Angelo Ortisi
CIBI CRUDI: ECCO QUELLI CHE FANNO MALE.
12-01-2017
Mangiare cibi crudi può fare male. Infatti ce ne sono alcuni che possono addirittura essere tossici. Dunque, bisogna prestare molta attenzione agli alimenti crudi, soprattutto per quel che concerne alcuni di essi. Vediamo quali sono. Tra i cibi che non vanno mangiati crudi troviamo i fagioli, in quanto possono portare allo sviluppo della fitoemagglutinina, nome tecnico dell’avvelenamento da fagiolo rosso. Fortunatamente in questo caso pare che gli effetti dell’intossicamento durino poco. Altro cibo da evitare di mangiare crudo è la patata, in quanto contiene la solanina, un alcaloide glicosidico tossico, utile alla pianta per difendersi da funghi e insetti. Nella patata è presente per una quantità di 10 milligrammi per ogni 100 grammi, e si trova principalmente nella buccia. Alcune ricerche affermano che da 2 a 5 milligrammi per chilogrammo di peso si può verificare un’intossicazione, mentre da 3 a 6 milligrammi per chilogrammo può addirittura essere mortale. Insomma, conviene cuocere sempre le patate per non incorrere in rischi di questo tipo. Per quanto riguarda i sintomi, essi consistono in disordini gastrointestinali e neurologici quali crampi allo stomaco, nausea, diarrea, vomito, bruciore alla gola, mal di testa e vertigini. Si manifestano generalmente dopo circa 8 ore fino alle 12 ore successive. Se le concentrazioni di solanina sono alte, possono verificarsi problemi fisici anche dopo appena mezz’ora. Nei casi più gravi possono verificarsi allucinazioni, paralisi e febbre. Lo stesso vale per le melanzane, che sono tra i cibi crudi da evitare in quanto anch’esse contengono la solanina, presente soprattutto nella buccia e più frequenti nelle melanzane acerbe. Insomma, anche in questo caso sarebbe bene cuocere le melanzane e possibilmente anche eliminarne la parte esterna.
PILLOLE ALIMENTARI 7.
12-01-2017
- E' stato dimostrato che l'ananas è un, ma l'ananas (intero o il succo fresco) è molto più efficace. Si consiglia dunque per prevenire il cancro dello stomaco, potente inibitore della formazione di nitrosamine, sostanze dalla forte attività cancerogena, che si formano nello stomaco a seguito di una reazione chimica tra i nitrati e alcune proteine contenute negli alimenti. Le nitrosamine sono una delle più importanti cause conosciute di cancro dello stomaco. La vitamina C da sola impedisce la formazione di nitrosamine a chi è particolarmente esposto a questo rischio, ma anche a chi ne ha già sofferto e vuole evitare recidive.
- In una ricerca compiuta in India e pubblicata dall'American Journal of Cardiology (Rivista Americana di Cardiologia), è stato osservato che aggiungendo nella normale dieta di 61 pazienti volontari ipertesi alcuni frutti di guava ogni giorno, la pressione arteriosa è diminuita mediamente di 9 mm di mercurio (quella sistolica) e di 8 mm (quella diastolica), riducendo così da 150 a 141 la pressione massima e da 90 a 82 quella minima. Non si sa con certezza quale sia il componente della guava che esercita questo effetto ipotensivo, ma sicuramente influiscono molto il bassissimo contenuto di sodio e quello molto alto di potassio e di fibre vegetali.
- Grazie al suo contenuto di fibre cellulosiche, il cavolo esercita una blanda azione lassativa e regola la peristalsi. Il cavolo è consigliato in caso di stitichezza cronica e di diverticolosi. Le sostanze solforate del cavolo esercitano un'azione antibiotica e possono contribuire a riequilibrare la flora batterica intestinale in caso di malattie intestinali. Per integrare la cura contro colite, fermentazione e alterazione della flora batterica intestinale, si consiglia di prendere anche il succo di cavolo fresco (mezzo bicchiere tre o quattro volte al giorno). Esperimenti con succo di cavolo sono stati compiuti anche su pazienti che soffrivano di colite ulcerosa, una grave malattia della mucosa intestinale, somministrando il succo prima dei pasti, tre o quattro volte al giorno. Si pensa infatti che il cavolo eserciti la sua azione cicatrizzante anche sulle ulcere intestinali provocate dalla colite ulcerosa.
- La carenza di vitamina B6 è piuttosto comune in questa condizione. Alcuni studi hanno dimostrato che l'assunzione di piridossina (a dosaggi di 50-200 mg al giorno per almeno 3 mesi) è in grado di alleviare i sintomi di questa sindrome nell'85% dei casi.
- Le cavie affette da diabete nutrite con orzo presentano livelli più bassi di glucosio nel sangue rispetto a quelle nutrite con grano. Questo effetto è attribuito alla presenza nell'orzo di fattori ipoglicemizzanti ancora non ben conosciuti. Le varietà d'orzo ricche di fibre e di beta-glucano (un derivato della cellulosa presente anche nell'avena), sono quelle più tollerate dai diabetici. A chi soffre di diabete, si consiglia di consumare regolarmente l'orzo e tutti gli altri cereali ricchi di amido, che viene rilasciato lentamente.
- La pera attiva la funzionalità dei reni ed è un frutto molto indicato in caso di insufficienza renale causata da nefrite o nefrosi. Oltre a non contenere sodio e a essere molto povera di proteine la pera, essendo una buona fonte di potassio, produce anche un blando effetto diuretico, tutte qualità importanti per curare le malattie renali. Il consumo abbondante di pere è inoltre consigliato in caso di edemi (ritenzione di liquidi), di origine cardiaca o renale.
- L'indivia è un alimento molto adatto per i diabetici, perchè contiene pochissimi carboidrati, formati in maggioranza da fruttosio (l'insulina è un polimero del fruttosio), uno zucchero semplice che, a differenza del glucosio, non ha bisogno dell'insulina per essere metabolizzato e quindi è tollerato benissimo dai diabetici. Esperimenti su animali di laboratorio hanno dimostrato che gli estratti di indivia rallentano l'assorbimento del glucosio nell'intestino tenue. I diabetici che si alimentano normalmente con indivia non soffrono quindi di un brusco aumento del livello di glucosio nel sangue.
- Secondo alcuni studi condotti recentemente, l'associazione vitamina B12-Acido folico può indurre la repigmentazione della cute, ostacolando la progressione della vitiligine. In uno studio sono stati somministrati a 100 pazienti vitamina B12 (2.000 mcg al giorno) e acido folico (1.600 mcg 3 volte al giorno) ed è stato loro consigliato di esporsi alla luce solare. Il trattamento minimo suggerito fu di 6 mesi. Una buona repigmentazione è avvenuta in 52 pazienti, inclusi 37 che si erano esposti al sole in estate e 6 che avevano usato lampade UVB in inverno. La repigmentazione è stata più evidente nelle aree esposte al sole. La diffusione della vitiligine si è fermata nel 64% dei pazienti dopo il trattamento.
RAPPORTO FRA STRESS OSSIDATIVO E INSULINA.
11-01-2017
L'insufficiente regolazione del tasso ematico di glucosio e di insulina influisce anche sull'invecchiamento biologico accelerato, connesso allo stress ossidativo. Nel corso degli ultimi cinquant'anni la comunità medico-scientifica ha infatti accettato il concetto secondo cui i radicali liberi contribuiscono all'invecchiamento accelerato. Recenti ricerche mostrano come la resistenza all'insulina, e la difettosa regolazione dei valori glicemici, possono accrescere anche il rischio di stress ossidativo. L'insufficiente regolazione del glucosio e dell'insulina dà luogo alla combinazione chimica del glucosio e delle proteine nel sangue e nei tessuti, e alla produzione di proteine danneggiate (proteine glicosilate). La formazione di proteine danneggiate somiglia alla formazione della crosta sulla parte superiore del pane. In questo caso la crosta ha origine per la reazione chimica fra gli zuccheri presenti nella pasta del pane, e le proteine contenute nella farina di frumento, che provoca la modificazione di entrambi, attraverso glicosilazione. Usando la crosta del pane come esempio visivo di quanto accade nel momento in cui gli zuccheri reagiscono con le proteine, potete raffigurarvi la reazione dello zucchero con le proteine nell'organismo fino a formare "croste" di cellule danneggiate, che alterano il funzionamento dell'organismo e generano messaggi nocivi nei confronti dei geni. Le proteine alterate, presenti nell'organismo, sono state definite prodotti finali della glicosilazione avanzata (AGE); più si accumulano nell'organismo, maggiore è il rischio di invecchiamento biologico accelerato. Le proteine glicosilate "avvelenano" le funzioni dei mitocondri, producendo ulteriore stress ossidativo. In base ai loro fattori genetici ereditari, alcuni individui sono maggiormente sensibili alle proteine glicosilate, rispetto ad altri. Il soggetto resistente all'insulina può essere portatore di un "killer subdolo", che non viene riconosciuto, e che aumenta la produziuone di queste proteine e le reazioni da stress ossidativo a livello dei niutocondri, con conseguente invecchiamento biologico accelerato.
Queste informazioni di carattere tecnico, e in apparenza complicate, possono essere condensate in un semplice concetto: i vostri geni sono portatori di messaggi che delineano il vostro grado di sensibilità all'insulina e allo zucchero nel sangue. Potete modificare l'espressione di questi messaggi racchiusi nei vostri geni, attraverso ciò di cui vi nutrite, la vostra attività fisica, il livello di stress al quale siete sottoposti, e le tossine alle quali siete stati esposti, fra cui farmaci e alcol. Il rischio della resistenza all'insulina negli individui con una determinata suscettibilità genetica, aumenta notevolmente in presenza di fattori, come l'alimentazione carente, stress o esposizione a tossine o farmaci. In questi individui, decisioni errate in termini di stile di vita possono dare origine all'espressione dei geni che aumentano la formazione di proteine glicosilate. Lo stress ossidativo nei loro mitocondri di conseguenza aumenta, così come aumentano i danni a livello organico. Dopo molti anni, i danni possono manifestarsi sotto forma di insufficienza renale, malattie cardiache, demenza, perdita della vista, artrite. Gran parte dei medici, nel corso di una normale visita, non prende in considerazione un'eventuale resistenza all'insulina. Si tratta di un fenomeno spesso trascurato, esattamente come accadeva con l'ipertensione o il tasso di colesterolo, prima che le persone a controllarli regolarmente. All'ipertensione alta, o al colesterolo elevato, non veniva associato alcun sintomo; ma abbiamo appreso con il tempo che a questi due fattori si accompagna un rischio molto maggiore di ictus o di malattie cardivoascolari. E' possibile agire correttamente nei confrotni dei pazienti affetti da resistenza all'insulina, solo se avremo posto loro domande adeguate. Esse riguardano la storia famigliare e quella del paziente, nonchè il test di tolleranza al glucosio per la misurazione della glicemia e dell'insulinemia. Nel caso in cui un individuo risulti resistente all'insulina, è possibile applicare un criterio di nutrizione genetica per stabilizzare la reazione dell'organismo all'insulina, e regolare in modo più efficiente l'espressione genica. Numerosi studi clinici indicano che un insufficiente controllo della glicemia, e l'aumentata formazione di proteine glicosilate, provocano la comparsa di manifestazioni, come irrigidimento del tessuto connettivo cinetico. Quest'ultimo si traduce in una minore flessibilità, con aumentato rischio di invecchiamento e raggrinzimento cutaneo e accresciuto rischio di reazioni allergiche e di tipo artritico, e di disturbi come la periodontite, che è la causa principale della perdita dei denti, dovuta a infiammazione gengivale negli adulti. Tutti questi fenomeni patologici sono associati a un costante invecchiamento. Esempi di alterazioni funzionali, fra cui depositi di grasso, diminuzione delle energie, ridotta flessibilità, dolore cronico e insorgenza di allergie, costituiscono segni precursori o segnali di allarme di gravi disturbi, come malattie cardiache o renali che possono insorgere successivamente.
INFLUENZA: 7 RIMEDI NATURALI.
11-01-2017
Quando si entra nella stagione influenzale, è molto probabile avere a che fare con gli effetti di un raffreddore o dell’influenza. Il raffreddore è altamente contagioso e con questo termine si indicano oltre cento lievi forme virali di influenza. Fortunatamente, esistono tanti rimedi naturali e casalinghi per l’influenza che possono prevenire e ridurre i sintomi di un comune raffreddore e alzare le difese immunitarie durante questa stagione “vulnerabile”. Segui questi consigli e forse diminuiranno le probabilità di beccarti l’influenza.
1. VITAMINA D: aiuta a prevenire influenza e raffreddore, probabilmente a causa dell’importante ruolo che svolge nella protezione e lubrificazione di molti sistemi di organi principali del corpo. La vitamina D, inoltre, incrementa la crescita cellulare e la normale attività immunitaria delle cellule. Si consiglia di trascorrere 15 minuti alla luce naturale del sole ogni giorno, consumare più cibi con vitamina D e, eventualmente, prendere un integratore di vitamina D3.
2. VITAMINA C: se hai un raffreddore persistente che non vuole andar via, è probabile che non stai assumendo abbastanza vitamina C, un potente rimedio per il raffreddore comune. Puoi prenderne fino a 2.000 mg per 4 volte al giorno. Anche il limone fresco spremuto è un ottimo modo per integrare in modo naturale i livelli di vitamina C. Inoltre, il limone aiuta il corpo a purificare il sistema linfatico. Spremi mezzo limone in una tazza di acqua calda e ripetilo 3 o più volte al giorno. Per il muco è possibile aggiungere zenzero fresco o in polvere.
3. ZINCO: studi in doppio cieco hanno dimostrato che lo zinco riduce sia l’intensità sia la durata del raffreddore comune del 50%. Aumenta l’attività dei lisosomi, i quali attaccano i virus e stimolano il sistema immunitario. Prova a prendere un integratore di zinco.
4. CURCUMA: La curcuma è un forte purificante che aiuta ad espellere alcune infezioni. Puoi acquistare l’erba fresca o secca, oppure in capsule. Per combattere il freddo, puoi anche preparare un tè mettendone un quarto di cucchiaino in acqua calda. La curcuma aiuta inoltre ad alleviare il mal di gola. In questo caso, basta mettere mezzo cucchiaino di curcuma in 2 cucchiai di miele grezzo e ingoiare il composto.
5. GERMANIO (GE-132): la dose consigliata è di circa 600 mg al giorno.
6. ECHINACEA: il sangue eccessivamente tossico provoca influenza e raffreddore e l’echinacea è un’erba utile per purificare il sangue. È stato dimostrato che aumenta anche il numero di globuli bianchi e la loro attività immunostimolante. Se hai il raffreddore, prendi tre contagocce pieni di tintura di echinacea in acqua calda o bevila come un tè.
7. ACETO DI MELE: bevi una miscela preparata con mezza tazza di acqua e 2 cucchiaini di aceto di mele tre volte al giorno, fino a quando i sintomi del raffreddore saranno spariti. Dopo aver assunto tale miscela, bevi più acqua per pulire l’acido dai denti. Puoi anche spruzzare l’aceto di mele sul cuscino prima di andare a letto, per respirarne l’odore durante il sonno.
ALTRI MODI PER COMBATTERE L'INFLUENZA
Evita latte e latticini, alcol, caffè, bevande e cibi passati al microonde, zucchero, dolcificanti artificiali, farina bianca. Evita i vaccini antinfluenzali. E’ impossibile creare un vaccino contro l’influenza, dal momento che essa ha un diverso modello genetico ogni volta che si replica ed è diverso ogni anno. Inoltre, bisogna sapere che il vaccino antinfluenzale è stato creato l’anno precedente.
GARCINIA, L-CARNITINA E CROMO NELLA RIDUZIONE DEL PESO CORPOREO.
11-01-2017
Queste tre sostanze attraverso processi metabolici quali inibizione della lipogenesi, utilizzazione dei lipidi e regolazione dell'appetito, favoriscono la riduzione del peso corporeo e della dislipidemia. Il principio attivo della garcinia, pianta originaria dell'estremo Oriente, è l'acido idrossicitrico (HCA), che presenta attività anoressizzante e blandamente ipolipemizzante. Il meccanismo coinvolto nell'azione anoressizzante comporta uno stimolo diretto sul nucleo ipotalamico della sazietà. A questa attività è associata la capacità di inibire la lipogenesi, processo che riduce la produzione di molecole di lipidi nell'organismo, con risultati apprezzabili sulla diminuzione del peso corporeo. Cromo e carnitina concorrono all'attività dimagrante, favorendo il mantenimento della massa magra e riducendo il grasso viscerale.
INIBIZIONE DELLA LIPOGENESI
L'HCA è un inibitore competitivo dell'ATP-citrato liasi, enzima che facilita la sintesi di acidi grassi, colesterolo e trigliceridi. Attraverso l'inibizione competitiva, infatti, l'HCA si lega con l'enzima ATP-citrato liasi, riducendo drasticamente la produzione di acetilcoenzima A, inibendo la sintesi di grassi e colesterolo e aumentando contemporaneamente lo stoccaggio di glicogeno. Studi condotti su animali dimostrano la capacità dell'HCA di ridurre la sintesi di acidi grassi del 40-70%, dopo 8-12 ore dall'assunzione di cibo.
RIDUZIONE E REGOLAZIONE DELL’APPETITO
L’HCA ha mostrato di promuovere il rilascio di serotonina nella corteccia cerebrale isolata di topi, che potrebbe spiegare l’azione inibitoria sull’appetito. Anche il cromo può favorire il controllo del peso corporeo aumentando la sintesi di serotonina, stimolata dall’insulina, o attraverso l’incremento della sintesi proteica e quindi dell’utilizzo di energia. Uno studio condotto su pazienti obesi trattati con HCA e cromo ha evidenziato una perdita di peso media pari a circa 5 kg dopo due mesi di trattamento, accompagnata da diminuzione del desiderio di zuccheri e dell’appetito e aumento dell’energia. Il cromo promuove gli effetti termogenetici dell’insulina, ottenendo una riduzione del desiderio di carboidrati e zuccheri. In un recente studio pubblicato sul Journal of Psychiatric Practice, gli autori hanno osservato che il cromo a un dosaggio di 600 mcg/die in pazienti con depressione atipica è in grado di ridurre il craving di carboidrati e favorire la regolazione dell’appetito.
METABOLISMO LIPIDICO, DISLIPIDEMIA E GRASSO VISCERALE
I tre composti, con diverse modalità, hanno effetti positivi sulla mobilizzazione lipidica. La funzione della carnitina è quella di rendere i grassi maggiormente mobili, per consentire una loro più rapida eliminazione, prevenendone l'accumulo nel tessuto adiposo. Per tale motivo questo nutriente è uno dei più utilizzati nella formulazione di integratori per perdere peso. In un recente studio in aperto la somministrazione associata di carnitina (300 mg al giorno) e di HCA (250 mg al giorno) ha indotto una significativa riduzione di peso, BMI e percentuale grasso corporeo. In un altro recente studio, su modelli animali la somministrazione di HCA e L-carnitina ha mostrato la riduzione del peso corporeo e dell'accumulo di grasso viscerale, abbassando le concentrazioni lipidiche, ematiche ed epatiche e glucosio, insulina, c-peptide e livelli di leptina negli animali trattati. Anche il cromo ha mostrato di ridurre l'accumulo di grasso addominale, associato a condizioni quali iperlipidemia e ipertensione. In uno studio 60 volontari, sottoposti ad una dieta di 2.000 kcal al giorno, con 30 minuti di camminata 5 giorni alla settimana, hanno assunto 2.800 mg di HCA suddivisi in 3 dosi 30-60 minuti prima dei pasti. Dopo 8 settimane il peso corporeo e la massa grassa sono diminuiti rispettivamente del 5,4% e del 5,2%. Sono state osservate riduzioni anche nel colesterolo LDL, trigliceridi e livelli ematici di leptina, mentre i livelli di colesterolo HDL e serotonina e l'escrezione dei metaboliti lipidici (un biomarker dell'ossidazione lipidica) sono aumentati in maniera rilevante. In alcuni studi su atleti la supplementazione di cromo durante esercizi di resistenza ha mostrato di aumentare la perdita di massa grassa a favore di quella magra. L'effetto ergogenico è basato sulla capacità dell'insulina di facilitare il trasporto di BCAA (aminoacidi ramificati) nel muscolo.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18385825
MASCHERA AL MIELE ED OLIO D'OLIVA CONTRO LA PELLE SECCA.
10-01-2017
La pelle secca è un problema per molte donne. Eppure c’è chi le ha provate davvero tutte, a colpi di creme, unguenti ed integratori, per rivedere fiorire la propria cute. Basterebbe mangiare i giusti alimenti per conquistare una pelle idratata, nutrita e più luminosa. Tra gli alleati della cute, infatti, spiccano cibi come frutta fresca, verdura ed uova…oltre all’acqua che idrata e depura. Tra gli elementi altamente benefici per la pelle, ci sono anche il miele e i pomodori. Il primo infatti, è particolarmente indicato per le sue note proprietà antibatteriche; il secondo invece, (ricco di licopene ed altre vitamine), produce benefici alla cute. Proprio sfruttando le proprietà di questi alimenti, possiamo creare un’efficace maschera fai-da-te da applicare al viso un paio di volte alla settimana. Questo rimedio a base di miele, pomodoro ed olio d’oliva nutre e protegge la cute. Gli acidi grassi contenuti nell’olio di oliva, infatti, formano una barriera protettiva contro la secchezza cutanea. E’ importante quindi utilizzare solo un olio extravergine d’oliva che contiene una caterva di antiossidanti, vitamine, minerali ed aminoacidi per la pelle. La maschera all’olio d’oliva e miele, dunque, oltre a sortire un effetto altamente idratante svolge un’importante funzione anti-age. Per preparare il composto da applicare sul viso, occorrono: 2 cucchiai di miele, 2 cucchiai da tè di olio extravergine di oliva, 2 cucchiai di pomodoro tritato finemente.
PROCEDURA
Per ottenere una maschera efficace, mescola il miele e l’olio d’oliva in una terrina. Utilizza tre o quattro pomodorini e tagliali finemente. Poi, impiega un mortaio ed un pestello per ridurre il pomodoro in poltiglia (in alternativa al mortaio puoi utilizzare una forchetta ed un recipiente). A questo punto, aggiungi il succo di pomodoro al miele e all’olio d’oliva in modo da ottenere un composto omogeneo. Detergi delicatamente il viso con acqua tiepida ed asciugalo bene. Applica questa maschera super-idratante partendo dal naso, dal contorno occhi, per poi passare a mento e guance. Lasciala agire per quindici minuti. A questo punto, sciacqua bene la miscela avendo cura di rimuoverla accuratamente. L’impiego del miele nei trattamenti estetici può rivelarsi particolarmente fastidioso in quanto esso risulta appiccicoso. Per questo motivo è consigliabile rimuovere la maschera sotto la doccia così da essere sicuri di eliminare ogni residuo. Dopo aver sciacquato il viso, asciugalo e cospargilo di acqua distillata di amamelide (un rimedio astringente e particolarmente indicato sia per le pelli grasse che per quelle delicate), acqua di rose o una qualsiasi crema idratante e non aggressiva.
MANDORLE PER LA SALUTE E LA BELLEZZA.
10-01-2017
Recentemente gli scienziati hanno scoperto che le mandorle contengono i più forti antiossidanti, che hanno l’effetto di normalizzare la quantità di colesterolo e di influenzare efficacemente i processi metabolici dell’organismo. Scienziati cardiologi del Connecticut (USA) hanno realizzato una serie di test scientifici ai quali si sono sottoposti un folto gruppo di volontari. Uno dei test fu il consumo di 25-30 g di mandorle al giorno per il periodo di un mese. Alla fine dei test risultò che a tutti i volontari era diminuito il livello di colesterolo cattivo, LDL, ed era notevolmente aumentata l’elasticità dei vasi sanguigni. Pertanto, gli scienziati raccomandano di inserire nella dieta quotidiana un pò di mandorle, per ridurre il rischio di infarto del miocardio e di ictus. La mandorla è stata utilizzata anche in cosmetologia per il trattamento delle rughe e aumentare l’umidità ed elasticità dell’epidermide. Infatti i flavonoidi contenuti nelle mandorle agiscono efficacemente sullo stato di salute della pelle. Inoltre le mandorle aiutano a mantenersi attraenti, perché sono un’ottima fonte naturale di vitamina E, biotina, calcio e ferro. Pertanto il consumo regolare delle mandorle contribuisce al mantenimento della salute e della bellezza.
FATTORI CHE SCATENANO L’AGGRESSIVITA' IN ALCUNI SOGGETTI.
10-01-2017
A parte i casi in cui l’aggressività è una risposta volontaria del soggetto a determinate circostanze esterne, esistono altre cause involontarie di questo tipo di comportamento. L’aggressività può essere dovuta all’eccesso di alcol, alla stanchezza estrema, alla carenza di zucchero nel sangue o semplicemente ai tratti della personalità ereditata geneticamente. Infine l’aggressività può essere dovuta anche a un’ipersensibilità. Albert Rowe, un medico californiano che già negli anni Venti si era occupato di allergie alimentari, aveva dimostrato con una ricerca sulle malattie psicosomatiche che i sintomi come l’aggressività possono essere dovuti a uno squilibrio chimico provocato da un’ipersensibilità ai cibi o ai prodotti chimici. Richard Mackarness, uno psichiatra del Park Prevett Hospital di Basingstoke, ha seguito con successo questa tesi negli anni Settanta. Uno degli alimenti più comunemente imputati è lo zucchero. Il mondo occidentale ne consuma molto più di quanto non facesse due (o anche una) generazione fa. A questo proposito esiste uno studio, condotto qualche anno fa su detenuti colpevoli di atti di violenza. I detenuti erano divisi in due gruppi: uno seguiva un’alimentazione senza zucchero, mentre l’altro continuava a mangiare normalmente. Molti dei prigionieri che seguivano la dieta senza zucchero si sono calmati e sono diventati meno aggressivi. Quando le diete sono state invertite, il secondo gruppo si è calmato e il primo gruppo è tornato al comportamento aggressivo abituale. Altri studi sono stati condotti negli USA, di cui uno su bambini, che hanno dato risultati analoghi. Per chi soffre di ipersensibilità è come se venisse pompata adrenalina nelle vene. I muscoli dello stomaco si tendono. Il soggetto si sente irritabile o violento, a seconda del livello della reazione. Fra le forme di reazione allergica questa è una delle più sfortunate, più pericolose (almeno potenzialmente) e meno capite. A parte lo zucchero, possono essere responsabili altri alimenti come latte, grano, cioccolato o additivi alimentari. Inoltre molti prodotti chimici respirabili, fra cui gas naturale, profumi e anche fumo di tabacco, possono causare questo sintomo. L’effetto può essere legato anche a carenze di minerali traccia o ad avvelenamento.
IL LATTE DI MUCCA NON E' ADATTO PER I LATTANTI.
09-01-2017
Tradizionalmente, il latte di mucca si usava per l'alimentazione dei lattanti, ma oggi si sa che presenta vari svantaggi, assenti nell'allattamento naturale:
- Provoca abbastanza spesso allergie e intolleranza.
- Causa emorragie intestinali: uno studio realizzato nell'Università dello Iowa (Stati Uniti) ha dimostrato che il 30% dei lattanti cresciuti con latte di mucca presentava tracce di sangue nelle feci a causa di piccole emorragie intestinali. Lo stessa accadeva nel 5% dei bambini nutriti con formule lattee (latte di mucca trattato o integrato con latte materno).
- Aumenta il rischio di soffrire di diabete: vari studi dimostrano che quanto prima si aggiunge il latte di mucca alla dieta, tanto maggiore è il rischio che il lattante, una volta adulto, soffra di diabete. Allo stesso modo, quanto più a lungo il piccolo viene allattato al seno, tanto minore è questo rischio.
CONSIGLI NATUROPATICI PER LA VAGINITE CRONICA DA CANDIDA ALBICANS O TRICHOMONAS.
09-01-2017
La vaginite cronica conseguente a infezione da Candida albicans o Trichomonas è un disturbo abbastanza diffuso, che si può alleviare notevolmente potenziando la funzione immunitaria e con trattamenti locali a base di erbe. Oltre a evitare scrupolosamente lo zucchero e tutti gli altri agenti immunodepressori, si consiglia di introdurre nella vagina un tampone imbevuto di una soluzione acquosa con 3 gocce di olio di melaleuca la sera e di tenerlo fino al mattino dopo. Tutte le donne che hanno sperimentato questo metodo hanno assistito alla scomparsa o a una notevole riduzione dei sintomi. Un altro rimedio utile consiste nell'introdurre uno spicchio d'aglio sbucciato nella vagina e tenercelo tutta la notte.