Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

10-03-2015

Una cura a base di abbracci sarebbe molto utile contro stati influenzali e raffreddori. Lo suggerisce la ricerca condotta dalla Carnegie Mellon University e pubblicata su Psychological Science. Nello studio di Sheldon Cohen e colleghi l’abbraccio è stato usato come esempio di supporto sociale, come indicatore del fatto che ci sia, nella vita dei volontari partecipanti, una (o più) relazione intima e vera con altre persone. Ed è attraverso questo indicatore che hanno dedotto che abbracci frequenti proteggono il sistema immunitario dal contrarre infezioni associabili allo stress. Lo stesso Cohen aveva già potuto osservare, in un suo studio precedente, che le interazioni sociali negative possono aumentare il rischio di ipertensione negli adulti over 50. In questo suo ultimo esperimento ha sottoposto a 404 adulti sani un questionario e un’intervista nei quali, tra le altre cose, è stato chiesto ai partecipanti di indicare quante volte al giorno abbracciavano e venivano abbracciati. La frequenza di abbracci o conflitti è stata poi controllata anche attraverso interviste telefoniche fatte dagli sperimentatori ogni sera per 14 giorni. Infine i volontari sono stati esposti a un virus del raffreddore e, quindi, monitorati in quarantena.
Ciò che è emerso è che gli abbracci erano responsabili di avere un potere protettivo in oltre un terzo dei partecipanti. Tra quelli che hanno effettivamente contratto il virus, chi aveva maggiore supporto sociale – ovvero i più abbracciati – ha mostrato sintomi più leggeri ed è guarito prima, anche quando aveva dovuto fronteggiare diverse situazioni stressanti di conflitto durante i giorni del test. “Questo suggerisce che essere abbracciati da una persona della quale ci si fida può effettivamente funzionare. E – chiarisce Cohen in una nota – aumentare la frequenza degli abbracci può ridurre gli effetti nocivi dello stress”. Ma si tratta veramente solo di affetto dal potere antinfluenzale? Non è necessariamente detto che sia solo il sentirsi amati ad avere effetti positivi sulla salute. Sappiamo che durante l’abbraccio si libera l’ossitocina, l’ormone dell’amore, che a sua volta può avere effetti positivi sulla salute. Ed è anche possibile che durante il contatto fisico si sprigioni una serie di altre molecole, la cui presenza in circolo e interazione sia capace di rafforzare il sistema immunitario.

 

http://www.huffingtonpost.com/2014/12/19/science-proves-that-hugs-_n_6349398.html

http://www.cmu.edu/news/stories/archives/2014/december/december17_hugsprotect.html

http://www.pnas.org/content/109/16/5995.abstract

http://www.sciencedaily.com/releases/2012/04/120402162546.htm

http://www.cmu.edu/news/stories/archives/2012/april/april2_stressdisease.html

10-03-2015

Ma quale dulcis in fundo! Il dolce va mangiato prima di tutto il resto, come un antipasto. Lo dice uno studio dell'Imperial College di Londra pubblicato sul Journal of Clinical Investigation. Secondo i ricercatori inglesi questo semplice accorgimento aiuterebbe a mantenere la linea, oltre che a soddisfare le nostre voglie golose. Perché? Pare che il dolce - ma secondo gli scienziati anche i carboidrati complessi come la pasta e il riso - faciliti il senso di pienezza, inducendo il soggetto a mangiare meno per il resto del pranzo.
La chiave sarebbe in un enzima cerebrale denominato glucochinasi che registra di volta in volta la quantità di glucosio immessa nell'organismo. Di fronte a livelli troppo bassi, l'enzima lancia l'allarme e il cervello in sostanza ci “ordina” di procurarci altri zuccheri. Uno degli esperimenti effettuati su modello murino ha rivelato che l'aumento del livello di glucochinasi nel cervello dei ratti produceva una preferenza chiara per i cibi più dolci. I ratti sono stati lasciati a digiuno per 24 ore e i ricercatori hanno verificato un aumento considerevole della glucochinasi. Ciò potrebbe spiegare il motivo per cui alcune persone sembrano attratte in maniera irresistibile dai dolci mentre altri hanno un rapporto più equilibrato. Potrebbe dipendere, cioè, dai livelli di glucochinasi che ognuno di noi ha.
Secondo il coordinatore della ricerca James Gardiner, consumare un dolce prima di iniziare il pasto vero e proprio ha come effetto di raggiungere subito un livello di glucosio ritenuto sufficiente dal cervello, che quindi non comunicherà al corpo un senso di fame eccessivo. Ma il trucco è ancora più intelligente se al posto dei dolci utilizziamo pasta, riso o patate, tutti alimenti ricchi di glucosio che potrebbero svolgere la stessa funzione dei dolci con un minor introito di calorie e di grassi.

 

http://www.jci.org/articles/view/77172

10-03-2015

1. Il desiderio sessuale si attiva non solo nei genitali, ma anche nel corpo intero, particolarmente nel cervello. Per gli uomini, esso inizia quando il cervello trasmette gli impulsi al midollo spinale e quindi ai nervi del pene. Questi impulsi innescano la produzione dell’ossido nitrico che provoca l’erezione. Il neurotrasmettitore che attiva il messaggio sessuale, negli uomini e nelle donne, è l’acetilcolina (ACh). Quando l’ACh è scarsa, l’attività sessuale cala. Un modo sicuro ed efficace per aumentare i livelli di ACh è quello di assumere i nutrienti Colina (1.000-3.000 mg) e vitamina B5 (500-1.500 mg).

2. Vari studi hanno dimostrato che l’attività fisica riduce il rischio di disfunzioni erettili. L’esercizio aiuta ad evitare l’impotenza con lo stesso meccanismo per cui impedisce gli attacchi di cuore: mantenendo tonici i vasi sanguigni.

3. Ottimizzare l’alimentazione basandosi sulla propria costituzione genetico-sanguigna. Ciascuno ha un tipologia metabolica unica ed ogni tipologia richiede differenti quantitativi di macronutrienti (grassi, proteine e carboidrati) per funzionare in modo ottimale.

4. Poiché la disfunzione sessuale può peggiorare a causa dello stress e ansia, è di importanza fondamentale imparare a controllare le emozioni attraverso tecniche di rilassamento. Da qualche anno è in auge una tecnica chiamata EFT che utilizza un misto di tecnica psicologica e agopressione.

 

http://umnews.ur.umn.edu/news/features/2005/UR_44870_REGION1.html

10-04-2015

Il cioccolato, oltre a renderci tanto intelligenti da far vincere un premio Nobel e farci addirittura dimagrire, può essere un rimedio efficace per contrastare la tosse. E' quanto sostiene una ricerca inglese, che ha mostrato una riduzione dei sintomi della tosse, sia in forma acuta che cronica, grazie a un principio attivo contenuto proprio nel cacao. Lo studio ha coinvolto circa 300 persone colpite da tosse persistente, che sono state sottoposte a un test clinico consistente nella somministrazione della teobromina, alcaloide naturale presente nelle piante di cacao e nei suoi derivati, 2 volte al giorno per 144 giorni, sotto forma di capsula. I primi indicatori hanno registrato che il 60% dei pazienti ha avvertito subito una qualche forma di sollievo. Per questo i ricercatori sono arrivati ad affermare che una barretta al giorno di cioccolato fondente può contenere abbastanza principio attivo per avere un effetto sulla tosse cronica. Comunque, nonostante i sintomi risultino alleviati, non si tratta di una cura definitiva, in quanto il disturbo si è ripresentato una volta terminato il trattamento. Uno studio precedente condotto dal National Heart and Lung Institute aveva già mostrato che la teobromina è in grado di bloccare l'azione dei nervi sensoriali, che a sua volta ferma il riflesso della tosse. E' stato scoperto che questo principio attivo è più efficace della codeina, ampiamente utilizzata nel trattamento della tosse, di cui soffrono tanto da influenzare le attività quotidiane un inglese su 12.
«Questa nuova capsula che stiamo usando sembra essere molto efficace. Mangiare una barretta di cioccolato fondente al giorno potrebbe essere utile per le persone a cui è stata diagnosticata una tosse persistente, sebbene assumerla su base quotidiana potrebbe avere altri effetti indesiderati come l'aumento di peso», ha spiegato l'autore principale della nuova ricerca, Alyn Morice, a capo della Hull Cough Clinic. La teobromina, come le altre due molecole della famiglia delle metilxantine (la teofillina e la caffeina) vanta numerose azioni farmacologiche, che dipendono dall'azione sul sistema nervoso autonomo. Ma se assunta in alte dosi, produce anche tachicardia, vasospasmo e un aumento della secrezione gastrica. Possiede, infine, un'azione di rilassamento sulla muscolatura liscia: per questo l'assunzione di cioccolata dopo i pasti può favorire il reflusso gastroesofageo e dev'essere evitata da chi è predisposto a questo disturbo. Su tutti questi aspetti negativi, restano i tanti effetti benefici che derivano dal cioccolato, dalla lotta al colesterolo cattivo e allo stress fino alla prevenzione di ictus e infarti.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2245042/Chocolate-help-beat-persistent-coughs.html

10-04-2015

Le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitumorali della curcumina, potente spezia gialla reperibile nella polvere di curry, è stata sottoposta ad intense ricerche in varie parti del mondo. In accordo con i ricercatori dell’Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, la curcumina blocca un passaggio biologico chiave per lo sviluppo del melanoma e altri tumori. La spezia blocca la proliferazione delle colture di cellule di melanoma e le stimola a commettere suicidio abbassando il Nuclear Factor-kappa B (NF-kB), potente proteina conosciuta per indurre una risposta infiammatoria anomala che può portare a patologie come l’artrite e il cancro. I ricercatori hanno trattato tre differenti linee cellulari di melanoma con curcumina valutando l’attività dell’NF-kB e dell’IKK, una proteina che attiva l’NF-kB. I risultati hanno evidenziato che, indipendentemente dal quantitativo di spezia usata, la curcumina:

• Ha impedito ad entrambe le proteine di essere attivate.
• Ha funzionato per fermare la crescita del melanoma.
• Ha indotto il suicidio cellulare.

La curcumina è utilizzata da lungo tempo in India e altre nazioni asiatiche per varie cose come preservante per alimenti, colorante, per insaporire i cibi e nella medicina popolare. In India, la prevalenza dei tumori più diffusi nel mondo occidentale (colon, mammella, prostata e polmoni) è inferiore di 10 volte.

COMMENTO

Avanti di questo passo, i nostri politici molto probabilmente prima di farci sedere a tavola pretenderanno la ricetta medica e la notifica di queste sostanze al Ministero della Salute. La maggior parte delle spezie e delle erbe aromatiche, oltre a rendere gli alimenti più gustosi e saporiti, contengono un buon numero di sostanze con ottime qualità antiossidanti e curative. Il consiglio principale è di farne un uso abbondante in cucina.
Il cancro è una malattia estremamente diffusa e problematica per cui qualsiasi mezzo in grado di avere un qualche effetto antagonista è ben accetto. Non esistono armi magiche contro di esso. Tuttavia inserire nelle proprie abitudini di vita una dieta salutare, esercizio fisico regolare, un sonno riposante, riduzione dello stress, limitare l’esposizione a tossici ambientali, sono tutti mezzi fondamentali per evitarlo.

 

http://www.mdanderson.org/newsroom/news-releases/2005/07-11-05-potent-spice-works-to-block-growth-of-melanoma-in-lab-test-news-release.html

http://www.sciencedaily.com/releases/2005/07/050712232338.htm

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2005/07/30/cancer-spices.aspx

 

Venerdì, 10 Aprile 2015 10:37

L’AGLIO RIDUCE IL RISCHIO DI INFARTO.

10-04-2015

Per secoli, l’uomo ha usato la polvere d’aglio per qualsiasi problema. Negli anni recenti i ricercatori hanno svelato il vero effetto primario dell’aglio: ridurre il rischio di infarto. La ricerca attuale, si focalizza su studi che investigano gli effetti dell’aglio nei confronti dei fattori di rischio cardiocircolatorio. Vari studi hanno dimostrato che l’aglio è in grado di:

• Abbassare il colesterolo totale.
• Abbassare il colesterolo LDL (“cattivo”).
• Abbassare la pressione sanguigna.
• Mantenere fluido il sangue, riducendo i rischi di trombi e ictus.
• Funzionare come antiossidante.

Ci sono alcuni studi che suggeriscono che l’aglio riduca anche i livelli di omocisteina. I meccanismi d’azione con cui l’aglio ottiene questi effetti sono:

• Inibizione dell’enzima HMG-CoA reduttasi o la squalene epossidasi
• Inibizione dell’attività dell’enzima convertitore dell’angiotensina.
• Inibizione dell’adenosin-deaminasi.
• Inibizione della lipossigenasi.

In accordo con Michelle H. Loy e il Dr. Richard S. Rivlin del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center and Weill Medical College of Cornell University in New York, si può dire che i suddetti studi suggeriscono che l’utilizzo appropriato di derivati dell’aglio possono giocare potenzialmente un ruolo nel mantenimento di una funzione cardiaca ottimale.

 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1046/j.1523-5408.2000.00043.x/abstract

10-04-2015

In accordo con i ricercatori dell’University of Maryland schools of medicine and pharmacy, l’uso di farmaci antipiretici come l’aspirina e il paracetamolo, possono prolungare l’influenza A ed eventuali altre infezioni virali. In una serie di studi sui vaccini condotti tra il 1978 e il 1987 all’University’s Center for Vaccine Development, a 54 volontari fu iniettato il virus dell’influenza A: 45 con S.sonnei, 21 con R. ricketsii. Durante questi studi, ad alcuni dei soggetti venne somministrata aspirina o paracetamolo per tamponare i sintomi febbrili. Lo studio corrente, ha comparato la durata della malattia negli individui che assunsero i farmaci rispetto a quelli che non li usarono, trovando in quelli con assunzione di farmaci un prolungamento medio della malattia di 3.5 giorni. Di media, i sintomi influenzali duravano 5.3 giorni nei partecipanti che non avevano assunto aspirina o paracetamolo, rispetto agli 8.8 negli individui che avevano assunto antipiretici. Questa analisi suggerisce che la terapia anti-febbre prolunga la malattia in individui affetti da influenza A, ma non nella shigellosi o febbre delle Montagne Rocciose, come dimostrato da Philip A. Mackowiak, uno dei principali ricercatori e capo del Medical Care Clinical Center, V.A. Maryland Health Care System e professore della School of Medicine. “La nostra ricerca suggerisce che la febbre può avere ruoli differenti nella risoluzione di infezioni batteriche e virali” dice Karen I. Plaisance, co-direttore dello studio. Perciò, le buone notizie indicano che i farmaci antipiretici fanno sentire la gente meglio quando hanno le infezioni. Le cattive notizie indicano che esse possono prolungare la patologia.

COMMENTO

E’ stupefacente vedere come sia stata fatta così poca ricerca nei confronti di un sintomo così basilare in risposta alle infezioni: la febbre. Poiché questo sintomo è l’espressione dei meccanismi alla base delle difese organiche, ovviamente non dovrebbe essere soppresso di primo acchitto. La febbre non è una malattia da combattere utilizzando i farmaci. E’ un segno indicativo della presenza di un’infezione molto utile per debellarla. La febbre va solo controllata affinché non esca dai parametri classici.
Piuttosto, è fondamentale utilizzare un approccio all’influenza mirato a mettere in condizioni l’organismo di debellarla con le proprie forze. Anche il vaccino non è la risposta, anzi, come dimostrato da numerosi lavori è negativo per la salute. Secondo il Center for Disease Control and Prevention (CDC: Weekly report: influenza summary update, week ending November 22, 2003–week 47) il vaccino antinfluenzale utilizzato nel 2003 negli Stati Uniti era del tutto privo di efficacia.
A seconda di come i dati sono stati analizzati, il vaccino ha dato una protezione che va dallo 0 al 14% dei partecipanti allo studio. Questo però è solo uno dei problemi legato all’uso del vaccino antinfluenzale in quanto esso contiene anche sostanze tossiche come mercurio e alluminio e molte persone sviluppano un’influenza subito dopo la sua somministrazione poiché tutto questo insieme di cose indebolisce le difese immunitarie rendendo l’individuo più predisposto alla malattia.
Ogni anno diverse centinaia di persone muoiono a causa del virus influenzale. Ciò non dipende dal fatto di non essersi sottoposti alla vaccinazione ma perché sono già malati e con un sistema immunitario compromesso da uno stile di vita sregolato. Quindi, il trattamento principale dell’influenza è la prevenzione correggendo stress, errori alimentari e cattive abitudini. Per ridurre notevolmente il rischio di contrarre l’influenza, si suggeriscono alcuni consigli da seguire:

1. Abolire lo zucchero: Lo zucchero diminuisce la funzione del sistema immunitario. E’ importante sapere che lo zucchero è presente in vari alimenti insospettabili come ad esempio il ketchup e i succhi di frutta.

2. Riposare sufficientemente: Se l’organismo è affaticato, difficilmente sarà in grado di combattere l’influenza. Un riposo regolare renderà l’organismo forte al punto da eliminare qualsiasi potenziale invasore.

3. Mangiare aglio regolarmente: L’aglio è un antibatterico, antivirale e antifungino naturale: è un alimento da assumere giornalmente. Per ottenere i benefici per la salute in modo ottimale, deve essere mangiato fresco in quanto i principi attivi (allicina) sono distrutti entro un’ora dalla pelatura. Per questo non sono consigliabili i supplementi in pillole.

4. Ridurre lo stress: Tutti, quotidianamente, dobbiamo fare i conti con lo stress, ma se esso supera certi limiti ridurrà notevolmente la capacità dell’organismo di combattere influenza e altre malattie. Si dice che il 90% delle malattie siano connesse con lo stress.

5. Esercizio fisico: Durante l’esercizio fisico, si incrementa la circolazione ed il sangue fluisce in tutto il corpo. I componenti del sistema immunitario circolano più facilmente con migliori possibilità di bloccare una qualsiasi patologia prima che si sviluppi troppo. L’esercizio rende il sistema immunitario più efficiente a bloccare virus e malattie.

6. Lavarsi le mani: Lavarsi le mani diminuisce le possibilità di diffondere un qualsiasi virus dal naso e dalla bocca ad altre persone. Non usare saponi antibatterici perché non necessari. I saponi antibatterici causano più problemi che benefici.

7. Integratori vitaminici e fitoterapici: Rinforzate naturalmente il vostro sistema immunitario, iniziando da Settembre, l’assunzione di integratori a base di vitamine C, D, selenio, uncaria, echinacea, rosa canina, astragalo e pau d’arco.

 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1592/phco.20.19.1417.34865/abstract

http://umaryland.pure.elsevier.com/en/publications/effect-of-antipyretic-therapy-on-the-duration-of-illness-in-experimental-influenza-a-shigella-sonnei-and-rickettsia-rickettsii-infections%28aeb3d072-c187-432f-b470-8d064b8d499c%29.html

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2000/12/17/fever-flu.aspx

Venerdì, 10 Aprile 2015 10:35

VACCINAZIONI.

10-04-2015

I soldi sono il motore che fa girare il mondo. L’uomo, per sua natura, lotta principalmente per due scopi: il potere e il denaro. Il primo produce facilmente il secondo. L’ambiente medico non fa eccezione, specie se sostenuto da politica e da industrie. La medicina non è più una scienza ma è diventata un business e come tutti i business cerca di sfruttare a suo favore il potere psicologico che ha sulle masse succubi della paura inconscia di soffrire a causa delle malattie. Quando la politica poi obbliga la massa a sottostare e subire scelte terapeutiche stabilite da chi gestisce il potere e quanto meno opinabili da un punto scientifico, non si può fare a meno di subirne anche gli effetti iatrogeni. L’informazione ha ripetutamente sostenuto che, per i bambini, i vaccini sono uno degli interventi medici più importanti per la salvaguardia della salute essendo sia sicuri che protettivi contro malattie pericolose. Molti genitori, dopo aver sperimentato sulla propria pelle gli effetti collaterali, si sono resi conto che la loro fiducia era stata tradita. In ogni caso, psicologicamente la convinzione di prevenire malattie pericolose fa si che essi acconsentano a vaccinare i piccoli nonostante i rischi connessi. Grazie a Internet, che non può essere zittito, le masse diventano sempre più consapevoli. I genitori scoprono sempre più che la natura non è poi così crudele: le malattie dell’infanzia (a condizione che siano gestite correttamente) hanno un ruolo primario nella maturazione e sviluppo del sistema immunitario e i vaccini non hanno mai evitato nessuna malattia. La natura molto tossica e invasiva dei vaccini, che provoca i ben noti effetti collaterali, li rende controproducenti in relazione al loro proposito di proteggere contro le malattie. Prima di rendere obbligatorio qualsiasi protocollo terapeutico medico, bisognerebbe valutare sui due piatti della bilancia due parametri fondamentali: 1. l’efficacia e 2. la sicurezza del trattamento per il corpo umano. Considerando la prassi vaccinica, bisogna tenere ben presenti in termini di efficacia e sicurezza i seguenti punti:

• Prove scientifiche sostengono la validità delle immunizzazioni. Preservano da malattie infettive, alcune meglio di altre, ma questo punto non è mai stato discusso.

• L’evidenza scientifica non sostiene la sicurezza delle immunizzazioni.

• Gli studi sulla sicurezza dei vaccini sono limitati solo a periodi brevi (alcuni giorni o settimane). NON esiste uno studio su effetti a lunga scadenza.

• Esiste una limitata evidenza scientifica, ma in forte crescita, di effetti collaterali a lungo termine che necessiterebbe studi più approfonditi.

Nell’agosto del 1999 e aprile 2000, al Congresso Americano a Washington sono girate voci insistenti inerenti alla sicurezza dei vaccini. Dan Burton, Presidente dell’U.S. House Government Reform Committee ha preso in considerazione queste voci. Nell’ottobre 1999 si è tenuta una conferenza sull’autismo a Cherry Hill, NJ, sponsorizzata dall’Autism Research Institute di San Diego, CA con la partecipazione di più di 1000 persone la cui grande maggioranza era formata da genitori di bambini autistici. Quando fu chiesto alla platea se riteneva esserci una relazione fra autismo e vaccini, la maggior parte di essa si alzò in piedi in senso affermativo.

I BENEFICI DEI VACCINI SONO ESAGERATI?

Da una prospettiva storica è importante tenere a mente che, nel primo periodo delle vaccinazioni, esistevano pochi vaccini e somministrati in tempi differenti. Sembra inoltre che proprio in quel periodo i vaccini ottenessero i loro risultati migliori con l’eradicazione del vaiolo nel mondo (sebbene sembri che attualmente sia ripreso in alcune zone dell’Estremo Oriente) e l’eradicazione della polio dall’emisfero occidentale con l’ultimo caso di polio verificatosi nel 1979. Oggi la gente crede che la vaccinazione di massa contro il vaiolo sia la responsabile dell’eradicazione della malattia nel mondo. Non è così, per il semplice motivo che i programmi di vaccinazione di massa non sono stati eseguiti in molte aree. In alcune nazioni del terzo mondo, solo il 10% della popolazione era stata immunizzata favorendo, per motivi economici, più una politica di quarantena dei villaggi infetti. Se una vaccinazione limitata associata alla quarantena è risultata efficace contro il vaiolo, ciò pone la domanda sulla necessità di vaccinazioni di massa anche per le altre malattie, considerando gli effetti collaterali negativi. Tra gli altri successi dei vaccini, annoveriamo l’insorgenza di soli 100 casi di morbillo negli USA nel 1998, di cui la maggioranza erano importati. I fautori delle vaccinazioni vorrebbero far credere che i vaccini siano stati i responsabili del controllo di tutte le passate forme epidemiche di malattie mortali negli USA. Con l’eccezione dei casi precedentemente descritti, i fatti non confermano ciò. In accordo con le registrazioni della Metropolitan Life Insurance Company, dal 1911 al 1935 le quattro cause principali di morte infantile da malattie infettive negli USA erano:

• Difterite.
• Pertosse.
• Scarlattina.
• Morbillo.

Tuttavia entro il 1945, i casi mortali di tutte queste patologie, erano calati del 95% prima della realizzazione dei programmi di vaccinazione di massa. Altre fonti statistiche confermano questo fenomeno. Secondo un rapporto edito su “Morbidity and Mortality Weekly Report” 30 luglio 1999, i fattori più importanti per il controllo delle malattie infettive nel secolo scorso sono stati:

• Sanità.
• Qualità dell’acqua.
• Igiene.
• Introduzione degli antibiotici.

Un altro fattore che normalmente viene trascurato, è che la virulenza dei microrganismi tende ad indebolirsi o attenuarsi nel tempo e passando da ospite ad ospite.

LA POPOLAZIONE SI IMMUNIZZA PER CONTATTO CONTINUATO O RIPETUTO

Un esempio di ciò è la pertosse, che ora è chiaramente una malattia più leggera rispetto a quella di 100 anni fa. Nella pubblicazione di Vera Scheibner, “Vaccination, 100 years of orthodox research shows that vaccine represent a medical assault on the immune system”, l’autrice esamina l’esperienza svedese per la pertosse ed il vaccino. Nel 1979 la Svezia ha bandito il vaccino anti-pertosse a causa di una ricaduta della malattia in bambini totalmente vaccinati e per via degli effetti collaterali, fra cui danno cerebrale, ritenuti del tutto inaccettabili. Nonostante questo divieto, attivo tutt’oggi, la mortalità infantile in Svezia per pertosse non è maggiore rispetto a quella di popolazioni interamente vaccinate (3 casi mortali dal 1987 al 1991 rispetto ai 4 del Galles del sud, Australia nello stesso periodo). In ogni caso bisogna ricordare che la pertosse rimane sempre una malattia seria in molte nazioni del terzo mondo arrecando una morbilità e mortalità significativa dovuta a fattori che includono scarsa igiene e mancanza di strutture sanitarie adeguate. Spesso sono “popolazioni vergini” in cui la pertosse è un’infezione relativamente giovane e quindi con assenza di immunità naturale presente invece nelle nazioni progredite.

LA SICUREZZA DEI VACCINI NON E’ PROVATA

Bisogna sottolineare che oggi i bambini ricevono da 22 a 35 vaccini prima dell’età scolare, mentre la maggior parte degli anziani di oggi ne ha ricevuti solo uno, quello contro il vaiolo. Alcuni vaccini contengono mercurio, una neurotossina ben conosciuta. Con la crescente consapevolezza pubblica sulle potenziali reazioni negative da metalli tossici e da materiale immunologico estraneo sul sistema immunitario immaturo dei bambini, è ragionevole chiedersi cosa si sa di queste reazioni. Una piccola ma crescente minoranza di medici e scienziati sta diventando sempre più consapevole che i test di innocuità per i vari vaccini usati sinora sono dolorosamente inadeguati. Prendiamo uno di numerosi esempi. Nel 1994, un comitato speciale del “National Academy of Science (Institute of Medicine), ha pubblicato una recensione completa sull’innocuità del vaccino dell’epatite B.
Quando il comitato, responsabile per controllare la sicurezza dei vaccini con mandato del Congresso Americano, ha approfondito l’indagine su cinque possibili e plausibili tipi di effetti collaterali negativi, non fu in grado di giungere a un risultato per quattro di essi a causa della mancanza completa di dati scientifici al riguardo: non era mai stata fatta alcuna ricerca inerente alla sicurezza. Inoltre fu scoperto che esistevano gravi mancanze e limitazioni sia nella conoscenza che nelle infrastrutture necessarie a studiare gli effetti collaterali dei vaccini. Dei 76 effetti collaterali negativi dei vaccini, esaminati dall’IOM, per 50 (66%) erano inadeguate le prove scientifiche addotte per dimostrare la causalità dell’evento. Lo IOM notò anche che “se la ricerca non verrà migliorata, le future indagini sull’innocuità dei vaccini partiranno handicappate allo stesso modo”. L’implicazione chiara di questo rapporto è che gli effetti collaterali dei vaccini potrebbero verificarsi su vasta scala senza tuttavia essere riconosciuti in riferimento alla loro vera natura. In sostegno a questa dichiarazione, si prendono ad esempio due studi all’avanguardia, pubblicati uno nel 1955 e uno nel 1984, entrambi lancianti grida d’allarme sui potenziali effetti collaterali dei vaccini.
Uno degli studi più affascinanti della vecchia letteratura medica inerenti al vaccino della pertosse, è quello di A. L. Basso (Chicago 1955), che fece un elettroencefalogramma su 83 bambini prima e dopo la somministrazione del vaccino anti-pertosse. In due dei soggetti, l’EEG divenne patologico dopo il vaccino senza nessun altro sintomo di reazioni abnormi. Nel suo rapporto egli commentava: ”questo studio mostra che possono verificarsi reazioni cerebrali da leggere a gravi nei soggetti in aggiunta ai cambiamenti neurologici molto gravi riferiti. Un altro studio effettuato in Germania, fu pubblicato sul NEJM nel 1984. Lo studio evidenziava una caduta provvisoria ma significativa dei linfociti T-helper in adulti sani dopo vaccinazioni routinarie contro il tetano. Una particolare preoccupazione deriva dal fatto che in quattro individui, la caduta dei linfociti era paragonabile a quella riscontrata nei malati di AIDS.

 

http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/mm4829a1.htm

10-04-2015

Gli individui che lamentano la patologia ossea chiamata osteoporosi, presentano una predisposizione maggiore ad avere la celiachia, un disturbo intestinale provocato da intolleranza alla farina di frumento (glutine). Il morbo celiaco rende i pazienti incapaci di assorbire certi nutrienti incluso calcio e vitamina D (entrambi essenziali per la salute delle ossa) favorendo quindi l’osteoporosi. I ricercatori hanno scoperto che, curando la celiachia con la dieta, l’osso torna ad essere normale. Lo studio è stato effettuato su 840 individui, 266 affetti da osteoporosi e 547 senza. Nove dei pazienti con osteoporosi avevano anche il morbo celiaco, rispetto ad un solo individuo nei sani. I risultati suggeriscono che il 3-4% degli individui con osteoporosi ha il morbo celiaco. Una dieta senza glutine migliora l’osteoporosi nei pazienti celiaci. Quando i pazienti con morbo celiaco e osteoporosi sono stati messi a dieta senza glutine per un anno, ci sono stati dei miglioramenti non solo nei sintomi gastrointestinali ma anche nella densità ossea. Il morbo celiaco è una reazione immunitaria alla porzione di glutine presente nel frumento. Esso inibisce l’assorbimento di vari nutrienti, che possono provocare malnutrizione e sintomi gastrointestinali. Molti pazienti lamentano perdita di peso e diarrea, sebbene spesso i sintomi siano così lievi da non rendersi conto nemmeno di avere questo problema. Questa patologia è trattata eliminando dalla dieta i cereali contenenti glutine. Nello studio, il 4,5% dei pazienti con osteoporosi presentava anche celiachia quelli senza osteoporosi solo lo 0,2%. I ricercatori affermano che questa incidenza è sufficientemente elevata per ricercare la presenza di celiachia in tutti i malati per osteoporosi.

COMMENTO

I cereali sono negativi per una problematica come l’osteoporosi non solo, come vedremo, per il glutine ma anche perché contengono delle sostanze che si chiamano fitati che hanno la caratteristica di legarsi ad alcuni minerali come calcio, magnesio e ferro provocandone la loro eliminazione attraverso l’apparato digerente. In passato, il morbo celiaco era considerato una malattia rara con un’incidenza di uno su 5.000 persone. 15 anni fa alcuni lavori hanno dimostrato che l’incidenza era salita a uno ogni 33 persone. La maggior parte della gente, non sa che esistono molte reazioni minori ai cereali contenenti glutine come il frumento, che possono arrecare disturbi alla salute. Questa reattività è chiamata “intolleranza subclinica al glutine”. E’ noto che molta gente presenta una specie di dipendenza nei confronti di pane, pasta, pizza e dolci e preferirebbe morire piuttosto che non mangiarli. E infatti è così. Molte persone muoiono a causa delle complicazioni provocate dalle disfunzione del metabolismo insulinico derivate dall’alimentarsi con i cereali. Chiunque avesse una tendenza a sviluppare una resistenza insulinica deve eliminare cereali e zuccheri dalla propria alimentazione. Indubbiamente quanto detto può suonare ridicolo specialmente a quelle persone che per la prima volta vengono a conoscenza di questi dati ma, una volta fatto il cambiamento entro breve saranno evidenti gli aspetti positivi e il senso di benessere tale che difficilmente si ritorna indietro. Per riuscire a mettere in pratica questo cambiamento è molto utile abituarsi anche a fare almeno mezz'ora al giorno di attività fisica possibilmente di tipo aerobico e supplementarsi con tutta una serie di nutrienti necessari per riutilizzare l’insulina appropriatamente.

 

http://news.wustl.edu/news/Pages/4830.aspx

http://www.sciencedaily.com/releases/2005/03/050308131921.htm

http://www.medicalnewstoday.com/releases/20501.php

http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2005/03/19/osteoporosis-wheat.aspx

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15738367

10-03-2015

Stendere i panni umidi in casa per lasciarli asciugare non è una buona idea secondo i ricercatori, anche se è difficile fare altrimenti nelle lunghe giornate piovose invernali. A lanciare l'allarme sul bucato è lo scienziato britannico David Denning del National Aspergillosis Centre di Manch, secondo cui l'aumento dell'umidità pari al 30 per cento per via degli abiti umidi stesi ad asciugare crea le condizioni ideali per il proliferare delle spore di muffa, responsabili di infezioni polmonari. "Un carico di bucato lavato a umido - spiega il ricercatore al Daily Mail - contiene quasi due litri d'acqua che poi vengono rilasciati nella stanza. La maggior parte di noi è immune al fungo che cresce in queste condizioni di umidità o ha un sistema immunitario sufficientemente sano per combattere l'infezione. Ma in chi soffre di asma può causare tosse e respiro affannoso, e nelle persone con un sistema immunitario debole o danneggiato – ad esempio i malati di cancro sottoposti a chemioterapia, i pazienti con Aids e le persone affette da una malattia autoimmune - il fungo può provocare aspergillosi polmonare, una condizione che può causare danni irreparabili e anche fatali ai polmoni".
La cosa migliore quindi è di asciugare i panni all'aperto o in uno spazio coperto ben ventilato e il più lontano possibile dalla camera da letto. In alternativa, è bene considerare l'acquisto di un'asciugatrice. Ne beneficerà la salute dei nostri polmoni.

 

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2851908/Drying-WASHING-indoors-harm-health-Damp-environment-creates-ideal-breeding-ground-mould-spores-trigger-infections.html

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