Angelo Ortisi
IL VACCINO ANTINFLUENZALE NEGLI ANZIANI PUO' CAUSARE GRAVI PROBLEMI CARDIACI.
17-01-2016
Su "il medico d'Italia" il dottor Rossi cardiologo di Novara, citava l'osservazione personale di 13 soggetti d'età compresa fra i 55 e i 75 anni, affetti da cardiopatia dilatativa, cospicua cardiomegalia e marcata depressione della funzione ventricolare sinistra. Prima dell'assunzione del vaccino antinfluenzale il quadro degli scompensi era del tutto regredito e le condizioni di questi pazienti erano stabili. Un mese prima del manifestarsi dell'epidemia stagionale della malattia, i pazienti si erano sottoposti all'inoculamento del vaccino antinfluenzale senza interrompere la terapia cardiologica specifica. Tre settimane dopo ciascuno di loro ha cominciato ad accusare un aggravamento delle proprie condizioni cardiache. L'ECG mostrava un aumento della frequenza sinusale e segni di sovraccarico, la pressione arteriosa presentava un'oscillazione intorno a valori più bassi della norma, mentre gli esami chimici del sangue non erano alterati. Per risolvere questa crisi sono stati somministrati antibiotici e balsamici bronchiali e ai pazienti è stato raccomandato il riposo a letto. Tale complicazione si poteva correlare solamente all'assunzione del vaccino in quanto nessun familiare aveva presentato sintomi influenzali e non vi era in atto alcuna epidemia. Per il fatto che i pazienti si trovavano in condizioni cliniche instabili, si ritiene probabile l'intervento di un agente precipitante, che abbia scatenato lo scompenso cardiaco. Inoltre il periodo di latenza di circa 20 giorni dal momento della vaccinazione fa concludere che si sia originato un meccanismo immunitario tossico per il miocardio scatenato proprio dal vaccino antinfluenzale. Purtroppo tali rilevazioni sono limitate alla serietà professionale e all'attenzione dei singoli medici, mentre sono pressochè assenti gli organismi pubblici che dovrebbero per compito istituzionale sorvegliare sulla nostra salute.
FINOCCHIO: 5 MOTIVI PER AUMENTARNE IL CONSUMO.
17-01-2016
Il finocchio viene utilizzato sia come alimento sia come rimedio erboristico. I frutti, erroneamente chiamati semi, contengono un olio essenziale ricco di principi attivi. Viene mescolato spesso nelle formulazioni lassative con senna, rabarbaro, aloe per alleviare i crampi intestinali. La medicina popolare raccomanda l’uso dei frutti di finocchio per stimolare la secrezione lattea nelle nutrici, promuovere il ciclo mestruale, stimolare le contrazioni uterine, alleviare i sintomi del climaterio e aumentare la libido (Albert Puleo M., 1980). L’utilizzo erboristico moderno consiglia il finocchio nei casi di ridotta motilità gastrica e intestinale, dispepsia e inappetenza. Grazie alla capacità di inibire la flora batterica responsabile della fermentazione intestinale, il finocchio rappresenta un utile rimedio per ridurre il meteorismo e la sensazione di gonfiore intestinale.
AZIONE DIGESTIVA
I principi attivi contenuti nell’olio essenziale sono utili per stimolare l’appetito e promuovere la digestione. I frutti di finocchio agiscono sia sulla produzione dei succhi gastrici, sia sulla muscolatura intestinale promuovendone la peristalsi e inibendo gli spasmi, favorendo il transito regolare delle sostanze e una migliore assimilazione dei nutrienti. E’ utile in tutti i casi di dispepsia, difficoltà digestive e inappetenza. Un’usanza diffusa nei paesi orientali è di offrire a fine pasto frutti di finocchio essiccati o glassati per stimolare la digestione del pasto e per rinfrescare l’alito.
AZIONE CARMINATIVA
Il finocchio esercita un'azione inibitoria sulla flora batterica fermentativa dell'intestino, migliora la digestione e trova pertanto impiego nel contrastare lo sviluppo di gas intestinali. E' consigliato nel trattamento di meteorismo intestinale, eruttazioni, flatulenza gastrica e gonfiore addominale. Grazie a questa capacità trova impiego nella cura delle coliche gassose, soprattutto in età infantile. Uno studio effettuato su 24 pazienti affetti da colite, trattati con una combinazione di piante tra cui i semi di finocchio, ha dimostrato la capacità di ridurre i dolori intestinali nel 95% dei soggetti, regolando anche il giusto intervallo di defecazione.
AZIONE ANTISPASMODICA
Il fitocomplesso, grazie alla sua azione rilassante e antispasmodica sulla muscolatura, è indicato in tutti i casi di spasmi muscolari gastrointestinali. Utile anche come coadiuvante nella cura della dismenorrea.
AZIONE ESPETTORANTE
I principali componenti dell'olio essenziale esercitano un'azione mucolitica sulle vie respiratorie e sono quindi efficaci nel contrastare tosse e catarro.
La medicina popolare consigliava inalazioni dei fumi del decotto del finocchio anche per guarire raffreddori e infiammazioni del cavo orale.
AZIONE DIURETICA
Il finocchio viene utilizzato come diuretico in associazione con altre droghe antisettiche del tratto urogenitale quali l'uva ursina e costituisce un utile rimedio nel caso di cistiti, artrite e gotta, poichè aumenta l'eliminazione di acido urico.
IL TE’ RIDUCE IL RISCHIO DI MALATTIE CARDIOVASCOLARI.
16-01-2016
Il tè assunto regolarmente nella propria dieta quotidiana potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Municipale di Wuyishan, in Cina. Lo studio, pubblicato sul Journal of the American College of Nutrition, ha dimostrato che il costante consumo di tè protegge dall’irrigidimento delle arterie del cuore, condizione che nei casi più gravi porta a malattie del sistema cardiovascolare. “Il consumo abituale di tè potrebbe avere un effetto protettivo contro l’irrigidimento delle arterie, soprattutto per i soggetti che hanno consumato abitualmente tè per più di 6 anni e (in quantità) maggiori di 10 grammi al giorno”, dicono gli autori nel loro studio. La scoperta, da parte dei ricercatori cinesi, è emersa analizzando il consumo della bevanda da parte di oltre 5 mila tra uomini e donne di età compresa tra i 40 e i 75 anni. Questi risultati si aggiungono a quelli di ulteriori ricerche condotte su altre popolazioni. Sembra, quindi, che i benefici cardiovascolari associati al consumo del tè non lasci spazio a molti dubbi.
LE PATATINE IN BUSTA CREANO DIPENDENZA COME DROGHE, FUMO E ALCOL.
16-01-2016
A dirlo, senza mezzi termini, sono gli scienziati della Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg (Germania), che hanno studiato la relazione tra consumo di chips (patate in busta) e fenomeni di dipendenza psicologica. I risultati sono stati presentati al meeting “Chemists Society Meeting & Exposition”. “Tutte le persone (a parte una risicata minoranza)”, dicono gli esperti, “agiscono in questo modo quando aprono un pacchetto di chips: ne assaggiano una manciata (di solito 2-3) e non riescono a smettere di mangiarne fino a quando non terminano l’intero pacchetto”. Lo studio sulla dipendenza dalle patatine, è stato eseguito su un campione di roditori cui sono stati somministrati diversi alimenti con lo stesso valore calorico (comprese le patatine). Mentre i roditori trangugiavano il cibo (le patate), gli scienziati li hanno sottoposti ad un accurato esame di risonanza magnetica che ha testato l’attività del cervello dei ratti. In seguito all’esame, si è scoperto che le aree cerebrali responsabili del piacere, nei roditori che consumavano patatine, erano più attive rispetto alle altre. Allo stesso tempo, mentre i topi mangiavano patatine, le aree del cervello responsabili delle dipendenze, tra cui la tossicodipendenza, si sono attivate molto rapidamente. Tutte queste reazioni sono state evidenziate in quei ratti che avevano mangiato le chips, mentre i topi che hanno consumato altri tipi di alimenti non hanno mostrato alcun sintomo significativo. I risultati, quindi, lasciano intendere che il consumo delle patatine in busta contribuisce allo sviluppo di uno stato di dipendenza, di appagamento e piacere. Gli scienziati, inoltre, hanno potuto registrare anche un altro comportamento nei ratti: questi, dopo aver consumato una gran quantità di patatine, hanno iniziato a giocare e correre in modo più veloce. Un simile aumento di attività è stato ritenuto come l’effetto della dipendenza che si è presentata dopo il consumo delle chips. In sostanza i roditori sono entrati in una sorta di euforia, un’iperattività e frenesia che di solito accompagnano anche gli esseri umani. Infine, con loro sommo stupore, gli scienziati hanno anche notato che dopo qualche minuto i ratti che avevano velocemente trangugiato le patatine in busta, hanno visto la loro iperattività trasformarsi in apatia e sonnolenza. Si tratta, hanno detto gli esperti, “dei classici sintomi che accompagnano spesso la cosiddetta sindrome di astinenza, quella che si manifesta dopo il consumo della sostanza che crea dipendenza”.
VANTAGGI E SVANTAGGI DEL PESCE.
16-01-2016
VANTAGGI
- Nutriente: apporta proteine complete e una quantità moderata di calorie.
- Vitamine: il pesce, a differenza della carne, contiene le vitamine A e B.
- Facilmente digeribile: le proteine e i grassi del pesce sono più digeribili di quelli della carne, infatti:
1. I muscoli del pesce sono meno fibrosi di quelli degli uccelli e dei mammiferi, perchè contengono meno collagene, e quello contenuto è più morbido e si scioglie durante la cottura.
2. Contiene meno grassi della carne, che inoltre sono insaturi e perciò meno densi.
- Cresce in modo naturale: tranne il pesce che proviene dai vivai, la maggior parte di quello che si consuma vive liberamente nel suo ambiente naturale (mari, fiumi o laghi), a differenza degli animali allevati intensivamente. Inoltre, è la natura che lo nutre senza additivi come antibiotici, ormoni o altre sostanze innaturali.
- Salutare per il cuore: alcune ricerche danno risultati contraddittori, ma il consumo di pesce si collega a un rischio minore di malattie coronariche.
SVANTAGGI
- Carenza di alcune sostanze nutritive: non contiene nè vitamina C, nè carboidrati (zuccheri o amido), nè fibre ed è inoltre povero di calcio (eccetto l'acciuga e la sarda).
- Stitichezza: mancando di fibre vegetali, a meno che non sia accompagnato da verdure, cereali integrali o frutta, il pesce è astringente.
- Decalcificazione: un consumo elevato di pesce, e anche di carne, provoca decalcificazione dello scheletro, perchè:
1. Apporta pochissimo calcio e molto fosforo, alterando così l'equilibrio indispensabile tra questi due minerali.
2. Aumenta la perdita di calcio con l'urina per il suo notevole contenuto di proteine. Per questa ragione, in caso di osteoporosi, deve essere consumato con moderazione.
- Allergie: il pesce è l'alimento che causa il maggior numero di allergie: le proteine del pesce, come l'istamina, che si forma durante la decomposizione, e taluni parassiti, possono provocare reazioni allergiche.
- Acido urico: il pesce contiene nucleoproteine che provengono dal nucleo delle sue cellule muscolari e che, quando vengono metabolizzate dall'organismo, si trasformano in acido urico. Perciò non è adatto a chi soffre di eccesso di acido urico nel sangue, gotta o calcoli renali da urati.
- Fattori antinutritivi: il pesce crudo o poco cotto contiene tiaminasi, un enzima che distrugge la vitamina B1. Per questa ragione, consumare pesce crudo può causare carenza di questa vitamina.
- Intossicazioni: i pesci possono provocare varie intossicazioni, perchè:
1. i pesci o alcune loro parti sono tossiche;
2. sono contaminati da batteri, parassiti o sostanze chimiche come il mercurio.
- Cancro: l'inquinamento chimico del mare, dei laghi e dei fiumi, che provoca tumori ai pesci, potrebbe avere effetti cancerogeni sui consumatori. I pesci salati e le salse di pesce, caratteristiche della Cina e del Sud-Est Asiatico, contengono nitrosamine, che esercitano azione cancerogena sulla faringe e sullo stomaco.
IL MELOGRANO CI PROTEGGE DALL'ALZHEIMER.
15-01-2016
Il melograno grazie all’elevato contenuto di antiossidanti e vitamine, ci difende dall’Alzheimer. L’alto contenuto di polifenoli insieme alla collaborazione della flora batterica intestinale, aumenta le difese. A dare la notizia è una ricerca pubblicata su ACS Chemical Neuroscience, rivista dell'American Chemical Society, che dimostra gli effetti benefici del frutto, grazie alle urolitine prodotte quando i batteri intestinali scompongono i polifenoli. Per capire questo meccanismo, i ricercatori dell'University of Rhode Island hanno isolato 21 polifenoli del melograno, per poi verificare la loro capacità di attraversare la barriera emato-encefalica. Da qui, è emerso che le urolitine, composti antinfiammatori e neuroprotettivi, che si formano quando gli ellagitannini vengono scomposti dai batteri, riescono a penetrare la barriera.
I 3 PRINCIPALI TUMORI CAUSATI DAL CONSUMO DI LATTE.
15-01-2016
LINFOMI
L'Università di Bergen (Norvegia), grazie a un'ampia ricerca condotta per 11 anni e mezzo, ha concluso che chi consuma due o più bicchieri di latte di mucca al giorno rischia di soffrire di linfomi 3-4 volte di più di chi ne beve meno di un bicchiere al giorno. Il 340% in più di rischio di linfoma (cancro degli organi linfatici) indica che c'è una stretta relazione tra consumo di latte e tumori e una delle possibili spiegazioni è che il latte di mucca può trasmettere il virus della leucemia bovina.
TUMORE DELLE OVAIE
Una ricerca condotta dall'Istituto Rosewell Park di Buffalo (New York, USA) ha provato che le donne che bevono più di un bicchiere di latte intero al giorno sono esposte al rischio di soffrire di cancro alle ovaie 3 volte di più di quelle che non lo prendono mai. E' da notare che al consumo di latte scremato non corrisponde un maggiore rischio di tumori di questo tipo, perciò alcuni ricercatori pensano che la sostanza scatenante sia proprio il grasso del latte. Tuttavia uno studio in vitro ha dimostrato esattamente il contrario, cioè che alcuni acidi grassi del latte potrebbero evitare la degenerazione cancerosa delle cellule.
TUMORE DELLA PROSTATA
L'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano ha concluso che il consumo abituale di latte intero o scremato, ma non di formaggio o burro, accresce il rischio di soffrire di cancro alla prostata. Gli uomini che prendono:
- da uno a due bicchieri di latte al giorno sono esposti a un rischio maggiore del 20% rispetto agli uomini che non lo bevono o che lo bevono solo sporadicamente;
- per chi beve due o più bicchieri di latte al giorno, il rischio si moltiplica per cinque (500% di più).
INFLUENZA: LE DONNE SONO PIU’ FORTI DEGLI UOMINI.
14-01-2016
Non è un luogo comune e non è nemmeno un modo, per le donne, di prendere in giro i propri compagni. Stavolta è scientificamente provato: è una questione di ormoni se lei è più forte di lui nell’affrontare e sconfiggere l’influenza. A rivelarlo è uno studio pubblicato sull’American Journal of Physiology-Lung Cellular and Molecular Physiology e condotto da Sabra Klein della Johns Hopkins University a Baltimora, secondo il quale gli ormoni femminili estrogeni hanno un effetto antinfluenzale, riducono la capacità del virus dell’influenza di replicarsi nelle cellule dell’apparato respiratorio. Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma quello che fino ad ora si credeva uno stereotipo, cioè l’uomo messo ko e quasi “agonizzante” a causa dell’influenza, è diventato un fatto scientificamente spiegabile. In quante vignette abbiamo visto donne influenzate svolgere comunque tutti i loro compiti quotidiani, tra casa, lavoro e figli, dimostrando una sorta di superiorità di fronte all’uomo nelle stesse condizioni? Ebbene, come sempre accadde nello scherzo, c’è un fondo di verità.
Gli studiosi statunitensi hanno scoperto questa differenza dovuta a questioni ormonali studiando cellule nasali prelevate da un campione di soggetti di entrambi i sessi, coltivate in provetta ed esposte al virus dell’influenza A. Tutte le cellule sono state esposte a tre fonti di estrogeni, naturali e artificiali, ma la reazione è stata diversa a seconda del sesso dell’individuo di provenienza. Le cellule nasali femminili hanno risposto agli ormoni estrogeni attraverso recettori specifici e proprio questa azione ormonale ha ridotto la replicazione del virus dell’influenza. Le cellule maschili, invece, non sono in grado di sfruttare la protezione fornita dagli estrogeni e quindi il virus dell’influenza si replica più velocemente al loro interno.
http://ajplung.physiology.org/content/early/2015/12/17/ajplung.00398.2015
http://medicalxpress.com/news/2016-01-estrogen-women-flu.html
IL LATO AMARO DELLO ZUCCHERO.
14-01-2016
Alcune ricerche scientifiche mettono in relazione un suo consumo eccessivo con varie malattie croniche. Probabilmente, in molti casi l'effetto nocivo dello zucchero è dovuto soprattutto alla mancanza di fibre e di alcune vitamine e minerali, perchè l'assunzione di queste sostanze, quando si consumano molto zucchero o prodotti zuccherati, diminuisce.
CALCOLI BILIARI
Un'analisi a largo raggio, condotta nell'Istituto Nazionale di Salute Pubblica di Bil Thoven (Olanda), ha dimostrato che l'ingestione di zucchero è collegata al rischio di soffrire di calcoli alla colecisti.
COLITE GRANULOMATOSA (MORBO DI CROHN)
Il consumo abbondate di zucchero e lo scarso consumo di fibra è una delle cause di questa malattia.
ULCERA GASTRODUODENALE
Il consumo di zucchero e di alimenti raffinati e poveri di fibra aumenta il rischio di ulcera gastroduodenale.
DIABETE
Non è scientificamente provato che un consumo abbondante di zucchero possa causare il diabete, ma è certo che lo peggiori e ne aumenti la gravità.
FRAGILITA' OSSEA
Una ricerca condotta nell'Università della California del Sud a Los Angeles (USA) ha dimostrato che un'alimentazione ricca di grassi e di zucchero riduce le riserve di calcio nell'organismo e fa sì che le ossa diventino fragili e soggette a fratture.
TUMORE DELLO STOMACO
Una ricerca condotta a Marsiglia (Francia) dimostra che lo zucchero e i grassi saturi aumentano il rischio di tumore dello stomaco, mentre le verdure crude e la frutta fresca lo riducono.
TUMORE DEL COLON
Uno studio dell'Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri di Milano dimostra che consumare zucchero fuori pasto stimola la proliferazione delle cellule epiteliali dell'intestino e favorisce la formazione di tumori. Inoltre, a un maggior consumo di zucchero corrisponde un maggior rischio di tumore del colon, come dimostra uno studio condotto su 35.215 donne dello Iowa (USA).
RITARDI NELLA CRESCITA DEL FETO
L'Università del New Jersey (USA) ha dimostrato scientificamente che le adolescenti incinte, che consumano più zucchero, hanno maggiori probabilità di partorire figli di scarso peso relativamente al periodo di gestazione.
LE PERE AIUTANO A DIMAGRIRE.
13-01-2016
Mangiare pere è un buon metodo per restare in forma. Lo dicono i ricercatori della Louisiana State University, che hanno pubblicato su Nutrition and Food Science un'analisi sulle proprietà benefiche di uno dei principali frutti invernali. Stando ai dati della sperimentazione, chi mangia più pere ha maggiori probabilità di rimanere in linea rispetto alla media. La pera è in effetti un frutto molto leggero, con un apporto calorico che si aggira attorno alle 40 calorie per 100 grammi, ovvero circa 70 per ogni frutto. Il contenuto di fibre è molto elevato, il 5,7 per cento, ma la pera è anche un'ottima fonte di potassio, calcio, magnesio e vitamina C. L'indice glicemico risulta al contrario estremamente basso.
I nutrizionisti americani hanno esaminato gli studi sull'argomento realizzati nel corso degli ultimi 9 anni nell'ambito del National Health and Nutrition Examination Survey, una ricerca che ha coinvolto quasi 25 mila volontari sopra i 19 anni. I dati indicano che, a parità di variabili come l'età, le calorie ingerite e l'esercizio fisico, i soggetti che consumavano almeno una pera al giorno si mostravano in media più in forma degli altri. Il merito sarebbe appunto delle fibre contenute nel frutto, che oltre a favorire il transito intestinale aumentano il potere saziante della pera. Inoltre, il frutto possiede proprietà modulatorie nei confronti dell'assorbimento dei lipidi da parte dell'intestino. È probabile tuttavia che il beneficio attribuito dai ricercatori americani alle pere sia in realtà associabile a buone abitudini alimentari in generale. Dallo studio, infatti, sono stati esclusi a priori quei soggetti che non avevano raggiunto un punteggio prestabilito in un test che intendeva misurare la qualità della loro dieta.