Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Lunedì, 18 Agosto 2014 20:44

IL FREDDO ALLEATO DEL NOSTRO BENESSERE.

18-12-2014

Sta per arrivare ufficialmente l’inverno: freddo e gelo caratterizzeranno le nostre prossime giornate. In tanti si rifugeranno dentro casa, vicino al camino o di fronte una calda tazza di tè. Tanti sfideranno il freddo e faranno comunque lunghe passeggiate. Che facciamo parte di una schiera o dell’altra, dobbiamo sapere che il freddo è alleato del nostro benessere. Che il freddo fa bene alla bellezza del nostro corpo lo sapevano anche gli antichi romani, che nelle loro terme avevano predisposto percorsi benessere che alternavano passaggi dal calidarium, ambiente con caldo secco, al frigidarium dove la temperatura era notevolmente più bassa, per ritemprare il corpo e disintossicare la pelle. A sfruttare il freddo come alleato del nostro benessere sono anche tanti paesi del Nord Europa: qui esistono delle stanze gelide dove poter trascorrere tre minuti, provando in quel poco tempo a risolvere problemi sia estetici che fisiologici grazie alle temperature polari. Il freddo, ha la capacità di stimolare la circolazione, chiudere i pori e sciogliere il grasso. Non solo: aiuta anche a lenire disturbi legati a contrazioni e infiammazioni muscolari.

18-08-2014

Off-label: prescrivere un farmaco per una condizione, o per un gruppo di persone, o in una dose, o in una forma farmaceutica che non siano state approvate dalle agenzie regolatorie. Succede spesso, e molti credono innocentemente. Ma a volte la promozione per l’uso off-label di un farmaco è indotta. Da chi? Dall’industria, naturalmente, ma non sempre direttamente (in molti paesi è proibito per legge); a volte da accademici e ricercatori pagati dall’industria per far ciò. Anche questo è spesso illegale, e l’industria lo nasconde. Ma nell’industria ci sono delle talpe. Nel corso di recenti processi per promozione illegale dell’uso off-label di alcuni farmaci negli USA, le talpe hanno rivelato i nomi dei medici pagati dall’industria per questa promozione, mediante conferenze e articoli su riviste mediche. Gli autori di un articolo appena uscito su PLoS Medicine sono andati alla ricerca di questi articoli per verificare se gli autori avevano dichiarato i loro conflitti d’interesse. Cos’hanno trovato? Beh, lo potete immaginare. Su 91 medici identificati dalle talpe, 39 avevano scritto 404 articoli. Solo in 62 (15%) di questi articoli c’era un’adeguata dichiarazione di conflitto d’interesse; nel 43% non vi era nessuna dichiarazione, nel 4% la dichiarazione negava conflitti d’interesse, nel 40% la dichiarazione non citava l’industria, nel 13% la citava ma senza svelare la natura della relazione con l’industria. Ciò significa che: a) non ci si può fidare e che b) i meccanismi di controllo delle riviste mediche sono inadeguati.

Lunedì, 18 Agosto 2014 20:19

MELE MARCE TRA GLI ANESTESISTI: E ALTROVE?

18-08-2014

Sembra che siano tre anestesisti a primeggiare nel favoloso mondo degli articoli ritrattati dalle riviste mediche per l'aver riportato dati falsificati o inventati. Primo in classifica un anestesista giapponese, Yoshitaku Fujii, recentemente licenziato dal suo posto di professore associato presso la Toho University con l’accusa di aver falsificato 172 articoli, di cui 168 erano trial clinici randomizzati, tra il 1993 e il 2011. Al secondo posto un anestesista tedesco, Joachim Boldt, con 89 articoli ritrattati; il buon Boldt è stato licenziato nel 2010 dalla Clinica di Ludwigshafen, in Renania, dove lavorava. Terzo, ma con un grave ritardo in classifica rispetto ai primi due, un anestesista statunitense, Scott Reuben, che lavorava al Baystate Medical Center di Springfield, Massachusetts, e che ha falsificato solo 21 articoli; il povero Reuben, però, non se l’è cavata col solo licenziamento, è stato anche condannato a sei mesi di prigione. Ricerche e articoli ritrattati se ne trovano ovviamente anche in altre specialità, perché chi cerca trova!

18-08-2014

La cosiddetta sindrome premestruale, da cui la forma più grave conosciuta tecnicamente come Disturbo Disforico Premestruale (PMDD), è considerata un disturbo dell’umore che compare, in genere, intorno alla settimana precedente il ciclo mestruale. Tra i vari sintomi che accompagnano questa sindrome ci sono ansia, nervosismo, malumore o depressione e, spesso, difficoltà a dormire o insonnia. Si ritiene che il PMDD colpisca circa il 3-8% delle donne, e in molti casi è così intenso da interferire con le normali attività quotidiane. Le ragioni del perché si presenta questa sindrome non sono ancora del tutto chiare, così nel tentativo di darne spiegazione i ricercatori canadesi del Douglas Mental Health University Institute avrebbero trovato tra le cause di questo fenomeno un’alterazione nella secrezione della melatonina, deputato alla regolazione dei ritmi biologici dell’organismo.
Lo studio, condotto dalla dottoressa Diane B. Boivin e colleghi, ha osservato come i ritmi della melatonina variassero nelle 24 ore in un gruppo di donne affette da PMDD e un gruppo di donne sane. Le partecipanti sono state oggetto di due visite cliniche durante le 24 ore: una durante la fase pre-ovulatoria (o follicolare) e l’altra durante la fase post-ovulatoria (o luteale) del ciclo. Ognuna delle due visite consisteva di un intenso monitoraggio fisiologico e nel tempo. Durante questo periodo sono stati prelevati campioni di sangue per determinare i livelli plasmatici circolanti di melatonina. I dati raccolti hanno permesso di scoprire che vi erano significative differenze tra i due gruppi di donne: le donne con PMDD vedevano ridursi significativamente i livelli di secrezione di melatonina durante le ore notturne, rispetto alle donne sane. Le donne con PMDD, poi, presentavano anche un'ulteriore riduzione dei livelli di melatonina durante la fase luteale sintomatica rispetto alla fase follicolare asintomatica. I risultati finali dello studio mostrano che nelle donne con PMDD la melatonina potrebbe avere un ruolo chiave.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23284821

18-08-2014

La degenerazione maculare è una condizione che colpisce gran parte degli anziani e si traduce in una perdita progressiva della vista. Essa si verifica quando la retina è danneggiata, portando ad un lento declino della funzione retinica. Uno studio recente ha dichiarato che la degenerazione maculare legata all’età è destinata ad aumentare del 20% nelle persone sopra i 60 anni che presentano già i primi segni della malattia. Lo studio ha dimostrato che l’aspirina è associata ad un aumento del rischio di AMD. I ricercatori hanno analizzato i dati dello studio Beaver Dam Eye, uno studio longitudinale basato sull’osservazione di pazienti affetti da malattie legate agli occhi. Circa 4.926 persone hanno partecipato allo studio, dal 1998-1990 al 2008-2010. In questo periodo i pazienti hanno assunto aspirina, in particolare alcuni hanno assunto l’aspirina più di due volte alla settimana per più di 3 mesi. Nel corso dello studio i ricercatori hanno scoperto che 512 persone hanno sviluppato presto AMD e 117 sviluppato in ritardo AMD. Le persone che hanno fatto un uso maggiore di aspirina, hanno sviluppato AMD in anticipo rispetto ai non utilizzatori. Complessivamente l’1,4 per cento dei fruitori di aspirina hanno sviluppato AMD neovascolare rispetto a solo lo 0,6 per cento dei non utilizzatori. Gli autori hanno concluso: “I nostri risultati sono coerenti con una piccola associazione, ma statisticamente significativa tra l’uso regolare di Aspirina e l’incidenza di AMD neovascolare. Una replica aggiuntiva dello studio è necessaria per confermare le nostre osservazioni. Se confermate, dovremo definire i meccanismi causali che possono essere importanti nello sviluppo di metodi per impedire o ritardare lo sviluppo di AMD neovascolare in persone che fanno uso di aspirina, soprattutto per prevenire malattie cardiovascolari“.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23288416

Domenica, 13 Luglio 2014 18:50

I VELENI NASCOSTI.

13-07-2014

Esistono due tipi di veleni. Quelli che provocano danni immediati e quelli che provocano danni diluiti nel tempo. I primi sono facilmente riconoscibili, tutti li conosciamo e tutti li riconosciamo, sono quelle sostanze che, entro poche ore da quando le abbiamo inserite nel nostro corpo, ci causano problemi, dolori, nausea, vomito ecc. Gli altri invece sono molto più subdoli, si tratta di veleni che erodono il corpo un poco alla volta, non si ha nessuna manifestazione avversa nel momento in cui se ne viene a contatto ma se ne pagano le conseguenze magari anni dopo: un tipico esempio possono essere le fibre di amianto con le quali venivano realizzati i famosi “pannelli eternit”, nessuno moriva dopo aver tagliato uno di quei pannelli, ma l’averne respirato le polveri gli avrebbe, con buona probabilità, causato un tumore ai polmoni che si sarebbe manifestato anche dopo 40 anni dalla prima esposizione. La probabilità poi che questo tipo di veleni provochi il danno aumenta esponenzialmente all’aumentare dell’esposizione, per ritornare all’esempio dell’amianto, l’operaio che ha tagliato un solo pannello eternit ha una probabilità molto minore di contrarre il cancro al polmone rispetto all’operaio che ne ha tagliati decine ogni giorno per mesi o anni. Il nostro cervello tende a non alzare le difese nei confronti di questi veleni: non vede il collegamento, il lasso di tempo è troppo lungo dall’assunzione alla manifestazione del problema, per questo nel nostro cervello non si forma la consapevolezza che farebbe scattare le difese in presenza di quel veleno. Nessuno di noi mangerebbe un panino farcito con veleni per topi. Questo perchè le conseguenze del mangiare veleno per topi sono ben chiare nella nostra mente, gli effetti sarebbero istantanei, per questo il nostro cervello ne ha una consapevolezza ben precisa. Nel momento in cui però andiamo a mangiare un panino realizzato con farina raffinata, salame e maionese il nostro cervello non alza la minima difesa: non è mai morto nessuno mangiando il suddetto panino. Trattasi però di un veleno, di un veleno con effetto a lungo termine che aumenta la sua potenziale nocività con l’aumentare dell’esposizione. Questa nozione però il nostro cervello non l'assimila in modo automatico come invece avviene per il veleno per topi, che automaticamente viene associato a qualcosa di pericoloso, da evitare. No, il nostro cervello collega in modo automatico il panino con farina raffinata, salame e maionese a un qualcosa di utile e buono per sfamarsi: il nostro cervello viene così ingannato ogni giorno, e noi con lui! In questo caso consapevolezza significa creare nel nostro cervello il collegamento tra il panino con farina raffinata, salame e maionese, con gli effetti che potrebbe scatenare nel futuro se ci ostiniamo a continuare a consumarne in modo ripetitivo: il salame contiene nitriti che senza giri di parole possono provocare il cancro, la farina raffinata è uno dei peggiori veleni della società moderna, la maionese se di buona qualità non contiene particolari ingredienti nocivi ma è stata comunque prodotta con uova provenienti da allevamenti intensivi, dove le malcapitate galline vengono alimentate con mangimi di dubbia provenienza e riempite di farmaci per combattere le continue malattie.
Per questo continuiamo ad acquistare i veleni che ci propone l’industria alimentare, perchè siamo completamente inconsapevoli della loro natura. Poi ci sono anche quelle persone che affermano: “ma si sa che queste cose fanno male” e poi continuano imperterriti a mangiarle. Queste sono le stesse persone che di fronte alle malattie si lamentano, si arrabbiano con la malasorte e sperano di guarire grazie a qualche pillolina magica di nuova invenzione, per poi ricominciare quanto prima a vivere esattamente allo stesso modo consumando esattamente gli stessi alimenti che per loro stessa ammissione: ”si sà che fanno male“. La brutta notizia, e qui non voglio fare l’uccellaccio del malaugurio, mi limito solo ad osservare ciò che succede intorno a me, è che molte di queste persone, nel momento in cui si manifesta il problema, non guariscono più e muoiono dopo pochi mesi o anni di agonia.Tutto questo per la mancanza di un semplice collegamento nel cervello che aiuterebbe ad alzare le difese nel momento in cui ci avviciniamo a un veleno mascherato da alimento. Collegamento che l’uomo moderno, forte della sua sapienza, spesso non riesce o non vuole fare. Collegamento osteggiato da tutti coloro che guadagnano sulla sua mancanza: le industrie alimentari in primis e naturalmente anche le industrie farmaceutiche che letteralmente vivono di malattie!

Domenica, 13 Luglio 2014 18:44

GALLETTE DI RISO: COME VENGONO PRODOTTE?

13-07-2014

Che le gallette facciano bene è discutibile ma che sappiano di polistirolo è una sacrosanta verità. E non potrebbe essere diversamente visto che la tecnica per produrle è la stessa che si usa per produrre la plastica. Incredibile! La tecnica si chiama estrusione, solo che cambia la materia prima, invece dei composti chimici da plastificare, si impiegano chicchi di riso (o altri tipi di cereali e semi). Questi vanno in una macchina, l’estrusore appunto, dentro la quale sono sottoposti ad un’elevata temperatura (sui 200 gradi) e ad un’enorme pressione, pari a 10 volte quella atmosferica (tradotta in peso, sono tonnellate/metro quadrato!). Il passaggio nella macchina è rapido, poi il cereale, stritolato per bene, viene spinto fuori attraverso minuscoli fori. La differenza di pressione tra l’interno e l’esterno della macchina fa gonfiare il cereale. La galletta è pronta. Con lo stesso processo si fabbricano i vari prodotti espansi per la prima colazione tra cui i tanto amati corn-flakes.
Qual è il valore nutrizionale di queste gallette? Sorpresa: a parità di peso hanno quasi il doppio delle calorie del pane integrale. Poi le analisi hanno appurato che il trattamento ad alta temperatura fa perdere quel poco di lisina che c’è nei cereali (perché questo amminoacido, uno di quegli essenziali per il nostro organismo, va a legarsi al glucosio che si origina dall’amido per effetto della reazione di Maillard), e che distrugge anche buona parte delle vitamine. Un aspetto ancora poco chiaro riguarda l’amido. Ci sono indizi che fanno pensare che, dopo il trattamento di estrusione, esso sia più digeribile perché gelatinizza. Il rovescio della medaglia è che un amido che si digerisce rapidamente può avere un alto indice glicemico, quindi è da consumare con parsimonia. Aleggia anche il sospetto che, per le condizioni estreme di temperatura e pressione all’interno dell’estrusore, si formi acrilammide, una sostanza riconosciuta come cancerogena. Insomma, se state rinunciando al pane in favore delle gallette di riso perché pensate che queste siano più dietetiche e salutari, state probabilmente facendo un sacrificio inutile e forse addirittura dannoso.

13-07-2014

Il latte artificiale è stato considerato una delle principali cause di morte nei neonati prematuri, in uno studio condotto da ricercatori dell’University of California, San Diego (UCSD) e pubblicato sulla rivista Pediatric Research. Per molti anni, gli scienziati hanno notato che i neonati nutriti artificialmente hanno più probabilità di sviluppare una condizione spesso fatale nota come enterocolite necrotizzante, rispetto a quelli alimentati con latte materno. L’enterocolite necrotizzante è la più comune malattia gastrointestinale, causa di morte nei neonati prematuri, ma le sue cause sottostanti sono in gran parte sconosciute. In uno studio preliminare, i ricercatori hanno scoperto che acidi grassi liberi, si formano naturalmente come un effetto collaterale del processo digestivo umano e che questi acidi grassi a volte agiscono come un “detergente” che uccide le cellule, causando la rottura delle loro membrane. Tuttavia, la morte di queste cellule (citotossicità) è rara negli esseri umani e nei bambini più grandi, forse a causa dello strato di muco che ricopre l’intestino. Poiché l’intestino dei neonati prematuri non è ben ricoperto di muco, i ricercatori si sono chiesti se gli acidi grassi liberi potevano essere la causa di enterocolite necrotizzante.
In uno studio finanziato dal National Institutes of Health, i ricercatori hanno usato enzimi pancreatici o fluido intestinale per digerire il latte materno e nove diversi alimenti per lattanti che vengono commercializzati per i neonati pretermine e a termine. Hanno testato il latte digerito e la formula dei livelli di acidi grassi liberi, quindi hanno aggiunto gli acidi grassi a cellule note per essere coinvolte nel processo necrotizzante. Le cellule esaminate erano quelle che rivestono l’intestino (epiteliale), quelle che rivestono i vasi sanguigni (endoteliale), i neutrofili e una varietà di globuli bianchi che sono le cellule che per prima rispondono a traumi indotti da infiammazione. Nel complesso, la formula della digestione ha prodotto acidi grassi liberi che hanno ucciso tutti e tre i tipi di cellule, mentre il latte materno digerito ha prodotto poca o nessuna morte delle cellule. Per esempio, tra il 47 e il 99 per cento dei neutrofili sono morti in seguito a digestione di latte artificiale, mentre solo il sei per cento dei neutrofili è morto quando è stato esposto al latte materno digerito. In alcuni casi, il latte artificiale digerito, causa morte cellulare in meno di cinque minuti. I ricercatori hanno scoperto che il corpo sembra digerire il latte materno in modo più lento e più controllato e con un minore rilascio di acidi grassi liberi. Questo sembra essere un meccanismo di adattamento per prevenire la morte delle cellule a causa del sistema digestivo di un bambino. Poiché i rischi dell’alimentazione artificiale per i neonati prematuri sono ben noti, molte unità di terapia intensiva neonatale hanno fatto sforzi per porre fine alla pratica. Gastroenterologo pediatrico e professore, Sharon Taylor ha affermato che anche se l’allattamento al seno di neonati prematuri è difficile, il personale ospedaliero deve fare il possibile per incoraggiarlo, soprattutto quando si tratta di bambini prematuri. Lo studio suggerisce che il latte artificiale può rappresentare un rischio per ogni bambino con problemi gastrointestinali e non solo per quelli nati prematuramente.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23007028

 

Lunedì, 30 Giugno 2014 14:05

KARCADE' E IPERTENSIONE ARTERIOSA.

30-06-2014

Un infuso di karkadè contro la pressione alta: un rimedio naturale che, come nuove ricerche sostengono, ha proprietà anti-ipertensive pari a quelle degli Ace (Angiotensin converting enzyme) inibitori, i farmaci contro i disturbi cardiaci cronicizzati. Dai fiori dell’Hibiscus sabdariffa deriva una bevanda che non solo aiuta a controllare i valori pressori, ma è anche ricca di proprietà benefiche per tutto l`organismo: lo studio, condotto dai ricercatori della Tuft University di Medford (USA), sotto la supervisione della dottoressa Diane McKay, è stato pubblicato sul “The Journal of Nutrition”. Il team di ricercatori ha preso in esame un gruppo di 65 volontari tra i 30 e i 70 anni con livelli di ipertensione arteriosa lievi o moderati. I partecipanti hanno bevuto 3 tazze al giorno di infuso di ibisco per 6 settimane: rispetto al gruppo di controllo è stata riscontrata una riduzione della pressione sistolica media del 7,2%. In particolare, nei soggetti con alti valori di ipertensione la riduzione è arrivata al 13,2%. I risultati concordano con l`esito, pubblicato recentemente sul Journal of human hypertension, dei test condotti su pazienti diabetici ipertesi da un team di ricercatori iraniani: secondo i dati emersi dallo studio, infatti, bere due tazze al giorno di infuso di ibisco ha comportato una consistente riduzione dei valori della pressione sistolica. Le proprietà del karkadè appaiono quindi importantissime, soprattutto tenendo conto che è stato calcolato che la diminuzione della pressione sistolica, anche di soli 3 mm di Hg, è associata alla diminuzione del rischio di mortalità per ictus dell`8% e per patologie coronariche del 5%. La bevanda non ha effetti collaterali a oggi riscontrati, e presenta un lungo elenco di caratteristiche salutari: è diuretica e digestiva, ha proprietà antisettiche per le vie urinarie, regolarizza la funzione epatica, è antinfiammatoria, lenitiva e vitaminizzante. Inoltre è molto dissetante (in Egitto viene consumata sia calda che fredda per combattere disidratazione e sete) e sotto forma di infuso ha anche leggere proprietà lassative.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20018807

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18685605

Lunedì, 30 Giugno 2014 13:45

LE NOCI NON FANNO INGRASSARE.

30-06-2014

Alcuni studi hanno evidenziato un’associazione tra il consumo di noci, la riduzione del rischio cardiovascolare e un migliore profilo lipidico. L’American Heart Association ha inserito, infatti, il consumo di noci nelle linee guida per la prevenzione cardiovascolare, tuttavia, tale indicazione non viene ampiamente seguita a causa del timore che le noci, in quanto ricche di grassi e ad elevata densità energetica, portino ad un aumento del peso.
Uno studio pubblicato su Obesity si è occupato di verificare la relazione tra il consumo di noci, all’interno di una dieta di tipo mediterraneo, il rischio di aumento ponderale e la conseguente incidenza di situazioni di sovrappeso e obesità. Nell’indagine sono stati coinvolti 8.865 adulti (uomini e donne), 937 dei quali hanno aumentato il proprio peso corporeo di almeno 5 kg nel corso dei 28 mesi di follow-up. In particolare, coloro che mangiavano noci almeno due volte alla settimana avevano il 31% di probabilità in meno di metter su chili di troppo, rispetto a chi consumava noci meno frequentemente. Inoltre, il consumo frequente di noci è stato associato a un minore aumento del peso corporeo; infine, nel campione in esame non è stata osservata alcuna associazione tra il consumo di noci e l’incidenza di sovrappeso e obesità.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=Nut+consumption+and+weight+gain+in+a+Mediterranean+cohort%3A+The+SUN+study

 

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