Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Martedì, 05 Dicembre 2017 13:18

VITAMINA D E MORBO DI CROHN.

20-01-2015

Un integratore da banco come la vitamina D può essere utile per il morbo di Crohn? Sembrerebbe di sì, secondo recenti studi che hanno valutato gli effetti della somministrazione di vitamina D nel contrastare questa patologia, che in Italia colpisce almeno 200 mila persone. Numerose evidenze scientifiche, infatti, hanno individuato un’associazione tra carenza di vitamina D e sviluppo del morbo di Crohn.
In uno studio pilota, condotto su pazienti con morbo di Crohn di entità leggero-moderata, si è voluto stabilire il dosaggio necessario di vitamina D per raggiungere il livello sierico ritenuto ottimale (superiore a 40 ng/ml). I partecipanti (n= 18) sono stati valutati secondo la gravità dei sintomi utilizzando il CDAI (indice dell’attività del morbo). La vitamina D è stata inizialmente somministrata a un dosaggio di 1.000 U.I. al giorno per 2 settimane, aumentando progressivamente fino al raggiungimento delle concentrazioni desiderate (40 ng/ml) o fino a raggiungere il dosaggio di 5.000 U.I. al giorno. I partecipanti hanno proseguito l’assunzione per 24 settimane. All’inizio e al termine dello studio sono stati valutati parametri quali qualità della vita, densità minerale ossea, citochine, ormone paratiroideo e altri. 14 dei 18 pazienti ha richiesto il dosaggio massimo di vitamina D di 5.000 U.I. per produrre l’aumento desiderato dei livelli nel siero, migliorando il punteggio relativo alla qualità di vita, lasciando invariati gli altri parametri. In conclusione, in un piccolo studio 24 settimane di assunzione di 5.000 U.I. di vitamina D, ha mostrato di aumentare effettivamente i livelli di vitamina D, riducendo il punteggio di CDAI, suggerendo che il ripristino dei livelli di vitamina D possa essere utile per il controllo di questa patologia.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Yang+L%2C+Weaver+V%2C+Smith+JP%2C+Bingaman+S%2C+Hartman+TJ%2C+Cantorna+MT.

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3636524/

03-05-2015

Diversi studi hanno ipotizzato che i nutrienti solforati, come metionina, acido folico e vitamina B6, possono modificare il rischio di cancro. Alcuni ricercatori hanno riportato un’associazione inversa tra assunzione di folati e rischio di cancro al pancreas in uno studio prospettico che ha preso in considerazione uomini e donne svedesi. In questo nuovo studio, gli stessi ricercatori, hanno valutato se l’assunzione di metionina e vitamina B6 può ridurre l’incidenza di cancro al pancreas. Sono stati presi in esame 81.922 donne e uomini svedesi, di età compresa tra 45-83 anni, che erano liberi dal cancro, a cui è stato fatto compilare un questionario alimentare all’inizio dello studio. Dopo 7 anni, nel corso di un follow up, sono stati diagnosticati 147 casi di cancro al pancreas. Significativamente l’assunzione di metionina nella dieta era inversamente associato al rischio di cancro al pancreas, mentre nessuna associazione significativa è stata osservata per l’assunzione di vitamina B6. I ricercatori hanno concluso che i risultati di questo studio suggeriscono che l'assunzione di metionina può ridurre il rischio di cancro al pancreas, sia negli uomini che nelle donne.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17241865

http://science.naturalnews.com/2007/2600713_Methionine_and_vitamin_B6_intake_and_risk_of_pancreatic_cancer.html

08-07-2016

La somministrazione di triptofano ha ridotto il bisogno di anfetamine in alcuni ratti anfetaminodipendenti: nel corso di un esperimento era stato loro impiantato un catetere giugulare attraverso il quale ogni animale, premendo una piccola leva con la zampa, si iniettava dell'anfetamina, un potente stimolante. Quelli a cui era stato in precedenza somministrato il triptofano premevano la levetta del catetere meno frequentemente. Gli autori di questo studio pensarono in un primo momento che ciò fosse dovuto alle proprietà sedative di questo aminoacido ma, non constatando alcuna alterazione delle loro capacità neuromotorie, scartarono questa ipotesi. Se ne dovette perciò concludere che, agendo sui neurotrasmettitori a livello cerebrale, il triptofano altera la percezione degli effetti di queste sostanze rendendole quindi meno desiderabili o che il triptofano faccia da surrogato.

10-05-2015

Una trentina di anni fa era solo un’intuizione, non c’erano ancora le prove; era il buon senso a parlare. Ora le prove ci sono, eccome, come fa notare anche la nutrizionista americana Margie King. Un gruppo di ricercatori di Taiwan ha analizzato gli effetti della televisione sullo sviluppo dei bambini e ha pubblicato i risultati poche settimane fa. All’Università del Michigan hanno studiato gli effetti dell’esposizione non solo alla televisione, ma anche ai computer, ai videogame e ad altri strumenti della moderna tecnologia. Un altro studio ancora ha concluso che il 10% dei bambini da 0 a 1 anno e il 39% da 1 a 2 anni ha accesso a smartphone, iPod, iPad e altri strumenti elettronici. 
I ricercatori di Taiwan hanno voluto verificare quanto tempo i bambini trascorrevano impegnati a guardare la tv o esposti ai video e che effetti ciò aveva sullo sviluppo. Hanno raccolto i dati di 150 bambini sotto i 3 anni con accesso a tali strumenti, li hanno divisi in 2 gruppi: uno che guardava la tv più di 2 ore al giorno e uno che la guardava meno di 2 ore al giorno. Nel gruppo ad elevata esposizione la media era di 137,2 minuti al giorno. Nell’altro gruppo la media era di 67,4 minuti al giorno. Hanno anche constatato come i bambini che non erano accuditi dai genitori ma da altri (compresi nonni e babysitter) guardavano più televisione. I bambini sono poi stati sottoposti a test standard per valutare le competenze di linguaggio e cognitive, oltre alle abilità sociali. E ancora i riflessi, il movimento, la manipolazione degli oggetti, l’integrazione viso-motoria. 
I risultati hanno dimostrato che i bambini che guardavano più televisione avevano un maggior rischio di ritardo nello sviluppo: il 3,9% di rischio in più di avere ritardi nello sviluppo cognitivo, il 3,3% in più per ritardo nelle competenze che hanno a che fare con il linguaggio e il 3,7% in più di ritardo nello sviluppo motorio. Molti dei bambini coinvolti nello studio guardavano programmi cosiddetti “educational”, ma il problema non è quello che guardano, è semplicemente che guardano la tv. I bambini che passano molto tempo davanti alla televisione ne dedicano meno ad attività che favoriscono lo sviluppo intellettivo, incluso il gioco. Ne dedicano meno anche all’attività fisica che permette di migliorare le capacità motorie.  L’American Academy of Pediatrics raccomanda che i bambini di 2 o più anni non guardino più di 2 ore di tv al giorno e che quelli più piccoli non la guardino affatto.
Troppa televisione è stata anche correlata a:

- Maggior rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
- Maggior rischio di morte per problemi cardiovascolari.
- Violenza e consumo precoce di alcol.
- Modifiche microvascolari nella retina dei bambini.

Poi ci sono l’obesità e l’aumentata tendenza a mangiare spesso e soprattutto snack.

 

http://www.med.umich.edu/yourchild/topics/tv.htm

http://www.greenmedinfo.com/blog/tv-time-cuts-toddler-development

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25544743

15-06-2016

Le aldeidi, i sottoprodotti tossici di alcuni grassi, l'alcol, il fumo, lo smog ecc., potrebbero essere neutralizzati, almeno in parte, dalla cisteina. Un gruppo di ricercatori ha realizzato recentemente un interessante studio: dopo aver osservato che l'acetaldeide estratta dall'alcol risultava letale per il 90% dei topi a cui veniva data, somministrò vitamina C, vitamina B1 e cisteina a un altro gruppo di topi a cui poi furono date le stesse dosi di acetaldeide che si erano rivelate letali per gran parte del primo gruppo: nessuno degli animali trattati con le vitamine e la cisteina morì. Da allora altri studi hanno confermato questi dati. La cisteina è un precursore del glutatione, un tripeptide (costituito da tre aminoacidi) a cui si attribuisce la proprietà di eliminare certe sostanze chimiche tossiche combinandosi con esse e rendendole inoffensive. I topi nutriti con cibi carenti di cisteina e metionina hanno meno enzimi in grado di combattere le sostanze cancerogene.

Martedì, 28 Novembre 2017 18:59

L'OLIO DI PESCE CURA L'ADHD MEGLIO DEL RITALIN.

26-05-2015

Uno studio dell’università di Adelaide in Australia ha scoperto che l’olio di pesce migliora più efficacemente i sintomi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) senza nessuno degli effetti secondari dati da farmaci come il Ritalin e Concerta. Quando l’olio di pesce è stato somministrato giornalmente a 130 bambini affetti da ADHD con un’età fra i 7 e i 12 anni, il comportamento è migliorato drammaticamente entro tre mesi. Inoltre:

• Dopo sette mesi, i bambini non erano agitati mostrando un buon miglioramento scolastico.

• I miglioramenti nella concentrazione e nell’attenzione sono stati del 30%.

• Dopo 15 settimane, il 30-40% dei bambini che hanno assunto olio di pesce hanno avuto miglioramenti.

• Dopo 30 settimane, il 40-50% sono migliorati.

• Quando ai bambini a cui era stato dato un placebo è stato somministrato l’olio di pesce si è cominciato a notare un miglioramento del comportamento.

I miglioramenti sono continuati anche dopo la conclusione dello studio, il che suggerisce che l’olio di pesce possa avere effetti di lunga durata. Quando i ricercatori hanno confrontato i loro risultati con gli studi sul Ritalin e su Concerta come terapia per l’ADHD, hanno trovato che l’olio di pesce era più efficace. E’ risaputo che i farmaci usati per l’ADHD provocano effetti secondari importanti, compreso insonnia, cambiamenti nella personalità, cardiotossicità, infarto, ictus e perfino morte improvvisa. Nel Regno Unito, nove bambini sono morti dopo aver assunto i farmaci.

COMMENTO

Perchè curare milioni di bambini affetti da ADHD con farmaci più potenti della cocaina quando un semplice cambiamento alimentare è molto più efficace? La risposta è semplicemente una parola: soldi. Negli Stati Uniti circa il 5-10 per cento dei bambini in età scolare sono diagnosticati come ADHD. Se le società multinazionali farmaceutiche avessero il via libera, ognuno di questi bambini dovrebbe prendere farmaci in modo da raccogliere miliardi di profitti. Se questi farmaci fossero sicuri potrebbe esserci una giustificazione, ma il Ritalin è più potente di un altro stimolante, la cocaina. Usando il brain imaging, gli scienziati hanno trovato che il Ritalin occupa la maggior parte dei trasportatori neurali utilizzati dalla cocaina iniettata o fumata.
Lo studio conferma le osservazioni che da sempre sono state fatte in relazione al legame fra la patologie e le scarse abitudini alimentari di questi bambini. Come si può pensare che un bambino abbia un comportamento normale se si alimenta con cereali raffinati, zucchero, alimenti industriali pieni di sostanze chimiche, succhi e bibite anziché acqua pura? Aggiungiamo a questo un 90 per cento in meno delle verdure necessarie, una sovrabbondanza di grassi omega-6 e una carenza di grassi omega-3. Se amate cucinare riconoscerete immediatamente che questo è un menù disastroso. Semplicemente non si può pensare che in un bambino il cervello funzioni perfettamente se non si danno i nutrienti necessari a ottimizzare la sua funzionalità. Per ottenere uno sviluppo e un funzionamento fisiologico ideale del sistema nervoso bisogna mettere in pratica alcune regole di base come:

- Eliminare cereali e zuccheri dalla dieta.

- Aumentare il consumo di acidi grassi omega-3.

- Minimizzare l’uso di quasi tutti gli oli vegetali che sono ricchi in grassi omega-6, che alterano il rapporto omega-6:3 tanto importante.

- Eliminare tutti i succhi industriali e bevande tipo soda, latte pastorizzato e sostituirle con acqua pura.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-391503/Fish-oil-calms-children-better-Ritalin.html

12-01-2015

E’ chiamata la vitamina del sole, perché questo è uno dei modi più naturali per poterla assorbire e sintetizzare. Certo, esistono anche gli integratori, ma il modo migliore per ottenere degli adeguati livelli di vitamina D restano sempre gli alimenti e, appunto, il sole. Che la vitamina D sia importante per tutta una serie di processi organici all’interno del nostro corpo ormai è risaputo. Ma forse ancora non sapevamo che una carenza di questa vitamina aumenta di molto il rischio di essere vittime di un ictus. L’avvertimento arriva da un nuovo studio condotto dai ricercatori del Yashoda Hospitals (India) e del Nizam Institute of Medical Sciences (NIMS), che hanno seguito circa 250 pazienti per un periodo di due anni, scoprendo che quasi la metà di loro soffriva di carenza di vitamina D, così come erano prevalenti altri fattori di rischio e comportamenti a rischio legati all’ictus. «La vitamina D viene sempre più associata a una serie di disturbi tra cui le malattie cardiovascolari – spiega il dottor Jaydip Ray Choudhari, neurologo e principale autore dello studio – Il nostro studio dimostra che, oltre ad altri disturbi, la vitamina D è associata anche con l’ictus». Ecco pertanto come sia importante assicurarsi adeguati livelli di vitamina D nel proprio organismo, non dunque soltanto perché è fondamentale per la salute delle ossa e in generale, ma anche perché c’è il rischio di avere un ictus.

 

http://www.thehindu.com/news/cities/Hyderabad/vitamin-d-deficiency-also-causes-strokes/article6054313.ece

http://www.ibtimes.co.in/vitamin-d-deficiency-has-major-role-brain-strokes-study-601122

23-04-2015

Il selenio è un micronutriente essenziale per la salute umana, presente in alimenti come noci del Brasile, crostacei, carni rosse e frattaglie. Secondo il National Institutes of Health, il selenio svolge un ruolo nella riproduzione, metabolismo degli ormoni tiroidei e sintesi del DNA e ha benefici di protezione contro il danno ossidativo e infezioni. Bassi livelli di selenio sono stati associati ad un aumentato rischio di una scarsa funzione immunitaria e declino cognitivo. L’assunzione di selenio varia da una regione all’altra a causa delle variazioni di selenio nel suolo dove vengono coltivati gli alimenti. Gli europei occidentali, per esempio, hanno un livello di selenio medio di circa 80 mcg/l, inferiore ai 110-170 mcg/l riportati nei Nord Americani. Secondo la Food and Nutrition Board, la dose giornaliera raccomandata di selenio per le persone di età superiore ai 14 anni è di circa 55 mcg. Per indagare come queste variazioni di assunzione di selenio influenzano il rischio di cancro del colon-retto, il team di ricerca, guidato congiuntamente dall’Università di Newcastle nel Regno Unito e il Royal College of Surgeons in Irlanda, ha analizzato campioni di sangue e studiato informazioni dietetiche e stile di vita di più di 520.000 partecipanti, in 10 paesi dell’Europa occidentale. I ricercatori hanno scoperto che livelli più elevati di selenio, sono significativamente associati a un minor rischio di cancro del colon-retto. Il Prof. John Hesketh, della Newcastle University, sostiene che esistono contrastanti ipotesi sui livelli di selenio, secondo cui alti livelli di selenio possono essere collegati a effetti avversi. Ad esempio, uno studio del 2012 pubblicato in The Lancet, ha rilevato che, mentre le persone con bassi livelli di selenio nel sangue possono beneficiare di supplementi di selenio, se un individuo ha già adeguati livelli di selenio nel sangue, l’assunzione di integratori di selenio potrebbero aumentare il suo rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Il Prof. Hesketh dice: ”I nostri risultati sostengono il ruolo del selenio nella prevenzione del cancro del colon-retto, ma esso deve essere integrato con cautela a causa dei suoi potenziali effetti tossici. Il nostro studio mostra un possibile legame tra alti livelli di selenio e una diminuzione del rischio di cancro del colon-retto e suggerisce che aumentare l’assunzione di selenio può ridurre il rischio di questa malattia“.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25042282

03-05-2015

Lo avevano già definito una “manna” per il trattamento della demenza senile. Oggi, sono sempre più chiari i meccanismi attraverso i quali il resveratrolo è in grado di esercitare un’importante azione neuroprotettiva sul cervello che invecchia e che, in quanto tale, è esposto al rischio di invalidanti malattie neurodegenerative, demenza di tipo Alzheimer in primis. “Neurochemistry International” pubblica le ricerche di un gruppo di neurologi della Cornell University (New York) che ha dimostrato come la supplementazione dietetica di resveratrolo a topi affetti da malattia di Alzheimer riduca la formazione degli accumuli di proteina beta-amiloide in specifiche aree del cervello. L’analisi immunoistochimica del tessuto cerebrale dei topi nutriti per 45 giorni con dosi quotidiane di resveratrolo evidenziava, infatti, una riduzione delle placche di amiloide rispetto ai topi di controllo. Non solo, ma la limitata formazione di questi accumuli risultava particolarmente significativa in determinate zone (ipotalamo, nucleo striato e corteccia prefrontale), direttamente coinvolte nei processi di memoria ed apprendimento. Si tratta di risultati che, a detta degli stessi autori, supportano l’importante concetto che gli strumenti per controllare e ritardare la neurodegenerazione senile oggi ci sono. Uno di questi è proprio la somministrazione di sostanze naturali, come il resveratrolo, dotate di molteplici attività neuroprotettive, prima tra tutte la capacità di proteggere il cervello dai danni derivanti dall’accumulo tossico dei radicali liberi e della proteina beta-amiloide.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19041676

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2892907/

Martedì, 28 Novembre 2017 17:56

I BROCCOLI SALVAGUARDANO I POLMONI.

20-12-2014

Mangiare broccoli regolarmente potrebbe giovare a chi soffre di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Lo suggerisce una ricerca condotta presso la Johns Hopkins Medical School e pubblicata sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. Il merito dell'effetto benefico dei broccoli e più in generale delle verdure della famiglia delle crocifere sarebbe da attribuire al sulforafano, un composto presente in abbondanza in questi vegetali. Lo studio statunitense segnala che il sulforafano aumenta l'attività del gene-spazzino NRF2 nelle cellule polmonari di pazienti fumatori con BPCO. Almeno in provetta, dunque, il sulforafano riuscirebbe a neutralizzare le tossine coinvolte in questa patologia respiratoria. Studiando cellule di pazienti con BPCO in fase avanzata e fumatori, gli autori della ricerca hanno in pratica visto che l’attività del gene NRF2 è notevolmente ridotta. Ma esponendo le cellule intossicate dal fumo al sulforafano si riusciva a “riaccendere” il gene-spazzino, riportando la sua attività a livelli normali.
«Studi futuri – osserva Shyam Biswal, coordinatore della ricerca - dovrebbero considerare il gene NRF come bersaglio per una nuova strategia terapeutica, con l'obiettivo di potenziare i meccanismi protettivi antiossidanti nei polmoni». E composti antiossidanti come il sulforafano potrebbero rappresentare una buona base per questo genere di ricerche, grazie alla loro capacità di modificare gli equilibri tra le reazioni di ossidazione e riduzione all'interno della cellula, che sono spesso responsabili della formazione di radicali liberi. Come ben noto, quest'ultimi sono come delle “mine vaganti” e possono modificare gli equilibri metabolici delle cellule fino a comprometterne il funzionamento». Per quanto riguarda broccoli e verdure affini nello specifico non è neanche la prima volta che ne vengono evidenziate le proprietà benefiche. Secondo osservazioni precedenti, tra le principali proprietà di questi ortaggi vi sono quelle di prevenire il cancro al colon, ridurre il rischio di cataratta e proteggere dall'ictus. Senza dimenticare che i broccoli hanno un elevato valore nutritivo poiché contengono calcio, vitamina C, vitamina A e fibre in elevata quantità. Insomma tutte buoni ragioni per non farli mancare a tavola.

 

http://consumer.healthday.com/vitamins-and-nutritional-information-27/antioxidants-news-32/broccoli-compound-may-help-copd-patients-619326.html

http://www.medpagetoday.com/pulmonology/smokingcopd/10945

http://www.science20.com/news_releases/broccoli_may_help_with_lung_diseases

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