Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

01-06-2019

Di tutte le sostanze nutritive nei prodotti alimentari, il calcio è uno dei nutrienti più popolari tra la comunità scientifica. È necessario per la contrazione muscolare, la coagulazione del sangue, la costruzione delle ossa e dei nervi. Il calcio partecipa anche a molti importanti processi biologici. Ma, come per ogni altro alimento, è importante conoscerne la fonte. Di solito, quando si parla di calcio, si pensa al latte: idea sbagliata! Per anni, l’industria casearia ci ha convinto che il calcio è sinonimo di latte. Questo è assolutamente falso. Inoltre, se il latte è la migliore fonte di calcio per la salute delle ossa, il tasso di fratture e di osteoporosi dovrebbe essere basso nei paesi ad alto consumo di latte (Regno Unito, Finlandia, Svezia e Stati Uniti). Al contrario le statistiche indicano che i livelli di osteoporosi sono alti anche nelle nazioni ad alto consumo di latte e latticini. Alcuni studi mostrano che i cinesi con la loro molto bassa assunzione di latte hanno circa un quinto del tasso di fratture dell’anca, rispetto alla popolazione occidentale. Chiaramente, il motivo di questa differenza di rilievo è la fonte del calcio. I dati epidemiologici provenienti da vari studi in tutto il mondo, indicano chiaramente che la fonte e la quantità di calcio giocano un ruolo significativo nell’influenzare la salute. Le donne africane bantu consumano meno di 400 mg di calcio al giorno, prevalentemente da fonti vegetali, a differenza dei 1.000 mg di calcio al giorno raccomandati dagli Stati Uniti e godono di una salute notevole delle ossa, per tutta la vita. A proposito, non vi è alcuna evidenza di carenza di calcio tra queste donne che hanno un minimo di 5 gravidanze nel loro tempo di vita!
Il calcio derivato da vegetali è migliore perché in combinazione con il boro, un minerale che aiuta a trattenere il calcio nelle ossa, mentre il calcio del latte non fornisce questo nutriente. Inoltre le fonti vegetali di calcio sono alcaline, mentre le fonti animali sono acide. Il pH acido nel sangue promuove il rilascio di calcio (un nutriente alcalino) dall’osso, nel flusso sanguigno. Le piante sono anche un’ottima fonte di altri nutrienti come vitamine, antiossidanti e sostanze fitochimiche, che promuovono la salute e riducono il rischio di molte malattie degenerative. Al contrario, molti alimenti di origine animale sono carichi di una concentrazione indesiderata di inquinanti ambientali e grassi in eccesso - che possono causare danni alla salute in alcune persone metabolicamente svantaggiate. 
Nel latte ci sono 37,5 mg di calcio per un grammo, nel burro di sesamo ci sono 120 mg in un grammo, le mandorle forniscono 74 mg in un grammo, i semi di chia contengono 74 mg per oncia, una tazza di broccoli offre 175 mg di calcio, il consumo di appena cinque fichi (essiccati) al giorno è in grado di fornire 135 mg di calcio. Questi sono solo alcuni esempi di calcio negli alimenti vegetali. Molti esperti sostengono che 1.000 mg al giorno di calcio è una raccomandazione molto alta. Sulla base di ricerche e analisi epidemiologiche di calcio nella dieta, il calcio da fonti vegetali può promuovere un ambiente alcalino favorevole – che diminuisce la necessità di elevati livelli di calcio. Esiste una forte evidenza che ottenere calcio dagli alimenti di origine vegetale è più sicuro, più sano ed è la scelta migliore.

Venerdì, 31 Maggio 2019 18:45

I MEDICINALI CHE FANNO INGRASSARE.

01-06-2019

Spesso i farmaci da prescrizione sono forieri di effetti collaterali non sempre conosciuti. Tra le conseguenze derivanti dall’assunzione di medicine ne spicca uno: l’aumento di peso. Molti farmaci, infatti, comportano questa spiacevole conseguenza che non fa bene né alla salute, né alla psiche del soggetto interessato. Per questo motivo, è importante parlare con il proprio medico prima di assumere un farmaco informandosi accuratamente su quali possano essere gli effetti collaterali.

CONTRACCETTIVI ORALI

La maggior parte delle pillole contraccettive, oggi in commercio, contiene una dose che si aggira tra i 20 mcg ed i 35 mcg di estrogeni. Alcune pillole anticoncezionali, invece, contengono una dose più elevata di estrogeni (50 mcg). Queste ultime ci espongono al rischio di aumenti di peso e ad altri problemi. Gli estrogeni, infatti, stimolano una sostanza chiamata renina-angiotensina, che a sua volta sollecita la produzione dell’ormone antidiuretico, la vasopressina, provocando la ritenzione idrica. Le persone che già presentano condizioni anomale nel metabolismo del glucosio sono poi maggiormente esposte al rischio di un aumento di peso in seguito all’assunzione di estrogeni. Inoltre, le pillole anticoncezionali ad alto contenuto di estrogeni espongono i pazienti al rischio di sviluppare ictus, coaguli nel sangue e tumori al seno e all’ovaie.

PAXIL (ANTIDEPRESSIVO)

Un’altra medicina dagli effetti negativi sul peso è il Paxil, un farmaco comunemente prescritto per trattare la depressione, l’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo ed altri problemi psichiatrici gravi. Anche se quasi tutti gli antidepressivi (dallo Zoloft, al Paxil, al Prozac) sono associati ad un aumento di peso, alcuni come il Tofranil ed il Trazodone hanno maggiori probabilità di provocare questo effetto. Il consumo di antidepressivi non è l’unico elemento che può causare un incremento di peso visto che anche un’alimentazione scorretta associata all’assunzione di questi farmaci, incide notevolmente. Le persone profondamente depresse, infatti, tendono a consumare cibi più grassi e calorici per ottenere un appagamento maggiore.

CORTICOSTEROIDI

Sono farmaci antiinfiammatori che vengono utilizzati per il trattamento delle malattie autoimmuni, reazioni allergiche, eruzioni cutanee e reumatismi. In dosi inadeguate o utilizzati a lungo termine, possono avere effetti collaterali come l’aumento di peso, perché favoriscono la ritenzione idrica e aumentano l’appetito. Anche se è difficile fermare gli effetti collaterali, puoi fare un po’ di movimento e mangiare pasti più leggeri durante il trattamento.

DIURETICI

Li prendi quando soffri di un’insufficienza cardiaca o quando sei a dieta. Lo sapevi che ti fanno bene da una parte ma dall’altra stimolano l’appetito? Ti danno la sensazione di sete e automaticamente ti mandano al frigorifero per ricaricarti. Perché? Perché il cervello non fa differenza tra la sete e la fame.

ANTIPERTENSIVI

Li prendi per regolare la pressione sanguigna e sono tra i farmaci più frequentemente prescritti in tutto il mondo. Come agiscono sulla silhouette? Riducendo il consumo energetico, costringendo così il corpo ad immagazzinarne di più. Avrai una fame da lupo e potresti aggiungere qualche centimetro al girovita.

FARMACI PER IL DIABETE

Prendi l’insulina per abbassare il livello di glucosio nel corpo, ma i segni dell’aumento di peso si osservano già nei primi tre mesi di trattamento. Perché? Acquisisci resistenza all’insulina, il corpo ne secerne in eccesso e le cellule ricevono più glucosio della quantità necessaria. Non essendo usato, viene immagazzinato come grasso.

ANTISTAMINICI

Se soffri di allergie, i farmaci che ne alleviano i sintomi ti daranno un forte appetito a causa della difenidramina presente nella loro composizione.

31-05-2019

La vitamina B6 può rappresentare un importante elemento nutritivo anche per le adolescenti preoccupate degli accessi premestruali di acne giovanile. B. Leonard Snider, un medico di Erie (Pennsylvania), ha trattato con supplementi giornalieri di piridossina 106 giovani pazienti affette da acne premestruale: la vitamina veniva somministrata dalla settimana precedente la mestruazione alla fine di questa, per una media di tre periodi mestruali. Settantasei delle ragazze hanno riportato una riduzione dell'acne dal 50 al 75%. Altri medici hanno conseguito buoni risultati usando un unguento di piridossina nel trattamento di un altro tormentoso problema della pelle: la seborrea. Questa condizione infiammatoria cronica risulta da un'eccessiva secrezione di sebo grasso e untuoso da parte delle ghiandole sebacee dell'organismo. Una spiacevole desquamazione, accompagnata da rossori e croste, può comparire sul viso, sulle orecchie e sul cuoio capelluto.
Più di 30 anni fa, Richard W. Vilter, uno dei pionieri nelle ricerche sulla vitamina B6 e tre suoi colleghi dell'Università e dell'Ospedale di Cincinnati prepararono un unguento combinando la vitamina B6 con una crema di base dissolvente (10 mg di vitamina per un grammo di crema). Questo unguento veniva applicato direttamente sulle lesioni seborroiche di un certo numero di pazienti. I ricercatori riportarono i successi ottenuti sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine: "tutti i dodici pazienti trattati con l'applicazione dell'unguento di piridossina registrarono una completa scomparsa della seborrea nelle aree trattate, in un tempo variante dai 5 ai 21 giorni, anche se due pazienti richiesero concentrazioni di 50 mg di piridossina per grammo di crema base al fine di eliminare le ultime tracce di dermatite. La sensazione di prurito scomparve per prima, successivamente le desquamazioni e quindi l'eritema (rossore)".

Giovedì, 30 Maggio 2019 07:44

CILIEGIE E AMARENE CONTRO LA GOTTA.

31-05-2019

Mangiare ciliegie e amarene o bere il succo di esse può essere terapeutico contro i dolori alle articolazioni. Questo è emerso da una recente ricerca condotta presso la Boston University, i risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sul Journal of Arthritis and Rheumatism. L’artrite infiammatoria, conosciuta come gotta, ha debilitato milioni di persone in tutto il mondo. I cristalli di acido urico, che si formano nelle articolazioni, provocano gonfiore e forti dolori. Ci sono alcune procedure standard che riducono gli attacchi di gotta e li alleviano, ma questi tendono a ripetersi di continuo. Le ciliegie e le amarene hanno il potere di ridurre la quantità di urato e di conseguenza l’infiammazione delle articolazioni. I ricercatori della Boston University hanno condotto le ricerche su 633 pazienti dell’età di 50 anni, affetti da gotta, il lavoro è durato 1 anno. Alla fine gli esperti hanno avuto la conferma che il rischio di attacchi di gotta si era ridotto del 35% con il consumo di tre porzioni di ciliegie per due giorni.

31-05-2019

Il bel mazzo di fiori che hai ricevuto o le rose del giardino appena tagliate, non sono destinate a durare per sempre. Fortunatamente, ci sono rimedi casalinghi per mantenere i fiori recisi, allungando il tempo del dolce profumo e del colore dei petali nella vostra casa.

• Zucchero: Fornire del nutrimento ai fiori freschi ed ai bouquet è importantissimo, potrete farlo con l’aggiunta di una zolletta di zucchero o un cucchiaino di zucchero per ogni vaso. Ciò contribuirà a prolungare la vita dei vostri fiori.

• Vodka: Per tenere lontano la crescita di batteri (che riduce notevolmente la vita dei fiori) aggiungete alcune gocce di vodka (o altro liquore chiaro) nell’acqua del vaso, così da combattere i livelli di batteri.

• Monete o oggetti di Rame: Un rimedio antico è quello di aggiungere qualche moneta di rame (in alternativa dei pezzetti di rame) nell’acqua delle piante, con l’aggiunta di un cucchiaino di zucchero. Il rame agirà come fungicida e aumenterà la vita media dei vostri fiori in vaso.

• Cambiare l’acqua: È importante cambiare l’acqua del vaso in maniera regolare – preferibilmente ogni giorno.

• Candeggina: I fiori freschi recisi prospereranno più a lungo, quando si aggiunge un quarto di cucchiaino di candeggina per litro d’acqua. Un’altra soluzione è quello di mescolare tre gocce di candeggina con un cucchiaino di zucchero per un litro d’acqua così da prevenire lo sviluppo dell’acqua torbida. La candeggina aiuta anche a mantenere la crescita dei batteri al minimo.

• Succo di limone: Aggiungere due cucchiai di succo di limone per un litro di acqua, un modo per controllare la crescita di batteri e funghi.

• Soda: L’aggiunta di 1/2 bicchiere di soda ad un vaso pieno di fiori, potrà aiutare i fiori a vivere più a lungo – grazie al contenuto di zucchero nella soda. Utilizzare una soda chiara, come Sprite o 7-Up.

• Aceto di mele: Mescolare due cucchiai di aceto di mele e due cucchiai di zucchero nel vaso pieno d’acqua, prima di aggiungere i fiori. Ogni due giorni, cambiare l’acqua (con la stessa quantità di aceto/soluzione di zucchero) per allungare la vita dei fiori.

• Spray capelli: Conservare i fiori recisi con dello spray per capelli. Basterà spruzzare un pò di lacca sulla parte inferiore dei petali e delle foglie.

Giovedì, 30 Maggio 2019 07:40

LE ALBICOCCHE SONO BENEFICHE PER IL CUORE.

31-05-2019

Scienziati cinesi hanno condotto approfondite ricerche sul tema dei benefici della frutta al sistema cardiocircolatorio. Il frutto studiato, in particolare, è stato l’albicocca. Questo frutto succoso e morbido risulta essere quello che apporta maggiori benefici al cuore e a tutto il sistema cardiocircolatorio, inoltre, è una buona prevenzione contro una varietà di altre malattie. Le albicocche, sia fresche che secche, sono sature di sostanze nutritive e benefiche, in quanto sono ricche di potassio, che ha una maggiore efficacia quando si combina con altri minerali, vitamine e aminoacidi. Le albicocche, sia fresche che secche, sono un’ottima protezione contro l’infarto, l’ipertensione e agevolano la terapia contro l’edema. A coloro che sono affetti da patologia cardiovascolare, è consigliabile un consumo giornaliero di qualche albicocca, secca o fresca. Infatti, il consumo giornaliero contribuirà a combattere i disturbi del ritmo cardiaco, quelli della circolazione del sangue e migliorare lo stato di salute generale.

30-05-2019

I denti bianchi si ottengono prima di tutto a tavola! Volete un sorriso da vip, con denti splendenti? Bene, allora iniziate a ridurre il consumo di caffè, the, bevande zuccherate, salsa di soia, vino, mirtilli e il tabacco, che contribuiscono in modo evidente ad ingiallire i denti, e aumentate invece le dosi quotidiane di frutta e verdura croccante. Secondo l’istituto Wake Forest Baptist Medical Center infatti, ciò che mangiamo quotidianamente incide pesantemente non solo sulla salute dei denti, ma anche sul loro colore! E se alcuni cibi contribuiscono a macchiarli, ce ne sono tanti altri che invece aiutano a tenerli sani e bianchi, come mele, cavolfiori e sedano, che grazie alla loro azione meccanica contribuiscono alla pulizia proprio durante la masticazione, perché incentivano la salivazione e proteggono la dentatura dagli acidi che danneggiano lo smalto. 
“I piccoli accorgimenti a tavola, se adottati con regolarità, - ha spiegato Raymond Garrison, odontoiatra dell'istituto statunitense - eviterebbero di ricorrere con troppa frequenza a procedure di sbiancamento che potrebbero rendere i denti eccessivamente sensibili e danneggiarne lo smalto”. Come conferma lo stesso Garrison, è bene non esagerare con i trattamenti sbiancanti tradizionali, che – specie se fatti maldestramente, con metodi fai da te o con troppa insistenza – possono provocare un indebolimento dello smalto e quindi dei denti. Ad esempio, l’acqua ossigenata contenuta nei prodotti realizzati per lo sbiancamento – se presente in dosi eccessive – provoca problemi alla salute dei denti e per questo il Consiglio Europeo ha deciso di rendere più ferree le regole per la vendita dei gel schiarenti. Un altro esempio di metodo pericoloso è la luce laser, che penetra nei tessuti sbiancando i denti in modo efficace, ma necessita di una mano esperta in grado di calibrare la potenza dello strumento. E allora, per sbiancare i denti senza aggredirli, via libera ai rimedi naturali, ma anche frutta e verdura fresca e croccante!

Mercoledì, 29 Maggio 2019 16:27

LE NESPOLE CURANO IL DIABETE.

30-05-2019

Ricerche compiute presso l’Università Federico II di Napoli su cavie diabetiche, hanno dimostrato che gli estratti della nespola riescono a diminuire il livello di glicosuria (zuccheri nell’orina). Le sostanze responsabili di questa azione antidiabetica, sono i glucosidi sesquiterpenici e i triterpenoidi, sostanze non nutritive presenti nella nespola. Altre ricerche compiute presso l’Università Autonoma di Città del Messico, hanno dimostrato l’effetto antidiabetico della nespola anche sugli uomini. L’uso della nespola per curare questa malattia è quindi scientificamente consigliabile. Come nel caso di altri tipi di frutta, il fatto che alcuni alimenti contengono zuccheri non ne impedisce il consumo da parte dei diabetici. La frutta e altri alimenti di origine vegetale presentano molti aspetti ancora sconosciuti, che continueranno a sorprendere scienziati e ricercatori.

30-05-2019

Qualche anno fa gli studi di due scienziati, Constance Leslie ed Emil Ginter, condussero ad una sola conclusione: in compagnia della vitamina C, nessun timore del colesterolo. Questo può addirittura esservi amico, trasformandosi in bile, che è un’importante sostanza digestiva. La scarsità di bile porta a problemi con la vescica biliare, il che significa che la carenza di vitamina C può provocare disfunzioni della vescica biliare o incapacità di digerire i grassi, colesterolo incluso: un giro vizioso di problemi che molte persone, abitualmente tenute a un basso livello di colesterolo, stanno incominciando a conoscere per esperienza personale. Quando la dieta è ricca di vitamina C, si possono consumare i grassi di cui necessita l’organismo. E questi possono essere metabolizzati così da non causare né l’aterosclerosi né i calcoli biliari (che sono troppo frequentemente il risultato di una diminuzione di acidi biliari nella vescica biliare). Quando i pazienti vengono operati di calcoli, questi sono formati dal 60 al 100% in colesterolo, secondo quanto riferiva il dottor Donald Small, dell’Università di Boston, alla Society of University Surgeons di New Orleans.
La normale bile della vescica biliare trasporta il colesterolo completamente disciolto insieme con sali biliari e lecitina: i calcoli biliari, perciò, devono riflettere l’insolubilità del colesterolo in una bile anormale. Che cos’è che rende la bile un solvente inadeguato, in primo luogo del colesterolo? Il dottor Small avanzò l’ipotesi che si trattasse di un difetto metabolico innato dell’organo secernente la bile: il fegato. Il colesterolo si accumula nella bile, fino a quando, ad un punto critico, l’eccedenza viene precipitata sotto forma di microcristalli che crescono e si agglomerano formando i calcoli biliari.
Invece di ricorrere alla chirurgia per la rimozione dei calcoli, il dottor Small raccomandò un procedimento meno radicale, quale cambiare il metabolismo per incrementare il potere solvente della bile. I medicamenti utilizzati in medicina per raggiungere questo scopo, commentò il dottor Small, “possono guarire i calcoli biliari, ma provocano l’aterosclerosi”. Il dottor Ginter in Slovacchia ha forse dato risposta al problema di come incrementare il potere solvente della bile senza alcun effetto collaterale, tra cui l’aterosclerosi. Il dottor Ginter dice, sulla base dei suo esperimenti, che la quantità di vitamina C nel fegato è il fattore che determina in quale misura il colesterolo si trasforma in acidi biliari. Aumentare la propria vitamina C, secondo quanto afferma il dottor Ginter, significa aumento di acidi biliari; aumento di acidi biliari significa che il colesterolo rimane in soluzione e non precipita sotto forma di calcoli biliari (o placche arteriose).
Ma quanta vitamina C è sufficiente? Un individuo che assuma la RDA può non mostrare alcun sintomo esterno di carenza di vitamina C, tuttavia può soffrire di una carenza nascosta che può ridurre notevolmente in senso quantitativo la trasformazione del colesterolo in acidi biliari. Il dottor Ginter osserva che gli animali marginalmente carenti di vitamina C consumavano normalmente i loro alimenti e avevano un aspetto esteriore normale; oppure, le concentrazioni di vitamina C nel loro fegato e nella loro milza erano significativamente inferiori che nel gruppo di controllo. Anche la concentrazione totale del colesterolo nel sangue e nel fegato era in essi notevolmente più alta. Una delle possibili risposte potrebbe essere un forte aumento dell’assunzione di vitamina C. I nostri lontani progenitori, che non si preoccupavano affatto del colesterolo, consumavano una dieta di frutti e vegetali crudi che fornivano tra i 2,3 e i 9 grammi di vitamina C al giorno a un uomo adulto di 68 kg, secondo i calcoli del dottor Linus Pauling. Coloro che si sono attenuti alla RDA di 60 mg giornalieri di vitamina C, possono rimanere sconcertati dal suggerimento di prendere la vitamina C a grammi. Ma il dottor Boris Sokoloff ha ottenuto “miglioramenti da moderati a impressionanti” in 50 su 60 pazienti aterosclerotici trattati con vitamina C in ragione di 1 fino a 3 g al giorno, secondo una relazione pubblicata sul Journal of the American Geriatric Society.

Martedì, 28 Maggio 2019 12:16

I DANNI PROVOCATI DAL LATTE.

29-05-2019

Se si continua a mangiare cibi di cattiva qualità per un lungo periodo di tempo, si finisce per esaurire la capacità di scaricare le scorie e le tossine in eccesso. Questo fatto può essere aggravato qualora si formi uno strato sottocutaneo di grasso che impedisca l’eliminazione di tali sostanze di rifiuto attraverso la superficie del corpo. Il consumo continuato e costante di latte, formaggi e altri latticini, di cibi unti, grassi e pieni d’olio porta a questi punti. Dopodiché, si iniziano a formare dei depositi interni di muco o di grassi, inizialmente nelle regioni in qualche modo collegate con l’esterno, tipo i seni nasali, l’orecchio interno, i polmoni, i reni, gli organi riproduttivi e le mammelle. L’accumulo di queste sostanze di rifiuto nel petto porta spesso ad un indurimento delle mammelle e alla formazione di cisti. In quest’organo di solito si verifica un accumulo di muco e di depositi di acidi grassi che assumono la consistenza di un liquido denso e vischioso. Tali depositi si sviluppano in cisti allo stesso modo in cui l’acqua si solidifica in ghiaccio, e il processo viene accelerato dal consumo di gelati, latte, bibite gassate, succhi di frutta ed altri cibi che producono un effetto raffreddante o rinfrescante.
Le donne che hanno allattato vanno meno soggette ad avere cisti o tumori mammari; quelli invece che non hanno allattato i loro figli hanno perso la possibilità di scaricare attraverso le mammelle tali eccessi, e quindi sono più propense ad accumuli in questa parte del corpo. Il consumo di latte ed altri latticini nella nostra società comincia di solito fin dalla prima infanzia. Uno dei principali cambiamenti biologici nei tempi moderni è stato il declino progressivo dell’allattamento materno. Come composizione, il latte vaccino e quello umano sono molto differenti. Il latte di mucca contiene, rispetto a quello umano, circa quattro volte tanto calcio, quattro volte tanto proteine e due terzi in più di carboidrati. Malgrado però la capacità del corpo di adattarsi al consumo continuato di latticini, l’eccesso di grassi e colesterolo contenuto in latte, formaggi, burro, gelati e prodotti simili, sta richiedendo un prezzo molto alto da quando il consumo di questi cibi è aumentato. La qualità del latte e dei latticini in commercio è molto peggiore rispetto al passato. Il latte stesso viene alterato nel suo stato naturale attraverso dei moderni procedimenti di pastorizzazione, omogeneizzazione, sterilizzazione. Nello sforzo di produrre quantità sempre maggiori di latte, le moderne mucche da latte vengono nutrite con una serie di ormoni, anticorpi ed altre sostanze chimiche che contribuiscono ulteriormente a diluire la qualità del latte.
Fino a tempi recenti, la maggioranza delle culture limitavano il consumo di latticini a cibi fermentati come lo yogurt, il kefir o altri cibi contenenti enzimi e batteri, che ne consentono la scomposizione e l’assimilazione da parte dell’apparato digerente. I prodotti fermentati del latte come lo yogurt sono superiori ad altri latticini, tuttavia non se ne consiglia il consumo abituale in quanto non vengono più preparati naturalmente come nel modo tradizionale, e non possono quindi essere assimilati da persone che conducono una vita sedentaria. L’abuso di latticini nell’alimentazione moderna assieme alla loro qualità degenerata e artificiale sono i fattori principali responsabili dell’aumento del cancro della mammella, delle malattie cardiache e di altri disturbi gravi. La qualità del cibo quotidiano determina la qualità del nostro sangue, che, a sua volta, determina la qualità del latte della madre e la forza biologica della generazione successiva.

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