Angelo Ortisi
L'INDUSTRIA DELLO ZUCCHERO HA PAGATO GLI SCIENZIATI PER OMETTERE I PERICOLI PER LA SALUTE.
03-10-2016
Le multinazionali americane hanno pagato gli scienziati per sostenere che lo zucchero fa bene e hanno avuto il predominio sulle informazioni nutrizionali in circolazione negli USA e non solo negli ultimi 60 anni. Vi avevo già parlato in passato delle bugie delle multinazionali sullo zucchero, ma ora ecco una nuova ricerca appena pubblicata sulla rivista scientifica Jama International Medicine che riaccende i riflettori sull’argomento. L’industria dello zucchero negli USA ha lavorato fianco a fianco con gli scienziati tra gli anni Cinquanta e Sessanta per sminuire il ruolo del saccarosio - cioè del comune zucchero bianco - come causa di problemi cardiaci e coronarici e di altre malattie. Lo sostengono i ricercatori della California University San Francisco che si sono occupati del nuovo studio. La Sugar Research Foundation avrebbe contribuito a indirizzare l’attenzione dei cittadini USA verso i grassi e il colesterolo come maggiori problemi per la dieta e la salute, distogliendoli dalle conseguenze negative dello zucchero, con il preciso intento di incrementare il consumo di saccarosio. La Sugar Research Foundation, secondo i ricercatori californiani, pagò l’equivalente degli attuali 50 mila dollari affinché il mondo scientifico promuovesse una dieta ‘light’ e ‘low-fat’ mettendo in guardia dai grassi e dal colesterolo ma senza fare riferimento allo zucchero come possibile causa di problemi per la salute. Quando le relative ricerche scientifiche furono pubblicate nel 1967 questo cospicuo finanziamento da parte della Sugar Research Foundation non venne reso noto e il pubblico ne rimase all’oscuro.
Secondo Cristian Kearns, autore del nuovo studio, quella pubblicazione degli anni Sessanta contribuì ad influenzare sia l’opinione pubblica che la comunità scientifica facendo capire che le cause delle malattie cardiache fossero da ricercare solo nei grassi e nel colesterolo, non nello zucchero e nei dolci. I ricercatori hanno analizzato oltre 340 documenti sul rapporto tra il mondo scientifico e l’industria dello zucchero e sono giunti proprio a questa conclusione. La Sugar Research Foundation avrebbe inoltre sminuito il ruolo dello zucchero per quanto riguarda i rischi per i denti, a partire dalla carie. Negli USA si è presto diffusa la tendenza a consigliare una dieta low-fat, a basso contenuto di grassi, in cui però il consumo di zucchero era permesso senza problemi. Non possiamo stupirci del fatto che diabete e obesità negli Stati Uniti, e non solo, stiano diventando una vera e propria epidemia. Secondo l’Obesity Society i cittadini USA oggi consumano il 30% di zucchero in più al giorno rispetto a trent’anni fa. I bambini in particolare ora consumano il triplo dello zucchero consentito. Ora Health Food America si chiede quante vite avrebbero potuto essere salvate e quanto denaro sarebbe stato risparmiato nell’ambito della sanità se il mondo scientifico avesse pensato alla salute dei cittadini e non ad appoggiare l’industria dello zucchero. Se possibile, dunque, meglio iniziare a ridurre il consumo di zucchero raffinato e di cibi confezionati con zuccheri aggiunti, passo dopo passo.
http://archinte.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=2548255
http://uk.businessinsider.com/the-sugar-papers-released-2015-3?r=US&IR=T
http://www.obesity.org/news/press-releases/us-adult
http://uk.businessinsider.com/sugar-industry-paid-for-nutritional-research-2016-9?r=US&IR=T
ATTENZIONE SE FATE TORTE O LIQUORI: LA MAGGIOR PARTE DELLE BUCCE DEGLI AGRUMI NON E' COMMESTIBILE.
03-10-2016
Torte al cioccolato, torte di ricotta, ma anche crostate e ciambelle spesso arricchite da un aromatico ingrediente “segreto”: la buccia di un’arancia o di un limone grattugiata. Tutti i giorni nelle nostre cucine tonnellate di ingredienti provenienti dalla nostra spesa vengono “trasformati” in prelibate pietanze da casalinghe spesso ignare di ciò che servono realmente all’appetito dei loro commensali. Potrebbe essere questo il caso delle bucce degli agrumi utilizzate in cucina per aromatizzare dolci e crostate o per fabbricare in casa dei liquori dal sapore antico e genuino. Ma quanti di questi agrumi hanno bucce veramente commestibili? E come può il consumatore finale evitare di portare nelle proprie dispense cibi non del tutto adatti ad un impiego “puramente” alimentare? Cerchiamo di dare qualche semplice informazione in merito. Gli agrumi, in particolare quelli di derivazione non biologica, sono comunemente trattati con additivi e sostanze, per lo più tossiche alle alte concentrazioni, che evitano la formazione di muffe o danno ai frutti un aspetto più scintillante e lucido. Come spiega l’agronomo Corrado Vigo nel suo blogVigopensiero: «gli agrumi italiani sono trattati, dopo la raccolta, con cere per dare lucentezza ai frutti. Secondo la legislazione nazionale, il confezionatore deve indicare in etichetta se e quale tipo di cera ha usato per le arance (diciture che la norma non prevede per gli altri frutti). L’Europa non la pensa così, per cui i confezionatori degli altri Paesi possono utilizzare cere e prodotti fungicidi non autorizzati in Italia, ed esportare da noi i frutti confezionati e trattati con questi additivi. È un paradosso, ma è così. In etichetta compare la dicitura “buccia non commestibile” quando gli agrumi sono trattati con additivi ammessi dalla legislazione nazionale. Se però si usa cera d’api per lucidare la parte esterna allora la scritta non compare. Mi preoccuperei più per la frutta estiva che si mangia con la buccia. Nel caso degli agrumi, c’è tutto il tempo necessario affinché i fitofarmaci irrorati siano degradati dal sole (alcuni sono fotolabili), dalla temperatura, dalla pioggia, e non ultimo dalle piante stesse che ne elaborano le sostanze e le smaltiscono con gli essudati radicali. Gli agrumi, insieme alle angurie, sono i frutti di cui non ci si può fidare di più, ma i consumatori non sempre lo sanno».
L’additivo E231 (ortofenilfenolo) per essere usato in Italia necessita dell’autorizzazione del Ministero della Salute non essendo stato registrato in Italia, chi non lo fa incorre in sanzioni e quindi è poco utilizzato dagli operatori italiani. In Europa invece la legge comunitaria consente di utilizzarlo come emerge dalla risposta ad un’interrogazione scritta del deputato francese Rareş-Lucian Niculescu (del PPE). I derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232, E233) sono dotati di una certa tossicità, infatti sono proibiti in Australia. Vengono diffusamente utilizzati per il trattamento superficiale degli agrumi e delle banane. Questo significa che le bucce dei prodotti di importazione possono essere state trattate con questi additivi. In alcuni supermercati italiani è possibile trovare agrumi con l’indicazione “buccia non edibile” questo perché tra gli agenti di rivestimento dei limoni ci sono E904, E200 e Imazalil. Insomma , a quanto pare, per un uso alimentare a 360 gradi della frutta o degli agrumi che acquistiamo e per utilizzare le bucce in dolci e liquori, dovremmo rifornirci unicamente da un agricoltore di fiducia, o da produttori bio, o comunque fare attenzione che sull’etichetta del prodotto sia specificato che la buccia è edibile. Ma per tutti coloro che acquistano la frutta sfusa? Dov’è l’etichetta che elenca gli additivi utilizzati delle arance o dei limoni che vorrei utilizzare per un dolce o per fare un liquore? A quanto pare non è prevista. Quindi per chi acquista gli agrumi da piccoli rivenditori, o aziende agricole di periferia, giro il consiglio “empirico” che io stesso ho ricevuto da un venditore, ossia, visto che la legge non prevede una specifica etichettatura dei prodotti venduti sfusi, possiamo cercare di capire che le arance o i limoni che compriamo non siano stati trattati con cere qualora essi abbiano ancora le foglie attaccate al frutto oppure osservandoli attentamente controluce: in questo modo potremo provare ad escludere a vista d’occhio, la presenza di cere. Ma per capire se siano stati utilizzati additivi non disponiamo di mezzi efficaci. Emerge l’esigenza di richiedere un miglioramento della legge obbligando la scrittura della dicitura buccia non edibile o buccia edibile e degli additivi utilizzati anche sul cartellino dei banchi della frutta e non solo per la frutta confezionata. Siete d’accordo?
Ecco la lista di alcuni degli additivi più usati:
- Tiabendazolo (E233). E’ principalmente usato per contrastare muffe, avvizzimenti ed altre malattie fungine in frutta (in particolare nelle arance) e verdura. Trova impiego come conservante alimentare sotto la denominazione E233. Ad esempio, è applicato alla buccia delle banane per preservarne la freschezza ed è un comune ingrediente delle cere collocate sulla scorza degli agrumi. È altresì presente nelle soluzioni acquose nelle quali tali frutti vengono immersi. A causa della sua lieve tossicità, il suo uso come additivo è stato vietato in Unione Europea, negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda. La dose giornaliera accettabile del tiabendazolo è di 0,1-0,3 milligrammi per ogni chilogrammo di massa corporea. In alte dosi, il composto appare fortemente tossico, causando consistenti disordini al fegato e all’intestino. Nelle cavie esposte ad alte quantità di tiabendazolo sono stati inoltre rilevati disordini riproduttivi e riduzione del peso dei piccoli al momento dello svezzamento. Gli effetti collaterali sull’uomo includono nausea, vomito, perdita di appetito, diarrea, vertigini, sonnolenza, mal di testa o, più raramente, anche ronzio alle orecchie, disturbi visivi, mal di stomaco, ingiallimento delle pelle e dell’urina, febbre, affaticamento, aumento della sete e aumento o riduzione dell’urina prodotta. Non ne sono stati rilevati effetti cancerogeni o mutageni.
- Bifenile o Difenile (E230). Il difenile è un composto aromatico di origine sintetica utilizzato nell’industria alimentare come conservante, principalmente per il trattamento antimuffa della buccia degli agrumi, e per il materiale usato per l’imballaggio degli stessi; nel contempo, permette di prolungare anche di molto la shelf-life degli agrumi, ossia la “vita degli articoli da banco”, il periodo durante il quale un qualsiasi prodotto può essere tenuto presso un punto vendita al dettaglio, senza che vengano alterate le sue qualità e senza dover ricorrere a particolari accorgimenti che ne prolunghino la conservazione. Quando si legge la scritta: “agrumi non trattati” si riferisce proprio all’assenza di questo Bifenile. È consigliato infatti consumare questo tipo di agrumi (soprattutto se si fa uso, per una qualsiasi preparazione culinaria della scorza); nel caso si consumassero quelli “trattati”, è buona norma lavarsi accuratamente le mani dopo averli sbucciati e prima di consumare la polpa. Nonostante tutte le accortezze, una piccola parte del conservante può ugualmente penetrare all’interno del frutto, ma ciò non dovrebbe creare alcun problema al consumatore. La letteratura riporta che i lavoratori impiegati nel campo delle spedizioni di agrumi (per nave o per camion), esposti quindi per lunghi periodi a questo conservante, hanno presentato una certa sensibilità al difenile, lamentando reazioni allergiche, nausea, vomito, irritazioni agli occhi e alle mucose nasali. A parte questo, non vi sono effetti collaterali significativi, anche perché il difenile è un composto che viene escreto dai reni in forma inalterata. È stato proibito in Australia.
- Gommalacca (E904). La gommalacca è un polimero naturale ed ha una composizione chimica simile a quella dei polimeri sintetici, ed è quindi considerata una plastica naturale. E’ ottenuto dalla secrezione di un insetto, la Kerria Lacca, che cresce nelle foreste tailandesi. Per ottenere 333 g di gommalacca occorrono migliaia di insetti. Questo additivo alimentare, un tempo usato per produrre i dischi per il grammofono, è impiegato anche come agente lucidante di pillole e caramelle oltre che per lucidare i mobili. Può essere modellata a caldo, per cui è classificata come termoplastica. Essendo commestibile, la gommalacca è stata usata come agente lucidante per pillole e caramelle. A questo fine, è classificata come additivo alimentare con il numero E904 e viene ancora usata come rivestimento della frutta per impedirne il deperimento dopo la raccolta. Altroconsumo segnala che è un additivo suscettibile d’indurre allergie o reazioni di ipersensibilità.
- Imazalil Fungicida sistemico imidazolico. E’ utilizzato su una vasta gamma di colture. In condizioni normali non induce resistenza come altri fungicidi. Intossicazioni acute provocano negli animali mancata coordinazione muscolare, abbassamento della pressione arteriosa e vomito. Non presenta effetti da esposizione cronica, non da problemi riproduttivi, non sembra essere né mutageno, né teratogeno, né cancerogeno. Gli organi bersaglio sono il sistema nervoso e il fegato. Generalmente non tossico per gli uccelli lo è invece in maniera moderata per pesci e organismi acquatici. Ha un’alta persistenza nel suolo con emivita da 120 a 190 giorni. Fortemente legato al terreno non si diffonde nelle falde acquifere. Persistente a lungo sui frutti raccolti. Si ferma prevalentemente sulla buccia, ma si può trovare anche nella polpa sebbene in quantità molto limitate.
- E200 - Acido Sorbico. L’acido sorbico è un conservante di origine naturale, che può essere prodotto per via sintetica. Presenta una tossicità molto bassa: questo sia perché viene utilizzato in dosi ridotte (0,2 mg/Kg), sia perché la sua DL50 (dose letale) è oltre i 5g/Kg. Pertanto, essendo impiegato in dosi così limitate, e avendo una dose letale così alta pro Kg, E’ un conservante che si può ritenere sicuro. Poche persone, infatti, manifestano reazioni allergiche all’acido sorbico. Spesso l’acido sorbico è presente, come inibitore di lieviti e muffe, in preparati per crema pasticcera, nei formaggi non stagionati, nel pane a fette, nel pane di segale, nella pasta di olive, nelle bibite, nei ripieni delle paste fresche, nei preparati per gnocchi freschi, nella polenta pronta, nella frutta, nelle margarine. Nonostante l’acido sorbico presenti una dose letale molto alta, è necessario fare una piccola riflessione: essendo un conservante molto utilizzato è possibile (anche se avviene raramente), che nell’arco della giornata si consumino così tanti alimenti contenenti E200 da arrivare a consumare dosi vicine a quella tossica; per questo motivo è consigliato controllare con attenzione le varie etichette per evitare che si verifichi ciò. Se si dovesse raggiungere la dose tossica, si pensa che questo conservante possa presentare rischi per la salute, perché può alterare i sistemi enzimatici del corpo umano.
A questo punto la domanda viene spontanea…ma gli spicchi di arancio e limone che nei locali mettono nel tè o nei liquori secondo voi non sono trattati?
7 FATTORI NOCIVI PER IL SISTEMA IMMUNITARIO.
03-10-2016
1. ATTIVITA’ FISICA ECCESSIVA
Lo svolgimento regolare di un’attività fisica è indispensabile per mantenersi in salute e può aiutare il sistema immunitario determinando un temporaneo aumento dei globuli bianchi e una minore incidenza delle infezioni comuni. Un esercizio fisico eccessivo (cioè tale da raggiungere la spossatezza e la soglia del dolore due o più volte alla settimana), invece, inibisce il sistema immunitario e aumenta il rischio di infezione. Gli sforzi molto intensi, infatti, abbassano temporaneamente le difese immunitarie creando una finestra di alcune ore in cui gli agenti patogeni hanno la possibilità di penetrare nell’organismo. In questo lasso di tempo chi fa un’attività così intensa dovrebbe evitare il contatto con portatori di infezioni. In uno studio recente su 2.300 maratoneti l’incidenza delle affezioni delle alte vie respiratorie è risultata superiore al normale durante gli allenamenti e dopo la maratona stessa. I ricercatori hanno scoperto che gli atleti che si allenavano correndo più di 90 chilometri alla settimana erano più soggetti a queste patologie respiratorie di quelli che facevano meno di 30 chilometri alla settimana. Hanno riscontrato inoltre che nella settimana dopo la maratona l’incidenza delle infezioni delle alte vie respiratorie tra coloro che avevano completato tutto il percorso era fino a sei volte più alta che tra coloro che si erano allenati e si erano iscritti alla gara, ma non vi avevano partecipato. Un’attività fisica intensa sembra danneggiare il sistema immunitario attraverso la produzione di alti livelli di radicali liberi. Tutto ciò si può ampiamente prevenire tramite un apporto di grandi quantità di antiossidanti, specialmente di vitamina E.
2. STRESS
Lo stress è il peggior nemico del sistema immunitario. Molte ricerche hanno chiaramente dimostrato che la patologia indotta dallo stress è un fenomeno reale e che lo stress è causa di molte malattie. Lo stress assume diverse forme, per esempio gli esami, la mancanza di sonno, il divorzio, il fatto di doversi prendere cura di famigliari gravemente ammalati o di litigare con il partner. Il livello di immunosoppressione che ne consegue di solito è proporzionale al livello di stress. Non è solo lo stress in sé a provocare il problema, tuttavia, bensì il modo in cui ciascuno di noi vi reagisce. Il livello di stress cui siamo sottoposti è dato dalla somma degli stimoli stressanti che riceviamo e della maniera in cui reagiamo. Le variazioni personali della risposta allo stress spiegano la grande varietà delle malattie che esso induce. Di base, lo stress stimola il sistema nervoso simpatico, cioè la parte del sistema nervoso che determina la risposta di difesa o di fuga, ma sembra che inibisca anche il sistema nervoso parasimpatico, ovvero la parte responsabile delle funzioni corporee durante il riposo, il rilassamento, la visualizzazione, la meditazione e il sonno. Chiaramente il sistema immunitario funziona bene quando il sistema parasimpatico è in piena attività, mentre quando il corpo è impegnato nella reazione di difesa o di fuga le aggressioni dei microrganismi esterni non possono avere la priorità. Normalmente il sistema simpatico e quello parasimpatico si compensano tra loro, ma in situazioni di stress protratto l’equilibrio si altera e il sistema immunitario ne viene a soffrire. La maggiore attivazione del sistema simpatico provoca una maggiore secrezione di ormoni surrenali, specialmente corticosteroidi e catecolamine, che inibiscono la funzione dei globuli bianchi, diminuiscono la produzione di linfociti e causano una contrazione del volume del timo, la ghiandola fondamentale del sistema immunitario. Ne risulta un significativo abbassamento delle difese immunitarie. Solo recentemente alcuni ricercatori hanno scoperto che le cellule T e B sono provviste di recettori per gli ormoni dello stress, il che contribuisce a spiegare perché il sistema immunitario è così sensibile allo stress. L’immunodepressione causata dallo stress ci rende vulnerabili alle infezioni e permette alle cellule tumorali di sfuggire al controllo del sistema immunitario. In generale il grado di immunodepressione è proporzionale al livello di stress. In alcuni studi sulle scimmie, lo stress sembra addirittura avere accelerato la distruzione e l’invecchiamento delle cellule cerebrali.
La maggior parte delle persone associa lo stress al comportamento di tipo A (istintivo, aggressivo, ostile, con tendenze perfezionistiche), ma anche la depressione è una forma di stress che può inibire il sistema immunitario. Per valutare l’impatto di un lutto in famiglia, alcuni ricercatori hanno esaminato 21 vedove di mezza età che avevano perso il marito solo 2 mesi prima dell’inizio dello studio e per 13 mesi le hanno confrontate, a intervalli di 6 mesi, con 21 donne sposate. Le vedove con tutte le caratteristiche della depressione grave presentavano anche alterazioni della funzione immunitaria sotto forma di ridotta attività delle cellule natural killer e minore reattività linfocitaria. Tale risultato suggerisce l’esistenza di una correlazione tra alterazione della funzione immunitaria e depressione nelle donne sottoposte allo stress emotivo di un lutto recente. Anche l’ansia sembra avere un effetto negativo sul sistema immunitario. Un gruppo di ricercatori ha studiato il sistema immunitario in persone che si prendevano cura di familiari affetti dal morbo di Alzheimer. L’immunodepressione provocata da questo stress persiste fino a due anni dopo il decesso dell’ammalato. In coloro che accudivano o avevano accudito un odi questi ammalati è stata osservata una notevole diminuzione dell’attività delle cellule natural killer e del numero di cellule T rispetto ai controlli. Fortunatamente, questi effetti son reversibili. In un altro studio son ostati divisi in due gruppi vari pazienti operati di tumore; un gruppo è stato sottoposto a 90 minuti di psicoterapia alla settimana per sei mesi, mentre l’altro non ha ricevuto nessun tipo di aiuto psicologico strutturato. Durante le sedute di psicoterapia ai pazienti venivano date spiegazioni sul tumore, si discutevano le loro paure, si insegnavano tecniche per controllare lo stress e per reagire alle difficoltà e si cercava di stimolare la collaborazione tra pazienti e personale medico e paramedico. Dopo sei mesi, il gruppo sottoposto a psicoterapia aveva un maggior numero di cellule natural killer e di linfociti in grado di distruggere le cellule tumorali. Nei sei anni successivi tutto questo si è tradotto in risultati molto importanti: il gruppo sottoposto alla psicoterapia ha fatto registrare il 50% di recidive in meno e una mortalità molto più bassa rispetto al gruppo non trattato.
3. RIPOSO INSUFFICIENTE
Le ricerche sullo stress sottolineano l’importanza di riposare a sufficienza ed evitare le attività stressanti quando il sistema immunitario è impegnato, cosa che nell’epoca moderna sembra succedere sette giorni su sette. Basta perdere poche ore di sonno una notte per alterare la funzione immunitaria. In un esperimento in proposito 23 uomini sani di età compresa tra 22 e 61 anni sono stati fatti dormire 4 ore meno del solito per una notte. Il giorno dopo l’attività delle cellule natural killer era diminuita addirittura del 30%. Fortunatamente con una notte di buon sonno i valori sono tornati normali.
4. OBESITA’ E ANOMALIE LIPIDICHE
L’obesità è associata a una scarsa funzionalità del sistema immunitario, come dimostrato dalla ridotta attività battericida dei neutrofili e dalla maggiore incidenza di malattie e mortalità da infezioni tra gli obesi. Tale alterazione della risposta immunitaria va forse attribuita al livello di colesterolo e di lipidi, che di solito è molto elevato in questi soggetti. L’alto livello di colesterolo, di acidi grassi liberi, di trigliceridi e di acidi biliari inibisce varie funzioni immunitarie, tra cui la capacità dei linfociti di proliferare e produrre anticorpi e quella dei neutrofili di migrare verso aree infette e inglobare e distruggere i microrganismi responsabili.
5. CANDIDA
Normalmente l’apparato intestinale ospita piccole quantità di lieviti, ma in seguito all’uso eccessivo di antibiotici ad ampio spettro, corticosteroidi, anticoncezionali orali e al consumo di carboidrati semplici (zucchero) è ormai molto frequente che questi lieviti si moltiplichino oltre misura. La proliferazione della candida intestinale provoca molti problemi, non ultima l’immunodepressione. Proliferando, i lieviti penetrano nella mucosa intestinale e causano piccole lesioni che danno luogo alla sindrome da eccessiva permeabilità intestinale, caratterizzata da un aumento dell’assorbimento di tossine intestinali e allergeni alimentari con effetto immunosoppressore. A questo si somma l’immunosoppressione provocata direttamente dagli immunocomplessi formati dai lieviti. La proliferazione della candida è una conseguenza fin troppo comune della somministrazione di antibiotici ai pazienti ricoverati in ospedale. Da uno studio condotto su 55 pazienti ricoverati in un reparto di traumatologia è emerso che a tutti, durante la degenza, erano stati somministrati antibiotici ad ampio spettro. Nel 67% dei casi si è avuto un aumento del livello di antigene della candida nel sangue, a indicare che la candida si stava moltiplicando nell’intestino (e nella vagina delle donne). I ricercatori hanno notato inoltre che i globuli bianchi dei pazienti con l’antigene in questione erano meno attivi contro la Candida albicans di quelli dei pazienti senza l’antigene. In altre parole, quando a un paziente vengono somministrati gli antibiotici, il livello di candida intestinale aumenta a tal punto da danneggiare l’intestino stesso, fino a che la candida passa nel sangue e inibisce il sistema immunitario.
6. ECCESSIVO APPORTO DI OLI DI PESCE
Alcuni credono che se una cosa è naturale, se per esempio è un’erba o una vitamina, non può che fare bene e più se ne usa meglio è. Purtroppo la realtà non è così semplice. Gli integratori sono abbastanza sicuri, ma il rischio di abusarne esiste. Ne è un esempio l’olio di pesce che, nonostante aiuti a controllare le infiammazioni, in alte dosi può inibire il sistema immunitario. In uno studio a 12 volontari sani son ostati somministrati 5,4 g al giorno di acido eicosapentenoico (EPA) oppure 3,2 g di acido docoesaenoico (DHA), due oli di pesce che riducono nettamente la capacità dei neutrofili di migrare verso la sede dell’infiammazione. Dal momento che alcuni ricercatori ritengono che l’inibizione del sistema immunitario derivante dall’assunzione di oli di pesce sia dovuta alla rancidità (ossidazione degli acidi grassi con formazione di perossidi), a sei dei partecipanti allo studio è stata somministrata anche della vitamina E per neutralizzare i perossidi. Sebbene i livelli di perossidi lipidici siano risultati minori nei soggetti trattati con la vitamina E, prendendo queste dosi di oli di pesce la funzione immunitaria è rimasta comunque depressa in entrambi i gruppi. Tuttavia, poichè la quantità di vitamina E non era molto alta, non possibile trarre conclusioni definitive. Un grammo al giorno sembra essere la dose adeguata per un uso a lungo termine.
7. TRAUMI
Qualsiasi trauma fisico grave, come per esempio un intervento chirurgico, inibisce fortemente la funzione immunitaria. A tale inibizione, probabilmente dovuta alla risposta infiammatoria al trauma, per fortuna si può ovviare con l’apporto di nutrienti quali le vitamine A e C, l’aminoacido essenziale arginina e gli acidi grassi essenziali del gruppo omega-3. L’apporto di vitamina A si è dimostrato molto utile per combattere l’immunosoppressione causata dalle operazioni chirurgiche. In uno studio al riguardo sono stati contati i linfociti il primo e il settimo giorno dopo un intervento. Nel gruppo placebo il valore era molto più basso del normale, mentre nel gruppo a cui erano state somministrate da 300.000 a 450.000 U.I. di vitamina A è rimasto invariato. Gli acidi grassi omega-3 probabilmente agiscono diminuendo la quantità di mediatori chimici dell’infiammazione liberati nella sede del trauma, stimolando al tempo stesso la proliferazione delle cellule T. L’arginina agisce stimolando la proliferazione delle cellule T.
PROBLEMI DI ANSIA? ECCO L’ANTICO RIMEDIO CHE LA FA PASSARE ALL’ISTANTE.
03-10-2016
Secondo l’Associazione Americana Disturbi d’Ansia, l’ansia è la più comune malattia mentale nel paese. Un sondaggio UCLA pubblicato nel 2001, tuttavia, indica che meno del 25% di tutti i malati d’ansia riceve un trattamento adeguato per una patologia che colpisce circa 19 milioni di persone. Le forme più comuni di ansia, in ordine di prevalenza sono:
- Disturbo d’ansia generalizzato, che è caratterizzato da preoccupazione inutile e catastrofica;
- Disturbo ossessivo-compulsivo, cioè l’incapacità di controllare i pensieri o i comportamenti indesiderati;
- Disturbo da panico, con episodi di intensa paura che si verificano senza preavviso e possono provocare sintomi fisici, come dolori addominali e palpitazioni cardiache;
- Disturbo da stress post-traumatico (PTSD), che si manifesta come una paura che persiste a lungo dopo l’esperienza di un evento traumatico.
Al centro della maggior parte degli attacchi di ansia, però, c’è il respiro, o la mancanza di esso. Quando si è in ansia, la respirazione naturale è inibita. Il diaframma si blocca, non riuscendo a spostare l’aria verso il basso durante l’inspirazione, il che significa che non si lascia ai polmoni la possibilità di espandere e questi si riempiono d’aria. “Quando non si ha abbastanza ossigeno, il cervello riceve un segnale di “pericolo”, che perpetua il tuo stato mente-corpo di ansia”, spiega Jonathan Davidson, direttore del Programma di Ansia e Stress Traumatici al Duke University Medical Center . “Il tuo respiro accelera e diventa ancora più superficiale; in un caso estremo questo può portare a un attacco di panico conclamato, in cui la persona comincia a iperventilare”.
La parola paranayma racchiude due significati insieme: “prana” che significa energia, forza vitale e “ayama” che significa controllo del respiro. Tradizionalmente, gli yogi hanno messo in evidenza la pratica del pranayama rispetto a quella di asana (posizioni). Il pranayama è una delle otto parti dello yoga, con la quale si usa la mente per controllare il respiro e l’energia universale che ci unisce e alimenta anche le nostre anime. Il naso è direttamente collegato al cervello e al sistema nervoso. Da migliaia di anni gli yogi indiani sostengono che molte malattie siano collegate a un disturbo della respirazione nasale. Essi credono che siamo in grado di regolare il nostro corpo e la nostra mente con le pratiche di pranayama che rallenta e intensifica il nostro respiro.
La respirazione a radici alternate (altrimenti nota come Nadi Shodhana) è particolarmente indicata per l’ansia perché in grado di bilanciare l’emisfero destro e sinistro del cervello, e calmare i nervi. Uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (17 maggio 2000), del Centro dell’Università di Boston per i Disturbi d’Ansia Correlati, ha scoperto che la lenta respirazione diaframmatica si è dimostrata altrettanto efficace nel ridurre l’ansia come il farmaco antidepressivo imipramina. Qui ci sono più motivi per cui si dovrebbe praticare questo pranayama nei momenti di panico:
• Attiva il sistema nervoso parasimpatico, e porta fuori il sistema “lotta o fuga” che si attiva in risposta allo stress, verso il rilassamento.
• Migliora le funzioni respiratorie: aumenta la forza e la resistenza delle vie respiratorie, che è normalmente una delle prime cose da fare in caso di panico.
• Migliora l’attenzione e le prestazioni di coordinamento motorie: uscire dalla mente e prendere di nuovo consapevolezza del proprio corpo nel momento presente
Inoltre, la pratica del pranayama induce gli organi ad una corretta digestione ed eliminazione. E’ indicato fare questa pratica al mattino prima della colazione, ma può anche essere fatto per tutto il giorno, se necessario.
Come si pratica la Respirazione a Narici Alternate:
Trova un posto tranquillo e siediti in una qualsiasi posizione ti sia confortevole. Rilassa il tuo corpo e respira naturalmente per qualche istante, permettendo alla tua mente e al tuo corpo di stabilizzarsi. Appoggia la mano sinistra sul grembo o sul ginocchio. Fai un “segno di pace” con la mano destra. Piega le due dita estese verso il palmo della mano. Posiziona il pollice delicatamente sulla tua narice destra e il tuo dito anulare delicatamente sulla tua narice sinistra. Chiudi gli occhi e inizia dolcemente a chiudere la narice destra (con il pollice destro), inspirare lentamente e profondamente, senza interruzioni, con dolcezza e senza sforzo attraverso la narice sinistra. Chiudi la narice sinistra (con il dito anulare) e apri la narice destra. Espirare attraverso la narice destra e poi inalate attraverso la narice destra. Chiudi la narice destra e rilascia la sinistra. Espirare attraverso la narice sinistra.
Questo completa un ciclo, ma puoi continuare a proseguire per tutto il tempo che desideri. Per avere un effetto calmante ti suggerisco di proseguire per 3-5 minuti. Quando hai finito: rilassa entrambe le braccia lungo i fianchi, siediti e respira naturalmente per qualche istante prima di aprire gli occhi e iniziare la tua giornata. Se vuoi, puoi decidere di trattenere il respiro tra le parti contando fino a 4. Ad esempio: inspira con la narice sinistra, chiudi entrambe le narici e trattieni il respiro per 4 secondi, poi espirare attraverso entrambe le narici. Prosegui così, prima da un lato e poi dall’altro. La respirazione a narici alternate è uno dei migliori strumenti che hai a tua disposizione in qualsiasi momento, ovunque tu sia. Quando senti la tua mente fuori controllo, fermati e interrompi qualsiasi cosa tu stia facendo, trova un posto tranquillo e prenditi un momento per riconnetterti a te stesso.
STUDIO SHOCK DI UNO PSICOLOGO: IL SESSO ORALE FA PASSARE LA NAUSEA MATTUTINA IN GRAVIDANZA.
02-10-2016
C’è un vecchio “rimedio della nonna” per farsi passare i postumi della sbronza: bere alla mattina un pò di quello che si è esagerato la sera prima. Qualcosa del genere funzionerebbe anche con le nausee mattutine delle donne in stato di gravidanza. Secondo Gordon Gallup, psicologo di Albany, la via migliore per curare le nausee mattutine sarebbe ingerire sperma. La spiegazione, secondo Gallup è che a suo parere la nausea non sarebbe né effetto di “assestamento” del corpo della madre al bambino né una protezione contro le tossine per madre e figlio (come ritiene la scienza medica comunemente accettata), ma sarebbe piuttosto una reazione di “ubriacatura” allo sperma del padre che sarebbe “in circolazione” nel corpo della madre. Per questo motivo è importante che il seme ingerito sia quello del padre: se il compagno/marito non è il vero padre, allora il sesso con lui al contrario aggraverebbe i sintomi di nausea, secondo un curioso effetto biologico.
http://washington.cbslocal.com/2012/08/10/study-oral-sex-cures-morning-sickness/
ATTENZIONE: L’HAMBURGER NON SI CUCINA COME UNA BISTECCA. I GRAVISSIMI PERICOLI DELLA COTTURA AL SANGUE.
02-10-2016
“Un hamburger non è una bistecca”. Questo è lo slogan della nuova campagna di sensibilizzazione promossa dalla Food Standards Agency, l’agenzia britannica per la sicurezza alimentare. La campagna, accompagnata da un breve ma efficace video, sottolinea i rischi microbiologici - spesso sottovalutati - legati all’insufficiente cottura domestica degli hamburger di manzo. Il rischio è di contrarre gravi infezioni provocate da batteri del genere Salmonella oppure Escherichia coli O157, un patogeno che causa diarrea emorragica e in alcuni casi può provocare una gravissima sindrome emolitico uremica (soprattutto nei bambini). Anche una bistecca può avere batteri dello stesso tipo che però sono localizzati solo sulla superficie esterna. Durante la cottura la parte esterna della bistecca viene a contatto con la superficie rovente di una griglia o una padella e i batteri vengono uccisi dal calore. Se quindi l’interno della bistecca rimane rosa (accidentalmente o intenzionalmente), la nostra salute non corre alcun rischio. Al contrario, un hamburger ottenuto con carne macinata proveniente da diversi tagli o addirittura da diversi animali, può essere contaminato da batteri patogeni in tutte le sue parti. L’unico modo per essere sicuri di avere neutralizzato tutti i batteri nocivi eventualmente presenti è cuocere gli hamburger fino alla scomparsa di qualsiasi traccia di colore rosa e che la carne sia calda anche al centro, non solo sulla superficie. Per essere certi di una buona cottura, conviene comunque seguire le istruzioni riportate sulle etichette delle confezioni vendute al supermercato. Nel caso in cui gli hamburger vengono preparati in casa o si acquistano dal macellaio valgono le stesse regole. Un suggerimento utile anche se può sembrare eccessivo è di dotarsi di un termometro da cucina per controllare la temperatura raggiunta al cuore degli hamburger. Quando il termometro raggiunge i 72°C per 2 minuti si può mangiare in tutta sicurezza.
MANGIARE AGLIO CRUDO RIDUCE IL RISCHIO DI CANCRO AL POLMONE.
02-10-2016
I ricercatori del Centro Provinciale di Jiangsu per il Controllo delle Malattie e la Prevenzione in Cina, hanno condotto uno studio basato sulla popolazione tra il 2003 e il 2010, per analizzare il legame tra il consumo di aglio crudo e il cancro ai polmoni. Per lo studio, sono stati raccolti dati da 1.424 pazienti affetti da tumore del polmone, accanto a 4.543 controlli sani. I dati sono stati raccolti attraverso interviste ai partecipanti, che sono stati invitati a rispondere a un questionario standard di diffusione delle informazioni sulle abitudini di dieta e stile di vita, tra cui consumo di aglio e fumo. I risultati dello studio hanno mostrato che i partecipanti che hanno consumato aglio crudo su base regolare, come parte della loro dieta (due o più volte alla settimana), hanno avuto una diminuzione del rischio del 44%, di sviluppare il cancro ai polmoni. Gli autori dello studio dicono: “Associazione protettiva tra l’assunzione di aglio crudo e il cancro ai polmoni è stata osservata con un modello dose-risposta, il che suggerisce che l’aglio potrebbe potenzialmente servire come agente chemio-preventivo per il cancro del polmone”. Il cancro del polmone è il secondo tipo più comune di cancro negli uomini e nelle donne. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), 205.974 americani sono stati diagnosticati con cancro ai polmoni nel 2009. È interessante notare che nei partecipanti che fumavano, i ricercatori hanno scoperto che mangiare aglio crudo ha diminuito il rischio di cancro ai polmoni del 30% circa. Precedenti ricerche hanno anche dimostrato che il consumo di aglio può avere proprietà di prevenzione contro alcune forme di cancro. Uno studio del New York Presbyterian Hospital e Weill Cornell Medical Center suggerisce che un composto presente nell'aglio, il selenio, possiede proprietà anticancro. Altre ricerche della Medical University of South Carolina, hanno scoperto che i composti organosulfuri trovati nell’aglio possono svolgere un ruolo nell’uccidere le cellule del cancro al cervello. L’aglio è stato anche citato per prevenire e curare altri disturbi, come la pressione alta, colesterolo e diabete.
BIRRA E GLUTINE PEGGIORANO LA PSORIASI.
02-10-2016
Al congresso mondiale sulla psoriasi dello Psoriasis international network tenutosi a Parigi si è discusso dell’influenza che la dieta apporta alla psoriasi. In particolare si è parlato dell’effetto della birra e degli alimenti che contengono glutine, oltre ad un eccessivo introito calorico. Luigi Naldi, specialista, si è concentrato su uno studio svedese condotto su più di 28.000 persone intolleranti al glutine: soffrono di celiachia circa il 10% delle persone affette da psoriasi. “Una dieta priva di glutine potrebbe associarsi a un miglioramento della patologia, nei soggetti intolleranti. La birra, inoltre, è una delle poche bevande alcoliche originate dalla fermentazione dell'amido ed è stato curiosamente dimostrato che un eccessivo consumo di birra possa aumentare il rischio di psoriasi.
FOGLIE DI ALLORO PER PLACARE MENTE E CORPO.
01-10-2016
Sin dall’antichità, le foglie di alloro sono state adoperate come simbolo di sapienza e gloria. Intrecciate in corone che cingevano la fronte di poeti e vincitori, hanno innumerevoli proprietà benefiche per l’uomo. L’alloro, infatti, è una pianta officinale utile contro i problemi digestivi, la debolezza e i dolori. Non solo. Le foglie, quando consumate fresche, sono un’ottima fonte di acido folico, importante per la sintesi del DNA e per diverse altre funzioni del nostro organismo. Tra le vitamine maggiormente presenti, c’è la vitamina A, utile per la salute della vista, della pelle e delle mucose. Le proprietà di questa pianta sono da attribuire a vari principi attivi e sostanze in essa contenuti: mucillagini, pectine, tannini, terpineoli. In generale, i benefici maggiormente riconosciuti sono a carico dell’apparato digerente. Le nostre nonne erano solite realizzare degli infusi di foglie di alloro per placare il mal di stomaco e favorire l’attività intestinale. L’infuso è utile anche in caso di debolezza e per stimolare l’appetito. Un’altra proprietà meno conosciuta è la sua attività emmenagoga, in grado di regolare il ciclo mestruale. L’olio essenziale che se ne estrae, invece, può essere applicato per uso topico, contro dolori articolari, artrosi, reumatismi, e altri dolori di origine traumatica.
SOLLIEVO DA ANSIA E STRESS
All’alloro sono attribuite delle proprietà sedative, in grado di placare corpo e mente. Come leggero sonnifero, ad esempio, può essere unito a un pizzico di camomilla essiccata e assunto sotto forma di infuso. Oltre ai metodi di uso convenzionale, però, le foglie di alloro possono essere bruciate come essenza, o adoperate come olio essenziale da diffondere negli ambienti. Secondo l’aromaterapia, l’utilizzo dell’essenza di alloro aiuta a trovare sollievo dallo stress, a rigenerare e rinforzare il sistema nervoso, allontanando la malinconia e la tristezza. Placa le ansie e le paure, dovute soprattutto alla mancanza di stima in se stessi e può rivelarsi un ottimo aiuto in caso di esaurimento da stanchezza. Sotto forma di olio essenziale, può essere vaporizzato nell’ambiente tramite l’utilizzo di appositi diffusori, o strofinato sui polsi. Come dicevo, c’è chi consiglia di bruciare delle foglie di alloro secche, così come si farebbe per l’incenso e facendo pervadere l’aria della stanza di tutte le proprietà e i benefici che l’odore e gli oli essenziali contenuti in questa pianta possono dare.
L'OLIO D’OLIVA FA BENE COME IL LATTE MATERNO.
01-10-2016
L'olio extravergine d'oliva è salutare come il latte materno. Contiene grassi simili, considerati benefici per la salute. Il condimento più amato dagli italiani si era già trovato di recente al centro dell'attenzione scientifica. Gli esperti lo avevano indicato come adatto a combattere il diabete e a proteggere il fegato, oltre che in grado di aumentare il senso di sazietà. Dall'apparenza non si direbbe, ma olio d'oliva e latte materno contengono nutrienti simili. La novità è stata anticipata a Roma, durante la presentazione dell'evento, da Saverio Pandolfi, ricercatore del Consiglio nazionale ricerche dell'Istituto di genetica vegetale.
Perché l'olio d'oliva è così importante? L'extravergine contiene quantità di omega-3 e omega-6 che lo rendono il grasso più simile al latte materno. Entrambi i composti sono presenti nell'alimento simbolo della dieta mediterranea che, a parere dell'esperto, risulterebbe gradito anche a popoli che probabilmente non l'hanno mai assaggiato. L'olio extravergine mantiene il proprio contenuto di acidi grassi essenziali soltanto se viene lavorato correttamente nel frantoio. A parere dell'esperto, l'assunzione quotidiana di olio di qualità è particolarmente salutare, sia per l'apporto di omega-3 e omega-6, che di oleuropeina, una sostanza che abbassa la pressione, rende le arterie più elastiche e riduce il processo aterosclerotico. L'oleuropeina conferisce all'olio il caratteristico retrogusto amarognolo. Vi è poi un altro componente ritenuto importante. Si tratta dell'oleocantale, da cui deriva il gusto piccante. Questa sostanza ha un potere antinfiammatorio e riproduce in modo naturale gli effetti dell'ibuprofene, principio attivo molto diffuso nella produzione di farmaci antidolorifici.