Angelo Ortisi
MAL DI TESTA? ECCO COME FARLO PASSARE IN 5 MINUTI.
21-05-2019
Questo rimedio è molto semplice e veloce, bastano appena 5 minuti e il mal di testa passa…
Il naso ha una narice destra e una narice sinistra. Usiamo entrambe per inspirare ed espirare. In realtà le narici hanno funzioni diverse. Il lato destro rappresenta il sole, il lato sinistro rappresenta la luna. Durante il mal di testa, provate a chiudere la narice destra e usare la narice sinistra per respirare. Fatelo per cinque minuti, e il vostro mal di testa passerà. Se vi sentite stanchi, basta invertire, e chiudere la narice sinistra e respirate dalla narice destra. Respirate per un certo periodo e sentirete la mente rinfrescata. La narice sinistra appartiene al “freddo”. Molte donne respirano con la narice sinistra, e quindi dopo un pò si sentono “raffreddare” più velocemente. La maggioranza degli uomini respira invece con la narice destra, e alla fine sono esauriti. Avete osservato, al momento del risveglio, con quale narice respirate meglio? Destra o sinistra? Se respirate meglio dalla parte sinistra, vi sentirete stanchi. Quindi, chiudete la narice sinistra, e usate la narice destra per respirare. In poco tempo vi sentirete rinvigoriti. Perché non provare? È una terapia naturale senza medicine e senza effetti collaterali.
EVITATE LE AMALGAME IN GRAVIDANZA
21-05-2019
Le otturazioni a base di mercurio nelle donne incinte potrebbero anche influenzare la crescita del feto. In uno studio condotto dall’Università di Calgary (Canada), Vimy e i suoi colleghi, misero delle otturazioni a base di amalgama radioattivo nei dodici molari di cinque pecore incinte al loro 112° giorno di gravidanza. Già dopo tre giorni il mercurio era evidente nel sangue dei feti e nel fluido amniotico; sedici giorni dopo si trovava nelle ghiandole pituitarie dei feti, nei loro fegati, nei reni e in parte della placenta. 33 giorni dopo (più o meno nel periodo della nascita) la maggior parte dei feti aveva livelli di mercurio nel sangue maggiori di quelli delle madri. E durante l’allattamento le madri avevano otto volte più mercurio nel loro latte che nel sangue.
In Svezia l’uso di mercurio è vietato per le donne in gravidanza, questo in un contrasto marcato rispetto al sistema sanitario di altri paesi, che incoraggia le donne a sottoporsi alla ricostruzione dei denti quando sono incinte. Ancora più recente uno studio sugli uomini ha indicato che il mercurio derivante dalle otturazioni della madre può attraversare la placenta e inquinare il cervello del figlio non ancora nato. Il Professor Gustav Drasch (un tossicologo forense) insieme ai suoi colleghi, presso l’Institut fuer Rechtsmedicine di Monaco, ha esaminato i cervelli, il fegato e i reni di bambini morti e di feti abortiti per ragioni mediche. Ha scoperto che il livello di mercurio nei bambini corrispondeva in modo significativo al numero di otturazioni a base di amalgama nelle loro madri. I bambini avevano inoltre accumulato il mercurio degli amalgami nei reni allo stesso livello di adulti con otturazioni. Dato che la maggior parte di questi bambini non erano stati ovviamente allattati o lo erano stati solo per un periodo limitato, i ricercatori hanno concluso che il mercurio doveva aver attraversato la placenta.
LA LATTUGA È UN BUON SEDATIVO.
21-05-2019
Gli antichi romani avevano l’abitudine di mangiare lattuga la sera, per facilitare un buon sonno dopo una cena abbondante. Anche oggi, la lattuga è molto indicata a cena per chi conduce una vita stressante, tuttavia bisognerebbe mangiarla non dopo, ma al pasto di una cena abbondante. Chi vuole sfruttare l’azione sedativa e combattere l’obesità, dovrebbe mangiare la lattuga a cena, come primo o unico piatto: solo così si riesce a sfruttare il suo blando effetto sedativo e la sua capacità di soddisfare l’appetito. Ovviamente, chi segue una dieta dimagrante deve andare a letto poco tempo dopo aver cenato, in modo da trovarsi già addormentato quando, qualche ora dopo, potrebbe tornare l’appetito.
La lattuga è uno degli alimenti più ricchi di acqua (95%), tuttavia fornisce una quantità relativamente molto alta di proteine (1,60%), di poco inferiore a quella delle patate. Le proteine della lattuga non sono complete, perché l’aminoacido essenziale metionina è presente in quantità non sufficienti ma, combinando la lattuga con un piatto di legumi (possibilmente nello stesso pasto), le proteine dei due alimenti si integrano a vicenda e il nostro organismo può ricavarne tutti gli aminoacidi necessari, nella giusta proporzione. Inoltre, la lattuga è molto povera di carboidrati e di grassi. Le sue proprietà curative sono dovute alla presenza di alcuni componenti: provitamina A, vitamine del gruppo B (soprattutto B1, B2 e folati), vitamina C e minerali come potassio, ferro, calcio, fosforo e magnesio. Sono presenti anche oligoelementi importanti come zinco, rame e manganese. Questi minerali formano sali a reazione alcalina, perciò la lattuga si comporta come un buon antiacido nello stomaco e nel sangue. Il suo blando effetto lassativo è dato dalla presenza di fibre vegetali. Ma ciò che rende la lattuga un alimento dagli effetti sedativi è la presenza di determinate sostanze, le stesse che si trovano nel lattice della lattuga selvatica, ma in quantità assai minori. Queste sostanze sono chimicamente simili a quelle contenute nell’oppio, ma sono assolutamente prive di effetti tossici e non creano assuefazione. In base alla sua composizione, la lattuga è sedativa, concilia il sonno, è aperitiva, lassativa, alcalinizzante e remineralizzante. È indicata in caso di:
- Disturbi funzionali del sistema nervoso, come irritabilità, stress o tensione psichica e ansia. Il consumo regolare di lattuga esercita un leggero, a volte impercettibile, effetto sedativo e al tempo stesso fornisce vitamine del gruppo B, necessarie per mantenere l’equilibrio nervoso.
- Insonnia: la sera si consiglia di prendere un buon piatto di lattuga come piatto unico.
- Disturbi gastrici: presa prima dei pasti, la lattuga tonifica lo stomaco e facilita la digestione.
- Stitichezza: il suo contenuto di fibre e la sua digeribilità facilitano il passaggio del bolo nell’intestino.
- Obesità: la lattuga trasmette una grande sensazione di sazietà e apporta pochissime calorie, inoltre contribuisce a ridurre il nervosismo o l’ansia che normalmente si manifestano con l’obesità. Un buon piatto di lattuga riduce fortemente l’appetito e fornisce all’organismo una notevole quantità di vitamine e di minerali.
- Diabete: la lattuga è uno degli alimenti in assoluto più poveri di carboidrati, quindi i diabetici possono mangiarne a sazietà.
VITAMINA D E OSTEOMALACIA.
20-05-2019
Per coloro che avvertono realmente il freddo e l'oscurità dell'inverno nelle ossa doloranti l'attesa della primavera può sembrare doppiamente lunga. Ricerche mediche hanno dimostrato, tuttavia, che senza protezione della vitamina "solare" i dolori e le probabili fratture delle ossa indebolite possono insorgere anche nell'estate inoltrata. Il nostro corpo ha bisogno di vitamina D per poter assimilare il calcio presente nei cibi e trasportarlo nei punti dello scheletro dove si deposita per formare nuovo tessuto osseo. Contrariamente a quanto molti credono, lo scheletro umano adulto non è una struttura statica: la sua impalcatura è costantemente demolita e rimodellata, via via che il calcio e altri minerali fluiscono dalle ossa alla corrente sanguigna e di qui nuovamente alle ossa. Quando non vi sia una quantità sufficiente di vitamina D, le ossa di recente formazione diventano molli, flessibili e perfino deformi. Se la privazione di calcio continua abbastanza a lungo, insorge l'osteomalacia. Questa malattia delle ossa, che è l'equivalente adulto del rachitismo infantile, provoca dolori, fragilità e debolezza muscolare. Se si lasciano demineralizzare gravemente le ossa, queste possono fratturarsi molto facilmente. "L'osteomalacia si può sospettare in qualsiasi paziente che accusi dolori vaghi e generalizzati e che abbia una dieta irregolare", affermano le conclusioni di uno studio di Dent e Smith. I due medici erano giunti a tale conclusione dopo aver esaminato numerosi ammalati di osteomalacia presso l'University College Hospital di Londra. Una delle diete irregolari cui si riferivano, carente di grassi, non è infrequente nella nostra società così attenta a non superare certi livelli di calorie. Ma si tratta di una precauzione che può condurre all'osteomalacia, perchè la vitamina D si assorbe quasi esclusivamente con i grassi e gli oli.
COSA C'E' NELL'ANTIDOLORIFICO NUROFEN?
20-05-2019
I suoi segreti? Foglie di palma, agenti schiumogeni e un pigmento foto-assorbente. Ecco cosa c’è dentro…
- Ibuprofene: principio attivo del Nurofen è stato scoperto negli anni ‘60 dalla catena di farmacie inglesi Boots the Chemist. È un antinfiammatorio che agisce sulla classe di ormoni delle prostaglandine.
- Citrato di sodio: sale di sodio dell’acido citrico, può essere usato come emulsionante dell’olio nella produzione di formaggi: permette al latticino di sciogliersi senza diventare troppo unto.
- Silice colloidale anidra: usata nel processo di compressione delle polveri durante la produzione delle compresse, è una sostanza antiagglutinante che agisce rivestendo la superficie delle sostanze in polvere e riducendo quindi le interazioni tra le particelle. Era utilizzato durante la seconda guerra mondiale nella produzione del vino al posto del tannino.
- Acido stearico: l’acido stearico è un acido grasso saturo, una molecola a 18 atomi di carbonio (è chiamato anche acido ottadecanoico). Si trova nel sapone, nei pastelli a olio e nelle caramelle dure, dove viene usato come agente indurente. In questo caso la sua funzione principale è quella di agire come lubrificante, per impedire l’agglutinamento degli ingredienti e non far attaccare le compresse alla confezione.
- Biossido di titanio: usato come pigmento, si può trovare nelle vernici e in alimenti come formaggio, glasse e guarnizioni. Assorbe la luce e agisce anche come schermo solare.
- Sodio lauril solfato: un tensioattivo anionico, emulsionante e agente schiumogeno presente in molti prodotti per l’igiene tra cui sapone, shampoo, bagnoschiuma e dentifrici.
- Polvere di cera di carnauba: una polvere ricavata dalle foglie di una palma brasiliana che serve per rivestire le compresse, dar loro una forma precisa e renderle più durevoli.
MELE: PERSINO LA BUCCIA FA BENE.
20-05-2019
Non c’è da sorprendersi se fin dai tempi più antichi la mela è stata considerata simbolo di buona salute e vitalità. Tanto per cominciare, è un frutto comodissimo, che si può mangiare sempre e dovunque. Basta portarsene una nella valigetta, nello zaino, nella borsa, bella e pronta nella sua buccia protettiva e gustosa, che nasconde una polpa dolce e acidula al tempo stesso. Si direbbe quasi che, al momento di creare le mele, l’architetto dell’Universo abbia pensato: “visto che sono così buone, le farò anche facili da mangiare”. Ma le mele sono qualcosa di più di un snack genuino: numerosi studi suggeriscono che chi mangia mele va incontro a un minor rischio di malattie cardiache e in laboratorio le mele hanno dimostrato di avere la proprietà di arrestare lo sviluppo delle cellule tumorali. Anche se i risultati delle ricerche scientifiche in merito non sono ancora definitivi, quindi, sembra proprio che una o due mele al giorno possano contribuire non poco a togliere il proverbiale medico di torno. Anche se molti apprezzano soprattutto la polpa, gran parte delle proprietà benefiche delle mele risiedono nella buccia, che contiene una quantità piuttosto elevata di una sostanza detta quercetina. Come la vitamina C e il betacarotene, la quercetina è antiossidante e, impedendo alle molecole di ossigeno nocive di danneggiare le cellule, a lungo andare può prevenire le alterazioni cellulari capaci di provocare il cancro. La quercetina, tra l’altro, ha un potere antiossidante particolarmente notevole. Un gruppo di ricercatori finlandesi ha confrontato la quantità di vari antiossidanti assunti tramite la dieta con il rischio di insorgenza di una malattia cardiaca in un periodo di venti anni: dall’analisi dei dati è risultato che tra gli uomini con l’apporto più alto di quercetina e altri antiossidanti (nella loro dieta era compreso circa un quarto di mela) il rischio di cardiopatia era del 20% più basso rispetto a coloro che ne assumevano meno e i ricercatori sono giunti alla conclusione che questo fosse dovuto prevalentemente alla quercetina.
Nel corso di uno studio condotto nei Paesi Bassi è stato accertato che il rischio di attacco cardiaco era del 32% più basso tra gli uomini che consumavano una mela al giorno (insieme a 2 cucchiai di cipolle e quattro tazze di the verde) rispetto a coloro che ne mangiavano meno. Le malattie cardiache non sono l’unica patologia grave contro cui si è dimostrata efficace la quercetina, che risulta avere anche notevoli proprietà antitumorali. Da esperimenti di laboratorio è emerso che può inibire sia la crescita sia la diffusione delle cellule tumorali. “Esponendo cellule isolate a una sostanza cancerogena e poi mettendole a contatto con quercetina, si previene la mutazione, si impedisce cioè alla sostanza cancerogena di fare effetto”, spiega il dottor Kushi, “e la quercetina è una delle sostanze di cui le mele sono relativamente più ricche”. A parte i risultati delle ricerche più recenti, le mele sono note soprattutto per l’alto contenuto di pectina e, più in generale, di fibra, sia solubile sia insolubile. La fibra insolubile delle mele, che si trova soprattutto nella buccia, è come quella della crusca, da sempre consigliata per combattere la stipsi. Facilitare il transito intestinale non è solo una questione di benessere momentaneo: è dimostrato infatti che il buon funzionamento dell’intestino contribuisce a prevenire la diverticolosi, ovvero la formazione di sacche o tasche nell’intestino crasso, e anche il tumore del colon. Inoltre la fibra insolubile dà un forte senso di sazietà che rende le mele particolarmente indicate per chi ha problemi di peso. La fibra solubile contenuta nelle mele, invece, simile a quella della crusca di avena, ha una funzione diversa. Anziché attraversare l’apparato digerente pressoché inalterata, la fibra solubile forma una sostanza gelatinosa che assorbe il colesterolo e in tal modo contribuisce a ridurre il rischio di malattie cardiache e ictus. La pectina, che fa parte della fibra solubile, riduce anche la quantità di colesterolo prodotto dal fegato, assicurando così una doppia protezione. Inoltre, formando una sorta di gel, la pectina rallenta la digestione, il che a sua volta rallenta l’aumento della glicemia, e quindi è indicata per chi soffre di diabete. Alcune varietà di mele, per esempio le Granny Smith, sono state selezionate in maniera da avere un basso contenuto di quelle sostanze protettive che, quando si sbuccia un frutto, lo fanno annerire. Se quello che vi interessa sono le proprietà nutrizionali delle mele, quindi, date la preferenza alle varietà che anneriscono facilmente.
I 13 CIBI CHE COMBATTONO IL DOLORE.
19-05-2019
1. CILIEGIE
Muraleed Haran, professore di prodotti naturali e chimica all’Università statale del Michigan, ha scoperto che l’estratto di ciliegie è dieci volte più efficace dell’aspirina nel dare sollievo dall’infiammazione. Bastano appena due cucchiai da minestra di succo concentrato al giorno per dare un reale beneficio. Anche le ciliegie dolci hanno mostrato di essere efficaci.
2. MIRTILLI 3. LAMPONI 4. FRAGOLE 5. MORE
Il dottor Haran più tardi scopre che si ottengono gli stessi risultati con i frutti rossi, fragole, mirtilli, lamponi e more.
6. SEDANO E SEMI DI SEDANO
James Duke, autore del “The Green Phamacy”, ha scoperto più di 20 componenti antinfiammatori nel sedano e nei semi di sedano, inclusa una sostanza di nome apigenina, che ha una forte azione antinfiammatoria. Aggiungete dei semi di sedano alle vostre minestre, agli stufati, oppure come sostituto del sale in molte vostre ricette.
7. ZENZERO
Lo zenzero riduce il dolore causato dalle prostaglandine nel corpo ed è molto usato in India nel trattamento del dolore e delle infiammazioni. Uno studio condotto da ricercatori indiani ha scoperto che quando le persone soffrono di dolori muscolari gli viene somministrato zenzero, e tutti ne traggono beneficio. La dose raccomandata è tra 500 mg e 1000 mg al giorno. Se state prendendo medicinali, controllate prima con il vostro medico la compatibilità tra lo zenzero e il vostro farmaco.
8. CURCUMA
La curcuma è una spezie gialla comunemente usata nel curry indiano. Nelle ricerche è stato dimostrato essere più efficace come antinfiammatorio rispetto agli steroidi dei farmaci soprattutto in caso di infiammazione acuta. Il suo ingrediente terapeutico è la curcumina. Le ricerche dimostrano che la curcumina sopprime il dolore in modo simile alle droghe inibitrici come COX-1 e COX-2 (senza gli effetti collaterali). Scegliete un dosaggio standardizzato di 1.500 mg di curcuma al giorno.
9. SALMONE 10. ARINGHE 11. SGOMBRI
Molti pesci come il salmone, le aringhe e lo sgombro contengono degli ottimi grassi. Gli omega-3 si convertono nel corpo in sostanze che diminuiscono l’infiammazione e il dolore. Secondo il dottor Alfred Steinberg, un esperto per le artriti al National Institute of Health, l’olio di pesce è un agente antinfiammatorio. L’olio di pesce agisce sul sistema immunitario sopprimendo da 40% a 55% delle citochine, una componente che distrugge le giunture. Molti altri studi hanno anche dimostrato che mangiare moderatamente pesce o prendere olio di pesce riduce il dolore e le infiammazioni, in particolare per le persone che soffrono di artriti.
12. SEMI DI LINO E OLIO DI SEMI DI LINO
I semi di lino freschi e l’olio di semi di lino spremuto a freddo, contengono una grande quantità di acidi grassi omega-3. Non cuocete mai l’olio in quanto in quel caso otterreste l’effetto contrario con una sostanza che irrita i tessuti e può provocare dolori.
13. NOCI E OLIO DI NOCI
Noci e olio di noci contengono entrambi lo stesso potente acido grasso omega-3 che combatte il dolore e le infiammazioni nel corpo.
OGNUNO DI NOI È IL MIGLIOR MEDICO DI SE STESSO.
19-05-2019
Nella medicina convenzionale il compito principale del medico è la diagnosi, ovvero l’identificazione della malattia di cui soffre una persona, e da questo approccio orientato alla diagnosi nasce il tipo di trattamento sintomatico prevalente nel sistema sanitario. Questo metodo si sta rivelando del tutto inadeguato. Abbiamo bisogno di una diversa concezione dell’assistenza sanitaria e di un tipo diverso di medico. Se vogliamo essere sani, dobbiamo darci da fare, prendere coscienza del nostro corpo, imparare come funziona, capire che cosa ci fa bene o male. In poche parole, dobbiamo imparare a curarci da soli.
La prospettiva dell’autodiagnosi vi spaventa? In realtà è quasi impossibile stabilire di quale delle varie migliaia di malattie esistenti soffra una persona. Specialisti con ore e ore di formazione e anni di esperienza al proprio attivo spesso, di fronte a malattie specifiche, fanno diagnosi inesatte. Ma per guarire, secondo me, non occorre dare un nome alla malattia; la diagnosi di cui abbiamo bisogno in realtà è molto più semplice. L’ossessione della nostra cultura per le malattie complicate non solo ci impedisce di riconoscere le vere cause delle malattie, ma ci rende impotenti e ci induce ad affidare la nostra salute a medici che usano un sistema che nella maggior parte dei casi offre solo palliativi. È come se dedicassimo tutto il nostro tempo e le nostre risorse a far riparare da un grande esperto una crepa nel soffitto con stucco e pittura quando la causa del problema è un cedimento strutturale delle fondamenta dell’edificio. Riflettete su quanto segue:
1. Spesso siamo perfettamente in grado di curarci da soli senza ricorrere ai medici. Nel 70-90% degli episodi di malattia, guariamo senza essere stati dal dottore.
2. Il nostro corpo ha una straordinaria capacità di autoguarigione. Quando andiamo dal medico, naturalmente, ci aspettiamo di ricevere una terapia efficace. Attualmente per stabilire l’efficacia di una terapia è lo studio clinico in doppio cieco, controllato con placebo, in cui né il medico né il paziente sanno se quest’ultimo riceve il farmaco o il placebo. È dimostrato però che dal 35 al 70% dei pazienti trattati con il placebo migliora! E anche se la percentuale dei soggetti che ricevono il farmaco è leggermente più alta, costoro subiscono gli effetti collaterali e il costo della cura. Ancora più interessante è la constatazione che, negli studi in doppio cieco, i pazienti trattati con placebo che aderiscono rigorosamente al protocollo, cioè che prendono il placebo seguendo scrupolosamente le istruzioni, ottengono risultati molto più favorevoli di coloro che non si attengono alle istruzioni ricevute. È chiaro quindi che le nostre convinzioni influiscono profondamente sul processo di guarigione.
3. Concentrandosi sulla patologia si perde di vista la capacità di guarigione intrinseca del corpo e ci si preclude la percezione dei segnali che esso ci invia. In uno studio sull’efficacia di un farmaco per l’ulcera gastrica, il 27% (12 su 45) dei pazienti la cui ulcera documentata endoscopicamente era guarita ha continuato a presentare sintomi, mentre il 55% di coloro che non sono guariti è diventato asintomatico, indipendentemente dal fatto che avesse ricevuto il farmaco oggetto dello studio o il placebo. In altre parole, la terapia era mirata esclusivamente alla patologia che, pur essendo riconoscibile, evidentemente non era l’unico e forse neppure il principale fattore causale dei sintomi accusati dai pazienti.
L’approccio orientato alla malattia porta a concentrarsi soprattutto sulle patologie più gravi, mentre gran parte della sintomatologia, cioè di quello che il paziente sente davvero, è dovuta agli sforzi che il corpo fa per guarire o per chiedere aiuto nel processo di guarigione. La sfida perciò consiste non tanto nel diagnosticare la particolare patologia instauratasi, quanto nel riconoscere i fattori che ostacolano la guarigione. Ritengo che i medici migliori siano quelli che capiscono i processi di guarigione spontanea, sanno riconoscere di che cosa ha bisogno il corpo per poter guarire più facilmente e incoraggiano i pazienti a credere nella propria capacità di guarire da soli, in parole povere, di avere una filosofia meno allopatica e più naturopatica.
Penso anche che questa conoscenza del proprio corpo sia alla portata di ognuno di noi e che, in ultima analisi, tutti possiamo imparare a curarci da soli. Dopo 10 anni di esperienza naturopatica, sono giunto alla conclusione che le cause o gli squilibri che stanno alla base della maggior parte delle malattie siano relativamente pochi. Per riconoscerli, tuttavia, occorre uno studio approfondito perché quasi tutti i pazienti presentano più cause o sindromi diverse. I sintomi o la malattia specifica di una persona sono determinati dai suoi squilibri e dalle sue predisposizioni, dal tipo di vita che conduce e dagli stimoli ambientali cui è sottoposta. Se a prima vista tutto questo può sembrare complicato, i sintomi rappresentano altrettanti importanti messaggi, pienamente comprensibili, riguardo alle nostre predisposizioni. Con un approccio graduale, partendo dai sintomi più gravi, è possibile riconoscere e lavorare sulle suscettibilità o sugli squilibri che provocano maggiori problemi. Ristabilendo l’equilibrio in una zona o curando una sintomatologia specifica talvolta se ne mette in evidenza un’altra, che può allora essere risolta con il risultato di un progressivo miglioramento delle condizioni di salute.
FICHI: UN TESORO DI FIBRA.
19-05-2019
Anche se c’è chi li conosce solo sotto forma di marmellata con cui sono riempiti certi biscotti, i fichi possono vantare una storia lunga e prestigiosa. Gli Assiri li utilizzavano come dolcificanti già nel 3.000 a.C., erano il frutto preferito di Cleopatra e secondo alcuni storici era un fico, e non una mela, il frutto proibito del giardino dell’Eden. Il dilemma è probabilmente destinato a rimanere irrisolto, benchè sia innegabile che a quei tempi le foglie di fico erano un accessorio piuttosto in voga. Oggi sappiamo che i fichi sono fonti eccezionali di fibra alimentare e di potassio. Inoltre, possono aiutarci nel compito non sempre facile di aumentare un pò la dose di vitamina B6 nella nostra dieta. La fibra fa bene a molte cose. Aumentando la massa delle feci, favorisce un’evacuazione più rapida ed efficiente delle scorie che, secondo numerosi studi, previene stipsi e tumori del colon. Consumando più fibra, si riduce anche il colesterolo e di conseguenza il rischio di malattie cardiache. I fichi sono un’ottima fonte di fibra alimentare. Tre fichi, sia freschi sia secchi, ne contengono circa 5 g, pari al 20% del fabbisogno giornaliero, e quei 5 g possono fare molto. Secondo uno studio della Harvard University cui hanno partecipato 43.757 uomini di età compresa tra 40 e 75 anni, per il gruppo che consumava più fibra il rischio di attacco cardiaco era praticamente dimezzato rispetto al gruppo che ne consumava di meno. Inoltre tra coloro che aumentavano di 10 g al giorno l’apporto di fibra alimentare il rischio di cardiopatia scendeva del 30% circa.
I fichi sono particolarmente indicati per chi è sovrappeso, altro fattore di rischio per le malattie cardiache. Per via dell’alto contenuto di fibra, i fichi restano più a lungo nello stomaco e aiutano a mangiare di meno. E sono molto dolci, per cui soddisfano le voglie di dolce di chi sta a dieta. I fichi contengono molto potassio, minerale indispensabile per controllare la pressione sanguigna, e secondo numerosi studi coloro che consumano molti alimenti ricchi di potassio tendono ad avere non solo la pressione più bassa, ma anche un minor rischio di patologie legate all’ipertensione quali l’ictus. Il potassio abbassa la pressione in vari modi: innanzitutto impedisce al colesterolo LDL di accumularsi sulle pareti delle arterie. In secondo luogo, favorisce l’eliminazione del sodio in eccesso dalle cellule, mantenendo sotto controllo l’equilibrio dei fluidi nell’organismo e la pressione arteriosa. I fichi possono aiutarvi ad arricchire di vitamina B6 la vostra dieta. Mentre la maggior parte della popolazione ne assume a sufficienza, per le persone anziane, che non la assimilano facilmente e spesso prendono farmaci che interferiscono ulteriormente con l’assorbimento, una dose in più può essere essenziale.
DUE RICETTE NATURALI PER FARSI UN ANTIMUFFA CASALINGO.
18-05-2019
Quelle macchie nere nel box doccia o tra le fessure delle mattonelle del bagno proprio non le digeriamo, non è vero? La muffa è un inquilino molto comune nelle nostre case ed è spesso arduo eliminarla. Di detersivi in commercio ne esistono decine, e promettono grandi risultati. Ma a che prezzo? Non solo in senso letterale, ma anche in termini di salute, vista la tossicità di questi prodotti chimici. Per risolvere tale problema vi propongo due ricette fai-da-te efficaci e sicure per la nostra salute.
SPRAY ANTIMUFFA
Procuratevi i seguenti ingredienti per preparare la miscela, che andrà poi versata in un flacone spray vuoto e pulito:
• 1 tazza di acqua.
• ½ tazza di aceto bianco.
• 1 cucchiaio di bicarbonato.
• 5 gocce di olio essenziale di lavanda.
• 5 gocce di olio essenziale di limone.
Il composto va creato facendo prima sciogliere il bicarbonato nell’acqua e poi aggiungendo l’aceto e in seguito gli oli essenziali. Il tutto, ben miscelato, andrà messo in un contenitore dotato di spruzzino nebulizzatore ed è pronto per l’uso. Ma attenzione ad unire aceto e bicarbonato, che ‘friggono’ per lo scatenarsi di una reazione tra un prodotto acido e uno basico e si forma una schiuma per la liberazione di CO2. Basterà applicarlo sulle superfici interessate dalla muffa e lasciarlo agire qualche ora. Il composto sprigionerà un buon odore, grazie all’azione degli oli essenziali, che hanno anche delle proprietà antimicrobiche e contrastano la formazione della muffa. Il bicarbonato, invece, ha un’importante azione sbiancante. Questa soluzione ammorbidisce lo strato di muffa e ne favorisce il distacco, così da poter essere asportato con un panno, senza rovinare le superfici. Inoltre, per prevenire la formazione di altre muffe, sarà utile applicare il prodotto naturale anche nei giorni successivi, per una settimana circa, e senza risciacquarlo. È utile ripetere le applicazioni periodicamente per mantenere le superfici “a rischio” pulite ma è anche importante imparare ad arieggiare bene gli ambienti (laddove possibile) per evitare ristagno di umidità.
DETERSIVO ANTIMUFFA PER LE PARETI
Un’altra ricetta per un detersivo naturale efficace prevede l’utilizzo di questi ingredienti:
• 700 ml di acqua.
• 2 cucchiai di bicarbonato di sodio.
• 2 cucchiai di sale fino.
• 2 cucchiai di acqua ossigenata (30 o 40 volumi).
Procuratevi un vaporizzatore spray. Sciogliete il bicarbonato e il sale nell’acqua e versate tutto nel flacone. Aggiungete ora l’acqua ossigenata ed agitare delicatamente il vaporizzatore. Il detersivo è pronto per essere utilizzato sia come prodotto di attacco, che preventivo per la formazione. È importante agitare sempre ma delicatamente la miscela prima dell’uso.