Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

23-07-2019

Se l’urinocoltura rivela la presenza di un’infezione batterica, il problema spesso richiede l’assunzione di antibiotici specifici. Tuttavia, l’uso di particolari precauzioni naturali può consentire di prevenire l’insorgenza dei disturbi o la comparsa di ricadute, ossia seguendo semplici norme igieniche e comportamentali, una dieta adeguata e ricorrendo ai benefici dei principi attivi vegetali. I rimedi fitoterapici possono essere sostituiti alla terapia antibiotica per ridurre i sintomi senza sovraccaricare fegato e reni.

1. UVA URSINA

Le sue foglie contengono arbutina che, nelle urine, genera idrochinone, dotato di azione antisettica elettiva sulle vie urinarie, e flavonoidi, con effetto diuretico; l’azione dei principi attivi è favorita dalle urine alcaline per cui, se queste non lo fossero, si dovrà renderle tali con la somministrazione di bicarbonato di sodio o di altri alcalinizzanti urinari. Indicata per le cistiti, pielonefriti, uretriti, prostatiti.

2. MIRTILLO ROSSO

Le sue bacche contengono l’acido ippurico, dotato di attività antimicrobica e capace di acidificare le urine, creando un ambiente ostile alla crescita batterica. Sono presenti, inoltre, alcuni tannini condensati (proantocianidine) in grado di inibire l’adesione di importanti uropatogeni (come l’Escherichia coli) alla superficie della mucosa urinaria; tale proprietà rende la pianta indicata per prevenire le cistiti e le prostatiti, sia occasionali che recidivanti.

3. SANTOREGGIA E TIMO

Piante aromatiche che contengono oli essenziali, contenenti timolo, ad azione antisettica.

23-07-2019

Le più comuni cause non batteriche di danni intestinali sono i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), il consumo di alcol, alimenti allergizzanti, sostanze chimiche e farmaci, i traumi e l’endotossiemia. Il primo passo per proteggere l’intestino consiste nel controllare quel che ci mettiamo in bocca!

GLUTATIONE

Come nel fegato, anche nell’intestino il glutatione stimola la rigenerazione cellulare e protegge da ulteriori danni, dal momento che neutralizza i radicali liberi e alcune tossine. Per sfruttare le proprietà antiossidanti del glutatione, l’organismo ha bisogno di più selenio, necessario per ritrasformarlo nella sua forma normale.

QUERCETINA

Il cromoglicato sodico è un farmaco che inibisce la liberazione di mediatori dell’infiammazione da parte dei mastociti sensibilizzati. È stato usato in molti studi clinici per ridurre i danni intestinali dovuti all’ingestione di allergeni alimentari. La quercetina è un bioflavonoide naturale con effetti metabolici e clinici analoghi: come altri bioflavonoidi, inibisce la liberazione di mediatori dell’infiammazione da parte dei mastociti, fagocita i radicali liberi e riduce l’irritabilità dei muscoli intestinali. I naturopati la usano per controllare le allergie alimentari e favorire la guarigione della mucosa intestinale in caso di infiammazione cronica. La quercetina è utile anche nel trattamento di disturbi come la diarrea, sia cronica sia acuta, e le ulcere gastriche.

ANTIOSSIDANTI

Buona parte del danno alla mucosa intestinale è dovuto ai radicali liberi prodotti dalla reazione infiammatoria agli allergeni alimentari e alle tossine intestinali. Il problema dei radicali liberi si aggrava ulteriormente quando l’afflusso di sangue all’intestino è insufficiente. La somministrazione di antiossidanti aiuta a neutralizzare queste sostanze tossiche. Tra gli antiossidanti naturali più comuni ricordiamo: vitamina E, beta-carotene, acido ascorbico, zinco, selenio e superossido dismutasi (SOD).

EVITARE GLI ALLERGENI ALIMENTARI

I ricercatori hanno notato che la permeabilità intestinale comincia ad aumentare dopo l’ingestione di quantità di alimenti allergizzanti non ancora tali da causare una reazione clinica. In altre parole, qualsiasi dose di allergeni alimentari nuoce all’intestino, ma i sintomi si manifestano soltanto oltre un certo livello. Apparentemente chi soffre di allergie alimentari ha l’intestino particolarmente sensibile; numerosi studi hanno dimostrato per esempio che negli allergici la permeabilità è superiore al normale persino a digiuno e che aumenta ulteriormente dopo l’ingestione di un allergene cui sono sensibili. Per fortuna, se l’alimento nocivo viene eliminato dalla dieta, l’intestino guarisce nel giro di pochi giorni.

RIMEDI PER FACILITARE LA DIGESTIONE

La cattiva digestione provoca molti problemi: malnutrizione, allergie alimentari e maggior rischio di infezioni intestinali. La maggior parte dei soggetti allergici presenta anomalie dell’apparato digerente. Digerire male significa tra l’altro che nell’intestino si trovano grosse molecole che non dovrebbero esserci. I rimedi per facilitare la digestione, quali enzimi fungini, acido cloridrico, pepsina e pancreatina, contribuiscono a ridurre il danno subìto dall’intestino facendo in modo che le molecole degli alimenti vengano degradate correttamente. È facile immaginare che nei pazienti con pochi acidi gastrici la permeabilità gastrointestinale è maggiore e la quantità di tossine batteriche che arriva al fegato è più alta. Curiosamente, la cattiva digestione più che con l’assorbimento di lipidi e carboidrati interferisce con quello di proteine e oligominerali. Ciò significa che è possibile assorbire abbastanza calorie da essere grassi, ma non assimilare abbastanza nutrienti da essere sani e pieni di energia. Quando la digestione è buona, gli enzimi pancreatici digeriscono i nutrienti (in particolare l’acido carbossilico, un acido grasso a catena corta) trasformandoli in acetato, propinato e butirrato, elementi indispensabili per le cellule della mucosa intestinale. Se invece la digestione non avviene regolarmente, si verifica la fermentazione batterica, che determina la produzione di isobutirrato, valerato e isovalerato, inutilizzabili da parte della mucosa intestinale. L’acido butirrico viene prodotto nell’intestino crasso in seguito alla fermentazione batterica della fibra ed è la principale fonte di energia per le cellule epiteliali, oltre a essere importante per la riparazione e rigenerazione di quelle danneggiate.

GLUTAMMINA

La glutammina (l’aminoacido più abbondante nel sangue) è il carburante essenziale per le cellule del rivestimento intestinale, che ne ricavano il 35% dell’energia di cui hanno bisogno. È diffusa negli alimenti e il corpo è in grado di sintetizzarla, ma l’integrazione con glutammina migliora il metabolismo energetico della mucosa gastrointestinale, stimolandone la rigenerazione. La glutammina previene il danno alla mucosa intestinale e, in caso di lesioni, diminuisce il passaggio dei batteri attraverso di essa, probabilmente stimolando i meccanismi di riparazione. L’integrazione con glutammina è particolarmente utile per riparare i gravi danni intestinali, talvolta letali, dovuti alle radiazioni addominali. La glutammina è importante anche in tutte le situazioni in cui la necessità di riparazione cellulare è particolarmente alta, per esempio dopo un intervento chirurgico o un’ustione grave. In tali occasioni i livelli di glutammina crollano e l’afflusso di sangue all’intestino diminuisce, provocando notevoli problemi alle cellule intestinali. Questo spiega il perché della degenerazione intestinale osservata nei traumatizzati gravi o nei grandi ustionati. L’integrazione con glutammina è utile infine per accelerare la riparazione del danno in patologie intestinali croniche quali il morbo di Crohn e la colite.

DIGIUNO

La mucosa intestinale guarisce durante il digiuno, come dimostrato dal calo della permeabilità intestinale che si osserva nei pazienti che digiunano. Con il digiuno è stato possibile ridurre la permeabilità intestinale di alcuni malati di artrite reumatoide in soli quattro giorni. Dopo sette-dieci giorni il gonfiore, il dolore e la rigidità articolare erano diminuiti, come pure la velocità di eritrosedimentazione e il livello di proteine dell’infiammazione nel plasma (due indicatori dell’infiammazione). Tuttavia, tornando alla stessa dieta di prima, i sintomi e la permeabilità intestinale si sono ripresentati dopo una sola settimana. Com’era prevedibile, i ricercatori ne hanno dedotto che il digiuno non è di alcuna utilità a lungo termine nell’artrite. Sarebbe più corretto dire che ricominciando ad assumere allergeni alimentari, si è ricreata la patologia intestinale e, di conseguenza, quella articolare. Il digiuno in questo caso consisteva in una dieta a base di 2-3 litri al giorno di succhi di frutta e di verdura diluiti. I digiuni molto prolungati, per esempio di tre settimane o più, possono provocare danni all’intestino e ai processi digestivi e non andrebbero mai intrapresi senza il controllo di un esperto. È interessante notare che uno dei motivi per cui i digiuni a lungo termine possono causare problemi è che provocano una carenza di glutammina.

21-07-2019

Esistono tutta una serie di rimedi naturali che possono aiutarti a tenere lontani questi insetti, senza ricorrere ai pericolosi e letali pesticidi. Prima di descriverti cosa usare, però, è necessario che tu prenda determinati accorgimenti, come eliminare le molliche da ogni angolo della tua casa, chiudere il barattolo dello zucchero e quello del miele, alimenti di cui le formiche vanno ghiotte. Veniamo adesso ai rimedi veri e propri.

1. CETRIOLI

Eh sì, hai capito bene: per eliminare le formiche puoi ricorrere ai cetrioli. Quando sei intento a prepararti una bella insalata mista con questi ortaggi, puoi decidere di mettere da parte qualche buccia. Sistemala in cucina o vicino al punto d’accesso degli insetti. La loro avversione per il cetriolo le terrà lontane dalla tua abitazione.

2. MENTA

Anche la menta è qualcosa verso cui le formiche provano una vera e propria avversione. Metti alcune bustine di tè alla menta o delle foglie essiccate e sbriciolate, nelle zone dove ti sembra che questi animaletti siano più in fermento: li allontanerai senza alcuna fatica.

3. ACETO

Non si può dire che l’aceto non abbia un odore molto forte. Spesso, viene utilizzato per far rinvenire la gente. Lo sapevi che dà fastidio anche alle formiche? Proprio per questo, puoi pensare di creare una soluzione a base di aceto a cui aggiungere dell’olio essenziale di eucalipto, per evitare che l’intensità dell’odore dia fastidio anche al tuo olfatto.

4. CAFFE'

Mescola alcuni chicchi o un pò di polvere di caffè con del borotalco. Spargi la polvere creata nei punti d’accesso delle formiche e in prossimità di porte e finestre.

5. DETERSIVO PER PIATTI

Puoi crearci una vera e propria soluzione anti-formiche. Diluisci due cucchiai di detersivo per piatti in mezzo litro di acqua. Versalo in un flacone con il dosatore a spruzzo e nebulizza il prodotto vicino finestre, porte e fessure. In questo modo, eliminerai la scia odorosa che fa da richiamo alle formiche, scoraggiando un loro ritorno.

21-07-2019

Usato nell’antichità per la sua azione diuretica ed emostatica, solo all’inizio dello scorso secolo venne valorizzato e preso in considerazione, sia dal punto di vista clinico che farmacologico, confermando così la sua triplice azione diuretica – emostatica – remineralizzante. Una delle proprietà più importanti dell’equiseto riguarda l’attività remineralizzante. La pianta con le sue radici assorbe dal terreno sali alcalini d’acido silicico che danno luogo alla formazione di due tipi di silicio, solubile ed insolubile. Quest’ultimo è responsabile del potere abrasivo della pianta e della capacità di riflettere la luce, che consente alla pianta di proteggersi da un’intensità luminosa troppo forte. La pianta però risulta essere ricca in silicio anche quando cresce in terreni calcarei. La sua azione remineralizzante, confermata per secoli dalla tradizione popolare, non era conosciuta nei suoi meccanismi d’azione finchè Vaquelin suggerì l’ipotesi che tramite probabili riarrangiamenti di sito degli elettroni, il silicio potesse facilitare la formazione di carbonato di calcio. Kervran (1975) scrive a questo proposito: “Solo il silicio organico è un silicio che può ricalcificare” e porta a suffragio di questa affermazione una sua sperimentazione. A ratti sottoposti ad un regime rachitogeno in seguito a frattura dei femori: il callo di cicatrizzazione apparve molto più rapidamente negli animali a cui furono somministrate quantità di equiseto dosate con precisione, al fine di ottenere un’osservazione clinica attendibile. Con il solo calcio non si osservava nessun miglioramento subitaneo, anzi, al termine della sperimentazione, dopo 17 giorni, la comparsa del callo osseo appariva appena agli inizi. Il silicio quindi facilita la ricalcificazione, accelerandone i tempi. Per queste sue peculiarità ne viene consigliato l’impiego sia in gravidanza che nella menopausa e nell’osteoporosi in genere. Il silicio è presente in tutto il nostro organismo, ma in particolar modo nel tessuto aortico e nei tendini; così ad esempio, la sua diminuzione legata ai processi di invecchiamento delle fibre elastiche nel tessuto aortico rende ragione dell’uso dell’equiseto come preventivo nella cura dell’arteriosclerosi, in quanto favorirebbe un rallentamento dell’invecchiamento delle fibre elastiche. 
Per quanto riguarda l’attività diuretica, la diuresi provocata dalla droga è puramente idrica, senza alterazione del tenore di elettroliti. La pianta viene consigliata negli edemi post-traumatici e statici e nella diuresi forzata in caso di affezioni batteriche ed infiammatorie delle vie urinarie escretrici e contro la renella. Può essere impiegata come coadiuvante nella terapia dimagrante. L’equiseto svolge azione protettiva sulle mucose determinando un’azione protettiva e favorente la cicatrizzazione. Già Unna, famoso dermatologo, nel 1917 avendo curato alcune dermatiti con preparati a base di equiseto, aveva notato un miglioramento dell’elasticità cutanea e lo aveva attribuito ad una favorevole influenza sull’equilibrio “colloidale cellulare”. La pianta è assai usata in cosmetologia per la prevenzione delle rughe, dell’invecchiamento cutaneo e della cellulite.

Sabato, 20 Luglio 2019 07:49

GLI ALIMENTI CHE PULISCONO IL COLON.

21-07-2019

Si dice che il 90% delle malattie sono il risultato di un colon che non è stato disintossicato, del consumo di cibi non appropriati e mancanza di regolare esercizio fisico che possono interessare il nostro colon e quindi il normale processo di digestione. I rifiuti che si accumulano nel colon, provocano la propagazione di batteri e tossine attraverso il corpo, per mezzo di capillari sanguigni della parete intestinale, che assorbe e distribuisce queste tossine nel flusso sanguigno, causando di conseguenza la contaminazione di tutti gli organi e cellule, e il risultato finale è la malattia. Le statistiche mostrano che circa 156.000 americani svilupperà il cancro al colon ogni anno e circa 60.000 moriranno di questa malattia. Oggi condivido con voi alcune alternative naturali che è possibile utilizzare per disintossicare e depurare il colon per una salute ottimale e per la perdita di peso:

- Semi di lino: il consumo di semi di lino macinati protegge la flora intestinale, regola il comportamento dell'intestino senza causare alcun danno o effetto collaterale.

- Alfalfa (erba medica): aiuta a lenire l’apparato digerente durante la pulizia.

- Spirulina: aiuta il corpo ad eliminare le tossine e promuovere l’ossigeno.

- Semi di finocchio: riduce i gas, elimina i dolori di stomaco e favorisce la buona digestione.

- Aloe Vera: cura e lenisce la mucosa intestinale.

- Menta (foglia): favorisce la digestione, allevia i dolori di stomaco e il disagio intestinale.

- Mango: ha proprietà lassative.

- Kefir: proprio come il burro artigianale non pastorizzato, è un'ottima fonte di probiotici.

- Frutta biologica: mele, uva, ananas, papaya e kiwi sono ricchi di fibre e agiscono come lubrificanti naturali ed enzimi che aiutano a regolare l’intestino.

Sabato, 20 Luglio 2019 07:48

SOIA: IL FALSO CIBO.

21-07-2019

Qualche anno fa, in Svezia, una ragazzina ebbe un attacco di asma dopo aver mangiato un hamburger in un noto fast-food, e ne morì. Le analisi rivelarono che la causa della morte era la piccola percentuale di soia (2,2%) contenuta nella carne macinata, che aveva scatenato la fatale reazione anafilattica. Le successive indagini ordinate dal Ministero della Sanità appurarono che cinque giovanissimi svedesi erano morti per shock da soia tra il 1993 e il 1996 e tutti ne avevano mangiata senza disturbi fino al giorno dell’attacco. Da allora in Svezia si cerca di limitare l’apporto di soia in tutti i bambini asmatici e che presentano altre allergie, specialmente alle noccioline americane. Il fatto ha indotto a riesaminare le meravigliose qualità che la pubblicità attribuisce alla soia: come proteina vegetale digeribilissima, che contrasta il colesterolo cattivo e che previene il cancro; sostituto ideale per chi soffre di intolleranza al latte; il cibo preferito dai vegetariani; fagiolo della longevità, di cui gli asiatici si alimentano da millenni e a cui devono la loro buona salute. Tutte menzogne, e menzogne pericolose. Anzitutto, se è vero che i cinesi hanno usato la soia da millenni, è anche vero che l’hanno usata non come cibo ma come fertilizzante naturale del suolo (piantare soia arricchisce la terra di azotati), fino a quando, verso il 264 avanti Cristo, non fu sviluppato in Cina il processo di fermentazione che trasforma la purea di soia in una salsa, nota oggi col nome giapponese di miso: un condimento, non un alimento. In seguito, un alchimista cinese scoprì che la pasta di soia, se trattata con cloruro di magnesio (un sale di cui sono ricche certe alghe), coagulava: e nacque il tofu, il formaggio di soia. Ma gli asiatici hanno mangiato il tofu solo in piccole quantità e saltuariamente, salvo che in periodi di carestia. In realtà, il consumo quotidiano di soia e dei suoi derivati in Cina, Giappone, Corea ed Indonesia varia tra i 9 e i 36 grammi al giorno: quantità da confrontare con i 240 grammi di una tazza di bevanda di soia e la porzione di tofu (252 grammi) che consuma giornalmente un vegetariano europeo o americano convinto di difendersi così dal colesterolo cattivo e dal tumore. Ma la cosa peggiore è che la soia la mangiamo tutti anche se non vogliamo. Come ho detto prima, essa viene aggiunta come legante negli hamburger. Si trova spesso nella carne in scatola e persino nel tonno, in molti biscotti, nelle barrette energetiche e dolciarie amate dai bambini; senza dire dei sostituti del latte in polvere per lattanti, molto usati dalle mamme sicure così di far del bene al loro piccino. 
La soia onnipresente sulle nostre tavole. La lecitina di soia viene addirittura raccomandata da certi medici come alimento anticolesterolo. La stessa proteina viene utilizzata per ricavarne un cibo che ha, grazie ad additivi artificiali, il sapore e l’apparenza della carne di manzo o di pollo, e raccomandata per chi deve evitare le proteine animali. Ma la sua produzione avviene con procedimenti industriali piuttosto allarmanti. In pratica, la farina di soia, depurata dal suo grasso, viene spremuta in macchine da estrusione (lo stesso procedimento usato per fabbricare le posate di plastica). La proteina viene isolata dalle altre sostanze mescolando la pasta di soia grezza con una soluzione caustica alcalina, e poi lavata con una soluzione acida per far precipitare la lecitina. Immerso il prodotto di nuovo in una soluzione alcalina, esso viene asciugato a temperatura altissima, e infine testurizzato in filamenti, con le stesse procedure usate nell’industria tessile. Questa manipolazione libera il prodotto dalle componenti che provocano flatulenza (si tratta pur sempre di un fagiolo), ma anche dalle vitamine e dai sali minerali. E la qualità della proteina così torturata va a farsi benedire. Per di più, gli scienziati sanno (ma non il pubblico) che la soia contiene tossine e sostanze chiamate antinutrienti: per esempio un inibitore della proteasi, l’enzima che consente di digerire le proteine; i fitati, che bloccano l’assimilazione dei minerali, causano deficienze di calcio e zinco; lectine e saponine che provocano disturbi gastrointestinali. La cosa è così nota che negli allevamenti, al bestiame alimentato con panelle di soia, la dieta viene arricchita con l’aggiunta di minerali, vitamine e metionina, uno speciale amminoacido: altrimenti gli animali perdono peso.
Come hanno dimostrato in Svezia, la soia è un potente allergenico, che quando non provoca la morte causa spesso diarrea, disturbi simili al raffreddore e difficoltà di deglutizione. Ma la cosa peggiore è che 70 anni di studi su animali e uomini hanno appurato che la dieta a base di soia provoca gravi disturbi alla tiroide. Qui, il componente colpevole è il fitoestrogeno o isoflavone, un ormone vegetale contenuto ad alte dosi nella soia, che è un inibitore dell’attività tiroidea e può causare cancro alla tiroide. Il fitoestrogeno pone a rischio lo sviluppo sessuale dei lattanti nutriti con polveri a base di soia come surrogati del latte. L’infertilità delle vacche nutrite con troppa soia è un fenomeno ben noto agli allevatori. Nei bambini, l’estrogeno vegetale può contrastare la crescita dei testicoli e la quantità di sperma nell’adulto; nelle bambine, una maturazione sessuale precoce con problemi nella vita adulta, dall’amenorrea alla mancanza di ovulazione. Ma allora chi ha diffuso tutte le favole e i miti sulla soia come fagiolo del benessere e della longevità? Il responsabile è uno dei più potenti e segreti poteri forti del mondo: le multinazionali cerealicole note come il Cartello del grano. Si tratta di aziende colossali: Cargill, Continental, Bunge, Louis Dreyfuss, Archer Daniel Midland, dai nomi ignoti al grande pubblico. Infatti non sono quotate in Borsa, appartenendo per lo più a singole potenti famiglie. Il loro business consiste principalmente nell’acquisto in blocco di interi raccolti di grano e cereali (ma anche cocco, cacao, olio di palma, arachidi) nei Paesi produttori, Argentina, Brasile, Ucraina, Africa, Australia ed Asia, e nella loro distribuzione mondiale. Il commercio delle granaglie è altamente strategico: negli anni del comunismo, il Cartello del Grano ha spesso salvato il regime sovietico dalle sue ricorrenti carestie, facendogli arrivare discretamente immensi carichi di frumento e di mais. Gestito dalla borsa-merci di Chicago, il business è praticamente controllato dalle cinque o sei multinazionali sopracitate, dette anche Sorelle del Grano. Una di esse in particolare, la Archer Daniel Midland (ADM), ha promosso da decenni la produzione mondiale della soia, ed ha lanciato un enorme campagna per raccomandarla come proteina della salute. È la ADM (che conta più di 27 mila dipendenti in tutto il mondo) che produce, commercia e pubblicizza il latte di soia che trovate nel supermercato (che è lo scarto della coagulazione del tofu), che promuove l’olio e la margarina di soia come acido grasso anticolesterolo, e il surrogato della carne fatto con la soia. E naturalmente, è sempre la ADM che promuove i congressi medici internazionali che magnificano le qualità salutari della soia, e commissiona gli studi scientifici che comprovano le miracolose doti del prodotto e dei sottoprodotti, e che le autorità sanitarie prendono per buoni. Il surplus di produzione della soia è tale, che occorre sempre qualche nuova idea per aumentarne il consumo. L'ultima novità è l'uso della soia per la produzione di diesel e benzina sintetica, per cui questi poteri forti sono riusciti a strappare dagli USA forti sussidi ed esenzioni fiscali. Il business in trionfale espansione.

19-07-2019

Una moltitudine impressionante di ricerche hanno dimostrato che l’olio essenziale di melaleuca è risultato attivo verso numerosi batteri Gram-positivi (Staphylococcus aureus, epidermidis, pneumoniae, faecalis, piogene, agalactiae, Streptococcus beta-haemoliticus e Propionibacterium acnes ecc.) e Gram-negativi (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Shigella somnei, Proteus mirabilis, Pseudomonas aeruginosa ecc.). L’interesse dell’attività antibatterica dell’olio di melaleuca risiede ad esempio nella sua capacità di inibire colture in vitro di ceppi di Staphylococcus aureus resistenti alla meticillina ed alla mupirocina. Casi episodici ne hanno evidenziato in passato azione benefica sulle vaginiti da batteri anaerobi. Del resto, uno studio precedente ne aveva confermata l’efficacia in 130 casi di infezioni vaginali di vario genere: vaginiti da Trichomonas (96 casi), moniliasi da Candida albicans (4 casi), cerviciti da Trichomonas vaginalis (20 casi) ed endocerviciti croniche di moderata intensità. In tutti questi casi venne impiegata una soluzione al 40% di melaleuca con una sospensione del 13% di alcol. Belaiche ne ha viceversa confermato l’efficacia in trials clinici contro placebo effettuati su 26 persone affette da cistiti croniche colibacillari, in 28 pazienti affette da vaginite da Candida albicans ed in varie patologie cutanee in età adulta e pediatrica (impetigine, acne, onissi, perionissi). 
In uno studio clinico 64 persone (56 persone in trattamento citostatico e radiante per neoplasia e 8 con AIDS conclamata ed epatite) sono state trattate con melaleuca (15 gocce al giorno diluite in acqua per sciacqui o lavande e poche gocce al giorno per uso topico nella sede della candidosi) in quanto affette da candidosi orali acute (pseudomembranose) o da candidosi vaginali acute e ricorrenti. Alla seconda settimana di trattamento nel 64% delle candidosi in sede orale si aveva una risposta completa e nel 12% parziale; mentre nel 70% dei casi in sede vaginale la risposta era completa. Nei non responders un incremento del dosaggio (25 gocce al giorno) e altri dieci giorni di trattamento hanno determinato un altro 10% di risposte. Il dato clinico è stato confermato dal dato di laboratorio attraverso la valutazione microscopica di crescita in agar della candida. In un altro studio clinico su 14 persone HIV positive, affette da candidosi orofaringea resistente al fluconazolo, trattate con una soluzione di olio di melaleuca per due-quattro settimane, ha dimostrato un miglioramento di più del 50% delle lesioni in 7 delle 14 persone alla seconda settimana ed in 10 su 14 alla quarta settimana.

19-07-2019

Le mandorle sono dei gustosissimi semi provenienti dall’albero del mandorlo, tipico di molte zone del Sud Italia. Sono costituite per il 50% da grassi monoinsaturi e polinsaturi, e sono una preziosissima fonte di energia. Costituiscono un’ottima riserva di vitamina E, sali minerali, magnesio, ferro, calcio e fibre. Le mandorle, però, contengono anche degli inibitori enzimatici che ne rendono difficile la digestione, causando infiammazione, problemi gastrici, senso di gonfiore e malassorbimento dei nutrienti. Per rimuovere gli enzimi inibitori, lectine e acido fitico, basta metterle in ammollo e poi farle asciugare lentamente al sole. Il procedimento prevede l’ammollo per 12 ore in una quantità d’acqua che le ricopra totalmente, aggiungiamo poi 2 cucchiai di sale integrale e in seguito, trascorso il tempo, vanno risciacquati. Potete decidere di mangiarli così come sono, se le consumate subito, oppure farle asciugare al sole, in modo tale che possano essere conservati a lungo. Le mandorle contengono acido fitico che nel caso specifico limita l’assorbimento di minerali come calcio, zinco, ferro e rame. Assumendo anche grandi quantità di frutta secca, se non pratichiamo l’ammollo per renderli biodisponibili, rischiamo che oltre a non assumere questi elementi, ce ne vengano anche sottratti dall’organismo. Attivare, mettendo in ammollo, le mandorle e la frutta secca ci aiuta a trarre molti benefici:

• vengono assorbiti meglio i nutrienti;
• vengono introdotte molte più proteine, minerali e vitamine;
• c’è un aumento dell’attività enzimatica;
• viene ridotto l’acido fitico;
• miglioriamo la digestione di questi alimenti e le infiammazioni;
• rendiamo le mandorle e la frutta secca più digeribile.

Questo tipo di pratica di mettere in ammollo la frutta secca, i legumi, i cereali integrali e i semi, appartiene sia alle civiltà precolombiane che agli aborigeni australiani. Una pratica che permette di rendere questi prodotti più leggeri e più ricchi di nutrienti.

19-07-2019

Il coriandolo è particolarmente amato nella cucina mediorientale e sud americana, meno invece nelle cucine europee e dell’estremo oriente. Il fatto che possa per alcuni sapere di sapone ha una spiegazione genetica. Mentre per il il 14-21% delle popolazioni di Estremo Oriente, Africa ed Europa, il coriandolo sa di sapone, solo per il 3-7% delle popolazioni del sudest asiatico, Medio Oriente o Sud America il coriandolo è immangiabile. In una ricerca californiana è emerso che l’insieme di geni noto col nome tecnico di OR6A2 potrebbe essere la causa di questa repulsione nei confronti del coriandolo. Si tratta di geni responsabili per l’olfatto più che per il gusto, ma sarebbero loro tra i responsabili della percezione dei composti aldeidi presenti nel coriandolo. Vale a dire quei composti responsabili del sapore di sapone della pianta. Varianti di questo gene sarebbero responsabili della differenza di odore e sapore del coriandolo. Un trucco per non rinunciare ai benefici del coriandolo c’è, secondo l’esperto americano di chimica alimentare Harold McGee, basterebbe realizzare un «pesto di coriandolo». Sminuzzare il coriandolo preparando una salsa simile al pesto aiuterebbe gli enzimi presenti nella pianta a scomporre più velocemente i composti aldeidi e quindi rimuovere definitivamente il sapore di sapone per coloro che sono, purtroppo, in grado di percepirlo. 
In una lontana ricerca condotta nella primavera del 1995, si è scoperto che l’uso del coriandolo, altrimenti chiamato prezzemolo cinese, poteva aiutare a eliminare i depositi di mercurio presenti in vari organi. Questa azione, tipica di diversi alimenti, si chiama chelazione. Non solo. Questa erba possiede veramente tante proprietà: aiuta nella digestione, contro la flatulenza, in tutte le problematiche che riguardano l’intestino. In genere, se ne consiglia l’assunzione in combinazione con l’alga clorella, in modo che le tossine rimosse non vengano riassorbite nel corpo. Il coriandolo, infatti, “smuove” i metalli dal nostro organismo, ma può far anche in modo che una parte vada a invadere il tessuto connettivo. Un processo che viene chiamato reintossicazione. Per questo, contemporaneamente, è necessario somministrare un agente di assorbimento intestinale delle tossine, come appunto l’alga clorella.

PESTO DI CORIANDOLO: LA RICETTA

Ecco gli ingredienti che vi serviranno per preparare il composto:

• 4 spicchi d’aglio.
• 1/3 di tazza di noci del Brasile, 1/3 di semi di girasole e 1/3 di semi di zucca.
• 2 tazze di foglie fresche di coriandolo.
• 2/3 di tazza di olio extra vergine di oliva.
• 4 cucchiai di succo di limone.
• 2 cucchiaini di polvere di alga Dulse.
• Sale marino q.b.

Mettete in un frullatore le foglie di coriandolo e l’olio. Frullate, poi aggiungete l’aglio, i semi, le noci, le alghe e il limone. Frullate di nuovo il composto, fino a quando non avrà assunto la consistenza di una crema. Salate a piacere, frullate di nuovo e conservate in frigo in un contenitore di vetro scuro.

Un’alternativa potrebbe essere quella di utilizzare invece questi ingredienti:

• 1-2 spicchi d’aglio.
• Pinoli.
• 1 tazza di foglie di coriandolo fresco.
• Peperoncino o pepe in polvere.
• 2 cucchiai di succo di limone.
• 6 cucchiai di olio extra vergine d’oliva.
• 1/4 cucchiaino di cumino.
• Sale q.b.

Il procedimento è lo stesso di quello spiegato precedentemente.

Ricordate: meglio non abusare del coriandolo, perché potrebbe creare fastidi renali.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8686573

Giovedì, 18 Luglio 2019 07:08

IL LATO BUONO DEL SOLE.

19-07-2019

Che il sole sia benefico lo dimostra l’esistenza di una cura che sfrutta le sue proprietà: l’elioterapia, conosciuta fin dall’antichità. Sono i classici bagni di sole, al mare, in montagna o nel proprio giardino. Non a caso, si dice che le persone abbronzate hanno il colore della salute. La luce solare penetra nell’organismo e raggiunge l’ipofisi e l’ipotalamo, situati nel cervello, stimolando varie ghiandole e funzioni. Esporsi ai raggi solari aumenta la vitamina D. È chiamata anche vitamina del sole: il 90% della vitamina D nell’organismo, infatti, viene prodotta grazie all’esposizione ai raggi ultravioletti ed è fondamentale per il benessere e la salute. Innanzitutto, favorisce l’assorbimento intestinale del calcio e del fosforo, minerali essenziali per la robustezza delle ossa, che contribuiscono in maniera indiretta anche a mantenere stabile il sistema nervoso, a proteggere il cuore e a permettere una normale coagulazione del sangue. Inoltre, influisce sulla produzione di alcuni ormoni e sulla regolazione del ritmo sonno-veglia. Secondo alcune ricerche, poi, aumenterebbe anche le difese naturali.
I raggi ultravioletti e gli infrarossi di cui è composta la luce solare hanno proprietà antisettiche, antimicrobiche e antibatteriche. Ecco perché l’esposizione al sole può essere utile contro malattie come la psoriasi e l’eczema. Inoltre, svolge un’azione anti-seborroica, normalizzando la pelle grassa e mantenendo in equilibrio le epidermidi sane. L’esposizione al sole può indirettamente aiutare anche a non ingrassare. Quando si sta a lungo in ambienti chiusi, infatti, il livello di serotonina cala. Fra le conseguenze, c’è anche un aumento dell’appetito e, in particolare, della cosiddetta “compulsione alimentare verso i carboidrati”: in pratica, la persona sembra avvertire un desiderio irrefrenabile di zuccheri semplici e complessi, come pasta, pane e pizza. Tutti cibi che, se consumati in eccesso, portano a un aumento di peso. Se il livello di serotonina è adeguato, invece, si tende a mangiare meno e in maniera più equilibrata.

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