Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

29-12-2015

Sarà capitato a tutti di trattenere troppo a lungo i propri bisogni, ma in pochi sanno che ciò può portare alla morte. E’ questa l’ultima rivelazione del gastroenterologo statunitense Kyle Staller. Come riporta Metro, tutte quelle persone che attendono di poter andare al bagno di casa per avere tutte le comodità, rischiano davvero grosso. Il medico che lavora presso il General Hospital del Massachusetts, ha messo in guardia i propri pazienti. “Resistere tutte queste ore, senza liberare il corpo appena si ha lo stimolo, può rendere costipati e provocare disfunzioni muscolari, e prendere lassativi è comunque dannoso, perché stravolge il naturale metabolismo. Se le feci non vengono liberate al momento opportuno, tendono a indurirsi e progressivamente il corpo avrà sempre più difficoltà ad espellerle. Questo, a lungo termine, può causare problemi cardiovascolari anche gravi e, in alcuni casi, anche la morte”.

 

http://metro.co.uk/2015/11/21/holding-in-your-poo-can-kill-you-say-scientists-5517565/

https://www.naij.com/647628-read-never-evere-delay-toilet-time.html

http://myinforms.com/en-us/a/19575710-holding-in-poo-might-seem-harmless-but-it-could-actually-kill-you/

29-12-2015

L’inquinamento atmosferico, delle acque e del suolo, possono portare ad un alto livello di tossicità nel nostro corpo che può causare stanchezza cronica, estrema debolezza, infiammazione, disturbi digestivi, gonfiore, così come a problemi della pelle come l’acne, eruzioni cutanee, eczemi, psoriasi ed eccessiva secchezza della pelle. Il corpo elimina le tossine naturalmente, attraverso la disintossicazione che avviene grazie al lavoro del fegato e della cistifellea. La disintossicazione non è un processo complesso e si può ottenere anche con l’aggiunta di cibi specifici alla propria alimentazione. Esistono molti supercibi detox che aiuteranno il fegato ad eliminare le tossine e mantenere il corpo sano. Di seguito 10 alimenti che favoriscono la disintossicazione.

1. LIMONE

Ricco di vitamine e antiossidanti, il limone è considerato un potente alimento disintossicante. La vitamina C che è abbondante nel limone, è necessaria al corpo per la produzione di un composto chiamato glutatione che aiuta il fegato nel processo di disintossicazione. Inoltre, anche se di natura acida, il limone ha un effetto alcalino sul corpo, che a sua volta aiuta a ripristinare i livelli di pH. Grazie alla sua proprietà energizzante naturale, il limone aiuta a combattere alcuni dei sintomi di accumulo tossico nel corpo. Favorisce il sistema digestivo nel suo lavoro di eliminazione dei rifiuti. Basta spremere il succo di mezzo limone in un bicchiere di acqua tiepida e bere ogni giorno, al mattino a stomaco vuoto.

2. BARBABIETOLA ROSSA

La barbabietola è veramente uno degli alimenti più potenti per la disintossicazione del corpo. Essa contiene betaina e pectina, che aiutano a proteggere il fegato e il sistema digestivo. Queste sostanze chimiche possono purificare il corpo, riducendo la quantità di tossine. La barbabietola rossa stabilizza l’equilibrio acido-alcalino (pH) del sangue, che a sua volta sostiene la disintossicazione. Questo ortaggio rosso è anche una fonte di ferro, magnesio, zinco e calcio, che sono tutti necessari per la disintossicazione e l’eliminazione ottimale delle tossine. Inoltre, l’elevata quantità di fibre presenti nella barbabietola, migliora la digestione
Nota: Evitare di assumere barbabietole se si è inclini a calcoli renali, perché possiedono un alto contenuto di ossalati.

3. TE’ VERDE

Il tè verde è una grande aggiunta a qualsiasi programma di disintossicazione, grazie al suo alto contenuto di antiossidanti. Di tutti i composti antiossidanti presenti nel tè verde, le più potenti sono le catechine epigallocatechina-3-gallato (EGCG). Le catechine aiutano il corpo a liberarsi dei radicali liberi. Inoltre, migliorano il funzionamento del fegato, che è essenziale per la disintossicazione. Bere tè verde mantiene gli organi sani, mantiene il corpo idratato e aiuta ad eliminare le tossine. Bere due o tre tazze di tè verde al giorno, per una settimana. Durante questo periodo, evitare di bere caffè, bibite o bevande alcoliche.

4. AVOCADO

Ricco di antiossidanti, l’avocado aiuta ad eliminare le tossine nocive dal corpo. Il glutatione presente nell’avocado, può bloccare almeno 30 diverse sostanze cancerogene, mentre aiuta il fegato a disintossicare il corpo da sostanze chimiche di sintesi. Inoltre, i ricercatori dell’Università del Michigan hanno scoperto che le persone che avevano alti livelli di glutatione erano più sane e avevano meno probabilità di soffrire di artrite. L’avocado è anche molto ricco di vitamina K, che aiuta a proteggere il fegato dai danni dei radicali liberi. Inoltre, il suo contenuto di fibre aiuta nella disintossicazione.

5. CAVOLO

Un altro superfood per la disintossicazione è il cavolo. I glucosinolati, composti contenenti zolfo che si trovano nel cavolo, ne fanno un potente alimento disintossicante che aiuta il corpo ad abbattere sostanze chimiche dannose, pesticidi e farmaci da prescrizione. Oltre alla pulizia del fegato grazie al suo alto contenuto di vitamina C, il cavolo fornisce anche la fibra necessaria per regolare i movimenti intestinali ed eliminare di conseguenza, le tossine dannose.

6. AGLIO

L’aglio è stato usato come un forte alimento disintossicante fin dai tempi antichi. I composti contenenti zolfo presenti nell’aglio aiutano a combattere batteri nocivi e lieviti nell’intestino. L’aglio favorisce la disintossicazione aumentando la produzione di glutatione che agisce da filtro nel sistema digestivo. Inoltre, l’aglio contiene un’elevata quantità di vitamina C che stimola il sistema immunitario e supporta il funzionamento del fegato.

7. CAVOLFIORE

Il cavolfiore è ricco di sostanze fitochimiche chiamate glucosinolati che aiutano nel processo di disintossicazione. I glucosinolati sono ripartiti negli intestini con composti chiamati isotiocianati e indolo-3-carbinolo. Questi composti regolano gli enzimi utili alla disintossicazione del corpo. Inoltre, il cavolfiore contiene vitamina C e K in grado di supportare il funzionamento del fegato e proteggerlo dai danni dei radicali liberi.

8. ZENZERO

Lo zenzero è anche considerato uno dei migliori disintossicanti. I composti in esso presenti, promuovono la disintossicazione accelerando il movimento del cibo attraverso l’intestino. Questo a sua volta aiuta a rimuovere rifiuti e tossine nocive dal colon, fegato e altri organi. Lo zenzero è utile al fegato, soprattutto in caso di steatosi epatica causata da eccesso di alcool.

9. SEMI DI LINO

I semi di lino contengono sia fibre solubili che insolubili, che aiutano la disintossicazione del corpo. La fibra promuove la regolarità intestinale, aiuta il corpo ad eliminare le tossine, colesterolo e altri prodotti di scarto trasformati dal fegato. Inoltre, i semi di lino sono ricchi di acidi grassi essenziali, in particolare omega-3, che sono importanti per molte funzioni di pulizia e mantenimento di un sano sistema immunitario.

10. MELE

Le mele contengono sia fibre solubili che insolubili. La fibra solubile, la pectina, presente nelle mele, aiuta a prevenire l’accumulo di placca nei vasi sanguigni. La fibra insolubile, la cellulosa, si aggiunge ai rifiuti prodotti dal corpo e aiuta il sistema digestivo a spostare questi rifiuti rapidamente attraverso il tratto intestinale. Per la disintossicazione, si può provare a mangiare solo mele per due giorni. Durante questi due giorni, è necessario bere molta acqua e non mangiare nessun’altra cosa. Si può verificare affaticamento, dolori muscolari, mal di testa, gonfiore addominale, gas, costipazione e diarrea, durante questi due giorni, Dopo due giorni, è possibile riprendere la dieta normale.

In aggiunta a questi supercibi detox, è necessario seguire uno stile di vita sano. Fare esercizi fisici regolari, evitare lo stress, dormire bene, mantenere il corpo idratato e godere di aria fresca per il vostro benessere generale. Inoltre, durante la disintossicazione, è necessario evitare alcuni cibi come:

- Alimenti trasformati.
- Tutti i tipi di bevande gassate.
- Bevande alcoliche.
- Zucchero così come qualsiasi altro tipo di dolcificante artificiale.
- Latticini.
- Soia e prodotti a base di soia.
- Salse e condimenti per insalate.

29-12-2015

Bassi livelli di vitamina B12 sono associati a risultati peggiori nei test che misurano la memoria degli anziani che hanno un genotipo che li predispone verso la malattia di Alzheimer. È quanto risulta da uno studio pubblicato su Neuropsychology. Il genotipo in questione, l’allele E4 nel gene dell’apolipoproteina E (APOE), è presente in circa il 15% delle persone ed è un fattore di rischio per la demenza. La ricerca indica che quasi una persona su quattro fra coloro che hanno una copia dell'allele 4 e quasi metà delle persone che hanno due copie dell'allele 4 svilupperà la malattia di Alzheimer. È già noto alla ricerca, inoltre, che bassi livelli di due vitamine B, B12 e i folati sono legati ad una diminuzione della memoria e ad un maggior rischio di essere colpiti dalla malattia di Alzheimer. Finora pochi studi avevano esaminato insieme i due fattori, genotipo e vitamine, in relazione alle prestazioni cognitive di chi raggiunge le età più mature. 
Lo studio è stato condotto da ricercatori svedesi e britannici su 167 persone in buona salute, dall'età media di 83 anni. A ciascuno dei partecipanti è stato praticato il prelievo del sangue per verificare i livelli delle vitamine ed il genotipo. Infine sono stati sottoposti ad una serie di test della memoria. Dallo studio è emerso che la combinazione di bassi livelli di vitamina B12 e del genotipo con l’allele 4 è associabile in maniera significativa con una memoria meno efficiente. Gli autori dello studio precisano inoltre che le persone dal genotipo con l’allele 4 possono ottenere notevoli benefici per le loro capacità cognitive assumendo le vitamine B12 e folati. Si può dunque ritenere che il trattamento con integratori che abbiano alla base tali tipi di vitamine, anche per il basso costo, può essere un efficace arma preventiva per la salute di chi ha superato certe soglie di età.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12923801

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12876232

29-12-2015

La menta piperita è una pianta molto conosciuta per essere un rimedio tradizionale per diversi tipi di condizioni e malattie. Ha un effetto calmante in caso di flatulenza, diarrea, ansia, nausea e indigestione. Ma esistono anche altri benefici che molti non conoscono.

SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE

Secondo gli studi, l’olio essenziale di menta piperita funziona meglio della fibra e degli antispasmodici. Secondo i ricercatori, i medici dovrebbero consigliare l’utilizzo dell’olio essenziale con i farmaci tradizionali.

MALATTIE DELLA PELLE

Se avete prurito o irritazione alla pelle, la menta piperita può aiutare a sbarazzarsi dei sintomi, riducendo anche il rossore. Anche se in molti hanno riferito questo effetto benefico, fino ad oggi esistono poche prove scientifiche per dimostrarlo.

EMICRANIA E MAL DI TESTA

Gli studi suggeriscono che i soggetti affetti da emicrania hanno ottenuto dei benefici dopo l’assunzione di menta piperita, con la riduzione del dolore e di altri sintomi fastidiosi. Se si soffre di cefalea muscolo-tensiva, si dovrebbe strofinare pò di olio di menta piperita sulla fronte per calmare il dolore.

INFLUENZA E RAFFREDDORI

Il principio attivo principale della menta piperita è il mentolo, che è un potente decongestionante. Questa sostanza riduce l’accumulo di muco e disinfiamma le mucose nasali in modo da rendere più facile la respirazione. Nello stesso tempo il mentolo è anche espettorante, aiutando a sciogliere il muco dai polmoni.

VOMITO E NAUSEA IN GRAVIDANZA

Molte donne hanno riferito che la nausea mattutina è migliorata quando hanno iniziato ad utilizzare menta piperita. Tuttavia gli studi scientifici non hanno trovato alcuna evidenza di effetti benefici; al contrario, hanno riscontrato l’aggravamento di questi sintomi dopo l’assunzione della pianta. Questo è il motivo per cui si dovrebbe parlare con un esperto prima di utilizzare menta piperita in qualsiasi forma.

VOMITO INDOTTO DALLA CHEMIOTERAPIA

La nausea e il vomito sono effetti molto comuni nei pazienti trattati con chemioterapia. Alcuni ricercatori hanno scoperto che l'uso di menta piperita può mitigare questi sintomi. Uno degli studi ha trovato che la menta piperita è un rimedio conveniente, efficace e sicuro per i pazienti trattati con la chemioterapia.

Pur essendo un rimedio naturale, questa pianta potrebbe interagire con altre erbe o farmaci. Nello stesso tempo potrebbe anche innescare effetti collaterali negativi. Se soffrite di diabete, malattia da reflusso gastroesofageo, o ernia iatale, dovete evitare l’assunzione di questa pianta per non peggiorare la malattia. Inoltre, coloro che stanno assumendo antiacidi, ciclosporina, o farmaci per ipertensione, non dovrebbero mai usare menta piperita per le possibili interazioni con questi farmaci.

I test sui topi non sono predittivi, anzi sono addirittura fuorvianti per capire cosa accade all’uomo in certi casi: è la conclusione cui sono giunti i ricercatori americani che hanno pubblicato l’articolo su Proceedings of the National Academy of Sciences. Della notizia si è occupato anche il New York Times. Per decenni, i topi sono stati la specie più utilizzata nello studio delle malattie umane. Ma ora gli studi provano come il modello murino sia addirittura fuorviante per almeno tre diversi tipi di patologie mortali: sepsi, traumi e ustioni. Dubbi anche su patologie come quelle che riguardano il sistema immunitario, inclusi cancro e disturbi cardiaci. Lo studio aiuta a comprendere perché siano risultati inefficaci i circa 150 farmaci testati con enorme dispendio su pazienti affetti da sepsi. Tutti i test farmacologici si basavano sui topi. La sepsi, una reazione potenzialmente mortale che avviene quando il corpo prova a lottare contro un’infezione, colpisce 750.000 pazienti all’anno negli USA, uccide da un quarto alla metà di essi e costa alla nazione 17 miliardi di dollari all’anno. E’ la principale causa di morte nelle unità di terapia intensiva.
I ricercatori hanno confrontato i dati raccolti grazie a uno studio sull’uomo durato dieci anni con i dati raccolti sui topi e si sono resi conto che ci si trovava di fronte a situazioni e a reazioni totalmente differenti. Di qui, la ragione per la quale i farmaci hanno finora fallito. Ad esempio, un gene poteva essere attivato spesso nei topi, mentre il gene equivalente veniva soppresso negli esseri umani. Una sostanza che agiva nei topi disattivando un gene poteva avere una risposta letale nell'uomo. Inoltre, condizioni diverse nei topi - ustioni, traumi, sepsi - non creavano la stessa risposta. In ognuna di queste condizioni entravano in azione gruppi di geni diversi, mentre negli esseri umani geni equivalenti vengono utilizzati in tutte e tre le condizioni. I ricercatori hanno provato per più di un anno a pubblicare il loro studio: l’hanno presentato a Science e Nature, ma entrambe lo hanno rifiutato.

 

http://www.pnas.org/content/110/9/3507.abstract

28-12-2015

Esiste un killer silenzioso a piede libero che si chiama infiammazione cronica. Secondo il dottor Barry Sears, autore di “Anti-Inflammation Zone: Reversing the Silent Epidemic That's Destroying Our Health": L'infiammazione cronica è la madre malvagia delle malattie più diffuse e devastanti che regolarmente uccidono gli americani". Ad esempio, le malattie cardiache, l'obesità, il cancro e la demenza sono tutti legati all’infiammazione cronica. La cosa peggiore è che l’infiammazione cronica può non presentare alcun sintomo fino a quando si verifica un danno o una perdita di funzione. A differenza dell’infiammazione acuta, l’infiammazione cronica è di basso grado e sistemica. Essa provoca un danno silenziosamente per un periodo prolungato di tempo - tipicamente anni - fino a manifestare all’improvviso i sintomi di una malattia. Gestire l'infiammazione è la chiave per mantenere la salute. Uno studio del 2009 condotto in Russia sui topi ha dimostrato che gli antiossidanti naturali liposolubili riducono l'infiammazione. Quindici giorni prima di indurre artificialmente un’infiammazione acuta, il gruppo sperimentale è stato trattato con antiossidanti liposolubili: coenzima Q10, alfa-tocoferolo e altre forme di vitamina E. Ai topi appartenenti al gruppo di controllo non è stato dato alcun antiossidante. I ricercatori hanno concluso che la combinazione degli antiossidanti potrebbero essere utilizzati terapeuticamente per ridurre la risposta infiammatoria e stimolare il sistema immunitario. Gli antiossidanti sono composti organici presenti negli alimenti, specialmente nelle verdure colorate e nei cereali. Gli antiossidanti più comuni negli alimenti sono: vitamina A, C ed E, beta-carotene, licopene e selenio. Gli antiossidanti neutralizzano i radicali liberi donando un elettrone. Tuttavia, gli antiossidanti durante questo processo diventano dei radicali liberi con una sola eccezione, il glutatione, che viene creato dal fegato. Viene considerato il “maestro” antiossidante perché può trasformare le molecole antiossidanti che sono diventati radicali liberi, nuovamente a molecole antiossidanti! La soluzione a questo problema consiste nel fornire all’organismo una buona quantità di antiossidanti per i radicali liberi, e fornendo al vostro fegato i precursori del glutatione, come la cisteina o il NAC (N-acetilcisteina). 
Lo stress ossidativo è un processo naturale della funzione metabolica che avviene all’interno del nostro organismo. L'ossidazione si verifica quando le molecole di ossigeno perdono un elettrone e diventano danneggiati o instabili e si trasformano in radicali liberi. Si viene quindi a creare un effetto domino con tentativi da parte dei radicali liberi di riguadagnare la stabilità rubando un elettrone da un'altra molecola, e così via. Quando una molecola perde un elettrone è danneggiata. Anche se la molecola ruba un elettrone e riacquista stabilità, è ancora danneggiata. Le cellule danneggiate creano una risposta infiammatoria che diventa cronica. Queste cellule danneggiate perdono la funzionalità e alla fine muoiono. Lo stress ossidativo e l'infiammazione cronica sono la base di molte malattie croniche legate all'età. Le malattie croniche rappresentano oltre il 75% della spesa sanitaria. Sette persone su dieci muoiono ogni anno per malattie croniche, non per malattie infettive acute. L'infiammazione è la risposta di emergenza dell’organismo indotta da virus, batteri, funghi, tossina ambientale ecc. L’infiammazione acuta è essenziale per il processo di guarigione. È il principale meccanismo che permette al corpo di riparare i danni e ripristinare omeostasi e funzionalità. Quando la minaccia viene rimossa e il lavoro di riparazione è stato completato con successo, la risposta infiammatoria si spegne, i sintomi diminuiscono e il corpo ritorna alle modalità di funzionamento normale. D'altra parte, un problema sorge quando l'infiammazione diventa cronica. In questa situazione il corpo sta combattendo ripetutamente con lo stesso fattore scatenante. Alla fine il sistema immunitario ne esce indebolito e il corpo diventa lentamente vulnerabile. All'inizio emergono sintomi vaghi e sporadici, poi nel tempo iniziano a manifestarsi più frequentemente fino alla diagnosi conclamata di una malattia. L'infiammazione può essere gestita o ridotta attraverso un cambiamento nello stile di vita. Innanzi tutto, occorre inserire nella dieta cibi freschi e integrali, in particolare, molta frutta e verdura. E’ anche importante bilanciare gli acidi grassi omega-3 e omega-6. I grassi buoni sono antinfiammatori. Anche l’assunzione di probiotici attraverso alimenti fermentati o integratori è una prassi fondamentale per combattere l’infiammazione. Infine, è molto importante disintossicare l’organismo dalla presenza di eventuali metalli tossici (alluminio, arsenico, cadmio, mercurio, piombo ecc.), mantenere un sonno ristoratore e ridurre al minimo lo stress.

 

http://health.wikinut.com/The-Problem-with-free-radicals/15.6c1i1/

http://www.fitday.com/fitness-articles/nutrition/vitamins-minerals/how-do-antioxidants-benefit-me.html

http://essentialsofnutrition.com/free-radical-domino-effect/

 

Lunedì, 28 Dicembre 2015 08:38

ZUCCHERO: 10 ALTERNATIVE PIU' SALUTARI.

28-12-2015

Lo zucchero che noi aggiungiamo alla nostra tazzina di caffè dopo pranzo infatti non è che uno dei tanti tipi di zuccheri che esistono in natura. Nel campo delle bio-molecole gli zuccheri costituiscono la classe dei carboidrati. Sì, proprio quelli che troviamo nella pasta e nel pane. I cibi che quotidianamente mangiamo ci permettono di assumere una certa quantità di carboidrati (o zuccheri) che costituisce la fonte primaria di energia indispensabile per il funzionamento del nostro corpo. Secondo i nutrizionisti il fabbisogno giornaliero di zuccheri è di circa 90 gr e viene soddisfatto in gran parte attraverso la normale alimentazione. Le linee guida per una corretta alimentazione escludono quali fonti di zuccheri, i dolci e le bevande zuccherate perché essi costituiscono un surplus. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera un consumo eccessivo di zucchero tra le probabili cause di carie, diabete e obesità. Ma senza arrivare a tanto, un sovradosaggio accentua la sonnolenza (quella tipica dopo-pasto), causa sbalzi di umore che portano ad un bisogno inconscio di assumere altro zucchero e irritabilità, origina disagi intestinali come produzione di gas, tensioni addominali e alterazione della flora batterica. Le ultime ricerche scientifiche sembrano anche dimostrare un collegamento tra una spropositata assunzione di zuccheri e malattie come il cancro, l’ulcera e alcuni disagi psicologici. Oltre al sovradosaggio, la dannosità del comune zucchero da cucina può derivare anche dai processi di raffinazione chimica a cui è sottoposto per ottenere la sua colorazione bianca. Forse non è pensabile di eliminare i dolci dalla nostra dieta né tantomeno bere bevande amare. Esistono fortunatamente valide alternative naturali allo zucchero senza dover rinunciare al gusto dolce di alimenti e bevande. Ecco la lista delle 10 alternative:

1. ZUCCHERO DI CANNA INTEGRALE: costituisce una valida alternativa allo zucchero bianco nel tè e nel caffè. Si presenta come una pasta morbida e leggermente umida, contiene magnesio e potassio e possiede un retrogusto di liquirizia.

2. MIELE: è meno calorico dello zucchero; possiede inoltre numerosissime proprietà, tra quali antibiotiche, antisettiche, diuretiche, lassative, calmanti, depurative, disintossicanti del fegato, antianemiche e ricostituenti; viene utilizzato nella preparazione di dolci.

3. MALTO: viene estratto dalla germinazione ed essicazione dell’orzo e contiene maltosio, amminoacidi, potassio, sodio e magnesio. Il malto ricavato dal riso o dal mais rientra in realtà nella categoria degli sciroppi.

4. SCIROPPO D’ACERO: possiede uno dei più bassi contenuti calorici (250 calorie per 100 g); contiene potassio e vitamine del gruppo B; ottimo nel latte e negli impasti dei biscotti e, come vediamo nei film americani, con i pancakes.

5. SCIROPPO DI MELE: ricco di vitamine e sali minerali, è molto digeribile; purtroppo non facile da reperire, viene utilizzato anche nella preparazione di dolci arabi.

6. SUCCO D’AGAVE: presenta un bassissimo impatto glicemico ed è inoltre ricco di sali minerali ed oligominerali.

7. SUCCO D’UVA: alla bollitura e spremitura dell’uva vengono aggiunti chiodi di garofano, cannella e limone che ne determinano un sapore particolare e caratteristico; dunque, attenzione a cosa lo si accosta.

8. MELASSA: sottoprodotto naturale che deriva dalla lavorazione dello zucchero di canna e di barbabietola; contiene acido fosforico, potassio, fibre ed è ricco di vitamine B e di minerali.

9. AMASAKE: dolcificante naturale che si ottiene dalla fermentazione del riso, è praticamente un saké dolce; data la sua delicatezza si consiglia il suo utilizzo nella preparazione dei dolci o gelati o sciolto nelle bevande.

10. STEVIA: è un piccolo arbusto del Sud America dal quale si ricava un dolcificante (in polvere non solubile nei liquidi, a meno di non trasformalo in sciroppo) 300 volte più efficace dello zucchero senza contenere calorie. Alla stevia è riconosciuta un’azione digestiva e di protezione della cute e delle mucose del tratto orale, rendendola efficace nella prevenzione della carie.

Queste sono le dieci alternative naturali per addolcire cibi e bevande senza utilizzare lo zucchero. Essi, sì possiedono, a parità di quantità di zucchero, un minore apporto calorico ma ciò non toglie che, come ogni cosa, se assunti in quantità eccessive possano avere effetti collaterali.

27-12-2015

La ricerca scientifica continua a studiare possibili rimedi per fronteggiare malattie neurodegenerative tristemente note come Parkinson e Alzheimer. Un nuovo studio ha ora evidenziato i vantaggi dell’acido salicilico, estratto dalla liquirizia, sulla comparsa di queste patologie. La novità che emerge da questa ricerca, condotta da un team della John Hopkins University di Baltimora, è che l’acido salicilico sarebbe in grado di bloccare l’enzima GAPDH (Gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi), che agisce negativamente nei confronti della comparsa delle malattie degenerative tra cui anche la Corea di Huntington. Se si trova in presenza di radicali liberi, infatti, l’enzima GAPDH riesce a penetrare nel nucleo delle cellule e le porta alla morte. Questo meccanismo era già noto alla ricerca scientifica, non è un caso che il deprenyl, farmaco attualmente in uso contro il Parkinson, agisca bloccando proprio l’azione di questo enzima.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Plos One, ha dimostrato che l’efficacia dei salicilati estratti dalla liquirizia è maggiore rispetto a quella dell’acido acetilsalicilico, principio attivo dell’aspirina. C’è però ancora da capire meglio il meccanismo con cui agiscono i salicilati sul GAPDH. Fatto questo si potrà poi lavorare attivamente alla creazione di farmaci ad hoc per contrastare le malattie degenerative. “Una migliore comprensione di come l'acido salicilico regoli le attività di GAPDH e HMGB1, insieme alla scoperta di derivati naturali dell'acido salicilico, forniscono una grande promessa per lo sviluppo di nuovi e migliori trattamenti per molte malattie devastanti” ha dichiarato Daniel Klessig, ricercatore del Boyce Thompson Institute e della Cornell University. Arriverà davvero dalla liquirizia la cura del futuro contro Parkinson e Alzheimer?

 

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-11/btif-atk112515.php

Domenica, 27 Dicembre 2015 08:57

LE 5 CAUSE PRINCIPALI DELLE ALLERGIE.

27-12-2015

Numerose ricerche hanno dimostrato che le allergie nei paesi sviluppati sono in costante aumento. Non solo quelle stagionali, ma anche le allergie croniche. Gli esperti asseriscono di non essere in grado di individuare la misteriosa causa di un simile incremento; secondo costoro i motivi sarebbero da ricercare in una qualche incognita genica e ambientale. In realtà le cause non sono misteriose come si vorrebbe farle apparire. L’allergia è un disordine di ipersensibilità del sistema immunitario. I sintomi includono occhi rossi, prurito, naso che cola, eczema, orticaria, attacchi d’asma. Le reazioni allergiche sono sensibilizzazioni che hanno luogo quando il sistema immunitario reagisce a una sostanza generalmente innocua. Il problema è che il nostro ambiente attuale è andato saturandosi anche di molte sostanze tutt’altro che innocue. Un sondaggio effettuato tra il 1988 e il 1994 dal National Institutes of Health (NIH) appurò che il 55% degli americani fosse sensibile ad almeno un allergene. L’indice riscontrato fu superiore da 2 a 5 volte - a seconda del tipo di allergene - a quelli registrati dallo stesso NIH tra il 1976 e il 1980. Oggi il 70% degli americani risulta sensibile a sostanze allergeniche. Oggi in ogni classe di scuola materna la maggior parte dei bambini è allergica alle nocciole. Simili casistiche erano inesistenti fino a solo pochi decenni fa. Molte scuole sono tenute anche a prestare attenzione alle uova, i semi e alcuni tipi di frutta. Di seguito elencherò 5 cause dell’incremento delle allergie.

1. ECCESSIVA IGIENE

Nei primi anni di vita i bambini non sono esposti a sufficiente sporcizia, batteri e altri agenti infettivi, per cui il sistema immunitario sottodimensionato reagisce in modo sproporzionato anche se esposto a cose benigne come alcuni alimenti. Il sistema immunitario deve entrare in contatto con una varietà di microrganismi e batteri mentre si sta sviluppando nella fase infantile, così da poter tarare adeguatamente le proprie risposte al contatto con i più disparati elementi nel corso della vita. Invece oggi i bambini stanno sviluppando allergie sempre più forti ai prodotti antibatterici, molti dei quali - ironia della sorte - vorrebbero prevenire le allergie. Mentre prima dell’industrializzazione i bambini crescevano a contatto con gli animali, in un ambiente popolato da molti agenti microbici e di origine vegetale, al giorno d’oggi molti di noi crescono nelle città, in cui il contatto con gli animali è minimo. E’ stato provato che i bambini che crescono vivendo un regolare contatto con animali da cortile sviluppino una disposizione alle allergie molto inferiore rispetto agli altri bambini. Un’esposizione ridotta ai microrganismi ambientali può quindi comportare nel sistema immunitario dei bambini in fase di sviluppo una predisposizione alle allergie.
Alcuni studi condotti dal dottor Richard Honsinger, allergologo e immunologo presso la Los Alamos Medical Care Clinic hanno dimostrato che i bambini che hanno frequentato l’asilo, notoriamente focolaio per la diffusione di germi, sviluppino minore tendenza alle allergie rispetto a quelli cresciuti in casa con poche occasioni di contatto con altri bambini. I bambini che condividono la loro casa a contatto con cani o gatti nel primo anno di vita hanno metà delle probabilità di contrarre allergie agli animali rispetto a quelli cresciuti senza animali. I bambini che nel primo anno di vita condividono la casa con due cani o gatti hanno a loro volta metà delle probabilità di contrarre allergie agli animali di quelli cresciuti a contatto con un solo cane o gatto. Gli studi hanno dimostrato che il mondo dei microbi in cui un bambino viene allevato svolge un ruolo cruciale nello sviluppo della suscettibilità alle allergie, e ciò fin dal momento della nascita. I bambini partoriti in modo naturale - infatti - accumulano una serie di batteri sulla pelle e nelle viscere che risultano assenti nei bambini nati mediante parto cesareo, il che secondo gli studi sarebbe collegato ad un minor rischio in età adulta di sviluppare febbre da fieno, asma e allergie alimentari.

2. INQUINAMENTO ATMOSFERICO

La concentrazione di inquinamento dell’aria è causata da due fattori: la quantità di sostanze inquinanti prodotte e la velocità di dispersione delle stesse. Quest’ultima dipende in gran parte del vento (forza e direzione). Nelle zone in cui il vento tira forte l’inquinamento ha un tasso di dispersione elevato. Nelle zone in cui vi è poco o nessun vento, accumulandosi l’inquinamento risulta molto più concentrato. Le azioni di geo-ingegneria oggi hanno un peso enorme sull’inquinamento atmosferico di tutte le città del mondo. Le scie chimiche contengono livelli elevati di bario e piombo e tracce di altre sostanze chimiche, compresi alluminio, arsenico, cromo, cadmio, selenio e argento. All’interno delle sostanze irrorate sono stati individuati inoltre più di venti diversi tipi di batteri e funghi in varie concentrazioni, potenzialmente in grado di causare diversi tipi di allergie e malattie.

3. ALIMENTI GENETICAMENTE MODIFICATI

Un testo diventato ormai celebre di Jeffrey Smith ha avuto un forte impatto sull’approccio dell’opinione pubblica riguardo i cibi geneticamente modificati e la loro potenziale dannosità per la vita sul nostro pianeta. Il libro descrive come l’aumento delle allergie potrebbe essere in gran parte attribuibile ai cibi GM. Studi scientifici hanno riscontrato chiare connessioni tra il consumo di grano GM e le alterazioni immunologiche nell’intestino, che comportano un aggravamento della sensibilità agli allergeni. Quando un nuovo gene è introdotto nel genoma di una pianta, il principale risultato è la produzione di una nuova proteina. A volte le nuove proteine che si trovano nelle piante transgeniche sono del tutto nuove per l’organismo umano. Le proteine sono molecole composte da catene di aminoacidi di diverso genere che si configurano in strutture tridimensionali. Esistono innumerevoli tipi di proteine, che innescano nell’organismo una miriade di processi chimici e fisici. In teoria ogni proteina ha il potenziale per innescare una reazione allergica. Più le piante geneticamente modificate si diffondono sul mercato, maggiore è il numero di individui che si troverà a consumare nuove proteine potenzialmente allergeniche.

4. RESIDUI DI FARMACI NELL’ACQUA CORRENTE

Molti studi includono tra le possibili cause l’esposizione cronica ai residui farmacologici esistenti nella nostra acqua potabile. I nostri organismi hanno ottime capacità di ripulirsi dai residui dei farmaci quando l’assunzione avviene in un’unica dose, ma soffrono se esposti a minime quantità in maniera cronica, come avviene da mezzo secolo. I farmaci possono rappresentare un pericolo unico perché, a differenza di numerosi altri inquinanti, sono stati realizzati per agire sull’organismo umano. Residui di pillole anticoncezionali, antidepressivi, antidolorifici, shampoo, bagno schiuma e molti altri composti stanno saturando i corsi d’acqua, e mettendo di fronte ad un dilemma normativo i funzionari ambientali e della sanità. Prodotti per la cura personale e farmacia sono riversati nei fiumi dagli impianti di trattamento delle acque reflue o sotterranee tramite i sistemi settici. 
Secondo l’Environmental Protection Agency, tali sostanze, dette “contaminanti emergenti”, si trovano praticamente ovunque e possono essere tra le cause dell’incremento dei tassi di molti tipi di allergie. Si tratta di sostanze chimiche progettate per avere effetti specifici a concentrazioni molto basse. E’ ciò che fanno tutti i prodotti farmaceutici. Così, quando si infiltrano nell’ambiente, la loro assunzione in misura diluita non comporta alcuno shock immediato nell’organismo delle persone. Il problema è che queste sostanze sono state testate per essere assunte in archi temporali limitati, non per tutta una vita. I farmaci a basso dosaggio presenti nell’acqua corrente sono anche in grado di causare allergie quando interagiscono con altri farmaci assunti dietro prescrizione medica. “Sappiamo di essere esposti ai residui dei farmaci assunti da terzi, tramite l’acqua potabile, e sappiamo che non è una cosa positiva,” ha affermato il dottor David Carpenter, che dirige l’Istituto per la Salute e l’Ambiente della State University di New York.

VACCINI

I vaccini intasano il sistema linfatico e i linfonodi con grandi molecole proteiche che non sono state adeguatamente trattate dai nostri processi digestivi, dato che essendo inoculati, non transitano nelle viscere. Questo è il principale motivo per cui i vaccini sono legati alle allergie; perché contengono proteine di grandi dimensioni. In generale la percentuale di bambini che crescendo sviluppava allergie si attestava intorno al 20%, ma con l’aumento della frequenza delle vaccinazioni raccomandate prima del terzo anno d’età, tale percentuale andrà incrementandosi. Quella alle uova è la seconda allergia alimentare più comune nella prima infanzia. Circa 1,5-3,2% dei bambini sotto i 3 anni sviluppano allergia alle uova. Sta rapidamente diventando un fatto noto che i soggetti allergici alle uova devono consultare il medico prima di sottoporsi a vaccinazioni. Ciò perché a volte i vaccini sono coltivati geneticamente in embrioni di gallina. Uno dei primi vaccini somministrati ai bambini, il DTaP 10, contiene caseina. L’allergia alla caseina appare nei primi mesi di vita. Un altro vaccino somministrato ai bambini a due mesi di età è il pneumococcico coniugato (PCV7). Ogni sierotipo di tale vaccino è coltivato in un brodo di peptone di soia. E l’allergia alla soia nei bambini di solito si manifesta verso i 3 mesi di età. Solo delle coincidenze?

Questo non è un invito rivolto ai genitori ad abbandonare tutte le pratiche di igiene, in quanto è l’igiene (non le vaccinazioni) che ha sradicato molte malattie infettive negli ultimi secoli. Tuttavia, è importante mantenere un senso di consapevolezza di tutti i fattori che possono influenzare le allergie infantili ed in età adulta. Forse dovremmo cominciare a concentrarci di più sull’utilizzo di detergenti naturali e prodotti per la pulizia organici. Ma per prima cosa dobbiamo sbarazzarci dei prodotti per la pulizia domestica che deprimono il sistema immunitario con agenti cancerogeni (deodoranti per ambienti, solventi e pitture, alimenti cotti nel microonde all’interno di contenitori in plastica ecc.).

 

http://preventdisease.com/news/14/051814_5-Reasons-Allergies-Increasing.shtml

26-12-2015

I ricercatori della Harvard School of Public Salute segnalano il risultato di uno studio in The American Journal of Clinical Nutrition a sostegno del potente effetto dei flavonoidi di mirtilli e altri alimenti naturali, per ridurre significativamente il rischio di diabete tipo 2. I dati degli studi precedenti hanno elaborato un legame tra flavonoidi specifici da fonti alimentari, come frutti di bosco e miglioramento della sensibilità all’insulina, oltre al miglioramento della sindrome metabolica, una serie di biomarcatori che portano al diabete. Per lo studio sono state arruolate 70.359 donne del Nurses' Health Study, 89.201 donne del NHS II, e 41.334 uomini dell’Health Professionals Follow-Up Study, tutti senza diabete, malattie cardiovascolari e cancro e seguiti per un periodo di venti anni. Maggiore assunzione di flavonoidi da bacche (antociani) è risultata significativamente associato a un minor rischio di diabete di tipo 2. Gli scienziati hanno scoperto che il consumo di alimenti ricchi di antocianine, in particolare mirtilli, mele e pere è stato associato ad un rischio significativamente più basso di sviluppare il diabete di tipo 2. Questa ricerca supporta precedenti studi che dimostrano che i mirtilli hanno un notevole impulso alla produzione di adiponectina, l’ormone chiave nel tessuto adiposo bianco che impedisce al fegato di sviluppare insulino-resistenza, portando in definitiva al diabete di tipo 2.
Alti livelli di zucchero nel sangue rappresentano la risposta ad una dieta ricca di carboidrati altamente raffinati, zuccheri, prodotti di grano ed eccesso di alimenti trasformati. L’insulina viene rilasciata dal pancreas nel tentativo di stabilizzare lo zucchero nel sangue e livelli di glucosio nelle cellule, dove è necessario per l’energia. Nel corso del tempo, picchi di zucchero nel sangue, causano insulino-resistenza e lo zucchero in eccesso rimane nel sangue portando al declino metabolico. I flavonoidi, di cui sono ricchi gli alimenti naturali come i mirtilli e frutti di bosco, aiutano a regolare l’azione dell’insulina contribuendo ad abbassare il rischio di diabete e aiutando la gestione di problemi di peso. Consumare almeno una mezza tazza di frutti di bosco tutti i giorni o utilizzare un integratore ricco di antocianina assunto con i pasti, può proteggere da sindrome metabolica e devastazione cellulare causata dal diabete.

 

http://ajcn.nutrition.org/content/early/2012/02/20/ajcn.111.028894.abstract

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