può fornirci tanto calcio: 40 mg ogni 100 gr.

LE VERDURE

Spinaci, verza, cipolla, cardi, broccoli e cime di rapa sono le verdure a più alto contenuto di calcio. Nello specifico per quanto riguarda gli spinaci va specificato che la quantità di calcio dipende dal tipo di cottura a cui vengono sottoposti.

Il latte e i suoi derivati contengono molto calcio, ma non contengono altri minerali importanti per la fissazione. Inoltre, acidifica l'organismo, costringendolo ad eliminare fosfato di calcio dalle ossa per un effetto tampone. Per questo motivo è da sostituire con altri alimenti.

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