Angelo Ortisi
I PROBIOTICI
Le conoscenze scientifiche attuali sono il frutto di ricerche umane nel lungo cammino dell’evoluzione. Da sempre le nuove teorie ipotizzate da alcuni scienziati sono state considerate come idee folli e di natura diabolica, quindi, da scartare perchè non accettate dalla classe medica e scientifica. Ma se non fosse stato per la genialità di alcuni personaggi rivoluzionari, oggi l’uomo vivrebbe ancora nelle capanne e con le candele. La non accettazione di nuove teorie che farebbero sconfinare l’uomo verso elevate conoscenze scientifiche e spirituali, è purtroppo un’abitudine ancora oggi ben radicata. Nel 1910, un biologo russo di nome Elie Metchnikoff suggerì che la via migliore per rimanere sani e prolungare la vita era eliminare la tossicità gastrointestinale, ma come potete già immaginare, gran parte dell’establishment medica di allora, liquidò lui e le sue teorie trattandolo alla stregua di un ciarlatano. Un vero peccato, perchè in realtà il russo aveva ragione. Fu proprio Metchnikoff ad inventare il termine “probiotico”, che significa letteralmente «in favore della vita», per sottolineare la sua ipotesi che il processo dell’invecchiamento venga accelerato dall’esposizione prolungata alle sostanze tossiche putrefattive prodotte da uno squilibrio della flora intestinale. Il processo, sosteneva il biologo, può essere rallentato consumando con regolarità i batteri del latte cagliato e i prodotti alimentari trasformati dalle loro colture. Oggi, dopo un secolo, l’idea che i batteri intestinali benefici siano in grado di proteggere le cellule, migliorare le difese immunitarie e favorire il pieno utilizzo delle sostanze nutritive presenti nei cibi, viene accettata da tutti.
Ciò che non è ancora stato ben compreso è il ruolo svolto dal gruppo sanguigno nell’orchestrare il giusto equilibrio dei batteri benefici. Gli antigeni del gruppo sanguigno vengono espressi in tutte le parti del corpo che interagiscono con l’ambiente esterno. Ma quale ruolo svolgono questi antigeni nella creazione dell’equilibrio della flora intestinale? Gli antigeni del sangue sono zuccheri complessi, di cui i batteri sembrano esserne ghiotti. Gli antigeni dei differenti gruppi sanguigni sono composti da diverse combinazioni di zuccheri e i batteri, nei loro confronti, sono molto selettivi. Molti batteri benefici presenti nel nostro intestino si alimentano in modo consono al gruppo sanguigno, in altre parole, preferiscono cibarsi dell’antigene del nostro gruppo sanguigno. Se sono presenti in quantità sufficiente, si accaparreranno il cibo con molta più determinazione rispetto alle forme batteriche più pericolose eventualmente presenti e alla fine riusciranno ad impedire l’accesso all’organismo a tutti gli ospiti indesiderati. I ceppi batterici benefici presenti nel colon metabolizzano gli antigeni del gruppo sanguigno trasformandoli in acidi grassi a catena corta, molto efficaci per la salute dell’intestino. Ma da dove nasce questa loro preferenza? Si basa su un principio noto come “aderenza”. Come una chiave può essere inserita solamente nella sua serratura, così i batteri aderiscono esclusivamente a quelle configurazioni di zuccheri che offrono sedi di attacco complementari. Benchè non tutte le sedi presenti nel tratto digerente e in quello intestinale siano specifiche di ogni gruppo sanguigno, il processo complessivo di adesione per molti batteri benefici (e anche per quelli dannosi) è controllato dal gruppo sanguigno. Infatti quasi il 50% di tutti i ceppi batterici esaminati mostrano un grado di specificità verso un particolare gruppo sanguigno. In generale, tutti i gruppi sanguigni traggono vantaggi dagli effetti complessivi dei batteri benefici specifici e degli alimenti trattati con colture batteriche. Gli alimenti probiotici offrono una ciambella di salvataggio agli organismi malati, favorendone la disintossicazione e la guarigione.
IL DIBATTITO DELLE PROTEINE
Uno dei lati più contestati della nutrizione genetica basata sui gruppi sanguigni è l’affermazione che le persone dei gruppi 0 e B, per stare bene, debbano consumare carni rosse in abbondanza. Le teorie nutrizioniste tradizionali attribuiscono infatti alle carni rosse ogni sorta di nefandezze, considerandole responsabili, tra l’altro, di innalzare il livello del colesterolo, con le conseguenti malattie cardiache e di favorire l’osteoporosi. Ma la conoscenza che abbiamo oggi del ruolo della fosfatasi alcalina intestinale contraddice nettamente questa credenza. La fosfatasi alcalina è un enzima prodotto nell’intestino tenue che, tra le altre sue funzioni, facilita anche la digestione delle proteine e dei grassi animali. Studi recenti dimostrano chiaramente che i soggetti di gruppo sanguigno 0 e, sia pure in misura minore, anche quelli di gruppo B, sono dotati nell’intestino di livelli elevati di fosfatasi alcalina, in grado di proteggerli dagli effetti potenzialmente pericolosi di un regime alimentare ricco di proteine. Al contrario, le persone di gruppo A producono quantità irrilevanti di questo enzima e anche quel poco viene disattivato dai propri antigeni A. Naturalmente è una ragione in più per convincere queste persone ad attenersi rigorosamente a scelte alimentari a basso contenuto di proteine.
Esistono prove che la fosfatasi alcalina intestinale, oltre a favorire la demolizione dei grassi, migliora anche l’assorbimento del calcio. Alla luce di queste scoperte, la teoria dei vegani, o vegetariani integrali, che sostiene l’utilità delle diete a base vegetale per prevenire l’osteoporosi non poggia evidentemente su basi solide. L’osservazione che in alcuni individui sottoposti ad un’alimentazione ricca di proteine l’eliminazione del calcio tende ad aumentare risponde al vero, ma al più può essere considerata una correlazione, e in realtà le ricerche su questo tema provano esattamente il contrario. Per dare il colpo di grazia, a chi sostiene queste teorie assurde, una recente ricerca della Johns Hopkins, dell’Università del Minnessota e del Chicago Center for Clinical Research indica che una quantità di circa 180 g di carne rossa, consumata cinque o sei volte alla settimana, può abbassare anche del 10% il rischio di contrarre malattie coronariche. In particolare, le donne che avevano adottato diete più proteiche (circa il 24% del totale delle calorie assunte), presentavano un rischio cardiopatico inferiore di un quarto rispetto a quello di altre donne che ricavavano da sostanze proteiche solo il 15% delle loro calorie totali.
GRUPPO SANGUIGNO E DIGESTIONE
Gli interventi principali del gruppo sanguigno nel processo digerente sono i seguenti:
• Saliva. L’antigene del gruppo sanguigno è presente in grandi quantità nella saliva e nel muco, con la funzione di difesa contro le invasioni dei batteri.
• Mucine. Il gruppo sanguigno è il fattore più importante tra quelli che determinano la struttura delle mucine, le molecole diffuse lungo tutto il tubo digerente, che forniscono protezione contro i batteri e le irritazioni alimentari. Si possono considerare i guardiani dell’apparato digerente.
• Stomaco. Gli antigeni del gruppo sanguigno sono maggiormente presenti sulle pareti dello stomaco che in altri organi dell’apparato digerente. Un buon numero di ormoni e secrezioni sono direttamente influenzati dal gruppo sanguigno, e tra questi i succhi gastrici, principalmente la gastrina, la pepsina e l’istamina.
• Fegato. Le cellule delle pareti dei condotti biliari del fegato contengono l’antigene del gruppo sanguigno, così come il succo pancreatico e la bile. Il gruppo sanguigno esercita così la sua influenza sul principale filtro dell’organismo, adibito a separare le sostanze nutritive dagli scarti.
• Intestino tenue. Grandi quantità di antigeni del gruppo sanguigno aderiscono alle pareti dell’intestino tenue, dove interagiscono con le sostanze nutritive e gli enzimi che regolano l’assimilazione.
• Intestino crasso. Gli antigeni del gruppo sanguigno sono presenti in gran numero nell’intestino crasso, dove influenzano la flora intestinale.
Il gruppo sanguigno è il fattore importante per controllare l’ambiente dello stomaco, regolando l’attività degli acidi e degli enzimi gastrici. Ma come agisce il gruppo sanguigno? Il suo meccanismo d’azione è abbastanza complesso. Quando il cibo penetra nello stomaco, la stimolazione nervosa provoca la secrezione di un liquido, chiamato succo gastrico, composto di acqua, acido cloridrico e vari enzimi. Nel succo gastrico vengono secrete una grande quantità di antigeni del gruppo sanguigno, più che in ogni altra secrezione dell’intero apparato digerente. L’acido cloridrico distrugge i germi presenti nel cibo, proteggendo l’intestino dalle infezioni, ma è anche la sostanza che, in caso di rigurgiti, può provocare bruciori nell’esofago. Quando il cibo entra nello stomaco, il succo gastrico diventa più alcalino, perchè le proteine del cibo esercitano un effetto tampone sugli acidi gastrici. L’aumento di alcalinità stimola il rilascio di maggiori quantitativi di gastrina e conseguentemente l’aumento della produzione dell’acido. Una volta digerite le proteine, l’acidità dello stomaco tende nuovamente a salire, interrompendo il rilascio di gastrina, in modo da bloccare la secrezione di ulteriori quantitativi di acido. Le molecole delle proteine vengono scisse anche con l’aiuto dell’enzima pepsina. La pepsina è molto sensibile al livello di acidità dello stomaco e quindi, in assenza di sufficienti quantità di acido cloridrico, l’azione di questo enzima non si innesca. Il gruppo sanguigno influisce direttamente sull’attivazione della pepsina.
La maggior parte delle persone di gruppo sanguigno 0 producono nello stomaco più acido cloridrico rispetto agli altri gruppi sanguigni. Inoltre, dopo un pasto, secernono più prontamente maggiori quantitativi di pepsina, oltre a più pepsinogeni e più gastrina, tutti componenti necessari per scindere in modo appropriato le proteine animali. E’ stato anche dimostrato che l’antigene del gruppo A, normalmente secreto nel succo gastrico, si lega alla pepsina inibendone l’azione. Ciò può spiegare la bassa acidità gastrica riscontrata nei soggetti appartenenti a questo gruppo sanguigno. L’acido gastrico oltre a digerire le proteine, serve da barriera contro la maggior parte dei batteri. Uno dei problemi più seri incontrati da chi ha una bassa acidità gastrica (gruppo A e AB) è l’eccessiva proliferazione batterica nello stomaco e nel primo tratto dell’intestino tenue. In questo caso, un trattamento con antibiotici non risolve il problema, che tenderà a ripresentarsi dopo pochi giorni dal termine della cura.
TEST DELL’INDACANO
Il test dell’indacano è stato utilizzato dalla medicina tradizionale fino a qualche decennio fa per diagnosticare la presenza di una flora batterica intestinale troppo esuberante. In un prossimo futuro, quando un numero sempre maggiore di persone imparerà a conoscere i legami che esistono tra lectine e gruppo sanguigno, questo test rivivrà una seconda primavera.
1° Passaggio: Aggiungendo all’urina acido cloridrico e ferro si ottiene una reazione chimica che sviluppa fumo.
2° passaggio: La miscela viene lasciata riposare per due minuti, poi si aggiungono tre gocce di cloroformio che fanno liberare una maggiore quantità di fumo di colore variabile dall’azzurro chiaro al blu scuro.
3° Passaggio: Il risultato della reazione viene misurato con l’ausilio di una scala colorimetrica (0-2: risultato buono; 2,5: c’è qualche problema; 3-4: la situazione è critica).
GRUPPO AB: IL PIU’ MODERNO
Il sangue di gruppo AB è il più raro e recente. Sviluppatosi dalla mescolanza del sangue di tipo A, con quello di tipo B, è oggi presente in meno del 5 per cento della popolazione mondiale. Dato che i soggetti di tipo AB ereditano la tolleranza di entrambi i tipi di sangue A e B, il loro sistema immunitario si è specializzato nella fabbricazione di anticorpi in grado di contrastare le malattie infettive. Inoltre, il fatto di non possedere anticorpi anti-A e anti-B, fa sì che questi soggetti siano meno predisposti a sviluppare allergie e altre malattie che coinvolgono il sistema immunitario. Essere di gruppo AB non comporta solo vantaggi. Infatti, questi soggetti hanno difficoltà a riconoscere come estranee sostanze o cellule che hanno caratteristiche antigeniche simili a quelli di tipo A e B. In queste circostanze il sistema immunitario non fabbrica anticorpi difensivi, ma resta tranquillo. Tutto ciò comporta una certa predisposizione a sviluppare tumori poichè una delle funzioni del nostro sistema difensivo è anche quella di riconoscere e uccidere cellule trasformate che, nel tempo, possono dare origine a una neoplasia. Certamente questo non significa che tutte le persone di gruppo AB si ammaleranno di tumore, ma essere soltanto più vulnerabili nei confronti di queste patologie.
TIPO AB: E’ il gruppo sanguigno più moderno e raro, nato dall’unione tra la tolleranza del tipo A e l’equilibrio del tipo B.
GRUPPO B: IL NOMADE E IL PASTORE
Il gruppo sanguigno B fece la sua comparsa probabilmente in seguito a migrazioni e al passaggio da aree con un clima torrido a zone più fredde e rigide. In ogni caso, dopo il suo sviluppo, si pensa che il nuovo gruppo sanguigno divenne ben presto caratteristico delle grandi tribù nomadi della steppa, che a quel tempo dominavano le pianure eurasiatiche. Quando i mongoli iniziarono a dilagare attraverso l’Asia, il gene del sangue di gruppo B era già profondamente radicato. Queste popolazioni nomadi portarono con sè una cultura fondata principalmente sulla pastorizia, come dimostra, tra l’altro, la loro alimentazione basata sul consumo di carne e di prodotti caseari. I pastori nomadi si differenziarono in due grossi gruppi: uno, dedito prevalentemente all’agricoltura, prese dimora nel sud-est asiatico (Cina); l’altro, nomade e bellicoso, conquistò i territori posti a settentrione e a occidente. La divisione fra i pastori bellicosi del nord e i pacifici contadini del sud fu tanto profonda da riuscire a superare la prova del tempo. Ancora oggi, infatti, la cucina tipica dell’Asia del sud non contempla l’uso del latte e dei prodotti caseari, considerati cibi “barbari”.
TIPO B: E’ il risultato dell’adattamento a nuove condizioni climatiche.
GRUPPO A: IL VEGETARIANO
Il gruppo sanguigno A, secondo per diffusione, comparve in risposta alle mutate condizioni ambientali. L’agricoltura e l’addomesticamento degli animali furono le caratteristiche salienti della sua cultura. La coltivazione dei cereali e la disponibilità di bestiame diedero un forte impulso all’evoluzione. Non più costretti a vivere alla giornata, gli uomini iniziarono a sviluppare comunità stabili e le prime strutture abitative. Queste popolazioni adottarono uno stile di vita e un’alimentazione totalmente differente, che diedero origine a dei cambiamenti genetici nei sistemi digestivo e immunitario. Questi cambiamenti furono necessari per consentire loro di tollerare e assorbire le sostanze nutritive contenute nei cereali e negli altri prodotti dell’agricoltura. L’abilità necessaria per cacciare in gruppo favorì la nascita di un nuovo tipo di cooperazione. Per la prima volta, il lavoro di un singolo individuo dipendeva dall’attitudine di altri ad assolvere compiti diversi. Il mugnaio, per esempio, aveva bisogno del raccolto del contadino il quale, a sua volta, non avrebbe potuto macinare il grano senza il mugnaio. Ben presto, nessuno pensò al cibo come a fonte immediata di nutrimento. I campi dovevano essere seminati e coltivati in anticipo per assicurare scorte in grado di soddisfare bisogni futuri. La pianificazione delle risorse e il lavoro di gruppo divennero in poco tempo abitudini ben radicate. Ed è curioso osservare come i soggetti appartenenti al gruppo sanguigno di tipo A ancora oggi conservino tratti psicologici che li fanno eccellere nei lavori che richiedono pianificazione e collaborazione. Proprio in quel periodo il gene che codifica per il gruppo sanguigno di tipo A, incominciò a germogliare. La mutazione che segnò il passaggio dal gruppo sanguigno 0 a quello A fu molto rapida: circa quattro volte più veloce delle mutazioni osservabili nella Drosophila (il moscerino della frutta utilizzato per gli esperimenti genetici).
Per quale motivo si è verificata la rapida mutazione che ha dato origine al gruppo sanguigno di tipo A? La risposta è semplice: per favorire la sopravvivenza di coloro che riuscivano ad adattarsi meglio in una società ormai “affollata”. Non a caso, i soggetti con sangue di tipo A erano più resistenti nei confronti di malattie infettive caratteristiche delle comunità densamente popolate. E ancora oggi essi hanno maggiori probabilità, rispetto a persone con sangue di tipo 0, di sopravvivere a epidemie terribili come la peste, il vaiolo e il colera. In conclusione, il passaggio dal gruppo sanguigno 0 a quello A è stato determinato dalla profonda modificazione delle abitudini alimentari e dalle diverse epidemie provocate dall’affollamento.
TIPO A: E’ caratteristico dei primi immigrati, costretti ad adattarsi a un’alimentazione basata sull’agricoltura; le persone di gruppo A sono dotate di una spiccata propensione a lavorare in gruppo, qualità indispensabile per sopravvivere in comunità.
GRUPPO 0: IL CACCIATORE-RACCOGLITORE
È il gruppo sanguigno più antico. I primi uomini che avevano questo gruppo sanguigno erano cacciatori abili e scaltri, capaci di costruire e utilizzare vari strumenti e armi (giavellotti, lance, clave). Queste armi, associate alla sua resistenza fisica, lo mettevano nelle condizioni di non temere la concorrenza del regno animale. La loro alimentazione era prevalentemente a base di carne e le proteine animali erano la loro fonte di energia primaria. In questo periodo si formarono le caratteristiche principali dell’apparato digerente del gruppo sanguigno 0. Questi uomini, inizialmente, trovarono enormi riserve alimentari, che purtroppo, non durarono per molto: il successo nella caccia e l’abbondante alimentazione aumentarono il tasso di crescita della popolazione, e le riserve di caccia divennero insufficienti. Vi furono delle lotte, i più forti difesero il loro territorio, e i più deboli dovettero emigrare. Con le migrazioni, si modificarono le condizioni di vita, trasformando l’uomo cacciatore-carnivoro, in onnivoro, consumando insetti, bacche, noci, radici e piccoli animali. E coloro che si stabilirono vicino alle coste iniziarono ad alimentarsi di pesce. Oggigiorno il “gruppo sanguigno dei carnivori” è quello più diffuso, circa il 38-40 per cento della popolazione mondiale.
TIPO 0: E’ il gruppo sanguigno più antico, quello dei nostri antenati cacciatori. Le persone con sangue di gruppo 0 hanno un sistema immunitario forte e reattivo, in grado di distruggere chiunque, amico o nemico.
LA STORIA DELL’UOMO
In questi ultimi quarant’anni abbiamo imparato ad utilizzare dei segnali biologici, come quelli forniti dai diversi gruppi sanguigni, per tracciare una mappa degli spostamenti e delle aggregazioni dei nostri antenati. Scoprendo come i primi uomini si adattarono alle modificazioni climatiche, ambientali e alimentari, impariamo qualcosa di più su noi stessi. Infatti, sono state proprio esse a favorire la comparsa di nuovi gruppi sanguigni. Le differenze riscontrabili nei diversi gruppi sanguigni sono pertanto la diretta conseguenza della capacità dell’uomo di adattarsi alla mutevolezza dell’ambiente circostante. Nella maggior parte dei casi, questi cambiamenti hanno avuto profonde ripercussioni sui sistemi digestivo e immunitario: un pezzo di carne avariata poteva uccidere; un taglio o un’abrasione poteva infettarsi trasformandosi in una ferita mortale. Tuttavia l’uomo ha resistito. E la storia della sua sopravvivenza è legata alle capacità di adattamento del sistema digestivo e di quello immunitario. È proprio in questi due ambiti che si riscontrano le differenze tra i soggetti appartenenti ai vari gruppi sanguigni. La storia dell’essere umano è contrassegnata dalla lotta per la sopravvivenza, o meglio dalla capacità dell’uomo di adattarsi all’ambiente in cui si è trovato a vivere e alla dieta che è stato costretto a seguire. In altre parole, il reale motore dell’evoluzione è stato il cibo e le migrazioni che si sono susseguite per procacciarselo.
Non è possibile stabilire con esattezza l’inizio della storia dell’evoluzione. I protoantropi, primi umanoidi a noi noti, si pensa che comparvero circa 500.000 anni fa. Forse la preistoria dell’uomo iniziò in Africa. La vita dei nostri antenati era breve, dura e rozza. Si poteva morire per centinaia di motivi diversi: infezioni, malattie parassitarie, aggressione da parte di animali, parto e fratture. Morire giovani era la regola. I primi esseri umani dovevano impegnare una quantità enorme di tempo e risorse per difendersi da un ambiente così ostile. I loro denti, corti e smussati, non erano certo armi adatte per attaccare i nemici. Inoltre, a differenza della maggior parte dei loro antagonisti nell’ambito della catena alimentare, non erano particolarmente veloci e neppure forti e agili. Inizialmente la qualità che li contrassegnava era un’istintiva furbizia, che poi nel tempo si è mutata in pensiero ragionato. Ma avevano qualcosa di molto più importante: mani dotate di dita in grado di poter svolgere un lavoro. I neandertaliani, già evoluti in homo sapiens, probabilmente si nutrivano di piante selvatiche, di larve e delle carogne di animali uccisi dai predatori più abili di loro. Essi, infatti, più che predatori erano prede di molti parassiti e germi. Quando i nostri antenati iniziarono a spostarsi da un luogo all’altro furono costretti ad adattarsi a un’alimentazione diversa. L’ingestione di nuovi cibi modificò radicalmente il sistema digestivo e immunitario. Ciò consentì all’uomo non solo di sopravvivere, ma di prosperare nel nuovo habitat. Questi profondi cambiamenti accompagnano lo sviluppo dei diversi gruppi sanguigni che sembrano fare la loro comparsa in tappe critiche dell’evoluzione:
1. L’ascesa degli esseri umani verso la cima della catena alimentare (l’evoluzione del gruppo sanguigno di tipo 0 ne è l’espressione più completa).
2. Il passaggio da un’alimentazione basata sulla caccia e sulla raccolta di piante selvatiche e radici a un’alimentazione basata su un’agricoltura rudimentale (comparsa del gruppo sanguigno di tipo A).
3. La fusione delle razze e le migrazioni verso altre aree (sviluppo del gruppo sanguigno di tipo B).
4. La mescolanza di gruppi diversi (comparsa del gruppo sanguigno di tipo AB).
Ciascun gruppo sanguigno racchiude in sè il messaggio genetico legato alla dieta e al comportamento dei nostri progenitori. Pur avendo alle nostre spalle un lungo cammino, molte caratteristiche ci legano ancora ai primi uomini che hanno popolato la terra.
IL LAVORO DI DUE VITE
Il gruppo sanguigno è la chiave che svela i misteri sulla salute, la malattia, la longevità e la vitalità fisica ed emozionale. Esso influenza la nostra suscettibilità nei confronti delle malattie, le scelte alimentari e il tipo di attività fisica che dovrebbe essere praticata. Il gruppo sanguigno costituisce un fattore importante, di cui bisogna tener conto quando si valutano il livello energetico individuale, l’efficienza con la quale vengono bruciate le calorie introdotte con l’alimentazione, la risposta emozionale allo stress, e forse anche la personalità. La connessione tra gruppo sanguigno e alimentazione potrebbe sembrare incredibile, ma non lo è. Da tempo ci mancava un qualcosa che permettesse di capire le strade che portano alla salute o alla malattia; il perché di certi individui che riescono a dimagrire seguendo un certo tipo di alimentazione, mentre altre non ne traggono alcun beneficio; perché alcuni arrivano alla vecchiaia conservando una buona forma fisica e mentale, mentre altri non ci riescono. L’analisi dei gruppi sanguigni ha permesso di dare una risposta a tutti questi quesiti. Essi seguono un percorso ininterrotto che parte dalla comparsa dell’uomo sulla terra e arriva fino ai nostri giorni. Sono il marchio che i nostri progenitori hanno lasciato nell’inarrestabile cammino della storia. Lo studio e la comprensione dei gruppi sanguigni rappresenta un’estensione delle recenti scoperte relative al DNA umano. Tutto ciò, fa compiere un passo avanti alla genetica stabilendo che ogni essere umano è assolutamente unico. Non ci sono diete e stili di vita giusti o sbagliati, ma solo scelte corrette o scorrette rispetto al codice genetico individuale.
Il lavoro nel campo dell’analisi dei gruppi sanguigni rappresenta il raggiungimento dell’obiettivo di due vite, quella di James D’Adamo e del figlio Peter J. D’Adamo. James D’Adamo dopo essersi diplomato alla scuola naturopatica nel 1957, ha approfondito i suoi studi in Europa. In queste occasioni notò che alcune persone, pur seguendo scrupolosamente diete strettamente vegetariane e povere di grassi, non riuscivano a trarne sufficienti benefici. Anzi, alcuni sembravano addirittura peggiorare. James D’Adamo, dotato di acuto spirito di osservazione e di grandi capacità deduttive, giunse alla conclusione che dovevano per forza esistere delle “impronte biologiche” utilizzabili per stabilire le diverse necessità nutrizionali dei suoi pazienti. Egli partì da un concetto semplice: dato che il sangue è la principale fonte di nutrimento per i tessuti, è probabile che esso presenti aspetti che possono contribuire a identificare queste differenze. Per dimostrare la fondatezza di questa teoria, iniziò a suddividere i suoi pazienti in base alle caratteristiche del sangue, osservando poi le diverse reazioni che si manifestavano prescrivendo tipi di dieta differenti. Con il passare degli anni e dopo aver esaminato una lunga lista di pazienti, iniziarono ad emergere alcuni aspetti veramente interessanti. Egli notò che i soggetti con gruppo sanguigno di tipo A, sembravano reagire male alle diete ricche di proteine animali che includevano abbondanti porzioni di carne, mentre risultati migliori potevano essere ottenuti utilizzando proteine di origine vegetale come, per esempio, quelle contenute nella soia. In aggiunta, il latte e i latticini tendevano ad aumentare la produzione di muco nelle vie respiratorie e nei seni paranasali. Invitati ad aumentare il proprio livello di attività fisica, i soggetti di tipo A, mal tolleravano lo sforzo aggiuntivo, mentre dichiaravano di sentirsi molto meglio praticando attività leggere come lo yoga. Al contrario, i pazienti con gruppo sanguigno di tipo 0 reagivano ottimamente a una dieta ricca di proteine animali e si sentivano rinvigoriti da un’attività fisica particolarmente intensa, come gli sport aerobici e lo jogging. Con il passare del tempo e la prosecuzione dei suoi studi, James D’Adamo accumulò un numero crescente di conferme a sostegno delle sue teorie dove ognuno segue un sentiero proprio verso il benessere.
Nel 1980 pubblicò i risultati dei suoi studi nel libro intitolato One Man’s Food. In quell’anno il figlio Peter J. D’Adamo stava frequentando il terzo anno di studi naturopatici presso il John Bastyr College di Seattle. Appassionato dagli studi nell’ambito dei gruppi sanguigni condotti dal padre, volle portare sul banco di prova tali teorie per dimostrarne la validità scientifica. L’occasione si presentò nel 1982, durante l’ultimo anno di frequenza, quando per motivi di studio, iniziò ad esaminare le pubblicazioni mediche. Peter J. D’Adamo si pose l’obiettivo di scoprire se esistevano correlazioni tra malattie e gruppi sanguigni AB0 e, in caso positivo, se qualcuna di esse poteva rinforzare le teorie nutrizionali del padre. Dato che il suo libro si basava su intuizioni soggettive non era certo di riuscire a trovare evidenze scientifiche in grado di sostenere la sua ipotesi. Ma i risultati delle sue ricerche furono sbalorditivi. Il primo successo arrivò quando apprese che due delle principali malattie che colpiscono lo stomaco presentavano un’associazione con i gruppi sanguigni. La prima è l’ulcera peptica, condizione spesso legata a un’eccessiva produzione di acido da parte dello stomaco, più frequente nelle persone appartenenti al gruppo 0. Questa scoperta lo eccitò molto, visto che il padre aveva osservato che i suoi pazienti con sangue di tipo 0 si sentivano meglio seguendo una dieta ricca di proteine animali (carne, pesce ecc.), alimenti che per essere digeriti richiedono una buona produzione di acido cloridrico. Il secondo successo fu la scoperta dell’esistenza di una correlazione tra il gruppo sanguigno di tipo A e il cancro dello stomaco. Questa malattia è spesso associata a una scarsa acidità gastrica, alterazione presente anche nell’anemia perniciosa, un altro disturbo più frequentemente riscontrabile nei soggetti di tipo A. L’anemia perniciosa è conseguente a una grave carenza di vitamina B12. Quest’ultima, infatti, può essere assimilata solo se lo stomaco funziona a dovere. Studiando queste correlazioni, Peter J. D’Adamo comprese che appartenere al gruppo sanguigno 0 significava essere esposti a un maggior rischio di sviluppare malattie legate a un’acidità gastrica eccessiva, mentre le persone con emogruppo A erano invece esposte ai disturbi opposti. Aveva finalmente scoperto una base scientifica che sostenesse le osservazioni fatte dal padre. Iniziò così l’interesse per la biologia molecolare e l’antropologia dei gruppi sanguigni negli anni successivi, che lo portarono a postulare quattro semplici chiavi per entrare nei misteri della vita:
1. Il gruppo sanguigno a cui appartenete (0, A, B, AB) è un’impronta genetica che vi distingue dagli altri proprio come fa il DNA contenuto in ognuna delle vostre cellule.
2. Utilizzando le caratteristiche associate al vostro gruppo sanguigno come guida per scegliere l’alimentazione e lo stile di vita più adatti vi sentirete meglio, raggiungerete con maggiore facilità il peso ideale e contribuirete a rallentare i processi di invecchiamento.
3. Tra i vari parametri utilizzati per inquadrare un qualsiasi individuo (razza, cultura, luogo di provenienza), quello che consente un’identificazione migliore è proprio il gruppo sanguigno.
4. La chiave per interpretare il significato dei gruppi sanguigni può essere trovata nella storia dell’evoluzione dell’uomo: il tipo 0 è il più vecchio; il tipo A inizia la sua evoluzione con lo sviluppo dell’agricoltura; il tipo B fa la sua comparsa quando gli uomini cominciano a migrare verso i territori del nord, più freddi e inospitali; il tipo AB, infine, costituisce un fenomeno di adattamento relativamente moderno, il risultato di mescolanze tra gruppi diversi. La storia di questa evoluzione si correla direttamente con i fabbisogni nutrizionali caratteristici di ciascun gruppo sanguigno.