Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Mercoledì, 14 Settembre 2016 07:47

QUANDO I VEGANI SI AMMALANO DI CANCRO.

14-09-2016

Ricordate Robin Gibb, l'inconfondibile voce nasale dei Bee Gees, uno dei gruppi musicali più popolari di sempre? Il 20 maggio 2016 è stato il quarto anniversario della sua scomparsa, e se ne parlo, non è per commemorare i suoi meriti artistici, non essendo questa la sede adatta, ma perchè il fatto mi dà l'occasione di spendere due parole sulle circostanze della sua morte piuttosto prematura (62 anni), dovuta ad un cancro prima al colon e poi propagatosi al fegato, che nessuno si sarebbe aspettato in un vegano di vecchia data come lui. E' infatti stranamente molto diffusa l'ingenua convinzione che chiunque abbia eliminato dalla sua dieta ogni cibo di origine animale si sia automaticamente messo in una specie di botte di ferro che lo rende praticamente immune da ogni genere di problema di salute, come se questa fosse tutta una questione di scelta fra cibi vegetali e cibi animali. Naturalmente niente potrebbe essere più lontano dal vero, ma su questo non voglio soffermarmi perchè conto di parlarne in un'altra occasione. Nel caso in questione però l'infausta vicenda del cantante ha suscitato una giustificata e comprensibile reazione di sorpresa, in quanto il suo tipo di tumore è di gran lunga più frequente proprio fra chi segue una dieta di tipo diametralmente opposto a quella che Robin aveva da tempo adottato, comprendente quindi molta carne, in particolare quella rossa e trattata, e poche fibre. Anche il consumo di alcol è associato al tumore al colon ma, per quanto ne sappiamo, il nostro non ne faceva uso. Sorge dunque spontaneo domandarsi che cosa può aver causato la malattia, anche se, non conoscendo precisamente le abitudini dietetiche del musicista, non è possibile andare al di là di qualche illazione. Ci sono tuttavia alcune ipotesi molto plausibili che vale la pena considerare. E' a tutti noto che un'adeguata assunzione di vitamina B12 è il problema cruciale di tutte le diete con pochissimo o nessun cibo animale, e difatti la sua carenza è molto più diffusa fra chi segue questi regimi rispetto al resto della popolazione (dove pure è presente). Si tratta di un fatto scientificamente ben documentato, come testimoniano almeno due ricerche. Meno note sono invece le implicazioni di questa vitamina nei tumori, appunto, come pure in certe gravi lesioni cerebrali e spinali (anche irreversibili), perchè per troppo tempo la sua carenza è stata associata unicamente all' anemia. Ciò è dovuto al suo ruolo cruciale nella sintesi del DNA, funzione fondamentale in tutte quelle cellule ad intensa attività riproduttiva, come appunto quelle cancerose, e all’omocisteina, una molecola molto pericolosa che per essere riconvertita a metionina ha bisogno di B12, e che quindi in sua mancanza finisce con l'accumularsi. La sua eccessiva presenza è stata messa in relazione, oltre che coi tumori, anche con le malattie cardiovascolari e l'osteoporosi. C'è poi da mettere in evidenza che per troppo tempo è stato fatto credere ai seguaci di diete salutiste e alternative (macrobiotici in testa) che certi cibi speciali, come prodotti fermentati della soia (miso e tempeh), alghe marine e microalghe verde-azzurre fossero una fonte alternativa di vitamina B12, mentre quella in essi contenuta è in realtà una varietà biologicamente inerte, come è stato in seguito accertato. Non solo, ma proprio l'eccessiva somiglianza di queste due varietà fa sì che quella inutile si trovi a competere con quella buona, aggravando così lo stato di carenza. E' possibile dunque che molti amanti del vegetale ad ogni costo abbiano fatto affidamento su queste fonti sbagliate. Un altro motivo di scarsa disponibilità di vitamina B12 è la mancanza del cosiddetto fattore intrinseco, a sua volta dovuto ad atrofia della mucosa gastrica, cui vegani e vegetariani sono più soggetti. Per accertarsi se si è a corto di B12, c'è il test per l'olotranscobalamina sierica (la forma biologicamente attiva), mentre il test per rilevare il livello di omocisteina serve a sapere se è già in atto un danno metabolico, anche se clinicamente non evidente. 
Anche la vitamina D è considerata un elemento chiave nella prevenzione dei tumori. E' opportuno ricordare che l'unico modo di far rifornimento di questa vitamina così importante, per chi non assume cibi animali, è un'adeguata esposizione alla luce solare. Considerato che quest'ultima condizione non è per nulla scontata, e in certi casi neanche possibile, è facile capire che anche per questa vitamina si può essere facilmente a rischio carenza. Da queste poche considerazioni emerge un concetto nuovo nell'approccio alla patogenesi del cancro, fino a pochi anni fa considerato (nell'ambiente alternativo) unicamente conseguenza a lungo termine di eccessi tipici di diete e stili di vita moderni, mentre, come abbiamo visto, esso può essere dovuto anche a carenze prolungate, perchè, è bene saperlo, quello di Robin Gibb non è certo un caso isolato (ma su questo punto tornerò a parlare prossimamente). C'è infine un'ultima ipotesi (che potrebbe benissimo sovrapporsi alle precedenti) che, vista da una prospettiva macrobiotica, l'unica in grado di considerare certe dinamiche legate alle qualità energetiche degli alimenti, prende peso e perciò mi sembra la più probabile. E' del tutto possibile infatti che il cancro si sia innescato prima del cambiamento dietetico, dato che una neoplasia può covare silenziosamente anche per decenni prima di dar segni della sua presenza. In tal caso il cibo animale in questa prima fase può molto verosimilmente aver fatto la sua parte, ma poi è grazie al consumo regolare di alimenti estremi ad effetto espansivo, molto comuni nelle diete verdi, che le cellule tumorali hanno potuto svilupparsi e metastatizzare. Del resto l'ipotesi è compatibile col punto di vista scientifico: c'è più di un sospetto che alcune sostanze vegetali possano attivare gli enzimi che consentono la diffusione delle cellule neoplastiche.

Martedì, 13 Settembre 2016 09:12

FRUTTOSIO: TOSSICO COME L’ALCOL.

13-09-2016

Il fruttosio è metabolizzato esclusivamente dal fegato, e molte delle conseguenze del suo metabolismo sono negative. Come chiamereste una sostanza che può essere metabolizzata esclusivamente dal fegato e produce danni? Io lo chiamo “veleno”.

(Dr. Robert Lustig).

In seguito alla conferenza tenuta dal Dr. Robert Lustig (un endocrinologo pediatrico che lavora all’University of California, San Francisco (UCSF) dove insegna clinica pediatrica), riguardo al ruolo degli zuccheri, particolarmente del fruttosio, nell’insorgenza della sindrome metabolica (obesità e patologie associate), c’è stato un crescente interesse intorno al ruolo e al destino metabolico di questo zucchero e al suo legame con determinate malattie.

NOTA BENE: si parlerà del fruttosio raffinato e degli sciroppi a base di fruttosio. Quello che segue non è applicabile agli alimenti che lo contengono naturalmente, i quali sono composti da un complesso di nutrienti in grado di annullare e invertire gli effetti nocivi di questo zucchero. Il consumo di alimenti contenenti naturalmente un alto tenore di fruttosio non provoca alcuno degli effetti descritti in basso: frutta e verdura sono assolutamente salutari, salvo patologie specifiche (esempio deficit della fruttosio-1-fosfato-aldolasi meglio noto come “intolleranza al fruttosio”).

Il fruttosio ha effetti molto simili all’etanolo, giungendo a provocare addirittura, oltre al ruolo giocato nella predisposizione all’insulino-resistenza, danni del tutto sovrapponibili all’abuso di alcol. Il fruttosio in eccesso sembra alla base dell’epidemia di sindrome metabolica a causa del suo particolare metabolismo, che risulta in deplezione intracellulare di ATP, produzione di acido urico, disfunzione endoteliale, stress ossidativo, lipogenesi e glicazione proteica. Queste le accuse “in parole povere”:

• Aumento della resistenza insulinica-predisposizione al diabete (mediato dall’attivazione dell’enzima JUNK-1 e dal deposito di acidi grassi nei muscoli).

• Neosintesi lipidica (DNL) con produzione di colesterolo “cattivo” e relativa dislipidemia.

• Aumento del deposito di grasso intra-addominale che può condurre al “fegato grasso” (steatosi epatica).

• Aumento della pressione arteriosa (ipertensione).

• Diminuzione del senso di fame /aumento del consumo di alimenti calorici, che conduce ad aumento di peso.

• Aumento di acido urico (uricemia) che può portare allo sviluppo di gotta e ipertensione.

• Predisposizione ad aterosclerosi, malattie cardiache e, più in generale, alla sindrome metabolica.

• Attivazione dell’enzima JUNK-1, una chinasi, che è un enzima infiammatorio. (infiammazione epatica, epatite steatosica).

Praticamente pensi di bere zucchero ma bevi grassi.

MA PERCHÉ IL FRUTTOSIO È PIÙ PERICOLOSO DEL GLUCOSIO E DELLO ZUCCHERO BIANCO?

- Il saccarosio (zucchero bianco, ma anche zucchero di canna) è un disaccaride composto da una molecola di glucosio + una molecola di fruttosio.

- Il fruttosio è metabolizzabile esclusivamente dal fegato, a differenza del glucosio che può essere metabolizzato (quindi utilizzato) da tutte le cellule del nostro organismo. Ciò comporta un notevole sovraccarico per quest’organo.

Il fruttosio, a differenza del glucosio, non può essere “depositato” come glicogeno (la riserva organica di glucosio, fatta di polimeri di glucosio, assolutamente innocuo per il fegato) ma deve essere metabolizzato per intero. Per chi vuole approfondire sui meccanismi ma non abbastanza da leggersi la bibliografia, il metabolismo epatico del fruttosio comporta:

1. La produzione di acido urico (che la nostra specie non è in grado di metabolizzare in quanto non dotata di uricasi, un enzima in grado di rendere innocuo questo vero e proprio “prodotto di rifiuto nocivo”). Un eccesso di acido urico è alla base della gotta, ma causa anche ipertensione ed è forse legato direttamente ad un aumento del rischio cardiovascolare. L’ipertensione da fruttosio, infatti, è annullata dalla somministrazione di allopurinolo, un farmaco antigottoso.

2. La produzione di grandi quantità di piruvato (ma anche di xiluloso-5-fosfato), che conducono alla genesi di grandi quantità di citrato (sono intermedi metabolici) con conseguente aumento della produzione di una frazione molto dannosa del noto “colesterolo” (LDL a bassa densità /VLDL), in quantità tali che, se il consumo è eccessivo e cronico (es. bevande gassate a tavola o a scuola) ha luogo un deposito intraepatico che può portare all’instaurarsi del cosiddetto “fegato grasso” (steatosi epatica).

3. La liberazione di grandi quantità di acidi grassi che andranno a depositarsi nei muscoli aumentando la resistenza insulinica, il deposito di grassi a livello dei muscoli è la causa dell’atrofia muscolare da alcolismo.

4. Aumento del deposito di grasso addominale (mesentere): è di dominio pubblico oramai che si tratti del “grasso più pericoloso”.

5. E’ uno zucchero ad elevato potere glicante (glicazione proteica con produzione di AGEs). Gli AGE (che significa letteralmente “prodotto glicato finale”) si producono anche durante la cottura di alimenti contenenti proteine e zuccheri quindi esiste un loro apporto dietetico “tal quale”. Il legame degli AGE al recettore “RAGE” (recettori per la glicazione finale), che noi esprimiamo in molti tessuti, comporta un aumentata predisposizione all’arteriosclerosi, asma, artrite, eventi cardiovascolari, nefropatie, retinopatie, periodontiti e neuropatie. A causa dell’instabilità molecolare del suo anello furanoso, il fruttosio, oltre alla glicazione, promuove la formazione dei ROS (specie reattive dell’ossigeno, forti ossidanti meglio noti come “radicali liberi” e, tra questi, i più potenti sono l’anione superossido, il perossido d’idrogeno e il radicale ossidrilico). La battaglia contro i radicali liberi non è appannaggio unico della lotta contro l’invecchiamento, pur essendo importanti elementi del nostro sistema difensivo quando l’organismo li controlla, si tratta di uno dei meccanismi più importanti in gioco nel danno cellulare.

6. La resistenza insulinica che porterebbe ad un aumento di questo ormone in circolo (iperinsulinemia), con tutte le conseguenze nefaste che ciò comporta (per scoprirle basta una ricerca in rete, per riassumerle: ipoglicemia, diabete, sindrome dell’ovaio policistico, ipertrigliceridemia/dislipidemia, ipertensione, coronaropatia, aumento del rischio cardiovascolare, aumento di peso, letargia forse mediata da un’ipofunzione tiroidea).

7. Attivazione del JUNK-1: oltre all’infiammazione provoca resistenza insulinica fosforilando il ser-307 quindi inattivando IRS-1 (il recettore per l’insulina). JUNK-1 è un sospettato anche in medicina oncologica, in relazione al cancro al fegato e alla diffusione metastatica del carcinoma gastrico, ma non solo.

8. In modelli animali è stato provato che il fruttosio inibisce l’assorbimento di calcio e i livelli di vitamina D ematica.

Solitamente il fruttosio si trova nei reparti dietetici, quindi il consumatore pensa che sostituire lo zucchero bianco con il fruttosio contribuisca a gestire il peso. Abbiamo già visto come il deposito di grassi aumenti a causa del metabolismo di questo zucchero. Ma c’è un altro meccanismo: il fruttosio non è in grado di dare al cervello il segnale di sazietà, sia perché il cervello non è in grado di utilizzarlo sia perché questo non attiva la produzione di leptina, l’ormone che dice al cervello che siamo sazi.

MA IL FRUTTOSIO FA SEMPRE MALE?

No. Tutti questi effetti deleteri vengono annullati se il fruttosio viene consumato durante un’attività fisica intensa…ed è bene sottolineare “intensa”. Lo sciroppo di mais è lo zucchero più spesso utilizzato nelle bevande artificiali e nei fast food…si trova nel ketchup, nel pane, negli hamburger. Alla luce di quanto detto emerge senz’altro che non ci sono motivi per preferire il fruttosio allo zucchero convenzionale, ci sono invece motivi per avere, nei confronti di questo zucchero, un atteggiamento cauto ed evitare di assumerlo, ma soprattutto di proporlo ai bambini tal quale o sotto forma di bevande zuccherate, merendine, salse ecc. Per i più piccoli in particolare è comunque meglio scegliere dolcificanti naturali (non raffinati, quindi con tutto il “complesso” di nutrienti con i quali la natura li ha concepiti, come la frutta secca, il malto e, forse, lo sciroppo d’acero o d’agave se non troppo trattati e biologici).

 

Martedì, 13 Settembre 2016 09:11

SAUNA: TERAPIA EFFICACE, MA CON CAUTELA.

13-09-2016

La sauna è una terapia disintossicante antichissima, basata sul concetto che, sudando, le tossine vengono eliminate attraverso la pelle. Sembra che le saune prolungate (oltre un'ora a bassa temperatura) favoriscano in particolare l'eliminazione di acidi grassi e quindi di tossine liposolubili. Esistono alcune ricerche che documentano questo metodo di disintossicazione. Un gruppo di scienziati ha studiato 14 vigili del fuoco che durante un incendio erano stati a contatto con bifenil policlorurati e che, sei mesi dopo, avevano avuto problemi neuropsicologici. Dopo due o tre settimane di disintossicazione sperimentale comprendente una dieta sotto controllo medico, attività fisica e sauna, i soggetti sono stati confrontati con colleghi della stessa caserma che non avevano partecipato al programma di disintossicazione: i primi hanno ottenuto punteggi significativamente più alti in tre prove di memoria rispetto ai secondi. Nell'autovalutazione di depressione, collera e stanchezza, invece, non è stato osservato alcun miglioramento. Il periodo di trattamento, tuttavia, era molto breve per il tipo di tossine da eliminare e i risultati suggeriscono che il metodo è comunque potenzialmente benefico. Per quanto valida, la sauna va utilizzata con prudenza perchè in certi casi aumentare molto la temperatura corporea può essere pericoloso. In particolare, la sauna è sconsigliata alle donne incinte, ai bambini piccoli, agli adulti che soffrono di malattie di cuore o disturbi di tipo epilettico, subito dopo un'attività fisica intensa e dopo aver bevuto alcolici o assunto cocaina.

Martedì, 13 Settembre 2016 09:09

LE VITAMINE PROTEGGONO DALLE MALATTIE INFANTILI.

13-09-2016

Gli antibiotici scendono in campo contro i batteri, non contro i virus. Quello di cui non sembrano a volte rendersi conto i pediatri è che, quando prescrivono antibiotici per le normali affezioni del primo tratto respiratorio nell’infanzia, non fanno che usare munizioni pesanti contro un nemico che non c’è. Secondo un’indagine intensiva condotta in Canada, queste infezioni quando compaiono in bambini sotto i tre anni hanno raramente carattere batterico. Infatti, secondo Stewart e Moghadam dell’Hospital for Sick Children di Toronto, un bambino può presentare una coltura positiva e tuttavia non essere infettato da quel tipo di batteri che risponde agli antibiotici. I due autori sono convinti che “c’è molta confusione circa l’opportunità di usare antibiotici per trattare le infezioni del primo tratto respiratorio nei bambini, specie nel primo e secondo anno di vita” (Canadian Medical Association Journal). Stewart e Moghadam hanno eseguito una ricerca su 4.746 bambini sotto i tre anni. Metà dei soggetti presentava segni clinici di infezione, l’altra metà no, ma “non c’era nessuna differenza pratica nella frequenza delle colture positive prelevate da bambini infettati e non, il che indica l’inopportunità di un trattamento con antibiotici”. Prima di prescrivere un antibiotico, il medico dovrebbe tenere nel debito conto questi importanti dati scientifici, che secondo i due ricercatori canadesi indicano che la maggior parte di queste forme infettive non hanno origine batterica. Per un periodo di un anno, i due medici di Toronto hanno prelevato tamponi da oltre 5.000 bambini sotto i tre anni visitati (per qualunque motivo) presso gli ambulatori dell’Ospedale pediatrico. I tamponi venivano esaminati entro un’ora, presso il laboratorio batteriologico identificando i batteri presenti. I singoli pediatri degli ambulatori registravano regolarmente i loro reperti. Si è potuto così rilevare, per esempio, che su 2.193 bambini che non presentavano alcun segno clinico d’infezione, 77 (il 3,5%) aveva una coltura positiva per lo streptococco beta-emolitico del gruppo A, mentre su 885 bambini che invece soffrivano di un’infezione a carico del primo tratto respiratorio, solo 14 davano una coltura positiva per questo ceppo di streptococco. Lo streptococco beta-emolitico è la causa principale della faringite (mal di gola) nei bambini più grandi, lo è raramente sotto i due anni d’età, come rilevano Mortimer e Boxerbaum (Pediatrics). Basando il ragionamento sulla possibilità che la causa sia questo microrganismo, i medici di solito prescrivono penicillina e altri antibiotici nella cura delle faringiti. Come scrivono Stewart e Moghadam in un articolo sul Canadian Medical Association Journal, “oggi è raro che un bambino sotto i tre anni sfugga a queste medicine appena ha un mal di gola, qualunque ne sia la causa”. La faringite nei bambini piccoli di solito è un’infezione virale e non batterica, eppure la tendenza a usare antibiotici per queste forme infettive sembra in aumento. Perché? Forse, secondo i due medici canadesi, a causa “dei dubbi del curante, dell’ansia dei genitori o della pubblicità farmaceutica”, ma anche perché “il medico è così preso dalla fretta che spesso prescrive un antibiotico senza andare a cercare la vera causa della febbre, tosse o raffreddore. E’ una pratica comune, ma ingiustificabile e pericolosa. Può ritardare la diagnosi di una malattia più grave, come una meningite o un’infezione urinaria, con gravi conseguenze per il bambino”, affermano Stewart e Moghadam. “Un’anamnesi corretta, un esame completo e le opportune analisi di laboratorio per facilitare la diagnosi sono un diritto di qualunque bambino malato. Nella maggior parte dei casi il ritardo di 24 ore necessario per ottenere i risultati della coltura batteriologica è del tutto giustificato: la faringite non è quasi mai un’emergenza e rimandare la somministrazione di antibiotici di 12-24 ore, che bastano ad identificare i batteri, il più delle volte servirà a dimostrare che gli antibiotici non sono affatto necessari”. Talvolta, quando il bambino è molto malato, si giustifica la prescrizione di un antibiotico prima che siano noti i risultati della coltura, ma non c’è niente che giustifichi l’abitudine di prescrivere antibiotici per telefono appena c’è tosse, febbre o raffreddore. Ma succede di peggio: a volte i medici danno antibiotici a un bambino che non è nemmeno malato, solo perchè è stato a contatto con un altro che lo era. Questa pratica è quasi sempre da condannare, affermano George Rook ed Edward Wasserman in un articolo sul New York State Journal of Medicine: nel caso del morbillo e forse anche di altre infezioni virali, l’insorgere di un’infezione batterica secondaria è due volte più frequente se vengono somministrati antibiotici come misura profilattica, secondo quanto riferiva Weinstein sul New England Journal of Medicine. Naturalmente è del tutto comprensibile che i genitori di un bambino piccolo che sta male, ha la febbre, è malato, vadano dal pediatra nella speranza che prescriva una medicina miracolosa che lo guarisca subito. Purtroppo, le medicine miracolose hanno i loro limiti e i loro pericolosi effetti collaterali. Che cosa può fare un genitore? E’ assiomatico che il modo migliore per evitare l’uso di antibiotici è evitarne la necessità. La primissima cosa da fare se il bambino è soggetto a raffreddori e infezioni ripetute è migliorare la sua alimentazione. E’ accertato che quando l’alimentazione è corretta i raffreddori sono più rari, meno gravi e meno persistenti. Un bambino piccolo che goda di un’alimentazione adeguata è munito di una resistenza naturale ai batteri e ai virus che minacciano il suo organismo: i tessuti linfatici producono anticorpi o gammaglobuline, con una perfetta corrispondenza fra ogni singolo anticorpo e il virus o batterio attaccante. Una volta che gli anticorpi sono stati sintetizzati, le cellule del tessuto linfatico ne memorizzano i modelli e sono in grado di riprodurli ogni volta che si renda necessario, purchè l’alimentazione fornisca le sostanze nutritive indispensabili a costruirli. In assenza di questi ingredienti fondamentali, gli anticorpi non possono essere riprodotti neppure dopo che le ghiandole linfatiche ne hanno memorizzato i modelli. Qualunque disturbo nella produzione di anticorpi è uno dei primi segni di una carenza alimentare. Le infezioni ripetute sono un segnale della caduta nella produzione di anticorpi: se il bambino prende continuamente raffreddori e mal di gola, è il caso di dare seriamente un’occhiata alla sua alimentazione. Le proteine sono sufficienti? Sono sufficienti gli apporti di vitamina A, C, B1, B2, B6, B12, biotina, niacinamide, acido pantotenico e acido folico?
Queste vitamine son assolutamente indispensabili alla produzione di anticorpi. Cibi come il fegato, il tuorlo d’uovo, la carne e il pesce sono particolarmente efficaci per aumentare la produzione di anticorpi. Si può aggiungere anche lievito di birra nel biberon per garantire al bambino un apporto sufficiente non solo di proteine, ma anche di vitamine B, ferro e altri minerali: si comincia con piccole dosi, aumentando poi gradualmente. Dato che il lievito è estremamente ricco di fosforo, è opportuno cercare un lievito equilibrato, arricchito di calcio e magnesio. Quasi tutti abbiamo imparato a ricorrere alla vitamina C per stroncare il raffreddore al primo starnuto. Ma quante madri si giovano dello straordinario potere antibiotico della vitamina C, dandola regolarmente ai loro bambini nei primi anni di vita? Con l’allattamento artificiale il tasso di vitamina C nel sangue scende: livelli bassissimi in capo a tre o quattro giorni, se non si provvede a fornirla a sufficienza. Se manca la vitamina C, il bambino è esposto ad allergie e infezioni. La vitamina C in forma liquida è molto comoda con i bambini piccoli: si può aggiungere nel biberon o somministrare direttamente a cucchiaini, appena il bambino è più grande. Di solito i bambini la trovano gradevole. Un’altra vitamina troppo spesso trascurata nella prevenzione delle malattie infettive nella prima infanzia è la vitamina A. Questa sostanza, che è stata definita anche vitamina anti-infezioni, agisce in molti modi. Uno è quello di proteggere le membrane mucose, che sono la prima linea di difesa dell’organismo. Quando la vitamina A è presente in abbondanza, tutte le membrane mucose sono lavate dal muco, mosso in continuazione da ciglia sottilissime che oscillano avanti e indietro qualcosa come 250 volte al minuto. Questo movimento costante porta i corpi estranei nei bronchi, dove possono essere espulsi con un colpo di tosse, oppure sospingendoli su per la gola. Quando l’apporto di vitamina A è adeguato, le pareti dei polmoni e le altre cellule mucose sono ben protette, impedendo a virus e batteri di penetrarvi. Se invece le scorte di vitamina A sono insufficienti, le cellule della membrana mucosa si prosciugano: non riescono più a secernere muco e le ciglia, prosciugate, si afflosciano. Animali sperimentali sottoposti a carenza di vitamina A contraggono infezioni gravissime, ma basta reintrodurre la vitamina perché le loro condizioni migliorino. Lo stesso succede coi bambini piccoli: se si somministra olio di fegato di merluzzo, fonte molto ricca di vitamina A, entro cinque-sette giorni l’enzima lisozima aumenta nettamente ed è pronto ad assumere le due funzioni di distruttore di virus e batteri. Non si dimentichi che la vitamina A va immediatamente in fumo, non appena ci sono infezioni, febbre, stress o malattie di qualunque tipo. Anche le medicine distruggono la vitamina A, aumentandone il fabbisogno, così come la distruggono i nitrati provenienti dai fertilizzanti chimici, che contaminano la maggior parte dei nostri cibi, compresi quelli che vanno negli omogeneizzati. La tossicità della vitamina A è un dato che ogni madre dovrebbe tenere presente, pur senza lasciarsene impressionare. La cosa è stata gonfiata sproporzionatamente: nella maggior parte dei casi documentati di tossicità, si trattava di preparazioni idrosolubili, che vengono assorbite molto più rapidamente dell’olio di fegato di pesce. Infatti, la tolleranza a quantitativi eccessivi forniti dall’olio di fegato di pesce è così alta che il pericolo di tossicità è estremamente improbabile. Comunque, non c’è mai motivo di prendere più vitamina di quanta se ne possa ragionevolmente consumare. Per un bambino piccolo, 2.500 UI al giorno è un dosaggio molto abbondante, da aumentare semmai un poco quando davvero vi sia un’infezione. Anche i bioflavonoidi sono importanti nella prevenzione delle malattie infantili. Queste sostanze, che si trovano nella buccia bianca interna degli agrumi, proteggono la vitamina C dalla distruzione all’interno dell’organismo. Sembra che ne intensifichino l’azione antistaminica e che vadano a proteggere vasi sanguigni più piccoli di quelli su cui agisce la vitamina C. E’ opportuno quindi dare ai bambini il succo d’arancio fresco e non filtrato, in modo che possano ricevere anche i bioflavonoidi che sono nella polpa (se non passa dal foro della tettarella, si può provare a passarlo da un frullatore, in modo da sciogliere i grumi).

13-09-2016

I sintomi di un attacco di emicrania possono includere dolore pulsante, nausea, sensibilità alla luce e al suono e altri effetti collaterali spiacevoli. Tra le cause di emicrania, anche molti cibi che vengono regolarmente consumati. Una dieta corretta può ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi. Mentre nessuna dieta è perfetta per tutti, di seguito sono elencati alcuni cibi ampiamente riconosciuti come cause di emicranie.

LATTICINI E CARNI ELABORATE

Le persone che soffrono di emicrania hanno bisogno di essere attenti a che tipo di prodotti lattiero-caseari consumano. Particolarmente rischiose sono le forme più elaborate di carne, come i salumi di tutti i tipi e carni speziate. Prodotti lattiero-caseari come la panna o formaggi come il cheddar e formaggi svizzeri sono anche potenziali fattori scatenanti. In effetti il formaggio è ricco di tiramina, un aminoacido che secondo alcune ricerche potrebbe causare mal di testa riducendo i livelli di serotonina nel cervello e influenzando il tono dei vasi sanguigni.

FRUTTA

Chi soffre di emicrania ha bisogno di consumare molta frutta e verdura. Tuttavia, frutta come prugne, fichi, avocado e uva passa possono causare problemi, soprattutto se sono troppo mature

BEVANDE

Non sono solo gli alimenti solidi che possono scatenare un attacco di emicrania. Alcune bevande possono anche favorire l’emicrania. Il cioccolato non è utile alla maggior parte delle persone che soffrono di emicrania, così come tutte le bevande che lo contengono. La sensibilità alla caffeina è comune e alcune bevande alcoliche sono da evitare come vini e birre scure.

DOLCI

Non vi è alcun motivo per cui chi soffre di emicrania non può consumare dolci. Basta prendere alcune precauzioni. Come detto in precedenza, il cioccolato è una causa comune di emicrania, ma sembra essere anche peggiore se combinato con le nocciole. Evitare anche dolci che richiedono molto lievito.

ADDITIVI

Molte persone che soffrono di emicrania sono sensibili a vari additivi alimentari. Tra questi: glutammato monosodico (che intensifica i sapori), nitriti/nitrati (nelle carni conservate e lavorate), aspartame (un dolcificante artificiale), tartrazina/E102 (un colorante giallo) e solfiti (presenti negli alcolici, soprattutto nel vino).

A volte, non è ciò che si mangia, ma come si mangia che può causare problemi. Secondo l’Università della California saltare i pasti, causando una caduta di zucchero nel sangue, può innescare emicranie.

Lunedì, 12 Settembre 2016 09:18

GALLETTE DI CEREALI FATTI IN CASA.

12-09-2016

Le gallette di riso, oppure a base di altri cereali, possono essere facilmente preparate in casa. In questo modo si potrà ottenere in poco tempo un prodotto ricco di sapore, da personalizzare con delle spezie o con delle erbe aromatiche a seconda dei propri gusti, senza la necessità di acquistare gallette già pronte. Le gallette preparate in casa hanno il vantaggio di poter essere conservate per qualche giorno in un contenitore ermetico di vetro o di metallo adatto per gli alimenti. Vi propongo tre ricette di gallette fatte in casa tutte da sperimentare.

1. GALLETTE DI RISO

Le più classiche, rigorosamente gluten free sono un'alternativa sana al pane.

Ingredienti:

- 200 grammi di farina di riso.
- 150 grammi di farina di mais.
- 3 cucchiai d'olio extravergine d'oliva o di sesamo.
- 1 bicchiere di bevanda vegetale (di riso o di avena).
- 1 cucchiaino di sale fino integrale.
- 100 grammi di malto di riso o di mais.

Per la preparazione di queste gallette di riso è necessario tostare in precedenza le due farine in padella, fino a doratura. Le farine dovranno essere mescolate a mano agli altri ingredienti, unendo a poco a poco ad esse la bevanda vegetale prescelta. Una volta formato un impasto liscio ed omogeneo, lasciatelo riposare per mezz'ora a temperatura ambiente. Quindi stendetelo con il matterello e ricavate dei dischi con l'aiuto di un bicchiere, di cui inumidire il bordo per facilitare l'operazione. Cuocete le gallette su di una teglia rivestita con carta da forno a 180°C per 15-20 minuti.

2. GALLETTE DI MAIS

- 250 grammi di farina di farro.
- 150 grammi di farina di mais.
- 3 cucchiai di olio di sesamo.
- 1 cucchiaio di semi di finocchio.
- 1 bustina di lievito in polvere.
- 1 pizzico di cannella in polvere.
- 1 pizzico di cumino in polvere.
- 1 pizzico di sale fino integrale.
- 1 uovo.
- Acqua.

Per la preparazione delle gallette di mais versate le farine all'interno di una ciotola ed unite ad esse il lievito in polvere, il cumino, la cannella e un pizzico di sale. Mescolate il tutto con un cucchiaio ed iniziate ad impastare con le mani dopo aver aggiunto l'uovo e l'olio di sesamo. Versate acqua a poco a poco in modo tale da ottenere un impasto omogeneo. E' preferibile lasciare riposare il composto per trenta minuti per facilitare la fase successiva. Esso dovrà infatti essere steso con un matterello, formando una sfoglia dello spessore di mezzo centimetro. Ritagliate le gallette con l'aiuto di un bicchiere o di una formina rotonda per biscotti. Cospargetele con i semi di finocchio, premendo leggermente sulla loro superficie. Cuocete in forno a 180°C per circa 20 minuti.

3. GALLETTE DI AVENA

- 100 grammi di farina d'avena.
- 100 grammi di fecola di patate.
- 20 grammi di farina di mandorle.
- ½ cucchiaino di sale fino integrale.
- 50 grammi di burro. 
- 4 cucchiai d'acqua.

In una ciotola unite la farina d'avena, la fecola di patate, la farina di mandorle e il sale. Mescolate con un cucchiaio. Aggiungete il burro e lavorate gli ingredienti con uno sbattitore elettrico o con un mixer da cucina. Versate l'acqua e amalgamate ancora per un minuto. Con l'aiuto delle mani formate una palla liscia ed omogenea con l'impasto. Su di un tagliere cosparso leggermente di fecola di patate dividete l'impasto in due parti. Stendete l'impasto con il matterello in strati sottili, una parte alla volta. Ritagliate le gallette con l'aiuto del bordo del bicchiere inumidito. Cuocete su di una teglia ricoperta di carta da forno a 200°C per circa 15 minuti, o fino a doratura.

Seguendo lo stesso procedimento, potrete creare in casa gallette fantasiose con qualsiasi altro tipo di cereale (orzo, quinoa, amaranto, miglio, farro ecc.), aggiungendo magari spezie, frutta o altri condimenti.

Lunedì, 12 Settembre 2016 09:17

PERA: IL FRUTTO CHE COMBATTE IL COLESTEROLO.

12-09-2016

Parlando di alimentazione sana, si potrebbe pensare che le pere abbiano più cose in comune con mele e arance che con un piatto di fagioli, e invece le pere (come i fagioli) contengono un tipo di fibra alimentare che è molto efficace per abbassare il colesterolo. Si tratta della lignina, una fibra insolubile che aiuta ad eliminare dall’organismo il colesterolo in eccesso. La lignina funziona un pò come il velcro: si appiccica alle molecole di colesterolo nell’intestino prima che vengano assorbite e passino nel sangue. Dal momento che non attraversa la parete intestinale, la lignina viene eliminata con le feci e porta con sé il colesterolo. La fibra insolubile contenuta nelle pere ha anche un’altra funzione utile. Come si può intuire dal nome stesso, questo tipo di fibra non si scioglie nell’intestino, ma assorbe una grande quantità d’acqua, facendo sì che le feci transitino più facilmente e più velocemente nell’apparato digerente, il che previene stipsi ed emorroidi e riduce il rischio di tumori del colon. Le pere contengono poi un altro tipo di fibra, la pectina, quella stessa che si aggiunge alle marmellate e alle gelatine per farle addensare. Essendo solubile, la pectina nell’intestino forma uno strato vischioso, gelatinoso e, come la lignina, si lega al colesterolo favorendone l’evacuazione insieme con le feci. In questo modo la quantità di colesterolo che passa nel sangue si riduce.

Lunedì, 12 Settembre 2016 09:16

10 SUPERCIBI PER LA GRAVIDANZA.

12-09-2016

Acido folico, ferro e fibre sono sostanze nutritive fondamentali durante la gravidanza per favorire il corretto sviluppo del bambino. E' utile conoscere le fonti alimentari dei sali minerali, delle vitamine e dei nutrienti che è importante scegliere durante i nove mesi di attesa, per tenere a bada i rischi di carenze. Ecco alcuni degli alimenti che vengono considerati dei veri e propri supercibi per le mamme in attesa.

1. FICHI

I fichi sono un'importante fonte vegetale di calcio. Una porzione composta da 8 fichi secchi contiene un quarto del calcio giornaliero necessario e 5 grammi di fibre. I fichi sono ricchi di sali minerali come potassio, fosforo e magnesio, che sono utili per la formazione dei denti e delle ossa de bambino, insieme alla vitamina K. 8 fichi secchi ne contengono 23 microgrammi. Anche i fichi freschi fanno bene in gravidanza, ma la loro versione secca presenta una maggiore concentrazione di nutrienti.

2. ERBA CIPOLLINA

La razione giornaliera raccomandata è di 2 cucchiai di erba cipollina sminuzzata, da utilizzare come condimento. E' ricca di acido folico, ferro, fibre, vitamina C e vitamina B6, oltre che di calcio e magnesio. L'acido folico è uno degli elementi nutritivi più importanti durante i primi tre mesi di gravidanza. 2 cucchiai di erba cipollina fresca tritata contengono 6.4 microgrammi di acido folico.

3. FAGIOLI BORLOTTI

I fagioli borlotti sono un'importante fonte di ferro, rame e fosforo. Si tratta di sali minerali utili per la formazione delle cellule del sangue e per garantire il trasporto di ossigeno da parte dei globuli rossi. Calcio e fosforo assicurano che i denti e le ossa del bambino si sviluppino in modo corretto. Il loro elevato contenuto di fibre contribuisce a contrastare il senso di nausea tipico della gravidanza.

4. PORRI

I porri sono ricchi di calcio, un minerale che contribuisce alla formazione delle ossa e a contrastare alcuni sintomi tipici della gravidanza, come irritabilità, insonnia, dolori alle gambe e mal di schiena. Contengono inoltre acido folico e vitamina B6, che è necessaria all'organismo per metabolizzare l'energia proveniente da carboidrati, proteine e grassi presenti nella dieta. La vitamina B6, inoltre, previene le nausee mattutine.

5. CARCIOFI

I carciofi sono una fonte di ferro e di acido folico. Un carciofo di medie dimensioni contiene 100 microgrammi di acido folico e il 12% della razione giornaliera raccomandata di ferro. Si tratta di elementi nutritivi fondamentali per prevenire difetti alla nascita. I carciofi sono inoltre ricchi di fibre, che aiutano a risolvere eventuali problemi di stitichezza in gravidanza.

6. SEMI DI ZUCCA

I semi di zucca contribuiscono ad incrementare l'apporto quotidiano di proteine attraverso l'alimentazione. Le proteine sono necessarie per contribuire allo sviluppo dei muscoli del bambino e per rafforzare l'apparato muscolare della mamma. Contengono inoltre potassio, calcio e fosforo, che contribuiscono alla salute dei muscoli e all'idratazione. Presentano inoltre un elevato contenuto di zinco e magnesio, che aiuta l'organismo ad utilizzare grassi, proteine e carboidrati come fonti di energia.

7. CREMA DI SESAMO

La crema di sesamo, conosciuta anche come tahini o tahin, conserva tutti i nutrienti salutari presenti nei semi di sesamo ed è ricca di acidi grassi essenziali, necessari per l'integrità delle cellule nervose e per il funzionamento corretto del sistema immunitario. Lo sviluppo adeguato delle ghiandole per la produzione del latte materno, della placenta e dell'utero dipende dall'adeguato apporto di acidi grassi essenziali nell'organismo. La crema di sesamo è inoltre una buona fonte di fosforo, rame e magnesio. Razione raccomandata in gravidanza: 2 cucchiai al giorno.

8. BASILICO

Il basilico è una buona fonte di niacina, riboflavina e fibre. Contiene inoltre vitamina E, vitamina A e vitamina C. Contribuisce all'apporto di sali minerali come fosforo, potassio, rame, zinco, ferro e magnesio. Il basilico fresco garantisce un maggior apporto di sostanze nutritive utili in gravidanza. Quantità raccomandate: 10 cucchiai di foglie fresche di basilico al giorno (via libera alla preparazione casalinga del pesto!).

9. SEMI DI GIRASOLE

I semi di girasole sono una fonte istantanea di acidi grassi omega-3 e omega-6. Possono essere accompagnati dai semi di zucca per uno spuntino spezza-fame, oppure aggiunti al muesli per la colazione o utilizzati come condimento per insalate e altri piatti. Contengono inoltre magnesio, ferro, calcio, zinco, potassio e vitamine utili allo sviluppo del bambini, come la vitamina K e la vitamina D.

10. MELASSA

La melassa è un'alternativa naturale allo zucchero raffinato, che può essere utilizzata di tanto in tanto come dolcificante. Tra le tipologie migliori, troviamo la melassa nera biologica e la melassa d'uva, che può essere anche preparata in casa. In generale, la melassa è ricca di manganese, un minerale importante per lo sviluppo del bambino, con particolare riferimento alle ossa. Contiene inoltre potassio e vitamina B6.

Domenica, 11 Settembre 2016 07:16

FENG SHUI: 10 CONSIGLI PER UN ARREDO CONSAPEVOLE.

11-09-2016

Il Feng Shui è un’arte orientale, di origine cinese, che si propone di supportare l’architettura tradizionale nella progettazione delle abitazioni e nella scelta dei mobili per l’arredamento. Gli spazi vengono organizzati in modo da creare una vera e propria armonia tra l’interno e l’esterno della casa. Il termine Feng Shui richiama le parole “vento” e “acqua” che, secondo la cultura cinese, equivalgono a salute, felicità, pace e prosperità. I principi del Feng Shui tengono conto della presenza di campi magnetici ed energetici nella disposizione degli arredamenti. Ogni scelta è volta alla creazione di ambienti accoglienti che sappiano promuovere il benessere di chi li abita. Scegliere di arredare la propria casa con consapevolezza, seguendo i principi e i consigli del Feng Shui, permette di trascorrere il proprio tempo in spazi gradevoli, confortevoli e ordinati, adatti ai momenti di relax, ad accogliere gli ospiti o al lavoro. Il Feng Shui può infatti trovare applicazione anche in ufficio. Ecco alcuni consigli utili per chi si prepara ad arredare o a ristrutturare i propri spazi, oppure semplicemente a fare ordine.

1. DECLUTTERING

Nel Feng Shui l‘ordine è la prima regola. Prima di occuparsi di spostare il divano o lo specchio, è bene mettersi all’opera per liberarsi del superfluo. L’accumulo di oggetti inutilizzati o in disordine, secondo il Feng Shui, impedisce il fluire delle energie positive e può creare delle situazioni di stasi in grado di influire negativamente sul benessere della vita domestica. E’ dunque opportuno cercare di riordinare ogni giorno e di liberarsi di ciò che non serve, ovviamente nel modo più ecologico possibile, ad esempio grazie al baratto. Non accumulate e seguite un principio molto semplice: basta il giusto.

2. COLORI

Se vi apprestate a tinteggiare da zero o a ridipingere le pareti delle stanze della casa, prestate attenzione ai colori da preferire. La scelta non deve essere casuale e deve risultare adeguata ad ogni ambiente. In salotto colori come il rosso o l’arancione facilitano la conversazione in famiglia o tra gli amici. Il blu e il verde nelle camere da letto favoriscono il relax e il sonno ristoratore, mentre il rosa stimola il romanticismo e la passione. Il giallo, in cucina, stimola l’appetito e dona energia fin dall’inizio della giornata, a partire dal momento della colazione.

3. DIVANO E LETTO

La disposizione dei mobili è uno dei principi chiave del Feng Shui. In salotto il divano deve essere posizionato in modo tale che si trovi rivolto verso la porta d’entrata. Chi entrerà in casa percepirà immediatamente la presenza di un simbolo d’accoglienza e ospitalità. Deve inoltre essere collocato con lo schienale vicino alla parete, per dare un senso di protezione a chi vi si siederà. Il letto, per creare una situazione di maggiore relax e quiete, deve essere posizionato in modo che non si trovi direttamente di fronte alla porta. La porta deve essere lontana dallo sguardo mentre si cerca di prendere sonno.

4. SPECCHI

Gli specchi possono ostacolare il fluire delle energie positive. Secondo il Feng Shui non dovrebbero essere collocati specchi visibili in camera da letto. La presenza di uno specchio vicino al proprio letto potrebbe ostacolare il sonno. Un suggerimento valido in proposito potrebbe consistere nel collocare lo specchio su di una delle ante interne dell’armadio o in un corridoio al di fuori della stanza dedicata al riposo notturno.

5. FINESTRE

Le finestre della casa devono essere abbastanza grandi da poter permettere di sfruttare in modo ottimale la luce naturale per l’illuminazione degli spazi interni nel corso della giornata. Particolare attenzione deve essere rivolta alle finestre che risultano rivolte su di una strada trafficata. Il passaggio delle automobili non deve turbare l’armonia e la tranquillità della casa. Per questo il Feng Shui consiglia di proteggerle con delle tende adatte, di colore chiaro, che non ostacolino troppo la luce naturale.

6. CUCINA

La cucina deve essere un luogo accogliente ed ordinato. La porta non dovrebbe essere mai posizionata in modo che essa si trovi direttamente alle spalle di chi cucina, in modo da favorire una sensazione di tranquillità mentre ci si trova ai fornelli. I fornelli devono essere sempre mantenuti puliti, in modo da favorire abbondanza e prosperità. Il forno non dovrebbe mai essere collocato vicino al frigorifero o al lavello. In cucina, così come in tutte le altre stanze, si dovrebbero prediligere mobili dalle forme fluide e arrotondate. Attenzione soprattutto agli spigoli dei tavoli.

7. MATERIALI

Per l’arredamento della casa il Feng Shui suggerisce la scelta di materiali il più possibile naturali, come legno, pietra e metallo. Sarebbero dunque da evitare i materiali plastici. I pavimenti e i serramenti in legno permettono di ottenere una continuità, almeno dal punto di vista visivo, tra gli ambienti naturali esterni e l’interno della casa.

8. STANZA DA BAGNO

Secondo il Feng Shui, la stanza da bagno può essere collocata in qualunque punto della casa. Vi è però una raccomandazione importante: la porta del bagno non dovrebbe aprirsi direttamente sulla cucina, in modo da impedire la diffusione dei germi. Il bagno dovrebbe avere sempre una finestra, in modo da permettere una ventilazione adeguata e da garantire condizioni di luce che possano permettere di utilizzare la stanza senza ricorrere all’energia elettrica durante il giorno.

9. SCALE E ASCENSORI

Le scale all’interno della casa dovrebbero risultare sempre armoniose e non troppo ripide, formate da gradini di altezza regolare e costruite con materiali naturali, oltre che resistenti, come il legno o la pietra. Nella progettazione di un ufficio, si dovrebbe porre particolare attenzione alla posizione delle scale o dell’ascensore rispetto alla porta di ingresso. Come suggerisce il “Manuale del Feng Shui” l’ufficio non si dovrebbe affacciare su un ascensore o una scalinata ripida, poiché ciò potrebbe ostacolare la fortuna finanziaria.

10. GIARDINO

L’orto e il giardino devono risultare sempre curati e in ordine. Anche le piante presenti all’interno della casa o sul terrazzo devono ricevere le cure necessarie ad evitare la presenza di foglie secche e la percezione di una sensazione di disordine. La presenza di aree del giardino di piante poco curate ostacola lo scorrere delle energie positive, favorendo le emozioni negative. Prendersi cura dell’orto e del giardino rappresenta a propria volta una terapia benefica per la mente e il benessere interiore.

11-09-2016

Vari studi compiuti presso l’Università di Harvard (Stati Uniti) hanno dimostrato che gli uomini che consumano regolarmente pomodoro fresco, salsa o succo di pomodoro, corrono un rischio assai minore di cancro della prostata. Questo risultato è facilmente comprensibile se si tiene conto che il pomodoro è l’alimento più ricco di licopene, un carotenoide che protegge le cellule dall’ossidazione e da una crescita anormale. Consumare pomodoro regolarmente, è un’efficace prevenzione contro il cancro della prostata, così frequente negli uomini. Considerando le nostre conoscenze sull’azione del licopene sul tessuto prostatico, possiamo dedurre che il consumo regolare di pomodoro favorisce in generale il buon funzionamento della prostata. Oltre a prevenire l’alterazione di natura cancerogena delle cellule prostatiche, il pomodoro può ridurre anche l’eccessivo accrescimento di questa ghiandola (ipertrofia benigna della prostata), molto frequente negli uomini di età superiore ai cinquant’anni. Altri studi compiuti in Italia hanno dimostrato che il consumo regolare di pomodoro previene il cancro della bocca, dell’esofago, dello stomaco, del colon e del retto. Secondo i ricercatori, questo tipico alimento della dieta mediterranea protegge in modo efficace contro tutti i tipi di cancro dell’apparato digerente.

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