Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Martedì, 16 Febbraio 2016 06:44

GUARIRE L'INTESTINO CON LE SPEZIE.

16-02-2016

Ci sono molte ragioni per cui le persone sviluppano problemi gastrointestinali. Cattiva alimentazione, intolleranze alimentari e allergie, gli organismi geneticamente modificati (OGM), l’ansia e lo stress sono tra i fattori scatenanti più comuni. E mentre non vi è alcun metodo per il trattamento di disturbi legati all’infiammazione, ci sono diversi approcci naturali che possono fornire sollievo. Qui di seguito, ci sono sei spezie da usare tutti i giorni che possono aiutare a guarire il tuo intestino, naturalmente e senza bisogno di farmaci:

1. CURCUMA

E’ una delle spezie più note all’uomo, è un potente anti-infiammatorio che ha dimostrato di favorire la corretta digestione del cibo. Per le sue forti qualità astringenti, la curcuma può aiutare a sigillare il rivestimento del tratto intestinale e digestivo, bloccando la condizione comunemente nota come sindrome dell’intestino permeabile. La spezie è nota anche per sopprimere la produzione in eccesso di acido dello stomaco, che può causare infiammazione cronica e danni anche fisici alla parete intestinale. Il consumo regolare di curcuma ha dimostrato di aiutare a prevenire il reflusso gastroesofageo, noto anche come bruciore di stomaco, oltre a prevenire la formazione di ulcere gastriche e duodenali.

2. CORIANDOLO

Il coriandolo che è derivato dai semi di coriandolo, contiene una miscela unica di oli volatili che svolge un ruolo importante nella capacità di promuovere la funzione digestiva e la guarigione. Linalolo e acetato geranil presenti naturalmente nel coriandolo, sono stati utilizzati nel trattamento di una serie di disturbi gastrointestinali. Uno studio pubblicato sulla rivista Digestive Diseases and Sciences, ad esempio, ha trovato che i pazienti con sindrome dell’intestino irritabile (IBS) hanno beneficiato molto del coriandolo, assunto per per otto settimane al contrario del placebo. Come dimostrato, il coriandolo funziona allo stesso modo dei farmaci antispastici per rilassare i muscoli digestivi e alleviare IBS e altri disturbi intestinali simili, ma senza provocare effetti collaterali nocivi.

3. CUMINO

Se gonfiore, indigestione, flatulenza, diarrea e nausea, caratterizzano lo stato del vostro tratto intestinale dopo il pasto, si potrebbe iniziare ad assumere il cumino. Questa spezia tradizionale del Nord Africa, aiuta la digestione del cibo, stimolando il rilascio di enzimi digestivi durante e dopo i pasti e può anche aiutare a lenire in generale il processo digestivo. 
Il cumino contiene due composti unici conosciuti come cuminaldeide e timolo che sono essenziali per una sana digestione. Il primo aiuta ad attivare le ghiandole salivari che rompono il cibo e preparano le sostanze nutritive per la corretta assimilazione, mentre il secondo impedisce la fermentazione degli alimenti nel tratto digestivo. Il cumino stimola anche il processo digestivo innescando il rilascio di bile e altri enzimi digestivi responsabili della “rottura” del cibo.

4. FINOCCHIO

Conosciuto per il suo tipico sapore, il finocchio è indicato come erba digestiva ed è particolarmente utile per le donne che soffrono di crampi mestruali. Ricco di un olio volatile noto come anetolo, il finocchio sembra essere carico di sostanze fitochimiche anti-infiammatorie e di altri nutrienti potenti che possono contribuire ad alleviare il dolore addominale e promuovere la digestione sana, anche nei bambini che soffrono di coliche. Non è raro nella cultura Indiana, mangiare semi di finocchio dopo i pasti. Masticare semi di finocchio è noto per contribuire a promuovere la secrezione di succhi gastrici e digestivi, così come aiutare lo stomaco e lenire l’infiammazione intestinale. Il finocchio può anche contribuire ad aumentare l’assorbimento delle sostanze nutritive nel tratto digestivo ed impedire gas e gonfiore, grazie al suo elevato contenuto di acido aspartico.

5. ZENZERO

E’ stato a lungo utilizzato in tutto l’Oriente come un rimedio per l’indigestione e continua ad essere apprezzato per la sua potente capacità di reprimere la nausea ed aiutare nel processo digestivo. Lo zenzero è utile per il trattamento dell’infezione dell’intestino. Gli studi hanno dimostrato che è un rimedio efficace sia per il trattamento che per la prevenzione del cancro del colon-retto, così come per molti altri tipi di malattie. Usato quotidianamente, lo zenzero allevia il disturbo di stomaco, previene la diarrea, elimina la sensazioni di nausea ed è utile per il trattamento di crampi mestruali. E’ infine utile contro il mal di mare ed il mal d’auto.

6. PEPERONCINO

Contribuisce a stimolare il processo digestivo attraverso la promozione di un sano movimento muscolare nel tratto digestivo, ma aiuta anche a regolare la corretta produzione di acidi digestivi, aiutando l’assimilazione delle sostanze nutritive. Il peperoncino può anche aiutare a riparare un intestino danneggiato e le ulcere dello stomaco. Gli studi hanno dimostrato che la capsaicina, il composto primario trovato nel peperoncino aiuta a stimolare la secrezioni di muco, il flusso di sangue della mucosa favorendo la guarigione delle ulcere.

 

16-02-2016

Assumere farmaci antinfiammatori può compromettere le speranze di avere un bambino. È questo, in sintesi, il risultato di uno studio presentato in occasione del congresso annuale dell’European League Against Rheumatism, tenutosi a Roma lo scorso giugno. Secondo la ricerca condotta dall’Università di Baghdad, infatti, i farmaci non steroidei, conosciuti generalmente come farmaci “Fans”,provocherebbero un calo significativo dei livelli di progesterone e altri ormoni che intervengono nelle varie fasi della riproduzione, dall’ovulazione all’impianto dell’unità fecondata nella mucosa uterina. Prima di curare un semplice mal di testa con i farmaci, quindi, meglio pensarci due volte. Lo studio ha coinvolto 39 donne affette da mal di schiena, che assumevano costantemente farmaci antinfiammatori. In particolare, diclofenac, naprossene ed etoricoxib. Gli scienziati hanno monitorato gli effetti provocati dall’assunzione dei farmaci, notando che solo una percentuale minima delle donne prese in esame (dal 6 al 27%) riusciva a portare a termine in maniera corretta l’ovulazione. In particolare, ad ogni gruppo di donne che ha preso parte allo studio sono stati somministrati rispettivamente: 100 mg una volta al giorno di diclofenac, 500 mg due volte al giorno di naprossene e 90 mg una volta al giorno di etoricoxib. Al gruppo di controllo è stato somministrato invece del semplice placebo. Il trattamento è durato 10 giorni, a partire dal decimo giorno dall’inizio del ciclo mestruale. Le analisi ormonali (livello di progesterone) e il diametro del follicolo sono stati analizzati rispettivamente tramite campione di sangue ed ecografia. Alla fine del periodo di trattamento effettuato con FANS, non si è verificata rottura del follicolo nel 75 per cento, 25 per cento e 33 per cento dei pazienti trattati rispettivamente con diclofenac, naprossene ed etoricoxib. La rottura del follicolo e il successivo rilascio di un ovocita (ovulo non fecondato) sono passaggi essenziali affinché si verifichi l’ovulazione.
I farmaci FANS sono tra i medicinali più comunemente utilizzati in tutto il mondo e sono presi da oltre 30 milioni di persone ogni giorno. Disponibili senza prescrizione medica, i FANS sono in gran parte adoperati per il trattamento del dolore e le infiammazioni, condizioni comuni delle malattie reumatiche. Spesso, però, sono adoperati anche per contrastare i crampi dovuti al ciclo. In natura, esistono diverse alternative ai farmaci FANS, la più conosciuta è la curcuma, utile anche per combattere l’artrite. In un altro articolo ho parlato inoltre dei problemi legati all’uso di farmaci antinfiammatori per uso topico. In quell’occasione, abbiamo visto come pomate, gel, schiume o cerotti antidolorifici a base di ketoprofene possano causare effetti indesiderati se associati all’esposizione solare o all’utilizzo di alcune creme cosmetiche.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2015/06/150611082124.htm

http://www.eular.org/congresspressreleases/Final_Effects_of_some_non_steroidal_anti-inflammatory_drugs_on_ovulation_in_women_with_mild_musculoskeletal_pain_OP0131.pdf

http://www.kvue.com/story/news/health/2015/07/27/study-anti-inflammatories-can-reduce-fertility-in-women/30753963/

Martedì, 16 Febbraio 2016 06:40

CIBI INTEGRALI SPESSO PIENI DI ZUCCHERI.

16-02-2016

Integrale o fatto con farine integrali: quando leggete questa dicitura sulle etichette non sempre potrete star certi che state acquistando un prodotto veramente salutare perché spesso questa dicitura nasconde un bel pò di zuccheri aggiunti e calorie a cui non pensate. Lo rivela uno studio condotto da Rebecca Mozaffarian della Harvard Medical School di Boston. L'indagine è stata fatta su una serie di 545 prodotti alimentari tra cui vari tipi di pane, crackers e cereali per la prima colazione o barrette. Secondo quanto riferito sulla rivista Public Health Nutrition, gli standard per classificare un cibo come integrale sono incoerenti e spesso portano a scelte alimentari sbagliate.
Gli esperti hanno controllato le etichette dei cibi segnalati come integrali e i loro ingredienti e constatato che nonostante gran parte di essi abbia un alto contenuto di fibre, molti di questi prodotti finiscono per contenere una maggior quota di zuccheri aggiunti (gli zuccheri nei cibi sono aggiunti come conservanti, per migliorarne il sapore e anche per renderne più appetibile l'aspetto - ad esempio la doratura del pane e dei dolci) e quindi non solo fanno più male (gli zuccheri aggiunti - di solito fruttosio o simili - non sono salutari e ad oggi si vanno moltiplicando le ricerche che li additano come principali colpevoli dell'epidemia di obesità), ma finiscono anche per essere più calorici dei cibi non integrali.

 

http://www.hsph.harvard.edu/news/press-releases/foods-identified-as-whole-grain-not-always-healthy/

http://www.health.harvard.edu/blog/the-trick-to-recognizing-a-good-whole-grain-use-carb-to-fiber-ratio-of-10-to-1-201301145794

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4486284/

15-02-2016

Cominciano a comparire le prime rughe? E’ il momento di dare la vostra pelle la nutrizione e la cura giusta. Varie bucce di frutta e verdura offrono miracolosi benefici di bellezza. La buccia del melograno è tra queste e può farti sembrare più giovane e luminosa. Le bucce di melograno sono note per le loro proprietà antimicrobiche e antiossidanti e, quindi, sono un rimedio naturale per combattere le infezioni della pelle. Stimolano la pelle con le loro proprietà astringenti. Le proprietà antiossidanti e astringenti delle bucce di melograno aiutano a restringere i pori della pelle. Questo impedisce il rilassamento cutaneo e quindi sono un buon rimedio naturale antinvecchiamento. Uno studio pubblicato nel Journal of Ethnopharmacology afferma che le bucce di melograno facilitano la riparazione della pelle e favoriscono la rigenerazione del derma.

COME UTILIZZARE LE BUCCE DI MELOGRANO?

Le bucce di melograno possono essere essiccate e ridotte in polvere. Questa polvere può essere conservata per mesi in un contenitore ermetico e utilizzata per preparare maschere o può essere aggiunta ad uno scrub per il viso. È possibile inoltre, utilizzare la buccia fresca cotta per preparare maschere antietà.

1. Grattugiare la scorza di melograno. Aggiungere ad un cucchiaio di buccia di melograno grattugiata, 1 cucchiaio di farina di ceci e due cucchiai di olio extravergine d’oliva. Mescolare bene e applicare la pasta sul viso e sul collo. Lasciare agire per 15-20 minuti e lavare con acqua tiepida.

2. È anche possibile mescolare la polvere secca di melograno con acqua di rose e fare una pasta. Applicare sul viso e collo e lasciarla asciugare. Lavare con acqua tiepida ed idratare.

Applicare queste maschere viso due volte a settimana per una pelle giovane e luminosa e vedrete anche scomparire le rughe. E’ importante essere costanti per i migliori risultati.

Lunedì, 15 Febbraio 2016 07:26

I FLAVONOIDI FANNO DIMAGRIRE.

15-02-2016

Frutta e verdura fanno bene, si sa. Alcuni tipi in particolare sembrano avere effetti davvero benefici per l'organismo. Sono i frutti e le verdure con maggiori concentrazioni di flavonoidi, che aiutano a mantenere il peso forma e a prevenire l'obesità e le malattie collegate: ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Uno studio pubblicato sul British Medical Journal ha preso in esame proprio l'influenza degli alimenti ricchi di flavonoidi sul peso. Nella frutta e nella verdura sono presenti oltre 6mila tipi di flavonoidi. In precedenza, altri studi avevano associato le sostanze al dimagrimento, ma le avevano testate soltanto su un piccolo numero di partecipanti in sovrappeso oppure obesi.
Il nuovo studio, coordinato da Monica Bertoia della Harvard T.H. Chan School of Public Health, ha esaminato un campione di oltre 124mila soggetti fra i 27 e i 65 anni. Ogni 4 anni, fra il 1986 e il 2011, i partecipanti hanno compilato un questionario dal quale è emerso il consumo di cibi contenenti flavonoidi. Ogni 2 anni, invece, hanno riferito eventuali cambiamenti nello stile di vita adottato. I risultati indicano che l'aumento nel consumo di frutti ricchi di flavonoidi come le fragole, i mirtilli, le mele, il tè e le cipolle, era associato a una minor propensione a ingrassare. «Le variazioni di peso non sono ampie - sottolinea Bertoia - ma sono evidenti e potrebbero contribuire a combattere l'epidemia di obesità in corso».

 

http://www.bmj.com/content/352/bmj.i17

15-02-2016

Esposizione ai campi elettromagnetici: come ridurla nella propria casa? Di recente la Francia ha riconosciuto per la prima volta su base nazionale un caso di invalidità per allergia alle onde elettromagnetiche. A meno di vivere in un ambiente incontaminato, tutti noi siamo esposti più o meno regolarmente a campi elettromagnetici, nella nostra casa o sul lavoro. Pensiamo soprattutto alle onde elettromagnetiche legate al Wi-Fi, agli smartphone, alle televisioni e ad altri oggetti elettronici. Forse non tutti sanno che l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza insieme alle sostanze che potrebbero risultare cancerogene per l'uomo, come il piombo, la benzina e il DDT. Insomma, la questione delle onde elettromagnetiche non andrebbe sottovalutata e se evitare l'esposizione è impossibile, almeno possiamo provare a ridurla in casa nostra.
La scienza non ha ancora determinato con precisione gli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici sull'uomo e le misure di protezione più efficaci, quindi i consigli che vi elenco qui di seguito sono semplicemente dettati dal buon senso. Nei soggetti più sensibili l'esposizione ai campi elettromagnetici può provocare stanchezza, debolezza, ansia, depressione, problemi di memoria, insonnia, nausea, mancanza di concentrazione, mal di testa e confusione. Gli strumenti che ci espongono maggiormente ai campi elettromagnetici sono il cellulare, il computer e il microonde. Per migliorare la nostra qualità della vita negli ambienti domestici e incentivare il nostro benessere basta prendere in considerazione alcuni semplici accorgimenti che possiamo provare a mettere in pratica fin da subito.

CELLULARI

Non trasportiamo il telefonino in tasca e quando parliamo al telefono utilizziamo gli auricolari. Colleghiamo il Wi-Fi e il Bluetooth solo quando è davvero necessario. Assicuriamoci che i bambini non utilizzino il cellulare, dato che sono tra i soggetti più esposti ai potenziali effetti negativi delle onde elettromagnetiche.

ELETTRODOMESTICI

Il forno, il forno a microonde, e altri elettrodomestici non dovrebbero trovarsi vicino alla parete che dal lato opposto si trova vicino alla testiera del letto. La televisione o altri schermi ad una distanza di almeno un metro e posizioniamo la radiosveglia il più lontano possibile dalla testiera del letto. Meglio non utilizzare come sveglia il cellulare e non lasciarlo acceso sul comodino durante la notte.

ANTENNE E CAVI

Prima di acquistare una nuova casa o di trasferirvi nel vostro futuro alloggio o ufficio, fate attenzione che non si trovi davvero molto vicino ad antenne, ripetitori per le telecomunicazioni, torrette delle linee elettriche o altre grandi fonti di campi elettromagnetici.

VENTILAZIONE E MATERIALI

Cercate di migliorare l'ambiente in cui vivete ricordando di aerare spesso le stanze e occupandovi della scelta di materiali il più possibile naturali. Umidificatori e ionizzatori, in particolare, possono contribuire a migliorare la qualità dell'ambiente.

WI-FI

Cercate di limitare l'esposizione alle reti Wi-Fi almeno in casa vostra. In particolare, spegnete sempre i computer, i modem e i cellulari quando non li utilizzate e durante la notte. Se potete, per il vostro computer di casa utilizzate un comune cavo per il collegamento ad internet in sostituzione del Wi-Fi. Vi potreste anche accorgere che la vostra connessione ad internet in questo modo risulterà più stabile. La prima regola resta sempre quella di spegnere e di scollegare dalla rete elettrica qualsiasi apparecchio elettronico quando non è in uso.

PREVENIRE E RIPARARE I DANNI

Evitare completamente l'esposizione ai campi elettromagnetici nel mondo in cui viviamo è, come già detto, praticamente impossibile, ma il nostro corpo sa intuitivamente di cosa ha bisogno per sentirsi meglio e per evadere da questa overdose tecnologica. Tutti noi ci sentiamo molto meglio quando evadiamo dalla nostra casa, dalla vita quotidiana in città e dal nostro ambiente di lavoro, magari iper-tecnologico, e ci immergiamo nella natura. Il consiglio per rigenerare il corpo è dunque quello di passeggiare nel verde e a contatto con ambienti naturali. Ad esempio, quando ne abbiamo la possibilità, camminiamo a piedi nudi sulla spiaggia, su un prato o in un parco. Per sentirci meglio, dovremmo farlo dieci minuti ogni giorno. Quindi, soprattutto se passiamo molto tempo al computer o al cellulare, appena possiamo raggiungiamo lo spazio verde più vicino a noi.

 

http://www.ecoportal.net/Temas-Especiales/Habitat-Urbano/Como_reducir_los_campos_electromagneticos_en_el_hogar

http://www.ecoportal.net/Temas-Especiales/Salud/Como_protegerse_de_la_radiacion_electromagnetica

15-02-2016

Negli ultimi decenni, la medicina moderna ha messo in guardia il pubblico perchè evitasse corpose integrazioni di vitamina D, affermando che in dosi elevate può provocare un sovraccarico di calcio, emicranie severe ed altri problemi di salute. Molti ricercatori hanno perseguito lo sviluppo di sostanze analoghe della vitamina D, dotate di molecole similari, che potessero essere brevettate e prive dei presunti effetti collaterali dannosi. Ma ad una seconda analisi, le accuse contro le alte dosi di vitamina D sembrano inconsistenti. Per immaginare quanto assurde siano queste affermazioni, basti pensare che l'esposizione di un'ora al sole estivo di mezzogiorno, a latitudini meridionali, produce 10.000 unità di vitamina D. Ciò perchè la vitamina D è una vitamina/ormone naturale, prodotta nella pelle esposta ai raggi UV-B. Ma la National Academy of Sciences dice che 2000 UI di vitamina D (soli 50 microgrammi o 1/20 milligrammo) rappresentano la soglia massima di sicurezza. Il dott. Reinhold Vieth, dell'università di Toronto, ha indicato conclusivamente che la tossicità della vitamina D non comincia prima delle 40.000 UI (unità internazionali) assunte giornalmente per un periodo di tempo prolungato. Inoltre, il livello ottimale di vitamina D nel sangue è ora stimato situarsi nella gamma di concentrazione di 75-80 nanomoli/litro. Milioni di persone, specialmente coloro che vivono a latitudini nordiche, hanno concentrazioni sanguigne di vitamina D pari a un terzo della concentrazione ottimale. 
La scarsità di vitamina D viene oggi collegata con l’osteoporosi, il rachitismo, il cancro, alcune patologie autoimmuni (artrite reumatoide, lupus eritematoso, sarcoidosi, fibromialgia), l’elevata pressione sanguigna, l’obesità, la depressione, il diabete, la perdita del tono muscolare conseguente all'invecchiamento e il collasso cardiaco. Perchè questo grande sforzo per allontanare il pubblico dalla vitamina D? Ci sono parecchi farmaci che la vitamina D potrebbe potenzialmente sostituire. Una categoria tra questi è stata posta in evidenza, sorprendentemente, in un rapporto recente nel The Lancet, giornale medico britannico. David S. Grimes, dell'inglese Blackburn Royal Infirmary, dichiara: “Ci sono molte ragioni per le quali l'ipotesi dieta-cuore-colesterolo dovrebbe essere messa in discussione, e per le quali le statine potrebbero comportarsi in maniera diversa nel ridurre il rischio delle malattie coronariche. Ipotizzo che invece di essere farmaci che abbassano il colesterolo per se, le statine fungano da sostanze simili alla vitamina D (molecolarmente simili) e spiego il perchè. Questa ipotesi si basa sulle osservazioni pubblicate che i benefìci clinici inattesi e non spiegati prodotti dalle statine si sono rivelati essere propri anche della vitamina D. Sembra probabile che le statine attivino i ricettori della vitamina D delle cellule. Nel recente passato, i ricercatori europei avevano segnalato che un tipo di statina (simvastatin) innalzava i livelli di vitamina D nel plasma sanguigno. Altri ricercatori in Europa hanno segnalato che i pazienti con ipercolesterolemia familiare hanno concentrazioni basse di vitamina D e che una statina (Mevacor) aumenta effettivamente i livelli di vitamina D, abbassando nel contempo i livelli del colesterolo circolante. Le statine sono state strombazzate come farmaci mirabolanti, con possibili benefìci per lo stato delle ossa, la prevenzione della degenerazione maculare, la prevenzione del cancro e di molte altre malattie. La lista delle applicazioni potenziali delle statine ricalca quella della vitamina D. La preoccupazione, ampiamente disseminata ma erronea, che alte dosi di vitamina D siano tossiche, ha ostacolato i fondi per la ricerca. La medicina moderna metterà a disposizione quelli necessari a dimostrare che sta impiegando, da due decenni, un surrogato epatotossico della vitamina D per trattare le malattie cardiache?

 

http://www.longecity.org/forum/topic/13892-statin-drugs-an-expensive-version-of-vitamin-d/

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16815382

13-02-2016

Perché scegliere un dentifricio naturale? La maggior parte delle marche in commercio contengono il fluoro, una sostanza chimica tossica che non ha mai, in realtà, dimostrato di ridurre la carie. Inoltre, il fluoro è stato anche collegato a danni alla tiroide e svariati altri problemi. Anche i dentifrici naturali in commercio, spesso contengono solfiti o solfati (soprattutto il sodio laurilsolfato) o la glicerina, che qualcuno sostiene rovini i denti e impedisca la loro rimineralizzazione. Ci sono comunque in vendita alcuni buoni dentifrici naturali, ma dopo aver guardato gli ingredienti capirete che potete preparare un simile prodotto a casa: vedrete, è molto semplice.

DENTIFRICIO NATURALE FATTO IN CASA

INGREDIENTI

- Circa 1/2 tazza di olio di cocco.
- Due o tre cucchiai di bicarbonato di sodio.
- Due piccole confezioni di stevia in polvere.
- 15-20 gocce di olio essenziale di menta piperita o di cannella.
- 10 gocce di estratto di semi di pompelmo (opzionale).
- 10 gocce di estratto di mirra (opzionale).

PREPARAZIONE

1. Fare sciogliere (anche solo leggermente ammorbidire) l’olio di cocco.

2. Unire in altri ingredienti e mescolare bene. Se si utilizza l’olio di cocco meno morbido usare una forchetta per stemperare, in caso contrario, utilizzare un cucchiaio. Se si utilizza l’olio di cocco completamente sciolto è necessario mescolare diverse volte mentre la miscela si raffredda, per mantenere il bicarbonato di sodio bene incorporato.

3. Mettere il composto in piccolo barattolo di vetro (se ne può anche preparare uno per ogni membro della famiglia, poi capirete perché).

4. Lasciare raffreddare completamente.

Per utilizzarlo immergere lo spazzolino da denti e raschiatene piccole quantità da distribuire sulle setole dello spazzolino (ecco perché un barattolo a testa). Si potrebbe anche usare un piccolo cucchiaio, per spalmarlo.

FUNZIONERA’?

Provate ad utilizzare questo dentifricio naturale per un pò di tempo e vedrete che funzionerà molto bene: noterete meno placca e i denti vi daranno la sensazione di essere più lisci.

 

13-02-2016

Frutta e anziani. Suona ripetitivo come una litanìa praticamente da quando ci hanno messo al mondo. Il detto dei detti, quello che non trova smentita mai: una mela al giorno leva il medico di torno. E ora un nuovo studio ne dà ulteriore conferma, elevando a ruolo fondamentale questa volta la buccia. Già, perché pare che del frutto del peccato non si debba buttare via nulla, pena un indebolimento muscolare nei più anziani. Secondo un nuovo studio dell’University of Lowa, infatti, una sostanza chimica scovata nella buccia delle mele sarebbe in grado di "trasformare" i muscoli delle persone più avanti con l'età in quelli di un giovane adulto dopo soli due mesi. Secondo gli studiosi americani, la perdita di massa muscolare tipica degli anziani sarebbe causata da una proteina chiamata "ATF4", che cambia la formazione dei geni. Questa trasformazione a sua volta blocca l'invio di proteine necessarie ai muscoli per rimanere in forze.
Compito dei ricercatori è stato allora quello di individuare due composti naturali in grado di ridurre l'attività di ATF4: l'acido ursolico, che si trova nella buccia della mela, e la tomatina, un alcaloide che invece si trova nei pomodori verdi. Quest'ultimo componente già è ben conosciuto perché sarebbe in grado di ridurre la debolezza e l'atrofia muscolare tipiche dell'età avanzata, aumentando la massa muscolare del 10% e la "qualità muscolare" del 30% dopo appena due mesi. "Sulla base di questi risultati - ha spiegato Christopher Adams, autore dello studio - l'acido ursolico e la tomatina sembrano avere un gran potenziale come strumento per affrontare la debolezza e l'atrofia muscolare durante l'invecchiamento. Riducendo l'attività di ATF4, l'acido ursolico e la tomatina consentono al muscolo scheletrico di riprendersi dagli effetti dell'invecchiamento". Fate il pieno, allora, di mele e, con le dovute accortezze, anche di pomodori verdi. E avrete la forza di un giovincello!

 

http://www.jbc.org/content/early/2015/09/03/jbc.M115.681445.abstract?sid=7e81f0cd-90ad-407d-b723-0dc31ce3f419

http://nextbigfuture.com/2015/09/discovery-of-cause-and-potential.html

13-02-2016

Colesterolo o non colesterolo? Questo è davvero il dilemma. Che sia proprio questa molecola, costituita dallo sterolo (da cui il nome), il nemico da combattere per prevenire le malattie dell’apparato cardiocircolatorio è da sempre oggetto di discussione tra gli accademici e gli esperti di nutrizione. Se per qualcuno la differenza sta nelle due più famose varianti di questa molecola, ossia il colesterolo LDL (o cattivo) e l’HDL (o buono), per altri il colesterolo è sempre da tenere sotto controllo, a prescindere. Altri ancora, infine, ritengono che il colesterolo non sia un problema. Quale che sia la verità, oggi a dire la sua ci ha pensato un famoso ricercatori statunitense, dalla veneranda età di 98 anni, il quale ritiene che il colesterolo sia addirittura benefico per il cuore. Al massimo, quello che può davvero danneggiare la salute del sistema cardiaco è il colesterolo ossidato, ovvero quello degradato dall’assunzione di grassi trans, dall’utilizzo di oli per frittura utilizzati più volte, i grassi polinsaturi e, non ultimo, il fumo.
Sì, il dottor Fred Kummerow - questo il suo nome - professore emerito di Scienze Biologiche comparate presso l’Università dell’Illinois, ha trascorso più di 6 anni nello studio dei fattori dietetici che contribuiscono alle malattie cardiache. Nel suo studio, pubblicato sull’American Journal of Cardiovascular Disease, ha passato in rassegna le ricerche sul metabolismo lipidico e le malattie cardiache, con un particolare focus sul consumo di colesterolo ossidato. «I lipidi ossidati contribuiscono alle malattie cardiache - sottolinea il prof. Kummerow - sia aumentando la deposizione di calcio sulla parete arteriosa (una caratteristica importante dell’aterosclerosi), e interrompendo il flusso di sangue: un importante contributo a un attacco cardiaco e la morte improvvisa». Sono proprio i grassi ossidati a contribuire in maggior misura alle malattie cardiache e alla morte improvvisa per infarto, ricorda lo scienziato.
In questo studio, Kummerow e colleghi hanno scoperto che quando il colesterolo LDL (o lipoproteina a bassa densità) si ossida, aumenta la sintesi nelle piastrine di un agente di coagulazione del sangue, denominato Trombossano A2. Questo composto è piuttosto instabile, ed è causa di un’aggregazione piastrinica e vasocostrizione. Se poi sommiamo i diversi fattori di rischio evidenziati dal team di ricerca possiamo essere quasi certi di danneggiare cuore e arterie. Secondo Kummerow, se qualcuno segue una dieta ricca di ossisteroli (i prodotti dell’ossidazione del colesterolo) e grassi trans e, in più fuma, sta mettendo in pericolo il cuore in tre modi. Gli ossisteroli aumentano la calcificazione delle arterie e promuovono la sintesi dell’agente di coagulazione. I grassi trans e il fumo di sigaretta, dal canto loro, interferiscono con la produzione di prostaciclina, un composto che tiene normalmente fluido il sangue. Ricordando che le malattie cardiache causano centinaia di migliaia di morti ogni anno in Europa - milioni nel mondo - i ricercatori fanno dunque presente che è bene conoscere con chiarezza quali sono davvero i fattori di rischio, per evitare comportamenti controproducenti.

 

http://www.sciencedaily.com/releases/2013/02/130227151254.htm

https://news.illinois.edu/blog/view/6367/204873

http://www.ajcd.us/1211005A.html

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