Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

07-05-2020

Nell’enorme sforzo di prevenire la sindrome di Down, nessuno si chiede se si sta cercando nel posto giusto. Robert Mendelsohn, che sminuiva l’intera nozione di “uova stanche” basata sull’età, fu uno dei primi ad avvertire le madri che la possibilità di partorire un figlio Down aumentava con l’ammontare di esposizione a raggi X e non con l’aumentare dell’età in sé. A dispetto delle prove schiaccianti che le cose stanno così, i dottori continuano a dire a tutte le donne di una certa età che non dovrebbero avere figli perché le loro uova potrebbero essere stanche, piuttosto che determinare a quale ammontare di radiazioni sono state esposte. La visione lungimirante di Mendelsohn sulla connessione tra la sindrome di Down e le radiazioni è stata convalidata da più di vent’anni. Alcuni ricercatori della Freie Universität di Berlino hanno scoperto un legame diretto tra la sindrome di Down, che aumentò di sei volte all’improvviso nella città di Berlino nel gennaio 1987, e l’incidente del reattore nucleare di Chernobyl che aveva avuto luogo nove mesi prima. Queste donne avevano respirato moltissime radiazioni, in particolare lo iodio 131, per due settimane dopo l’incidente e proprio durante quel periodo erano rimaste incinte.
Questi ricercatori sono stati in grado di provare l’erroneità della teoria che la sindrome di Down è collegata all’età della madre. L’età media delle madri con figli Down nell’anno dell’incidente nucleare era praticamente identica all’età media delle madri con figli Down nel decennio precedente, e la percentuale delle donne con più di 35 anni che hanno dato alla luce figli Down dopo l’incidente di Chernobyl era identica alla percentuale del decennio precedente. Dopo aver fatto questa scoperta, i ricercatori tedeschi hanno reso noti altri studi che supportavano le loro conclusioni. L’incidenza della sindrome di Down aumentò drammaticamente nella regione del Kerala, in India e nello Yangjiang in Cina, dopo che le donne erano state esposte a livelli altrettanto alti di radiazioni provenienti dal sottosuolo. Il gruppo di studio, guidato dal Professor Karl Sperling, conferma che la sua prova “contraddice le opinioni espresse nei libri di testo attuali”. L’età della madre di per sé non pare un indicatore affidabile della sindrome di Down, se non il fatto che una madre più vecchia possa avere accumulato più radiazioni provenienti da raggi X nel proprio sistema. Si è concluso che qualsiasi esposizione a radiazioni ionizzanti, in particolare nel periodo del concepimento, deve essere evitata. Una connessione simile è stata fatta da alcuni scienziati che hanno esplorato la percentuale di nascite di bambini Down in relazione ai test fatti negli impianti nucleari. Hanno esaminato una comunità di Fylde nel Lancashire e hanno scoperto che l’incidenza di nascite Down ebbe un picco nel 1958 e dal 1962 al 1964, quando ci furono dei livelli alti di pioggia radioattiva. La stessa cosa avvenne anche nel 1957 vicino a Windscale, ora chiamata Sellafield, in seguito ad un incendio in una centrale nucleare. Le donne che avevano superato i 35 anni parevano essere quelle più colpite, forse ancora per il fatto che avevano già accumulato alcune radiazioni nella loro vita e che la radiazione nucleare aveva spinto questi livelli al massimo. La scoperta che diversi gruppi razziali hanno percentuali diverse di sindrome di Down, offre prove maggiori all’incidenza ambientale. Uno studio che ha esaminato le nascite in 17 stati degli Stati Uniti tra il 1983 e il 1990, ha scoperto che i neri americani hanno meno figli Down di qualsiasi altro gruppo razziale (con 7,3 su 10.000) e gli ispanici ne hanno la percentuale maggiore (11,8 su 10.000). il tasso di bambini con la sindrome di Down varia, inoltre, molto tra gli stati con il 5,9 su 10.000 casi in Kansas e 12,3 su 10.000 in Colorado. Nel suo libro, frutto di più 30 di ricerca su bambini Down, la psicologa Janet Carr dimostra che la condizione non appare tanto scoraggiante come la medicina vorrebbe farci pensare. La psicologa ha monitorato un gruppo di 54 bambini Down dal 1964 e ha scoperto che non avevano una salute più cagionevole dei bambini normali. Non c’era nessun eccesso di stress di coppia o esaurimenti ei genitori di figli Down e nessun effetto negativo sui figli stessi. Praticamente tutte le famiglie amavano i loro membri Down e non si sarebbero neanche sognati di vivere senza di loro.

COMMENTO

La maggior parte degli studi sopracitati sono stati condotti nei paesi colpiti da radiazioni nucleari fuoriuscite dalle centrali. Ma non bisogna sottovalutare che l’esposizione alle radiazioni sono molteplici, ad iniziare dal cibo che ingeriamo (molti alimenti sono irradiati), dal fumo delle sigarette, dalle radiografie e TAC mediche, e dalle scorie nucleari presenti nel sottosuolo del territorio italiano (la terra dei fuochi insegna)!

07-05-2020

Vi siete mai chiesti come il carbone rimasto dopo un falò è stato utilizzato dagli studiosi e medici per curare i loro pazienti? Avete mai visto i vostri anziani strofinare carboncino sui denti ogni mattina, invece del dentifricio? In realtà, un pezzo di carbone funziona meglio del dentifricio! (Anche se oggi i medici sconsigliano il suo uso in quanto è molto abrasivo). Il carbone, che è stato elaborato con l’attivazione di vapore si chiama carbone attivo. I milioni di pori in un piccolo pezzo di carbone attivo ne aumentano la superficie totale e ne fanno un brillante assorbente. Un grammo di carbone attivo può avere una superficie di 500 m2. Un chimico nel 1813 ha sorpreso tutti quando ha ingoiato cinque grammi di arsenico triossido, mescolato con carbone senza alcun effetto negativo. Questa proprietà misteriosa del carbone è stata scoperta intorno al 1500 a.C. dagli egiziani. Il carbone attivo assorbe qualsiasi gas o liquido in modo più efficace rispetto ad altri prodotti naturali. Anche se il prodotto è comunemente usato per ridurre la flatulenza, è stato utilizzato come un rimedio naturale per molti disturbi: overdose di farmaci o droghe, intossicazione alimentare, indigestione, diarrea, nausea e vomito e punture di api.
C’è una vecchia storia dietro la scoperta del carbone attivo. Il primo uso documentato di questo prodotto miracoloso risale al 1500 a.C. quando gli egiziani lo hanno utilizzato per assorbire il cattivo odore delle parti in putrefazione all’interno del tratto intestinale. Nel secondo secolo d.C. Claudio Galeno, il più famoso medico dell’impero romano, famoso per il suo spirito scientifico, ha prodotto 500 trattamenti medici che utilizzano il carbone sia di origine animale che vegetale, per curare molte condizioni mediche. Più tardi, nel 1700, il carbone è emerso di nuovo ed è stato utilizzato per assorbire eccessive secrezioni biliari nel corpo. Entro la metà del 1800, il carbone è stato prominente utilizzato dai chirurghi dell’esercito e della marina come lenitivo del dolore. Il carbone è stato ammesso nella London Farmacopea per l’uso generale nell’esercito e ospedali militari e ospedali civili. Nel 1900 il mondo medico ha realizzato il potenziale del carbone attivo e ha iniziato ad esplorare le sue altre applicazioni. Un uso utile è stato trovato dai medici, per le donne che hanno subìto aborti. Il carbone attivo è efficace nel ridurre le febbri associate a endometrite settica in donne che hanno avuto un aborto.
Le “matite di carboncino” sono state inserite attraverso la cervice nell’utero, per assorbire tutte le tossine e catturare i batteri e la temperatura corporea è tornata alla normalità nelle pazienti, in 24 ore. È stato osservato che, non appena sono state inserite le “matite di carboncino” all’interno dell’utero, si è interrotto immediatamente anche il cattivo odore. Nel 21° secolo, il carbone attivo è scomparso dal mercato, ma viene ancora utilizzato in ospedali e laboratori di ricerca medica. Oggi, il carbone attivo è uno strumento indispensabile in quasi ospedale. Dalle attrezzature semplici come maschere antigas e filtri delle attrezzature per depurare l’aria, agli strumenti per dialisi, marcatori chirurgici del cancro al seno, medicazioni per avvelenamento da droga, l’utilizzo del carbone attivo continua a crescere man mano che la tecnologia si sviluppa.

BENEFICI DEL CARBONE ATTIVO

- Favorisce i processi digestivi grazie al suo contenuto di sali minerali basici in grado di combattere l’acidità e riequilibrare il rapporto acido-basico del nostro corpo.

- Combatte il colesterolo grazie alla sua capacità di legarsi alle sostanze presenti nel tratto gastrointestinale. Esso si lega al colesterolo favorendo la sua eliminazione.

- Riduce il meteorismo e l’aerofagia grazie alle sue capacità assorbenti. Incorpora i gas presenti nell’intestino e ne favorisce l’eliminazione.

- Combatte il gonfiore addominale e il reflusso gastroesofageo oltre a colite e diarrea, grazie alle sue capacità assorbenti. In combinazione con finocchio e anice che riducono la fermentazione, è un ottimo rimedio per queste condizioni.

- Combatte l’intossicazione da farmaci o altre sostanze come metalli pesanti. È considerato un vero e proprio antidoto in caso di intossicazione, grazie alle sue proprietà mineralizzanti e cicatrizzanti.

Non esistono effetti collaterali derivanti dall’uso del carbone attivo, ma è opportuno usarlo con cautela in caso di gravidanza, allattamento e nei bambini. Evitare l’assunzione di farmaci contemporaneamente e attenzione all’uso della pillola, in quanto può inibire la sua efficacia. Per non inibire l’efficacia di altri farmaci, questi vanno assunti a distanza di tre/quattro ore dal trattamento con carbone attivo. Il carbone attivo può causare stitichezza: non usarlo in caso in cui si soffra della condizione.

Giovedì, 07 Maggio 2020 16:21

PEPERONCINO ROSSO: IL FUOCO CHE GUARISCE.

07-05-2020

“Quel che non ammazza ingrassa”, dice il proverbio, e potrebbe essere il motto del peperoncino, di cui molte persone non solo tollerano, ma addirittura amano il bruciore. Forse lo fanno solo per il gusto di stupire coloro il cui stomaco non regge nulla di più forte del ketchup, o per il “brivido” che provoca l’ingestione di questi piccantissimi frutti rossi; fatto sta che gli appassionati del peperoncino non perdono occasione per insaporire così non solo i piatti tradizionali delle varie cucine esotiche in cui è richiesto, ma anche frittate, stufati e persino insalate. D’altronde il peperoncino non è solo un condimento, un aroma: è noto in tutto il mondo per le sue proprietà curative e termogeniche. Fin dai tempi più antichi con i peperoncini piccanti o di Caienna sono stati curati tosse, raffreddore, sinusite e bronchite, afferma il dottor Irwin Ziment, professore di medicina all’University of California di Los Angeles. Sembra che possano contribuire a ridurre il colesterolo il colesterolo LDL, cioè quello associato con ictus, ipertensione e malattie cardiache. Pare inoltre che, per quanto possa sembrare incredibile, i peperoncini prevengono le ulcere gastriche. Gli amanti del peperoncino da tempo sostengono che, nelle sue numerose varietà, è un ottimo decongestionante, capace di liberare in men che non si dica il naso chiuso. In effetti il sapore piccante del peperoncino o dei suoi derivati, per esempio il Tabasco, sono talvolta efficaci quanto i farmaci da banco contro il raffreddore, come conferma il dottor Ziment. “Alcuni degli alimenti che nei secoli passati si utilizzavano contro le malattie dell’apparato respiratorio, tra cui i peperoncini piccanti, sono molto simili ai farmaci di oggi”. La sostanza grazie alla quale il peperoncino libera così efficacemente il naso si chiama capsaicina ed è la stessa che lo rende piccante. Dal punto di vista chimico la capsaicina è molto simile a una molecola, la guaifenesina, che entra nella composizione di molti farmaci da baco e non contro il raffreddore, per esempio il Robitussin (sciroppo per la tosse non più in vendita in Italia), afferma il dottor Ziment. Naturalmente l’impatto immediato sarà maggiore mangiando un peperoncino che non prendendo un farmaco: non appena il peperoncino tocca la lingua, il cervello riceve da bocca, lingua, gola e stomaco una massa di segnali alla quale risponde stimolando le ghiandole secretorie delle vie respiratorie. Il risultato è una produzione di liquidi che fa piangere gli occhi, colare il naso e fluidifica il muco nei polmoni, spiega il dottor Ziment. In altre parole, il peperoncino è un decongestionante ed espettorante naturale. “Contribuire ad eliminare la congestione e a liberare i seni paranasali è una caratteristica di tutti gli alimenti caldi e piccanti”, aggiunge il dottor Ziment.
Non occorre una grande quantità di peperoncino per ottenere tale benefico effetto: 10 gocce di salsa piccante in una scodella di brodo di pollo possono essere molto efficaci, suggerisce Paul Bosland, professore al dipartimento di orticoltura della New Mexico State University di Las Cruces e fondatore, presso questa stessa università, del Chile Pepper Institute. “Qui nel New Mexico facciamo quasi tutti così, quando ci sentiamo male”, spiega. “Con un pizzico di peperoncino passa tutto”. Per il raffreddore il dottor Ziment consiglia un gargarismo con acqua tiepida in cui siano state diluite 10 gocce di Tabasco, rimedio molto efficace, soprattutto per liberare i seni nasali. Oltre a sbloccare le vie respiratorie, il peperoncino può anche ridurre il tasso di colesterolo nel sangue, afferma Earl Mindell, farmacista e professore di nutrizione alla Pacific Western University di Los Angeles. “Quando ad animali di laboratorio viene somministrata una dieta ad alto tenore di capsaicina e povera di grassi saturi, il colesterolo “cattivo” LDL diminuisce”, spiega. Sembra che mangiando peperoncini sia anche possibile fluidificare il sangue. I ricercatori del Max Planck Institute tedesco hanno scoperto che, rallentando il processo di coagulazione del sangue, il peperoncino può ostacolare la formazione di trombi che a loro volta possono provocare attacchi cardiaci e ictus. Per anni i medici hanno consigliato a chi era predisposto all’ulcera di evitare i cibi piccanti, ma da recenti ricerche sembrerebbe che sia meglio fare il contrario e che i peperoncini impediscano l’insorgere di ulcere gastriche. Pare infatti che, stimolando la produzione di succhi gastrici protettivi, la capsaicina protegga la mucosa dello stomaco dagli acidi e dall’alcol che causano l’ulcera. I ricercatori del National University Hospital di Singapore hanno scoperto che coloro che consumavano le quantità più elevate di peperoncino in polvere avevano meno ulcere e hanno ipotizzato che il fattore protettivo sia costituito proprio dal peperoncino o dalla capsaicina.

07-05-2020

I solfiti sono composti praticamente sconosciuti a gran parte delle persone, a meno che non soffrano di allergie o asma. Inconsapevolmente ogni giorno ne assumiamo in quantità elevate, infatti sono largamente usati nel campo alimentare come conservante per evitare effetti indesiderati e aumentare la durata dei prodotti. Infatti sono largamente usati sia nel campo alimentare che farmaceutico come conservanti (azione antisettica), antiossidanti, coloranti e per ridurre l’imbrunimento di molti cibi. Molte volte vengono usati anche nel materiale di imballaggio come cellofan per ridurre al minimo il deterioramento degli alimenti. Gli alimenti che contengono questo additivo sono molteplici, ne riporto una breve lista:

- vino;
- birra (meno frequente) alcolica e non alcolica;
- alcuni cereali che contengono aggiunte di amidi particolari;
- prodotti di salumeria;
- succhi di frutta;
- frutta disidratata;
- marmellate;
- frutta secca.

La soglia massima di assunzione giornaliera è posta tra 0 e 0,7 mg per kg di peso ideale, che può essere tranquillamente superata a causa dell’ubiquità di tale additivo, soprattutto nei forti consumatori di frutta secca e vino. Negli adulti la maggior fonte di solfiti è rappresentata proprio dai vini. Tenete presente ad esempio che un uomo di 70 kg può al massimo assumere 50 mg di solfiti al giorno ed un vino in media ne contiene 150 mg/l, quindi con 330 ml raggiunge la dose massima consentita al giorno, senza tener presente che i solfiti si trovano in moltissimi altri cibi che quotidianamente si consumano. I solfiti nel vino vengono aggiunti sotto forma liquida, gassosa o solida (metabisolfito di potassio) per esplicare le seguenti funzioni:

- Antisettica: interferisce sulle funzioni vitali dei microrganismi, inibendoli o provocandone la morte. Essa si comporta in modo selettivo, colpendo prima i batteri, poi i lieviti, per cui, a seconda delle quantità adoperate, può essere impiegata per eliminare solo i primi od entrambi.

- Antiossidasica: inibisce gli enzimi ossidatici tirosinasi e laccasi. Un vino non ha l’obbligo di riportare in etichetta la dicitura solfiti, quando la loro concentrazione non è superiore a 10 mg/l.

Tenete presente che ottenere un vino con zero solfiti è quasi impossibile, in quanto i lieviti ne producono naturalmente una piccola quantità. La cosa però sulla quale vi invito a riflettere è che se un vino contiene 11 g/l di solfito oppure 250 g/l voi non lo saprete mai, perché in etichetta non è obbligatorio riportare le quantità, ma piuttosto i produttori sono obbligati a segnalarne la presenza. Quindi in situazioni di incertezza, o si conosce direttamente il produttore, oppure se si va alla cieca conviene orientarsi verso prodotti senza solfiti aggiunti, che per fortuna esistono in commercio.
Quali effetti ha l'anidride solforosa sulla salute? L’anidride solforosa provoca vari disturbi, infatti influenza negativamente l’assorbimento della vitamina B1, provocando irritazioni gastriche e il famoso cerchio alla testa (anche se alcuni autori non sono d’accordo). In particolare i solfiti sono molecole che creano reazioni non allergiche ma reazioni di sensibilità. In particolare può causare disturbi respiratori in soggetti asmatici pochi minuti dopo l’ingestione di alimenti che contengono solfiti (Halpern GM et al, 1985 Annals of allergy). Altri lavori hanno confermato gli effetti avversi che i solfiti procurano al corpo (es. H. Vally et al; Clinical effects of sulphite additives, Clinical & Experimental Allergy, 2009). Resta solo chiedersi se siano veramente necessari e se l’industria alimentare non debba rivedere le proprie posizioni su questo additivo. Inoltre l'anidride solforosa può apportare anche questi effetti indesiderati:

- anormale apporto di ossigeno al sangue con conseguente cefalea;
- inibizione della secrezione della pepsina (enzima proteolitico dello stomaco);
- irritazione della mucosa gastrica con conseguente nausea e vomito.

Quindi impariamo per prima cosa a bere sano e naturale con i vini senza solfiti, e inoltre impariamo a leggere le etichette dei prodotti quando andiamo a fare la spesa. I solfiti sono additivi e come tali la loro aggiunta va segnalata sotto forma di sigla (E che indica la sigla dei conservanti). Inoltre tutti i vini alla quale sono stati aggiunti i solfiti riportano la scrittura "Solfiti Aggiunti".

La sigla sugli alimenti compresa tra E220-E228.

E220 Anidride Solforosa
E221 Sodio Solfito
E222 Sodio Solfito Acido
E223 Sodio Bisolfito
E224 Potassio Bisolfito
E226 Calcio Solfito
E227 Calcio Bisolfito Acido
E228 Solfito Acido di Potassio

Se ci tenete alla vostra salute, ora che lo sapete iniziate a controllare le etichette dei cibi che normalmente consumate, e se siete consumatori abituali di vino (soprattutto vini bianchi) prendete in considerazione il consumo di vini senza solfiti aggiunti.

 03-05-2020

“Mtor” o mammalian target of rapamycin (bersaglio della rapamicina nei mammiferi) si riferisce a un enzima della famiglia delle serina/treonina protein chinasi codificata dal gene mTOR. È presente negli esseri umani, ma anche in vermi, topi, mosche e lieviti. È un regolatore delle cellule che permette crescita, proliferazione, sopravvivenza e mobilità. Sembra che la forza trainante dell’invecchiamento sia la senescenza cellulare, che coinvolge sia l’arresto della replicazione cellulare, sia le vie di segnalazione mTOR che promuovono la “troppa crescita”. Se si riesce ad inibire le vie di segnalazione mTOR, si aumenta la durata della vita di vermi, mosche, lieviti e persino dei topi, se si aggiunge la restrizione calorica.
La rapamicina è una molecola naturalmente prodotta dal batterio filamentoso Streptomyces hygroscopicus, scoperto sull’Isola di Pasqua nel 1975. Ancora conosciuto come Sirolimus, è un farmaco immunosoppressore prescritto nella medicina convenzionale per prevenire il rigetto dopo un trapianto. Questa sostanza consente di inibire la via di segnalazione mTOR. Secondo alcuni studi, l’uso della rapamicina, anche se tardivo, sembra estendere in modo significativo la durata della vita dei mammiferi, con un aumento dell’aspettativa di vita compreso tra il 9 e il 14% rispettivamente per maschi e femmine. Altri studi hanno inoltre indicato le sue proprietà antidiabetiche (tipo 1 e 2) e i suoi effetti sul declino cognitivo associato con l’età, con un aumento della memoria, delle capacità di apprendimento e, soprattutto, una riduzione di determinate proteine in presenza di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.
In studi preclinici, analoghi della rapamicina, in particolare gli inibitori del complesso mTORC1, hanno dimostrato una reale efficacia nella lotta contro alcuni tipi di tumori. Recenti prove scientifiche suggeriscono che le sostanze del tutto naturali possono, a concentrazioni specifiche, inibire anch’esse l’mTOR. Esse sono le seguenti:

CURCUMINA

Il componente principale della curcuma si è dimostrato essere un inibitore naturale di mTOR e ha proprietà antitumorali in una varietà di linee cellulari tumorali, modificando un determinato numero di percorsi oncogenici.

TE’ VERDE

Alcuni componenti del tè verde (Camellia sinensis) hanno confermato, in determinati studi, il loro effetto inibitorio su mTORC1 e mTORC2. In particolare, l’EGCG (epigallocatechina-3-gallato), in uno studio condotto in Pennsylvania, a Collegeville, da GlaxoSmithKline, ha agito come doppio inibitore: dalla via PI3K (fosfoinositide-3-chinasi) e dalla via di segnalazione mTOR.

RESVERATROLO

Dei rapporti hanno stabilito che il resveratrolo, un composto polifenolico, inibisce anche la via di segnalazione mTOR. Secondo alcuni studi, questa via è attivata da lipoproteine LDL ossidate nelle cellule della muscolatura liscia. Tuttavia, il resveratrolo è in grado di bloccare la fosforilazione e l’attivazione delle vie mTOR e PI3K. Questa attività è indipendente dall’effetto antiossidante e dall’attivazione di AMPK (adenosina monofosfato chinasi) ad opera del resveratrolo. Questo dimostra chiaramente una nuova proprietà del resveratrolo che potrebbe contribuire alle capacita aterogeniche generali di questo polifenolo. Un altro articolo ha riportato che il resveratrolo inibisce mTOR e la senescenza cellulare a dosi relativamente elevate, contribuendo al contempo all’apoptosi cellulare.

FISETINA

Questo flavonoide, che si trova in alimenti come fragole e cipolle, invia un segnale “di accensione” alle cellule portatrici di un gene antietà, proteggendo DNA e neuroni, in particolare durante i periodi di stress ossidativo. La fisetina ha anche un’azione stabilizzante sul resveratrolo nel prevenire la degradazione metabolica e quindi permette di supportarlo nella sua funzione inibitoria della via di segnalazione mTOR. La fisetina ha inoltre dimostrato, in alcuni studi, la sua attività antitumorale e antiangiogenica.

SALICINA (SALICE BIANCO)

Questo composto molto attivo, estratto dalla corteccia del salice bianco (Salix alba), ha dato luogo all’isolamento della molecola di acido acetilsalicilico (Aspirina®) ad opera del chimico Felix Hoffman. È stato dimostrato che l’assunzione di un’aspirina per i bambini (81 mg) al giorno riduce di almeno il 25% il rischio di cancro. La salicina ha tutte le attività dell’Aspirina®, tra cui l’inibizione mTOR. La sua azione, anche se più lenta, è al contrario molto meno irritante e di un’efficacia più lunga nel tempo. Non assumete salice bianco se siete allergici all’aspirina.

Domenica, 03 Maggio 2020 13:22

4 VITAMINE PER UNA PELLE SANA E LUMINOSA.

03-05-2020

Per avere una pelle sana ed elastica non basta semplicemente intervenire dall’esterno, con creme e trattamenti specifici, ma è importante anche mangiare in modo sano ed equilibrato. Non bisogna dimenticare, infatti, che un’alimentazione inadeguata, oltre ad incidere negativamente sul nostro aspetto estetico, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose malattie croniche. Le vitamine sono dei nutrienti che non apportano energia, ma sono indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo. Tutte le vitamine, ad eccezion fatta per la vitamina D, vengono assunte attraverso l’alimentazione poiché il nostro corpo non è in grado di produrle autonomamente. Le vitamine alleate della pelle sono:

VITAMINA E

Nota anche con il nome di tocoferolo, appartiene al gruppo delle vitamine liposolubili e la sua funzione principale è quella antiossidante. Protegge, infatti, le membrane delle cellule contrastando l’azione dei radicali liberi. Le fonti alimentari più ricche di vitamina E sono:

• Olio di germe di grano
• Olio di semi di girasole
• Peperoncino in polvere
• Pepe di Cayenna
• Paprika
• Mandorle
• Semi di girasole
• Curry in polvere
• Origano
• Olio di semi di lino
• Nocciole
• Arachidi
• Olio di girasole

VITAMINA A

Fa parte del gruppo delle vitamine liposolubili ed è conosciuta anche con il nome di retinolo. Come la vitamina E vanta una spiccata azione antiossidante e presiede all’integrità dei tessuti, compreso l’epitelio della retina. Stimola il naturale rinnovamento cellulare. La vitamina A, inoltre, risulta particolarmente utile in caso di acne. Gli alimenti più ricchi sono:

• Olio di fegato di merluzzo
• Fegato animale
• Albicocche disidratate e fresche
• Anguilla
• Carote crude
• Tarassaco
• Prezzemolo
• Burro
• Peperoncino piccante
• Rucola (ed altre verdure a foglia verde)
• Basilico
• Tuorlo d’uovo
• Pomodori
• Zucca
• Broccoli
• Mango
• Spinaci
• Tonno fresco
• Peperoni

VITAMINA C

Appartiene al gruppo delle vitamine idrosolubili (perciò è termolabile, fotolabile e viene persa nell’acqua di cottura) ed è detta anche acido ascorbico. Oltre alla produzione di collagene, infatti, è antiossidante e contribuisce alla produzione dei neurotrasmettitori e degli ormoni, rafforza il sistema immunitario e aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari. Inoltre, associata alla vitamina A, contrasta le alterazioni causate dal photoaging (invecchiamento da esposizione prolungata al sole).La vitamina C è contenuta in:

• Acerola
• Peperoni
• Timo
• Peperoncini piccanti
• Buccia di arancia
• Prezzemolo
• Buccia di limone
• Peperoni rossi dolci
• Prezzemolo
• Kiwi
• Broccoli
• Cavoletti di Bruxelles
• Chiodi di garofano
• Zafferano
• Peperoni verdi
• Crescione
• Rosmarino
• Papaya
• Piselli
• Fragole
• Erba cipollina
• Cavolo cappuccio
• Arance
• Limoni
• Maggiorana
• Santoreggia
• Dragoncello
• Cavolfiore
• Ananas
• Alloro
• Castagne
• Wasabi
• Fragole
• Uva passa
• Pomodori
• Melone
• Mango
• Gelsi
• Bacche di sambuco
• Borragine
• Zucchine
• Pompelmo
• Salvia
• Menta piperita
• Pompelmo
• Aglio
• Cavolo verza
• Succo di lime
• Barbabietola
• Bietole
• Spinaci
• Fiori di zucca
• Mandarini
• Lamponi
• Curcuma
• Fegato di tacchino
• Cicoria
• Cipolle
• More
• Rape
• Cumino
• Patate
• Asparagi

VITAMINA D

Appartiene al gruppo delle vitamine liposolubili e il nostro organismo riesce a produrla grazie all’azione della luce. Dà alla pelle un aspetto giovane e sano poiché determina la buona qualità del film idrolipidico. Gli alimenti più ricchi di vitamina D sono:

• Olio di fegato di merluzzo
• Aringa
• Acciughe
• Tonno
• Tuorlo d’uovo
• Cernia
• Pesce spada
• Sarda
• Trota
• Salmone
• Carne di vitello
• Bevanda di soia
• Funghi
• Riso integrale

Domenica, 03 Maggio 2020 13:20

QUESTO AMMINOACIDO FA BENE AL CERVELLO.

03-05-2020

Si ritiene che il 65% degli adulti sono sottoposti a diverse forme di stress, e questa proporzione è in aumento. Quasi il 70% degli adulti si lamentano di essere vittime di disturbi del sonno, in una maniera o nell’altra. Questi disturbi che non vengono spesso nè diagnosticati né trattati hanno delle conseguenze talmente nefaste sui parametri biochimici e sullo stato di salute a breve, medio e lungo termine, che si soprannomina spesso lo stress “l’assassino invisibile”. La L-teanina, un aminoacido che si trova nel tè verde, attraversa facilmente la barriera ematoencefalica e produce nel cervello degli effetti tranquillizzanti che sono stati confrontati a quelli indotti dai massaggi, dalla meditazione e dall'aromaterapia. Siccome occorrerebbe bere da 10 a 40 tazze di tè verde al giorno per ricevere una dose attiva di L-teanina, l’integrazione rappresenta un'opzione preferibile.
La L-teanina induce il rilassamento senza causare sonnolenza il che può essere misurato da una generazione cresciuta con onde alfa nel cervello. Infatti gli studi mostrano anche che migliora la capacità del cervello di concentrarsi, di imparare e di memorizzare. In Giappone, il chewing gum, i gelati e i soft drink integrati con L-teanina sono presenti nella dieta degli studenti durante il periodo degli esami. Contrariamente alla caffeina, la L-teanina aumenta il livello cerebrale di GABA (acido gamma amminobutirrico), un neurotrasmettitore inibitore che induce il rilassamento e favorisce la sensazione di benessere. La L-teanina aumenta anche i livelli cerebrali di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere e della ricompensa, e di serotonina, il principale neurotrasmettitore inibitore, che vengono danneggiati in maniera critica nelle situazioni di stress e di eccessivo lavoro.
Gli studi mostrano che la L-teanina possiede altri effetti favorevoli per la salute: protegge il cervello dalla neurotossicità indotta dal glutammato, una causa importante di malattie neurodegenerative. Riduce significativamente i sintomi mentali, fisici e sociali associati alla sindrome premestruale. Normalizza la pressione sanguigna. Permette di temperare gli effetti irritanti della caffeina. Secondo uno studio recente condotto all'Istituto nazionale di salute mentale in Giappone, 200 mg di L-teanina assunti prima di coricarsi migliorano la qualità del sonno in maniera tale che i partecipanti si sono tutti risvegliati “più riposati” dopo un sonno “più efficace”, senza tuttavia dormire più a lungo. I soggetti dello studio hanno anche dimostrato di svegliarsi più facilmente al mattino, senza sentirsi “traballanti” ma arzilli, freschi e in forma.

03-05-2020

L’estratto di magnolia officinalis appartiene alla farmacopea cinese da venti secoli. Ma sono degli studi recenti che hanno permesso di mettere in luce i benefici considerevoli per la salute di due componenti della magnolia, l’honokiolo e il magnololo:

- calmano l’ansia e lo stress senza provocare l’assopimento. L’honokiolo esercita un effetto antiansia laddove il magnololo è piuttosto un antidepressivo, una combinazione con una complementarità piacevole. In uno studio animale, l’honokiolo è stato confrontato con il diazepam (una benzodiazepina famosa ad effetto antiansiolitico) e ha mostrato un’efficacia simile, ma senza gli effetti collaterali sedativi del farmaco, e senza creare dipendenza;

- magnololo e honokiolo modulano positivamente l’attività di diversi neurotrasmettitori e contribuiscono a normalizzare e a proteggere la funzionalità cerebrale;

- honokiolo e magnololo sono due antiossidanti potenti (fino a 1000 volte più potenti, in vitro, rispetto all’alfa-tocoferolo per inibire la perossidazione dei lipidi). Altri studi mostrano che proteggono i mitocondri da danni dei radicali liberi all’interno del fegato, del cuore e del cervello degli animali di laboratorio;

- diversi studi mostrano che l’estratto di magnolia inibisce la proliferazione di diversi tipi di cellule cancerogene, che potrebbe essere un trattamento palliativo utile per le leucemie e che eserciterebbe anche un’attività antiangiogenica significativa, contribuendo a privare i tumori di apporto sanguigno;

- altri studi, infine, mostrano un’efficacia dell’estratto di magnolia in una varietà di patologie come le infezioni settiche frequenti in ambito ospedaliero, il trattamento dell’infiammazione e del dolore, la prevenzione e il controllo dell’asma, le patologie fungine e batteriche.

03-05-2020

Uno studio sui topi suggerisce che la carenza di serotonina non può giocare un ruolo influente nella depressione come si è pensato in precedenza. A causa della diffusione del farmaco Prozac, la teoria che bassi livelli di serotonina causano la depressione è anche aumentata in popolarità. Dalla fine del 1980, una teoria popolare ha sostenuto che l’aumento dei livelli della molecola di segnalazione della serotonina è centrale per il trattamento della depressione. Questo approccio al trattamento della depressione è caratterizzata dall’uso dell’antidepressivo Prozac, che agisce aumentando i livelli di serotonina.
Quando il Prozac è stato lanciato nel 1980, è diventato un trattamento popolare per la depressione, molto rapidamente. Tuttavia, alcuni esperti ritengono che il Prozac non sia più efficace dei precedenti farmaci antidepressivi - come i triciclici, che bloccano l’assorbimento della serotonina e noradrenalina nel cervello - ma ha meno effetti collaterali rispetto ad altri antidepressivi.
Ci sono prove a sostegno di questa teoria?
Molti esperti pensano di no. Il ricercatore Alan Frazer, presidente del dipartimento di farmacologia presso l’Università del Texas, Health Science Center a San Antonio, ha spiegato in una nota sulla teoria della serotonina nel 2012: “Non credo che ci siano prove e dati convincenti che la depressione è associata in modo significativo con una perdita di serotonina”. Nella stessa nota, il Dr. Joseph Coyle, professore di neuroscienze presso l’Harvard Medical School di Boston, dice: “Lo squilibrio chimico è una sorta di pensiero dell’ultimo secolo, ma è molto più complicato”.

Serotonina e depressione:

• I triciclici sono stati i primi antidepressivi sperimentati alla fine del 1950 e hanno avviato la teoria che lo squilibrio chimico causa la depressione.

• Nel 1990, Pedro Delgado, presidente dell’University of Texas ‘dipartimento di psichiatria, ha condotto uno studio che ha trovato che soggetti umani con ridotti livelli di serotonina non diventano depressi.

• La depressione è la principale causa mondiale di disabilità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che più di 350 milioni di persone ne soffrono.

Ora, gli studi dimostrano che il 60-70% dei pazienti depressi non risponde al Prozac o farmaci simili. Pertanto, i ricercatori hanno cercato di capire quale ruolo la serotonina gioca nella depressione. Il team ha utilizzato topi che mancavano della capacità di produrre serotonina ed eseguito una serie di test per verificare se essi mostravano sintomi di depressione. I ricercatori hanno scoperto che i topi hanno mostrato compulsività intensificata e aggressività, ma non hanno mostrato sintomi di depressione. Inoltre, quando sono stati messi sotto sforzo, non vi era alcuna differenza nel comportamento tra topi che mancavano di serotonina e un gruppo di controllo di topi normali. I ricercatori concludono che la serotonina non può essere un fattore dominante nella depressione. I risultati dello studio - che sono stati pubblicati sulla rivista ACS Chemical Neuroscience - potrebbero “drammaticamente modificare” lo sviluppo di antidepressivi futuri, secondo i ricercatori.

 

https://www.medicalnewstoday.com/articles/281830#1

03-05-2020

Il silicio è un minerale presente in diversi tessuti e fluidi dell'organismo. Svolge una funzione importante per la salute delle ossa, delle articolazioni, dei vasi sanguigni ma, anche, per quella della pelle e dei denti.

- Regolatore della mineralizzazione ossea: degli studi su animali indicano che un'integrazione con silicio riduce il numero degli osteoclasti, le cellule responsabili del riassorbimento osseo, e sembra aumentare quello degli osteoblasti responsabili della formazione ossea. Degli studi clinici mostrano che un'integrazione con silicio, in donne che soffrono di osteoporosi, è associata a un aumento significativo della densità minerale ossea.

- Accelera la riparazione delle fratture ossee: delle concentrazioni importanti di silicio si osservano vicino a dei punti dove avviene un processo intensivo di calcificazione, come in caso di frattura. Diversi studi realizzati in seguito a fratture legate a degli urti traumatici oppure in caso di interventi chirurgici indicano una cicatrizzazione più rapida e un miglior rafforzamento con un'integrazione con silicio. È essenziale per la formazione della cartilagine articolare.

- È un componente importante della parete arteriosa: dopo la pelle e il timo, l'aorta è il tessuto che contiene la maggiore quantità di silicio. Con l'età, questo tasso diminuisce molto rapidamente, suggerendo che questa perdita svolge un ruolo importante nell'invecchiamento delle arterie e aumenta il rischio di lesioni. Degli studi post mortem hanno messo in evidenza dei livelli di silicio più bassi nei tessuti delle arterie colpite da arteriosclerosi rispetto a quelli delle arterie sane. L'aorta e la carotide delle persone in buona salute contengono circa una quantità di silicio dieci volte superiore rispetto alle arterie colpite da arteriosclerosi. Degli studi su animali e sull'uomo mostrano che un'integrazione con silicio si oppone all'ossidazione delle LDL, una fase chiave nello sviluppo dell'arteriosclerosi.

- La salute della pelle è legata al contenuto in silicio: il silicio è indispensabile per una sintesi ottimale del collagene e dell'elastina. È anche cruciale per l'attivazione degli enzimi di idrossilazione che intervengono nei legami incrociati del collagene, responsabili della resistenza e dell'elasticità delle proteine fibrose. Una quantità maggiore di collagene è sinonimo di una pelle più elastica e meno rugosa. In uno studio su delle donne di età compresa fra 40 e 65 anni che mostravano dei segni netti di fotoinvecchiamento cutaneo, un'integrazione con silicio ha diminuito le piccole rughe e ha migliorato l'elasticità della pelle. Un'integrazione con silicio migliora la durezza delle unghie e le rende più brillanti e meno fragili. Sembra anche frenare la caduta dei capelli, favorire la loro ricrescita e renderli più brillanti.

Bonus William Hill
Bonus Ladbrokes

Copyright © 2014-2024 Naturopata Angelo Ortisi - Tutti i diritti riservati.

Powered by Warp Theme Framework
Premium Templates